Orphan Black – When did I become us? 1


Orphan Black - When did I become us?Se la vostra vita fosse un completo disastro e desideraste a tutti i costi avere un nome diverso, un altro lavoro e un’esistenza totalmente differente dalla vostra, cosa fareste nei panni di Sarah Manning? Cosa decidereste di fare se davanti a voi una donna col vostro identico viso si buttasse sotto un treno, lasciando sulla banchina una borsa con tutti i suoi documenti? 

Orphan Black, serie prodotta da BBC America andata in onda a partire dal marzo scorso, prende le mosse dalla vicenda appena narrata per costruire qualcosa che va ben al di là delle premesse iniziali; la storia di base – una ragazza orfana che prende l’identità di una poliziotta identica a lei – si trasforma ben presto in un altro tipo di racconto, nel quale fa capolino fin dal pilot il tema della clonazione.

Orphan Black - When did I become us?Certo, i dubbi inizialmente non mancano: l’enorme coincidenza grazie alla quale Sarah e Elizabeth Childs – la poliziotta suicida – si incontrano poco prima dell’arrivo del treno, e persino il modo con cui la ragazza scopre sin dalla prima puntata che ci sono altre persone identiche a lei, non giocano subito a favore della serie. Eppure nelle dieci puntate che costituiscono la prima, brillante stagione di Orphan Black ogni elemento va al suo posto, andando a costruire una vicenda che nasconde, tra le enormi pieghe di science-fiction, una componente drammatica elevatissima, nonché un thriller degno di nota.
Come in ogni storia che si rispetti, per il protagonista deve arrivare un momento di rottura da cui tutte le vicende possano scaturire e già da qui la narrazione ci spiazza: Sarah, le cui intenzioni iniziali sono quelle di rubare i soldi della poliziotta e scappare con la figlia Kira e il fratellastro Felix, si trova ben presto ad invertire la rotta e non perché costretta, ma perché profondamente convinta di dover trovare delle risposte a ciò che è e a ciò che sono tutte le sue sorelle genetiche.
Creare una storia che avesse alla base un’idea così poco originale come quella della clonazione ha richiesto necessariamente una costruzione che scavasse più in profondità nelle protagoniste, e che inserisse al suo interno delle tematiche di riflessione personale e sociale.

Orphan Black - When did I become us?Quanto pesa la società nella costruzione della personalità di un individuo? Può la genetica creare persone  uguali eppure diverse, ma in ogni caso connesse da un ineffabile senso di appartenenza?
Orphan Black prova a rispondere a queste domande, a onor del vero più alla prima che alla seconda – che per ora rimane solo accennata: più probabilmente per esigenze di scrittura e di messa in scena che non per vera presa di posizione teorica, la rappresentazione di Sarah Manning e di tutti gli altri cloni si ramifica e si diversifica non solo fisicamente, ma anche e soprattutto a livello caratteriale.
Sarah, Elizabeth, Cosima, Alison e ogni clone interpretato da Tatiana Maslany (sul cui lavoro tornerò tra poco) si differenzia dagli altri per un approccio diverso non solo al tema in questione, ma alla vita in generale e soprattutto alla minaccia alla loro esistenza dalla quale scaturiscono quasi tutte le conseguenze interne alla prima stagione.
Dalla storia particolare di Sarah ci si eleva con uno sguardo sempre più generale che non solo abbraccia l’intera vicenda, ma ne svela i collegamenti, giungendo solo in un secondo tempo a quella cospirazione che, se gestita in modo diverso da questo, avrebbe portato molto probabilmente ad una storia banale e già vista in più occasioni.

Orphan Black - When did I become us?Non solo i cloni, ma tutti i personaggi che girano intorno alla vita di Sarah vengono costruiti in modo stratificato e attento ai dettagli. Il fratellastro Felix – su cui spesso si gioca tutto il comic relief della serie, gestito quasi sempre in modo equilibrato – e la matrigna di Sarah (Mrs. S) rappresentano il cuore emotivo della vicenda, in quanto uniche persone che riescono a far emergere il lato più sentimentale della protagonista. La squadra investigativa e soprattutto Art Bell, collega di quella che lui crede sia ancora Elizabeth Childs, rispondono invece al compito di riflettere il punto di vista della società, lo sguardo più esterno delle vicende – quello che mai e poi mai penserebbe alla clonazione come risoluzione di un caso. Ma non c’è dubbio che la carta vincente della serie sia l’interpretazione di Tatiana Maslany.

Orphan Black - When did I become us?Non bastano parrucche, trucchi e vestiti diversi per rappresentare personaggi differenti tra di loro – eppure dotati dello stesso identico aspetto: ci vuole la capacità attoriale di qualcuno che sia così versatile da sentirsi davvero una persona diversa ogni volta che quegli stessi panni vengono indossati. Dall’incredibile prova della Maslany (nominata quest’anno ai Golden Globe) scaturiscono delle identità uniche, che hanno come elementi caratterizzanti tutti i dettagli a cui è possibile pensare: se persino l’accento cambia moltissimo da un personaggio all’altro – uno dei più che validi motivi per guardare questa serie in lingua originale –, ciò che più colpisce è però come già dopo pochissimo tempo siamo portati a percepire queste donne come individui totalmente diversi tra di loro. Il modo in cui i personaggi vengono scritti è sempre importante, ma è impossibile non vedere nelle diverse persone che compaiono sullo schermo un lavoro di personalizzazione che ha scavato nel profondo e che è arrivato a restituirci mimiche facciali, approcci alla vita e personalità completamente differenti tra di loro.

La prima stagione ha rappresentato una delle migliori novità del 2013. Ci ha lasciato con diversi elementi in sospeso e con la sensazione che quanto scoperto sia solo la punta di un enorme iceberg: il recupero della prima annata è quasi obbligatorio per ogni appassionato di serie tv, mentre per chi ha già potuto apprezzare le vicende di Sarah Manning l’appuntamento è per il 19 aprile con dieci nuovissimi episodi.

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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