Gomorra – 1×07/08 21


Gomorra - 1x07/08Oltre a fornire un’ottima rappresentazione del mondo descritto da Saviano, Gomorra è una serie sul potere: infatti, scegliere di affrontare la narrazione dalla parte dei Savastano porta all’inevitabile necessità di affrontare le questioni interne alla famiglia, i cui interessi sono guidati da un’insaziabile fame per il controllo su tutto e tutti.

In questi due episodi, la lotta per il potere assume un ruolo ancora più predominante e funge da motore del racconto, continuando ad avvincere e ad intrattenere grazie ad una resa impeccabile e scelte narrative convincenti.

Gomorra - 1x07/08La prima delle due puntate mostra una situazione in cui è Imma ad occupare il posto più alto: con Genny in Honduras e Ciro relegato ad un ruolo opprimente, la donna ottiene la piena libertà d’azione e mette in atto la sua caratteristica ipocrisia, in una serie di scelte che rendono chiara la politica intrapresa dalla signora Savastano. Quest’ultima sembra decisa a mantenere una sorta di equilibrio, una situazione in cui le azioni immorali vengono bilanciate da una facciata altruista e benevola: infatti, il nuovo giro di spaccio viene compensato con l’aiuto fornito alle donne della zona, il cui simbolo consiste nella sostituzione della statua della Madonna, indice di una religiosità falsa e artificiosa che viene sfruttata come un semplice mezzo. Tale caratteristica, inoltre, viene sottolineata dall’ironico richiamo utilizzato all’arrivo della polizia – un “Maria!” che esprime al meglio il rapporto della criminalità del posto con la fede.

Gomorra - 1x07/08Di grande importanza nell’episodio è anche la vicenda legata a Luca, vero e proprio personaggio-simbolo per la linea d’azione scelta da Imma: la ragazza, infatti, lesbica e senza padre, rappresenta il tipo di persona a cui la donna vuole rivolgere il suo aiuto, facendosi protettrice dei deboli per far dimenticare le sue attività notturne. Tuttavia, la situazione non è destinata a durare a causa della sua incapacità di dividere le due sfere, che porta alla scelta di introdurre Luca in un mondo tradizionalista e pieno di pregiudizi – una realtà, insomma, incapace di accettarla. L’innocenza della ragazza, rappresentata dal bianco dell’abito da sposa, non ha alcuna possibilità di durare e la sua fine giunge in modo tanto prevedibile quanto efficace: la scena della sua morte – cruda e spietata – rappresenta l’incapacità di Imma di conciliare due aspetti della vita criminale attraverso un sistema che è ormai giunto alla sua conclusione, il tutto a causa dell’imposizione di una politica decisamente più ferrea.

Gomorra - 1x07/08In questo senso, il ritorno di Genny segna l’inizio di una linea d’azione più dinamica e brutale, espressione della sua potenza e volontà di autoaffermazione: l’esperienza in Honduras si è dimostrata estremamente significativa per il giovane, che, posto in una condizione dove la lotta per la sopravvivenza assumeva importanza vitale, è riuscito a liberarsi della sua debolezza grazie ad un cambiamento radicale, una svolta che ha le sue radici nella stessa ragione che lo spingeva all’inizio, ovvero la necessità di imporsi prendendo il controllo della famiglia. Ciò viene messo in atto con metodi forti e violenti, la cui sostanziale differenza con quelli scelti da Imma viene espressa dal trattamento riservato ad un giovane bisognoso di aiuto: se la donna accoglieva tale richiesta con piacere, Genny decide di rispondere con un omicidio a sangue freddo, che ha la duplice funzione di annunciare il suo modo di fare e di indicare il taglio netto col passato e la persona che era. Tale distacco, inoltre, viene sottolineato dall’inevitabile allontanamento dalla madre e da Ciro, i due contendenti che avevano sempre cercato di sfruttare il ragazzo, ora determinato ad agire da solo.

Gomorra - 1x07/08Il cambiamento, in ogni caso, non si limita alla sfera personale di Genny, ma viene esteso anche alla dimensione politica, che nel secondo episodio viene analizzata attentamente: anche in quel campo il concetto rimane lo stesso (la voglia di novità, la rottura col passato), ma la vicenda offre innumerevoli spunti agli autori per mettere in scena una realtà sempre attuale, ovvero quella dei voti comprati in un modo originale. Inoltre, l’intera questione politica permette di sottolineare ancora di più il distacco con la situazione precedente e ciò avviene, per esempio, con la relazione tra Genny e Jessica che, se all’inizio appare una replica di quella con Noemi ma con maggiore sicurezza, si rivela poi essere fortemente strumentalizzata, indice di una visione del mondo che fa del nuovo boss un personaggio pericoloso e difficile da addomesticare – molto efficace, in questo senso, la scena dell’omicidio del cane, che reintroduce il ragazzo sottolineando l’impossibilità di essere controllato.

