Treme – 4×01 Yes We Can Can


Treme – 4x01 Yes We Can CanBetter to vote once in Ohio in sackcloth and ashes than to vote ten times in every parish in Lousiana”

Con queste parole di Lafcadio Hearn, Davis dà inizio al primo episodio dell’ultima stagione di Treme, perla preziosa della serialità contemporanea.

Treme è tra le serie di maggior qualità degli ultimi anni, ma al contempo tra quelle meno seguite di sempre. Fortunatamente l’HBO si è dimostrata molto generosa nei confronti dei propri prodotti più pregiati e in questo caso, nonostante gli ascolti bassissimi, ha concesso un’ultima mini-stagione per concludere tutti gli archi narrativi. L’ellissi temporale è la soluzione migliore per partire per una lunga volata e impostare il racconto di queste cinque ore nel migliore dei modi: gli autori non esitano a utilizzarla piazzando il punto di partenza narrativo nel giorno delle elezioni che consacrano Barack Obama Presidente degli Stati Uniti. Nelle parole citate da Davis però c’è tutto il senso d’impotenza di una città (e di uno stato) irrilevante, vittima di un perenne status quo politico, bilanciato però da una vitalità e una creatività fuori dal comune. Quest’annata parte subito alla grande, utilizzando l’election day come mezzo per veicolare alcuni dei messaggi principali sulla società di New Orleans e sui suoi più affezionati cittadini. “This truth is marching on” canta John Boutté nella sequenza d’apertura, identificando nella cultura cittadina l’unica, vera fonte di speranza.

She will vote as her father say. Later, when you vote, she will vote as you say”

Treme – 4x01 Yes We Can CanObama e New Orleans: due cose per certi versi vicinissime (le origini afro), per altri lontanissime (l’isolamento politico della città). Il messaggio di speranza lanciato dalla sua candidatura prima e dalla sua elezione poi è tuttavia di grande complessità e, come si vede nell’incipit, capace di intercettare tutti i personaggi principali in modalità differenti. Il passaggio generazionale è una delle questioni centrali: così come la candidatura di Obama ha significato la partecipazione di tantissimi giovani, allo stesso modo in questo episodio gli autori la utilizzano per parlare del rapporto tra padri e figli, nel solco di un messaggio di speranza che passa in tutte le televisioni. Sonny si trova da entrambi i lati: prima è il compagno di una donna il cui padre accetta malvolentieri l’idea di dover cedere la sua bambina a un altro uomo, poi è protagonista con Antoine Batiste di un siparietto simpatico con uno dei giovani allievi dell’amico che alla sua prima esperienza sessuale ha contratto la gonorrea. Testimone per eccellenza del tempo che passa e del cambio di generazioni è però Albert Lambreaux, non a caso il più diffidente verso le promesse del neoeletto presidente. L’esperienza gli dice che nulla cambierà in città, che i problemi sono molto più profondi, troppi per un solo uomo. Tuttavia Albert potrà passare il proprio testimone ancora più lontano perché a breve diventerà nonno di un nipotino che è il simbolo della speranza verso il futuro comunicata da Obama, un messaggio capace di irradiare tutto e tutti, facendo apparire più lunga anche la vita dello stesso Albert.

Please allow me to introduce Nelson Hidalgo of Dallas, Texas. Nelson is a corporate succubus, who has set up shop in our quaint little village with the intent of harnessing its very essence for fun and profit”

