Girls 2×07 – Video Games


Girls 2x07 – Video GamesGirls: tanto amato, tanto incompreso, da alcuni pure snobbato. Uno show con un feeedback così variegato attira (giustamente) la curiosità di chiunque. Difficile, se non impossibile, inquadrare il prodotto di Lena Dunham in un genere preciso. Se la serie fosse un libro verrebbe la tentazione (errata) di definirlo un romanzo di formazione.

Hannah, in una simile ipotesi di genere, avrebbe la mission di vivere senza filtri certi preziosi momenti post-adolescenziali, che dovrebbero poi condurla a una qualche epifania o quantomeno alla consapevolezza di sé. Ma di questo evidentemente non si tratta. Le sfumature di Girls vanno oltre ogni specifica definizione, anche perché ciò che il quinto episodio lasciava intravedere come possibile  rimonta (verso nuove vette di felicità), è stato ampiamente smentito nelle ultime due settimane.

Girls 2x07 – Video GamesHannah rimane sostanzialmente in balia di se stessa: pubblicare un libro piuttosto che trovare qualcuno di perfetto da amare non sembrano rappresentare traguardi definitivi o conquiste importanti; non c’è interesse verso crescenti responsabilità, né vi è un singolo accenno a un progressivo abbandono del tipico egotismo che la contraddistingue. Il godimento vero, anche per altri personaggi, è la fase dello struggle, del moaning, dei piccoli fallimenti quotidiani che innescano autocommiserazioni agrodolci e collettive (si vedano le recenti lacrime di coccodrillo di Marnie e Jessa). In Girls non ci sono traguardi né mete, quello che conta è il viaggio stesso (si vedano i binari senza mai un treno che garantisca il raggiungimento di una meta). Non c’è nessuno scopo da perseguire, cercando nel frattempo la facile identificazione dello spettatore. Il collegamento empatico – quando avviene – è associato a piccoli fallimenti, singoli momenti e sensazioni passeggere che poggiano su un solido humus di pessimismo.

Girls 2x07 – Video GamesLa presenza quasi asfissiante (ma necessaria) dell’alter-ego Hannah pone costanti domande: lo show è un’estensione diretta del Dunham pensiero? È una traduzione letterale di come l’autrice vede i suoi coetanei? Punta al realismo (in parte fallendo) o certe forzature sono necessarie per dare più carattere a personaggi che, se corrispondessero al vero, sarebbero terribilmente noiosi? Che opinione emerge per i concetti di amore e amicizia dopo più di una stagione e mezzo?

Dal mio punto di vista è molto apprezzabile quando una serie di questo tipo, anziché dare risposte, obbliga chi guarda a porsi nuove domande, costringendolo a vivere l’attimo televisivo senza preoccuparsi della bigger picture. Personalmente non sento il bisogno di soddisfare dubbi di trama, di percepirne il realismo, di provare un’identificazione costante e di facile appeal. Girls fa centro con il vuoto post episodio, lo stupore che certi temi, celati sotto un alone di pessimismo generazionale, rivelano. Quello rappresentato dalla Dunham è un cinismo della mediocrità, apprezzabile quanto coraggioso in un momento storico di continua ostentazione del successo rivolta alle giovani generazioni.

“This is just a videogame that needs to be conquered [..]

We all just need to grow a pair and get to the next level”

Girls 2x07 – Video GamesVideo Games, uno dei pochi episodi in cui la Dunham si fa da parte sia alla sceneggiatura che alla regia, è l’ennesima perla. Dietro la macchina da presa c’è Richard Shepard, già regista dell’episodio-chiave “One Man’s Trash”. Si nota in effetti una certa continuità nelle riprese, che contribuisce a costruire lo stesso rarefatto clima della 2×05: anche in questa Video Games c’è ampio spazio per l’introspezione, in un contesto che per una volta non è la solita New York. Proprio quando l’Hannahcentrismo stava per stancare i più, eccoci trascinati in un generico contesto di assolata periferia,  a contemplare il disastro della famiglia di Jessa.  Questo episodio ha un tempismo semplicemente perfetto: trascinare le due giovani fuori da New York, in un’atmosfera bucolica da spring break, permettendo loro di esplorare i rispettivi rapporti con i genitori.

Girls 2x07 – Video GamesC’era effettivamente bisogno di un ritorno, in termini di minutaggio, di Jessa: l’approfondimento del rapporto col padre fa capire l’origine di molti dei suoi atteggiamenti più nichilistici e hippie. La 25enne subisce una cruda trasformazione nel giro di pochi episodi, passando dal ruolo di quella che formalmente era la più matura (grazie alla storyline del matrimonio) a quello di bambina a cui manca il genitore (estremizzando). A tal proposito è molto coerente il taglio conferito al dialogo sulle altalene: Jessa da viveur della city torna nei panni di se stessa da giovane – complice il viso pulito, le treccine, l’ambiente giocoso – e il tono è proprio quello di un’infante quando, sfinita, ricorda al padre: “I’m the child”. E se dal lato paterno certe ombre caratteriali si traducono in carenza di attenzione e irresponsabilità menefreghista/burbera, nella figlia queste stesse sensazioni negli anni sono convogliate nell’improvvisazione artistica applicata alla vita di tutti i giorni. Il personaggio di Jessa, oltre ad essere semplicemente adorabile, ha moltissime sfumature e spero continui il suo approfondimento.

Da un punto di vista più generale sembra essere una soluzione vincente quella di aumentare leggermente il ricambio a regia e sceneggiatura. Nella prima stagione Lena Dunham è stata autrice o co-autrice di tutti gli episodi, a differenza di questa seconda. Se un regolare turn over garantisce puntate come questa, ben venga.

Voto: 8 ½

 

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Informazioni su Mattia Cenacchi

"The piano hit a chord, his mouth quivered, he looked at us with an expression that seemed to say - Hey now, what's this thing we're all doing in this sad brown world? -. And then he came to the end of the song"

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