Nonostante tutto, comunque, non si possono non notare certi difetti mantenuti dalla serie nel corso degli episodi, tra cui spiccano i richiami spesso espliciti a prodotti americani come The Wire, a cui la messa in scena della vicenda dello spaccio deve forse un po’ troppo. Insomma, si può dire che Gomorra dopo 8 episodi sente ancora il bisogno di trovare una certa originalità, la cui mancanza porta spesso ad uno svolgimento piuttosto prevedibile della narrazione; in ogni caso, il livello qualitativo rimane altissimo e il prodotto di Stefano Sollima continua a convincere, confermandosi (purtroppo) una rarità nel panorama televisivo italiano.

Voto: 8+

Note:

– La soundtrack della serie è senza dubbio uno dei suoi tanti pregi, ma sono l’unico a cui la ripetizione dello stesso tema alla fine di ogni episodio sembra un po’ troppo ripetitiva? Dopo 12 episodi potrebbe davvero stancare.
– Non ho approfondito la storyline di Ciro con il ragazzino perché non ha particolare rilievo, ma dal promo dei prossimi episodi sembra che verrà sviluppata per bene.

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21 commenti su “Gomorra – 1×07/08

  • Attilio Palmieri

    L’Honduras come il Vietnam, Genny come il De Niro del Cacciatore. Non si ritorna da quell’inferno se non in un’altra forma, con un’altra faccia.
    Trasformazione impressionante.

     
  • SerialFiller

    Recensione perfetta.
    Quanto di the Wire c’è in questa serie. La piazza dello spaccio mi ha fatto tornare in mente la prima stagione di The Wire e quel divano piazzato al centro dei palazzoni.
    Da casertano guardo questa serie da osservatore e la cosa che penso ad ogni scena è sempre la medesima ovvero che nulla di quello che viene riportato è lontano dalla verità anzi a volte sembra più vero della realtà, a volte sembra che abbiano messo una candid camera negli uffici, nelle strade della campania.
    La scena di Genny che entra in municipio e minaccia il sindaco credo che ai più sarà sembrata esagerata, invece vi posso assicurare che cose del genere succedono e come e spesso non è il tavolo a rompersi ma la testa o un arto del soggetto di turno.
    La connivenza fra politica e criminalità organizzata è spaventosa. Nei pesini dell’interland napoletano e casertano è impossibile essere eletto senza che prima tu non sia passato dai canali malavitosi, chiesto il loro permesso ed i loro voti. Ho 28 anni e che io ricordi forse solo una volta fu eletto un sindaco non connivente e durò 6 mesi per poi dimettersi dopo minacce di morte alla sua famiglia e quella dei suoi consiglieri più fidati, e stiamo parlando di un paesino di 15000 abitanti.
    I Cosentino, i Cozzolino, I Romano di questo mondo sono espressioni plastiche di quel che abbiamo visto nell’ottavo episodio. Non meravigliatevi di nulla quando guardate questa serie, non sbaglia un colpo, la rappresentazione della realtà è da documentario tanto è perfetta.
    Unica nota stonata devo dirlo ma per me è stato il cambiamento troppo esagerato e repentineo di Genny. Ci sta, ci puo stare che da quella esperienza torni incazzato, torni determinato e cambiato ma Genny è diventato fermo, brutale, con le idee chiare, non perdona e non sbaglia. Troppo, troppo , troppo sinceramente, Avrei apprezzato molto di più un netto cambiamento ma con delle zone grigie che invece non vengono mostrate.
    Il settimo episodio secondo me è stato forse il più bello della serie finora al pari di quelli in carcere con Don Pietro.
    E Ciro?
    Non è che staremo per assistere alla faida degli scissionisti con Ciro capo di questi ultimi?

     
    • Pietro Franchi L'autore dell'articolo

      Grazie mille, anche per la conferma dell’esistenza di una realtà che purtroppo non appartiene solo ad una serie tv.
      A giudicare dai promo dei prossimi episodi Ciro ce lo vedo benissimo con quelli di Barcellona, che potrebbero benissimo tornare; dopotutto, se prima aveva rifiutato la proposta perché sperava di far strada con Genny ora quel sogno è svanito, quindi tanto vale andare con gente che riconosce il suo valore. Comunque, sono d’accordo sul cambiamento forse un po’ troppo repentino di Genny, le sue scene hanno un impatto pazzesco ma avrebbero potuto rendere il tutto in maniera più profonda.