Treme – 4x01 Yes We Can CanIl montaggio parallelo è da sempre stata una soluzione linguistica preferenziale per Treme e non è un caso che anche in un episodio così importante come questo se ne faccia ampio ricorso. Il parallelo più importante è quello tra Davis e Hidalgo, due persone lontanissime, ma accomunate da un territorio che interpretano con grande passione. La vittoria di Obama per il giovane DJ non ha un impatto tanto rilevante: la sua vita continua a essere schizofrenica, in continua oscillazione tra le esplosioni di follia e gli attacchi di depressione, come in una delle sequenze iniziali in cui cerca di porre la sua firma su una tremenda buca stradale, simbolo della perenne inefficienza dell’amministrazione cittadina. La sua reazione, la costruzione di una specie di totem fatto con oggetti trovati per caso, è una sorta di gesto autoritrattistico, la proiezione di un sé vitale e ironico, pieno di quel nonsense che lo caratterizza. Hidalgo invece ha patito gravemente l’ultimo anno e l’arrivo di Obama alla Casa Bianca: il mercato non va più bene come una volta, i prezzi si sono alzati rispetto al post Katrina e la Borsa ha preso malissimo l’elezione del nuovo presidente facendogli perdere un sacco di soldi. È dal confronto tra i due che arriva uno dei momenti più belli dell’episodio: Davis insegna a Hidalgo come risorgere dalle sconfitte, come a New Orleans si possa rinascere molto più rapidamente, come si possa reagire grazie a un patrimonio culturale e umano che non ha prezzo. È proprio questa l’essenza di una città che anche quando ti manca tutto continua a offrirti ciò che nessun altro posto può darti, perché come insegna Davis: “music lives where it lives, bro. You can’t fuck with that”.

I should tell them to go fuck themself”

Treme – 4x01 Yes We Can CanAttorno a Davis ruotano storie che mirano ad analizzare la condizione femminile nella capitale della Louisiana. Le sue due ex fidanzate sono i vettori che portano la serie a muoversi dal particolare all’universale: Annie e Janette sono donne in carriera, giovani ragazze di cui abbiamo seguito l’intero processo di maturazione e affermazione, intercettandole anche nel momento di maggiore successo. Ora però arriva la fase più difficile, quella nella quale gli ostacoli possono essere più insormontabili e insidiosi, dove per mantenere il successo e il ruolo conquistato non basta più solo il talento. Cosa significa fare carriera per una donna nella New Orleans contemporanea? Obama può essere davvero una speranza? Oppure sono troppo alti i compromessi da dover accettare? Annie non ce la fa e molla l’etichetta discografica che l’ha portata al successo, o almeno così intende fare. Janette nel suo mettersi in proprio non trova quella serenità e quella fiducia da parte del prossimo e del suo ambiente tale da farle sfondare il primo difficile sbarramento. Più probabilmente è la sua infelicità a limitarla, la mancanza di un uomo al suo fianco a renderla spenta, come dimostra lo splendido e amaro finale. Non c’è alcun dubbio che entrambe sono di fibra robusta oltre che talentuose; hanno la stoffa per risalire da qualsiasi caduta, ma questo sarà solo il prosieguo della serie a dirlo.

It’s jail Toni, shit happens”.

Treme – 4x01 Yes We Can CanL’ultima questione analizzata da questo ricchissimo episodio riguarda i rapporti di coppia in una città così problematica e affascinante come New Orleans. Quando Toni e Sophia hanno finalmente ritrovato una meritata stabilità da troppo tempo perduta, è il momento per Terry di entrare a far parte della famiglia, di trovare nel focolare domestico la serenità per affrontare l’opacità del suo lavoro, fatto di corruzione e commistione tra istituzioni e malavita. La sua sfida sembra impossibile, e il suo equilibrio è possibile solo grazie ad una stabilità familiare come quella che trova con Sophia e Toni. Altro discorso per Davis, che in questo episodio incontra i suoi due amori con i quali ha due conversazioni diversissime: con Janette il clima è molto più sereno, più ludico, figlio di una storia dall’alto tasso formativo, ma sentimentalmente ormai archiviata, tanto da lasciarli liberi di divertirsi insieme; con Annie invece sembra ancora molto bloccato, ancora in balia di un sentimento che ingolfa il dialogo e rende il tutto costruito e imbarazzante, specie agli occhi dello spettatore che non ha nessun dubbio nel leggere il senso della sequenza, grazie anche alla regia di Anthony Hemingway.

Un episodio dirompente per iniziare l’ultima stagione di Treme che nella sua brevità già nasconde qualche lacrima di nostalgia. Una serie che si dimostra eccezionale anche nella capacità di portare in scena special guest d’eccezione come il pianista Ellis Marsalis.

Voto: 9

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".

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