The Americans – 2×12 Operation Chronicle 5


The Americans - 2x12 Operation ChronicleLo diciamo da così tanto tempo che ormai è un fatto assodato: The Americans, così attento alla psicologia dei personaggi e alle dinamiche familiari, è molto più che una “semplice” spy story

Una cosa che spesso dimentichiamo di sottolineare, però, è che anche su questo fronte Weisberg e soci non mancano di dimostrare, più e più volte, la qualità del proprio lavoro. Non è certo un caso, come niente lo è in questa serie: se le trame risultano così solide è proprio perché i personaggi e dunque l’ambiente che li circonda sono stati pensati, studiati e plasmati tenendo conto del più piccolo particolare. Nonostante si possa pensare il contrario, dunque, se la (spy) storia funziona così bene è anche perché The Americans è uno show lento e character-driven.

I nuovi personaggi incontrati quest’anno, per esempio, sono stati introdotti in maniera del tutto naturale e nei tempi più consoni ad uno sviluppo ragionato (e dunque non sbrigativo) delle diverse storyline. Ciò si è tradotto in una narrazione organica – potremmo anche dire osmotica – in cui ogni elemento del plot incide sull’altro, ma senza operare alcuna forzatura. La sensazione che ci lascia ogni episodio, insomma, è che le cose non potrebbero andare diversamente da come stanno effettivamente andando.
Prendiamo Larrick, per esempio: per quanto possa dare l’idea di un personaggio quasi irrealisticamente infallibile, alla fine ogni piano che orchestra risulta comunque plausibile. Analogamente, anche i coniugi Jennings svolgono il proprio lavoro in maniera impeccabile ma verosimile, e ogni variazione sul tema, ogni debolezza (come ad esempio il rischio che Philip si assume trasmettendo in codice da casa propria) viene giustificata dal – ed inserita, trattata e sviluppata nel – contesto in cui le figure operano in quel momento. In altre parole, nessuno in The Americans si comporta da idiota né tanto meno da supereroe per facilitare il twist di turno, come spesso capita in altri, deprecabili, show.

Guess I’m not gonna see mom.

The Americans - 2x12 Operation ChronicleLa cartina di tornasole di questo approccio è Paige: la sindrome del figlio scemo ha mietuto diverse vittime anche nelle produzioni di un certo livello (Dana Brody, stiamo parlando di te), ma la primogenita di casa Jennings è una delle poche adolescenti televisive di buon senso con la quale il pubblico può finalmente empatizzare. Il conflitto con i genitori non scaturisce da dinamiche già ampiamente (e spesso banalmente) sviscerate come ad esempio il fattore assenza e/o trascuratezza, e, qualora vi si faccia cenno, ad emergere sono comunque le vere motivazioni dello scontro tra le due parti, e cioè le difficoltà di comunicazione dovute al particolare rapporto che le lega. Paige crede che la madre abbia un amante, ed è per questo che rimane delusa quando scopre che non potrà aiutarla a fare i bagagli né dirle ciao prima di partire. La sua curiosità (così come il suo malessere) appare perciò del tutto comprensibile e non viene percepito dallo spettatore come un mero espediente narrativo, ma piuttosto come uno sviluppo coerente della sua personalità.

He a good guy?

The Americans - 2x12 Operation ChronicleAltrettanto solido è il lavoro di sviluppo del personaggio portato avanti con Stan, un esempio di quello che in questo articolo di The A.V. Club viene definito slow-burn storytelling. Sebbene l’arco narrativo Stan-Oleg-Nina non abbia l’appeal di quello principale e si serva dei cliché del genere forse in misura maggiore. rimane comunque rappresentativo del modus narrandi di The Americans, caratterizzato da attenzione al dettaglio e lentezza “intelligente”.