      P.S.: Sempre parlando di The Wire (difficile dimenticarsi un capolavoro televisivo del genere), a me è saltata subito in mente la scena in cui lanciano televisori and stuff alla polizia, imitata in questo caso dal lancio di piatti e oggetti vari!

       
      • SerialFiller

        Assolutamente daccordo la scena delle tv e quella vista in Gomorra è praticamente un richiamo storico, un tributo.
        Che Ciro sia il nuovo StringerBell?

         
        • Tuco

          per certi versi è proprio stringer: insoddisfatto del suo ruolo, ambizioso e lucido, dev’essere solo più calcolatore

           
  • Federica Barbera

    Io invece ho apprezzato il cambiamento di Genny (al di là della bravura dell’attore) proprio perché così repentino. Non è semplice “cambiamento”, è trauma: quello che gli è successo in Honduras – e di cui il racconto ad Imma sembra solo una parte – ha avuto quasi il sapore di un rituale barbaro di iniziazione, ma elevato all’ennesima potenza e acuito sia dalla distanza da casa – che per uno come lui deve essere pesato moltissimo – sia soprattutto dalla lontananza delle persone a lui care. Non è un caso, credo, che al suo ritorno si faccia quasi terra bruciata intorno: non vuole avere legami con la madre, con Ciro, ma nemmeno col padre, cosa che manifesta con le sue azioni, totalmente opposte a quelle di Pietro.
    E’ certamente un cambiamento repentino per noi che guardiamo la serie, ma non lo vedo così improbabile nella vita normale, anzi: me lo aspetto di più da uno come Genny, quello che dopo aver visto una carneficina si ritrovava in bagno a vomitare, perché sono quelle le persone che una volta affrontata la cruda realtà devono per forza indurirsi più degli altri se non vogliono crollare sotto il peso di un mondo atroce.

     
    • Pietro Franchi L'autore dell'articolo

      No ma infatti il cambiamento repentino l’ho apprezzato anch’io, sia chiaro, la reazione brusca è l’unica risposta possibile ad un trauma del genere, soprattutto (come dici tu) da parte di una persona come Genny; il mio unico appunto è che avrei preferito che mostrassero non il cambiamento graduale, ma una “zona grigia” (come diceva SerialFiller) ancora presente nel ragazzo, che alla fine una parte di quello che era prima l’avrà conservata, anche se nascosta.

       
  • Namaste

    Concordo anch’io con SerialFiller su quella che mi è sembrata l’unica nota stonata della 1×08: il cambiamento troppo troppo troppo repentino di Genny ‘o moichano. Ho capito il discorso che faceva Federica sul come vedere la morte in faccia o subire un trauma di quel tipo (l'”uccidi per non essere ucciso” di gillighiana memoria) cambi il modo di pensare e di agire di chiunque, ma qui credo che abbiano un pelino esagerato. E non perchè quel tipo di metamorfosi sia inverosimile, tutt’altro, ma perchè il risultato è troppo stridente, specie se rapportato alle premesse iniziali. Il Genny ‘ o viziato della prima puntata era, diciamoci la verità e passatemi il termine, un allegro coglione, tanto da darmi l’impressione che il ragazzo fosse persino un po’ tardo, qui invece arriva addirittura ad orchestrare da solo quello che poi ha messo in pratica. Merito sicuramente all’attore, bravissimo a cambiare registro, e che avevo indubbiamente sottovalutato, ma una scrittura meno “repentina”, che fosse appunto più da telefilm che da film, avrebbe sicuramente giovato.

    Tolto questo, chapeau a questi autori che, con questo doppio episodio (per me i due migliori finora) dimostrano decisamente di saper, se necessario, anche cambiare marcia. Finora “Gomorra”, per me era stata solo una serie scritta e diretta dannatamente bene, soprattutto se paragonata agli standard italiani, ma che non mi aveva mai davvero entusiamato, come invece mi capitava per l’altra serie di Sollima, che continua a dire nelle interviste di non ispirarsi a “The Wire”, tanto da farci credere che non l’avesse nemmeno visto, ma a questo punto… beato a chi ci crede.

