Glee – 3×18 Choke 3


Glee - 3x18 ChokeGlee si avvicina sempre più alla fine del suo percorso con una puntata che, inserita nell’andazzo generale della terza stagione, si rivela piuttosto dignitosa. Concentrarsi sui sogni dei protagonisti e le aspirazioni per il futuro è un po’ il leit motiv di questa stagione ed è proprio qui che l’episodio riesce meglio, alternandosi poi ai soliti subplot affrettati.

Suddetto subplot riguarda la coach Beiste che, dopo essere scomparsa per un po’, ritorna con la coda tra le gambe ed un bell’occhio nero. La tenerezza del personaggio in contrasto alla sua pesante fisicità viene riconfermata nella scoperta dei suoi abusi casalinghi. Ignorata dagli uomini per anni, Beiste sembrava aver trovato l’uomo della sua vita. Purtroppo però il mondo favolistico ha breve durata in Glee e l’uomo in questione si rivela un bruto manesco. Ho introdotto la questione come narrazione affrettata perché, come al solito, spuntata dal nulla e giustificata da una mezza conversazione, ma, forse, non risolta nel giro di mezzo episodio. Glee - 3x18 ChokeBeiste si mostra ancora una volta vulnerabile nell’habitat scolastico chiedendo, indirettamente e direttamente, l’aiuto di colleghi e alunni. Se i secondi sembrano capaci di comunicare grevi pensieri solo attraverso la musica, i primi la spingono ad allontanarsi dall’atmosfera di abuso che l’ha vista vittima. Come in molte occasioni di questo genere, però, la vittima preferirà mentire all’esterno e sottomettersi all’interno della situazione violenta, piuttosto che rimanere sola. Questo perché la solitudine è per lei più terrificante che un colpo di mano subito ritirato. Le soluzioni registiche che ci mostrano i momenti più caldi della sottotrama sono quelle più rassicuranti, che lasciano evocare la violenza tramite sguardi e momenti di raccordo accompagnati da musica, piuttosto che sfociare nella onniscienza cruenta. Glee ha fatto di peggio, ma la nascita e lo sviluppo repentino degli eventi non permette di empatizzare appieno con la protagonista della vicenda.

A fare da supporto e contorno in questo percorso narrativo, troviamo Sue e Black Sue, la coach di nuoto. Eccetto qualche battuta ed un ruolo di adiuvanti, le due non hanno un peso indispensabile nell’economia dell’episodio, ma approfitto della loro presenza per spezzare una lancia a favore di entrambe. Abbiamo visto Sue snaturata e semplificata nel corso degli ultimi mesi, ma è proprio l’introduzione dell’altra coach a restituirle nuova dignità e significato. Glee - 3x18 ChokeSe Sue una volta era la bulla per eccellenza, ora si è trasformata nella buontempona acida e scontrosa di turno, la quale dà filo da torcere ma alla fine risulta un pezzo di pane: è un punto d’arrivo deludente, forse, per uno dei villain più esilaranti di due anni fa, ma anche un topos classico della narrazione seriale. A rafforzare questa nuova caratterizzazione di Sue ci pensa proprio la coach di nuoto, bulla del bullo e nuova sfacciata dirompente che non la manda a dire a nessuno. Le due, ora come ora, si incontrano e si scontrano in un turbinio di battute, affronti e consigli amichevoli, si completano in un certo qual modo e rendono la menomazione del personaggio di Sue molto meno sofferta ai fan irriducibili.

Ciò che invece carpisce la nostra attenzione con fare da prima stagione è il proseguimento della corsa verso di New York (e un futuro di gloria) di Kurt e Rachel. I provini per la NYADA sono un pretesto indiretto per parlare di sensibilità artistica ed emotiva. Glee - 3x18 ChokeDa una parte, infatti, abbiamo Kurt che decide di mettere nel cassetto l’ovvia, boriosa e prevedibile performance di “The music of the night” dal Fantasma dell’opera di Andrew Lloyd Webber in favore di un “rischio”. L’aspirante performer le preferirà, in extremis, la controversa “The boy from Oz”, la quale sembra urlare “Kurt” ad ogni nota. Questa scelta dice molto sull’individualità artistica di Kurt, che fa un’ottima impressione proprio grazie all’esuberanza della sua personalità, avvicinandosi ad un’ammissione alla scuola tramite messa in discussione dell’ovvietà e la ripetitività dello stesso teatro musicale.

