The Strain – 1×03 Gone Smooth 5


The Strain - 1x03 Gone Smooth

The Strain è una di quelle serie che, ancor prima di arrivare sullo schermo, convince ed attrae perché sulla carta ha tutto: un ottimo cast, grandi nomi di produttori e creatori, un canale di tutto rispetto che decide di mandarlo in onda. E, paradossalmente, proprio quando c’è questo “tutto” accade di trovarsi davanti alle più cocenti delusioni. Non è (ancora?) il caso di The Strain, sia chiaro, ma manca ancora qualcosa per poter affermare con sicurezza l’esatto opposto.

The Strain - 1x03 Gone Smooth

Una posizione così oscillante si sintetizza perfettamente isolando l’inizio e la fine della puntata. In apertura, la macchina da presa scorre in una ricca stanza immersa in una luce calda, piena di ombre e penombre; in primo piano, messi a fuoco, vediamo una quantità di oggetti perfettamente ordinati, accompagnati da eleganti gesti visibilmente metodici. Il resto della stanza rimane volontariamente sullo sfondo, fuori fuoco, impedendoci di capire chi sia il personaggio protagonista, almeno finché la telecamera si sposta e dalle sue spalle, vira verso un irriconoscibile e quasi disintegrato volto. Thomas Eichorst, l’impeccabile mente dietro gli spostamenti della cassa nello scorso episodio, si sta letteralmente componendo: aiutato da una gran quantità di trucchi, maschere, parrucche, dentiere, ri-costruisce se stesso davanti ad uno specchio per tornare ad apparire come un essere pienamente umano – Soon, no more charade. To victory.

The Strain - 1x03 Gone SmoothLa scena, con pochissime parole e con un notevole impatto visivo (e sonoro), riesce a mostrare e incuriosire molto meglio rispetto ad altri momenti dell’episodio, anche se formalmente più legati all’intreccio e agli eventuali sviluppi futuri. È impossibile, e sicuramente non augurabile, che la serie diventi un cumulo di immagini visivamente impeccabili ma senza alcuna storia a sorreggerle (il ronzio nelle orecchie dice giusto: American Horror Story è sempre pronta a far da monito). Ma è pur vero che fare totalmente l’esatto opposto, cioè circoscrivere il fascino compositivo dell’immagine solo per alcuni frangenti, è altrettanto sbagliato. In chiusura di puntata, i tre protagonisti “buoni”, Ephraim, Nora e Jim sono occupati a combattere il loro primo vero vampiro nella persona, ormai trasformata, del capitano Redfern. Tolti i pregevoli effetti speciali su quest’ultimo, il resto di questo scontro è assolutamente piatto, lento e stranamente di relativo impatto – nonostante la finale violenza compulsiva del dott. Goodweather.

The Strain - 1x03 Gone Smooth

L’intera puntata, come soprattutto la precedente, sviluppa parallelamente due canovacci narrativi, soprattutto spazialmente distinti: la storia è ovviamente unica, ogni tassello è parte di un disegno più grande e via dicendo – al terzo appuntamento di stagione è tutto nella norma. Ma i due canovacci non conoscono solo la distanza temporanea della costruzione narrativa, perché a differenziarli entra in gioco anche una sostanziale distanza formale. La parte dedicata ai vampiri e alla loro trasformazione continua ad essere la meglio gestita e quindi la più attesa. Ansel, un altro dei quattro superstiti, è tornato a casa dalla sua famiglia ed è sulla diretta via per realizzare la sua nuova natura, proprio sotto gli occhio di sua moglie. Ad uno stadio più avanzato, invece, c’è Gabe: la sua trasformazione è entrata nel secondo stadio della decomposizione, l’inizio del processo di cui Eichorst mostra la fase più avanzata. Ai neo vampiri è quindi deputata la parte più descrittiva ed orrorifica della serie, dove è anche più semplice giocare con l’impressione immediata dello spettatore.

The Strain - 1x03 Gone SmoothDall’altra parte, invece, ai tre protagonisti “umani” va il compito di fare da motore narrativo: sono i proverbiali protagonisti di un qualsiasi horror che non avrebbe luogo se ad un certo punto decidessero di farsi i fatti propri e di non aprire quella porta. E i nostri rimangono ancora congelati a questo stadio; e ciò non sarebbe necessariamente un male se venissero sfruttati “solo” come tali. Invece vengano introdotte e portate avanti anche le vicende più strettamente personali; eppure, nonostante questo, sia Ephraim che Jim restano ancora delle macchiette, stereotipi che vorrebbero riscattarsi da questa condizione ma che in fondo funzionano quando sono bidimensionali. Ad esempio, il coinvolgimento di Jim Kent direttamente con Eichorst che, pur di avere la possibilità di far guarire la moglie Sylvia, è disposto a collaborare con il nemico, si rivelerà magari il migliore degli agganci possibili, ma resta un escamotage molto poco originale – nonostante si inserisca nella filigrana simbolica di morte/impossibile guarigione/oltrepassare la morte che fa da spina dorsale alla serie.