    Il paragone può starci e alla luce del risultato non può dirsi nemmeno così blasfemo. Del resto, la prima cosa che ho pensato leggendo “Gomorra” è che Saviano, in qualche modo, magari anche inconsapevolmente, doveva essersi rifatto al capolavoro di David Simon (sul web gira anche un bellissimo articolo che avvalora questa mia tesi, non ho qui il link ma cercatelo). E non trovo neanche corretto o comunque poco condivisibile dire che questo renda il progetto meno originale. È come dire che siccome “Il Padrino” aveva già detto tutto sulla mafia, tutti i film venuti dopo sono in qualche modo delle copie sbiadite. Per quanto un tema possa essere stra-abusato, dipende sempre da come uno riesce a trattarlo quel tema, quali sono i punti di vista che un autore intende prediligere ed ovviamente con quale stile si sceglie di trattarlo. Sollima potrà anche essersi ispirato a “The Wire”, ma lo fa restituendo comunque al prodotto una sua identità, decisamente italiana, anzi campana e persino casertana, che come ci insegna il buon Serial Filler, rimane una realtà a parte, un mondo distinto, che se non ci vivi non puoi nemmeno lontanamente comprendere, a meno che uno non creda naturalmente di stare guardando solo un’opera di fantasia. Basterebbe la scena delle elezioni truccate (talmente macchinosa che non sono nemmeno certo di averne compreso il meccanismo), ma prendete anche quella in cui donna Imma promette un lavoro alla donna con la figlia paralitica e la vediamo subito dopo a distribuire siringhe, o ancora la telefonata con cui Genny si congeda dal primario che non vuole mischiarsi con lui con “ho fatto come mia avete chiesto, ma prima…”. Scene e dialoghi di una brutalità e di un cinsmo sconcertante, di un crudo realismo finora visto o sentito solo nelle grandi sceneggiate americane, così lontane da noi eppure così vicine. In questo senso, “Gomorra” è l’esempio lampante di come anche gli italiani, se glielo permetti, sanno fare delle serie à la David Simon o à la David Chase, ma col loro stile e col loro punto di vista. Basta solo osservare la realtà, quello che vediamo fuori dalle nostre finestre ogni giorno e poi decidere di raccontarla. E questo Sollima, lo sa fare davvero bene.

    Voto 9.

     
    • Federica Barbera

      Sono in realtà molto curiosa di vedere come porteranno avanti il percorso di Genny, in fondo lo abbiamo visto in una sola puntata e chissà, magari quelle zone grigie di cui parlate potrebbero emergere alla lunga. Capisco comunque ciò che dici sulla questione “organizzativa” un po’ troppo accurata per uno come lui… vedremo gli sviluppi.

      Sul discorso relativo all’originalità sono assolutamente d’accordo: non ne ho parlato prima perché (mea culpa!) non ho visto The Wire quindi non volevo entrare in un discorso che non mi compete, ma il fatto che ci siano certi temi (che poi sono caratteristiche di vita che puoi trovare in più parti del mondo) codificati da una serie non può diventare metro e misura per tutte quelle successive – o meglio, può farlo qualora ci si limiti alla mera copia, e come giustamente dici Sollima non fa affatto questo.

      La scena delle elezioni è agghiacciante, e il fenomeno della “scheda ballerina” è stato analizzato più volte negli ultimi anni. Riflettevo sul fatto che forse l’unica soluzione, davanti ad un voto già segnato e pronto ad essere consegnato, sarebbe quello di invalidare la scheda, ma non so quanto le persone “contattate” per questo voto di scambio siano effettivamente interessate a cambiare le cose. Ciò che sicuramente lascia più interdetti, comunque, è il modo crudo e senza filtro che viene utilizzato per raccontare queste vicende: eppure risulta a tutti gli effetti il modo più giusto e queste due puntate secondo me l’hanno dimostrato perfettamente.