L’altra candidata, purtroppo, non avrà lo stesso coraggio e dovrà vedersela con i suoi stessi nervi. L’episodio inizia con atmosfera da prima stagione: routine mattutina di Rachel e sogni di gloria in voice over. Rachel tenta di far rinsavire Kurt mentre contempla di presentare “The boy from Oz” di cui ho parlato prima, accusandolo di volersi auto-sabotare con una scelta rischiosa. Il sabotaggio inconscio invece accade proprio durante il suo anthem “Don’t rain on my parade”. Non si capisce se siano stati solo i nervi a bloccarla (choke), o un tentativo inconsapevole di ostacolare la sua ascesa, in favore di una storia d’amore che ha già gettato diverse ombre sulla sua stella. Non so voi ma io preferisco Rachel quando fa piangere d’invidia il sole: speriamo che la soluzione ai suoi dubbi sul futuro non sia quella riduttiva e romantica della mogliettina che resta vicino al marito.

Glee - 3x18 ChokeInfine abbiamo Puck che incontra magicamente il padre nel punto più umiliante della sua vita: elemosinare davanti a suo figlio. Questa concessione assurda di sceneggiatura serve a dare la spinta finale al ribelle con la cresta, che decide, nonostante la sua pigrizia colossale, di terminare gli studi pur di non ritrovarsi nella stessa posizione di suo padre tra vent’anni. Il suo sforzo arrancato, però, non ha gli effetti desiderati e il diploma rimane in forse. Una cura maggiore del racconto sarebbe gradita, in modo tale da permettere agli spettatori una sospensione dell’incredulità che rientri in canoni accettabili. Il problema di Glee è la sconclusionata proposta di svolte improbabili senza l’acutezza e il senso umoristico dei primi tempi. L’apparizione del padre di Puck e la svolta ancora più vittimistica della tenera Beiste ne sono la prova. Date però le bassissime aspettative a cui Glee mi ha forzato dalla seconda stagione, mi sento di ritenere l’episodio nel suo complesso carino, anche se affollato.

Le esibizioni vedono susseguirsi diversi pezzi interessanti: una “Cell block tango” da Chicago, presentata come lezioncina morale non assorbita (le ragazze cantano il pezzo come rivalsa femminile, quando in realtà si tratta di una canzone su massacri gratuiti ed eccessivi). La resa è ottima ma la canzone è necessariamente tagliatissima per via della sua durata troppo eccessiva per il format televisivo e i suoi favolosi intermezzi in cui si intrecciano racconto/monologo e danza esplicativa. Non era facile e il risultato è buono, nonostante tutto. In coda vi troviamo “Shake it out” del fenomeno Florence+The machine. Cantare una canzone di questo genere non è per nulla semplice e l’escamotage dei produttori di Glee è giocare al ribasso, con una cover giustamente meno enfatica dell’originale e quindi più funzionale alla scena catartica (“scaccia il diavolo dalle tue spalle”). “Cry” cantata da Rachel e “School’s out” da Puck fanno un buon lavoro nel rapprendere i sentimenti dei due personaggi, anche se l’esagerazione della prima e la pessima imitazione del trucco e la verve di Alice Cooper del secondo ne limitano un po’ l’impatto. “The rain in Spain” è uno degli abomini della stagione, ma forse lo ritengo tale solo per un fastidio provocato dalla canzone stessa, che invece nella serie ha un suo collegamento sensato con la storia.

VOTO: 7

I provini della NYADA sono tenuti niente popò di meno che da Whoopi Goldberg. La sua presenza nell’episodio è ovviamente ridotta, ma c’è un desiderio nell’aria di vederla ancora e ancora e ancora. 

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3 commenti su “Glee – 3×18 Choke

  • Mario Sassi

    Ottima recensione, davvero. In realtà personalmente l’episodio mi è piaciuto meno di quanto mi sarei aspettato. Sarà che ormai sopporto poco le storyline che appaiono all’improvviso, ma la storia della Beiste, per quanto ideologicamente toccante (poco coraggiosi gli autori), non mi ha proprio entusiasmato.
    Per quanto riguarda Rachel, invece, ho trovato prevedibile l’escamotage del blocco, ma sinceramente vederla in panico proprio su Don’t rain on my Parade (che poi Lea Michele ha cantato praticamente ovunque) mi ha davvero infastidito. Avrei preferito che sull’onda emotiva di Kurt avesse deciso anche lei di osare e poi fallito miseramente.
    Glee mi sta calando proprio tanto, eh. Un peccato.

     
  • Chiara

    “You’re never gonna become a star by playin’ it safe.” ha detto Shelby a Rachel a inizio stagione… So che la continuità in Glee è un’utopia ma davvero non avrei mai immagnato che Rachel potesse buttare al vento l’audizione più importante della sua vita così, “choking”… Sono contenta che finalmente abbiano fatto capire il valore di Kurt, il mio personaggio preferito in assoluto, ma Rachel che si impalla nell’audizione per la NYADA mi sembra più improbabile della Beiste che viene picchiata.

     
    • Fey L'autore dell'articolo

      Nella recensione ho ipotizzato un self-sabotage inconscio, ma anche se così non fosse a me Rachel bloccata è sembrata molto umana (più che nelle sue derive romantiche posticce).