The Strain - 1x03 Gone SmoothQuasi stesso giudizio si può riservare al lato paterno di Ephraim, coinvolto nell’udienza per l’affidamento del figlio: alla sua immaturità e desiderio di onnipresenza, si contrappone la bontà e la maturità di un ragazzino innamorato dell’eroico padre ma che rinuncia a lui per consegnarlo, anima e corpo, al suo lavoro. Invece di arrotondare e far comprendere la figura del personaggio interpretato da Corey Stoll, questa storyline si sta trasformando in un panegirico dell’ennesimo detective che preferisce immergersi nel suo mestiere pur di non conoscere se stesso: abbandonare una maschera per indossarne un’altra. Quindi da un lato c’è il tentativo di costruire il protagonista, tentando di farlo sfuggire alle regole stereotipe dell’horror, inserendolo in un contesto familiare in questo caso, ma dall’altro questo stride con la parte più strettamente d’azione perché toglie tempo prezioso, non aiuta a formarne alcuna caratteristica peculiare e distintiva, fa sentire ancora di più l’abisso scritturale e visivo tra l’interessante parte vampiresca e la debole parte umana.

The Strain - 1x03 Gone SmoothIn questo senso, le due storie finora apparentemente più aliene al nucleo principale funzionano invece meglio e più armonicamente in quanto vicine alla parte horror. La questione dei ratti, e quindi del personaggio di Vasiliy (aiutato dal volto di Kevin Durand), si ricollega ai cambiamenti e sconvolgimenti che interesseranno il mondo con la liberazione dell’ultimo vampiro superstite prima e di tutti gli altri a breve, già annunciata da Eldricht Palmer. La parte del siparietto di Abraham l’ebreo è invece il correlativo oggettivo della trasformazione in umano di Eichorst: per agire bisogna fingere – o almeno finché non sarà di nuovo dichiarata guerra aperta.

The Strain continua ad essere un prodotto interessante e da tenere sicuramente d’occhio. Durante il panel a loro dedicato durante l’ultimo Comic-Con, si è parlato di personaggi, rivalutazione di alcune categorie ormai cristallizzate della serialità, fino a vociferare di poter arrivare a ben cinque stagioni. Insomma, sia dentro che fuori, la serie di casa FX continua a fare molte promesse, che finora sembrano anche molto più interessanti di quello che si è effettivamente visto.

Voto episodio: 6,5

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Informazioni su Sara De Santis

abruzzese per nascita, siciliana/napoletana per apparenza, milanese per puro caso e bolognese per aspirazione, ha capito che la sua unica stabilità sono netflix, prime video, il suo fedele computer ed una buona connessione internet


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5 commenti su “The Strain – 1×03 Gone Smooth

  • SerialFiller

    Non sono soddisfatto da the strain ma un voto in più a questa puntata l’avrei dato in quanto rappresenta sicuramente la puntata più scorrevole e più di scongelamento.
    I 3 protagonisti si svegliano dai dubbi e finalmente possono guardare in faccia al diavolo senza più nessun tipo di ombra o perplessità.
    Jim cede alla tentazione e possiamo giurarci che finirà morto stecchito entro fine stagione.
    I superstiti si svegliano dalla condizione umana e cominciano definitivamente a tramutare.
    Setrhkhian esce di prigione e spero sia immesso sui binari principali molto presto.
    Il tutto con una bellissima scena di apertura.
    Detto questo ci sono ancora troppi stereotipi e pochissima originalità.
    A me non piace affatto la parte dedicata ai sopravvisuti ed al ronzio. Troppo insistito e piatto il riferimento a questa voce nella testa. Cosi come non piace l’aggrapparsi allo stereotipo di scienziato tutto lavoro e niente altro o al marito devoto rappresentato da Jim.
    Ma detto questo la serie offre un buon intrattenimento e speriamo che presto offra anche altro.

     
  • Frinfro

    Mi piace, non ho altro da aggiungere. Sì, vero, c’è ancora qualche stereotipo qua e là, ma averne di serie horror così. Ottimo, x me puntata da 7,5.

     
  • Dreamer88

    Se The Strain continua di questo passo ci farà fare la fine del clone di Marilyn Manson…
    Scherzi a parte, per me questa serie non riesce ancora a decollare: i mezzi ce li avrebbe anche (ed è un merito di TS quello di raccontare l’horror in TV in maniera non edulcorata o in salsa teen) ma per ora lo show non ha mordente e le storylines dei vari personaggi non suscitano in me un gran interesse (di conseguenza non riesco ad appassionarmi alla storia nel suo complesso). Devo dire la verità, durante la visione ho avuto la tentazione di mollare ma per ora resisto, in attesa di sviluppi di trama davvero significativi. Per me è un 6 (la scena dello scontro tra i “buoni” e il vampiro alza il mio voto).

     
  • Pasubio

    La prima puntata non era male.
    Poi, a mio avviso, è subito iniziato un inesorabile declino nella banalità e mediocrità.

    Non capisco: possibile sia così difficile dare alle vicende una visione un po’ più globale? intendo che qua, dinanzi a fatti dai risvolti importantissimi per la sicurezza nazionale, vediamo in campo solo la squadra scalcagnata dei due paramedici (non so bene come definirli, perchè nemmeno ho capito bene cosa rappresentano). E l’esercito, l’FBI, i politici? tutti in vacanza.

    Capsico che inserire più personaggi vorrebe dire maggiore difficoltà di scrittura e costi maggiori, ma qua si supera abbondantemente il limite del ridicolo.

    Quando vedo robe del genere, penso che, al di là dei noti limiti che hanno comunque avuto, Lost e GameOfThrone siano, grazie alla coralità d’insieme che hanno sempre mantenuto, davvero dei capolavori.