       
  • Attilio Palmieri

    Che Sollima abbia studiato a menadito The Wire mi sembra una cosa evidente e lo dimostra quel divano lasciato in strada che chiude la prima puntata, esplicita citazione del famoso divano arancione della serie di Simon. Non solo The Wire, ma anche tante altre serie, soprattutto HBO, che hanno dato corpo a un certo tipo di narrazioni, da OZ (le parti nella prigione si rifanno esplicitamente) a The Sopranos (in fondo la parabola di Ciro potrebbe in parte ricordare quella di Christopher Molitasnti).
    Non sono molto d’accordo sulla critica alla trasformazione di Genny. Gomorra è una serie che prende le mosse da un testo molto noto e da un film altrettanto noto. Io, da napoletano, conosco abbastanza bene sia quei testi, sia la materia prima che si prefiggono di raccontare. Il libro di Saviano era una disamina estremamente dettagliata e proteiforme di una certa realtà e il film di Garrone viaggiava più o meno sulla stessa lunghezza d’onda, tentando, seppur con le modalità di racconto audiovisive e con la potenza autoriale di un regista come Garrone, di riprendere il senso profondo del film e offrire un lucido sguardo su un mondo terrificante e al contempo narrativamente accattivante.
    Gomorra – La serie no. Sollima non intende ripercorrere lo stesso cammino perché quel testo di partenza è stato già sfruttato abbastanza, Sollima dà per acquisite certe cose, le rende strumenti narrativi per un racconto che è soprattutto un racconto pulp. Per questo, anche la trasformazione di Genny, ha poco a che fare con la verosimiglianza o con l’approfondimento sociale, quanto più con i canoni classici del racconto gangsteristico, dove l’arco drammatico di ascesa e caduta del gangster viene sviluppato sulla sua figura. L’attore che lo interpreta poi riesce a dare quelle potenza tutta fisica (grazie anche a un dimagrimento eccezionale) costruendo un personaggio che più che con quelli di Saviano e Garrone si relazione agli eroi ribelli della New Hollywood, dal De Niro del Cacciatore (di cui sembra una nuova resurrezione) al De Niro di Taxi Driver, la cui trasformazione era altrettanto radicale. La velocità del suo cambiamento infine credo sia dovuta a un racconto impostato per far succedere tante cose, per cui mi aspetto ancora tanti cambiamenti (Ciro l’Immortale con Salvatore Conte sarebbe un sogno) e lotte fra clan, in modo da esaltare la componente action della serie, sicuramente non secondaria.

     
    • Namaste

      Ma infatti, più che paragone con la serie di Simon (come t’invidio Federica che ora sarai costretta a recuperarla) o altre del primo filone HBO, parlerei a questo punto di semplice citazione/omaggio, che però finisce lì. Del resto, Sollima, ma anche lo stesso Saviano, a leggere le loro più recenti interviste, mi sembrano dei potenziali nerd del racconto seriale, spettatori come noi, che magari non leggono Seriangolo, ma che le serie americane e non solo, anche quelle più di nicchia, le seguono in originale. Per cui, se lo spettore attento di Seriangolo ne riesce ad inviduare il divertito omaggio (quello di “Oz” era ancora più palese), di sicuro Sollima non lo inserisce a caso, ma solo perché a differenza di altri suoi colleghi (ieri si parlava di “House of Cards” in una trasmissione d’informazione politica su La7 e dubito qualcuno degli ospiti in studio o anche chi scrive le fiction Mediaset l’abbia mai visto), sa quantomeno di cosa sta parlando e in quale terreno scivoloso va a cacciarsi nel momento in cui dovessero fioccare i paragoni. E ripeto, a me sembra che il buon Sollima si limiti a quello, avendo questa serie ma anche il precedente RC, e malgrado la pagina scritta da cui provengono, una chiara e forte impronta autoriale.

      Il discorso sul carattere prevalentemente pulp della sua narrazione lo condivido solo in parte. Il pulp, per come lo leggo io, è un genere di racconto che predilige toni e situazioni volutamente esagerati, spesso surreali o al limite del grottesco. Mi sembra invece che Gomorra Serie, pur presentando temi e situazioni forti, spinga ancora più di RC sul pedale del realismo o iperealismo di taglio quasi documentaristico. Il giovane candidato sindaco di una corrente dal simbolo di lista identico a Forza Italia non è un’esasperazione della convivenza politica-camorra, ma ahinoi, un reportage televisivo di come le cose vanno in questo anomalo Paese. Una scena come quella raccontata della “scheda ballerina” non è un’iperbole narrativa su come potrebbero funzionare i brogli elettorali, perché nessuno sceneggiatore, nemmeno la penna di David Simon o dello stesso Sollima, sarebbe oggi in grado di partorire una simile diavoleria, lo spettatore americano o di altro Paese che assiste a quella situazione la giudicherebbe semplicemente inconcepibile, frutto appunto della scatenata fantasia di uno sceneggiatore, e invece no, magari fosse pulp, lo preferirei di gran lunga, il guaio è che invece è tutto vero, tutto reale, molto reale, pure troppo… per citare un famoso personaggio della Gialappa’s.