Il personaggio di Stan è ormai allo stremo almeno quanto il suo matrimonio, che vediamo spegnersi senza nemmeno uno spasmo nervoso. Ora che tutti i nodi vengono al pettine, il senso di colpa per aver distrutto la propria famiglia, per aver tradito il proprio paese, per aver messo in cattiva luce Gaad ed in pericolo Nina brucia ancora di più e ne consuma le poche energie vitali rimaste. Non ha la forza né la superiorità morale per arrabbiarsi con Sandra, non ha l’entusiasmo di chi è “dalla parte giusta” quando raccoglie informazioni per il KGB, non ha la sicurezza necessaria per discutere alla pari con Gaad. A muoverlo, ormai, è soltanto il proposito di salvare Nina (e questo Arkady Ivanovich lo sa bene), ma in lui non c’è traccia del cavaliere senza macchia e senza paura pronto a salvare la sua damsel in distress: quel che rimane di Stan è soltanto una figura patetica, schiacciata dal peso dei propri errori.

One day it’s coming. You know it is.

The Americans - 2x12 Operation ChronicleSi potrebbe dire che il filo conduttore di Operation Chronicle vada individuato nelle responsabilità del singolo individuo, specie nei confronti di chi è coinvolto suo malgrado nel grande gioco della Guerra Fredda (Jared, Paige, Martha). Ma in realtà tutto si riconduce, ancora una volta, al tema sotterraneo di questa seconda stagione: la famiglia. Quella che Martha non potrà mai avere, per esempio, o quella agonizzante di Stan, nonché l’unica cosa che dà a Fred l’illusione dell’intimità. Quest’annata si era aperta con la crisi di Elizabeth, la piccola madre, e sembra volersi chiudere allo stesso modo: con la perenne sensazione di un pericolo imminente per la famiglia Jennings. I primi minuti dell’episodio sono stati un tripudio di angoscia e paranoia, mentre il processo di esflitrazione di Jared non ha fatto altro che ricordare alla donna quanto simile sia la condizione del ragazzo rispetto a quella di Paige ed Henry. In fondo il senso di responsabilità più pressante è quello verso i propri figli, soprattutto se sono le identità dei loro stessi genitori a metterli in pericolo. A subire tale pressione è soprattutto Elizabeth, che, avendo sempre creduto nella causa comunista, percepisce ancora di più il peso delle proprie scelte. È quindi Philip che, ancora una volta, ha il compito di sostenerla indossando l’ennesima maschera: quella della spia perfettamente integrata e senza il minimo dubbio sull’operato dei propri superiori, un’immagine lontanissima dall’uomo che abbiamo conosciuto nel corso di questi 12 episodi. Dirle di stare tranquilla, però, non basta: in fondo sanno entrambi che, come cantava Peter Gabriel in The Walk In, la tempesta sta arrivando.

Peccato per noi, che una stagione così perfetta non vorremmo mai vederla finire.

Voto: 8 ½

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Informazioni su Francesca Anelli

Galeotto fu How I Met Your Mother (e il solito ritardo della distribuzione italiana): scoperto il mondo del fansubbing, il passo da fruitrice a traduttrice, e infine a malata seriale è stato fin troppo breve. Adesso guardo una quantità spropositata di serie tv, e nei momenti liberi studio comunicazione all'università. Ancora porto il lutto per la fine di Breaking Bad, ma nel mio cuore c'è sempre spazio per una serie nuova, specie se british. Non a caso sono una fan sfegatata del Dottore e considero i tempi di attesa tra una stagione di Sherlock e l'altra un grave crimine contro l'umanità. Ah, mettiamo subito le cose in chiaro: se non vi piace Community non abbiamo più niente da dirci.


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5 commenti su “The Americans – 2×12 Operation Chronicle

  • SerialFiller

    Serie di una delicatezza unica.
    Mi aggrego al dolore per la consapevolezza della imminente fine di stagione.
    Il tempo è volato con the americans. Finisce la puntata e vorresti averne ancora e il tutto senza che la sceneggiatura debba forzare con colpi di scena e cliffangher esagerati.

     
  • Leo K.

    Stagione meravigliosa. Grandissima serie dal respiro profondo. Autoriale, nel miglior senso possibile. Ottima la recensione.
    Domani season finale, un po’ mi rattrista dover aspettare un anno per un prodotto di questo spessore.

     
  • Charlotte

    Tanti applausi per questa stagione, davvero sublime e per questi attori talentuosi.
    Sono rimasta incollata allo schermo, senza mai alzare gli occhi.
    Sono d’accordo con la tua recensione, specialmente su Paige.
    Come poter non fare il confronto con la pessima Dana Brody?!