      Sulla trasformazione di Genny che ad alcuni è parsa troppo stridente e ad altri no, non è naturalmente il caso d’insistere, si tratta di semplici percezioni ed è giusto che ognuno abbia la sua. Io ribadisco solo che all’inizio il personaggio era Bombolo e tornato dal Nicaragua è diventato Pablo Escobar, che è un po’ diverso dalla trasformazione un po’ più graduale da Mr. Chip a Scarface che molti hanno in mente. Poi è anche vero che non ho visto i promo delle nuove puntate e magari avevan solo bisogno di accelerare gli eventi prima dell’esplosione finale. Ripeto, niente di grave.

      Ah, qua il link dell’articolo su Gomorra-The Wire di cui dicevo, è del 2010, ben prima che fosse concepita la serie, ma mi sembra ancora attuale:

      http://www.minimaetmoralia.it/wp/the-wire-il-gomorra-americano/

       
      • SerialFiller

        Quasi completamente daccordo con Namaste.
        Come detto in precedenza quallo che viene messo in scena è iperreale, a differenza di romanzo criminale che era aappunto molto più romanzato qui troviamo la nuda e cruda verità. Il sindaco col logo simile a forza italia ( in campania potrei citare decine di sindaci assessori, senatori del PD in manett o indagati…il colore non fa differenza in Campania ma ahimè neppure in Italia), le piazze della droga, i posti di lavoro in mano alla camorra, le faide, la lotta per il potere, le carceri. Nulla si discosta dalla realtà.
        Ribadisco la mia gioia per l’accostameneto a quel capolavoro di The Wire.
        Per me questa serie ha molto di The Wire e The sopranos e nulla di breaking bad, al limite vedo delle analogie con sons of anarchy, la amtriarca gemma e Imma, IL Jax sognatore costretto ad indurirsi e Genny, la scheggia impazzita, armi, sesso, droga rock n roll e rap napoletano melodico….insomma il paragone contemporaneo con l epopea di Sutter c’è.

         
  • Gianni

    A me la trasformazione di Genny ricorda molto quella del soldato palladilardo in Full Metal Jacket! Anche il tipo di personaggio è molto simile.
    Complimenti per la recensione ed i commenti altrettanto profondi

     
  • Tuco

    piccola curiosità sul tema Gomorra-The Wire: pure la serie HBO chiudeva tutti gli episodi con lo stesso tema musicale.
    la serie di sky si ispira tantissimo ai 3 grandi capolavori del canale via cavo, ma ha il fascino di essere puramente italiana.
    I soprano sono un’enciclopedia del modo di vivere e vedere il mondo tipicamente americano, The wire è Baltimora (la Napoli americana) e Oz è quello che succede ai cattivi rimasti in vita delle due serie precedenti.
    Gomorra è un’insieme degli elementi migliori di queste 3 serie, non reinventa il genere, non aggiunge niente, il suo fascino più grande è però quello di essere ambientata in italia.
    The wire è un gioiello e per chi vive in america, a Baltimora in particolare, deve aver avuto lo stesso effetto che fa a noi italiani, e ancora di più ai Napoletani probabilmente.
    Il suo più grande pregio secondo me è quello di essere la classica serie gangster(ormai son passati 15 anni dai soprano) che finalmente parla a noi, non siamo più terzi spettatori d’oltreoceano, siamo noi italiani quelli a cui la serie tira i pugni in faccia non gli americani. Lasciatemelo dire: FINALMENTE!

     
    • Pietro Franchi L'autore dell'articolo

      Mi discosterei dal paragone musicale per un semplicissimo motivo: in The Wire la musica partiva negli ultimi istanti dell’episodio per proseguire nei titoli di coda, mentre in Gomorra si parla di una soundtrack che accompagna le intere scene finali di ogni puntata. E’ importante sottolinearlo perché The Wire ha sempre fatto dell’aderenza alla realtà un dettaglio quasi maniacale, introducendo una colonna sonora estranea al contesto (senza che ci sia una radio in scena che la trasmetta, una televisione, ecc.) solo nei finali di stagione e pochissimi altri casi (a me viene in mente solo il finale di Port in a Storm, ma potrebbe essermene sfuggito qualcun altro); Gomorra, invece, non segue questa strada e si rifa a canoni più “classici”, introducendo spesso e volentieri una soundtrack per aumentare il pathos. Sono scelte stilistiche differenti, tutto qui, ma secondo me sottolineano l’enorme distacco nella resa tecnica tra i due prodotti 🙂