Masters of Sex – 2×09 Story of My Life 8


Masters of Sex - 2x09 Story of My LifeA tre episodi dalla conclusione, questa seconda stagione di Masters of Sex continua a eguagliare gli altissimi standard qualitativi prefissati e a superarli, grazie a un’indagine sempre più intimistica delle dinamiche relazionali che si arricchisce, nel caso di Story of my Life, di riflessioni introspettive di grande profondità e coinvolgimento emotivo. 

Il nucleo fondativo dell’intera serie sul piano della Storia continua a condurci nella finzione diegetica attraverso l’osservazione clinica della risposta sessuale umana. Tuttavia, se nell’esordio e nella prima parte della ricerca (I stagione) – seppur con un’impronta assolutamente rigorosa – il lavoro dei due studiosi lasciava emergere un aspetto quasi ludico e a tratti comico degli esperimenti, in questa nuova fase di ricerca emerge una polarità diametralmente opposta: l’aspetto meno “divertente” ed esilarante, quello delle disfunzioni sessuali, del dolore e della sofferenza che permea ogni aspetto della vita umana, senza tralasciarne nessuno. Neppure Bill a questo punto ne è esente, diventando egli stesso soggetto/oggetto del proprio lavoro di osservazione e di cura. Ogni aspetto viene centellinato, passato al microscopio e offerto allo spettatore mediante il privilegio di un’osservazione raddoppiata dal confronto dei protagonisti, come nel caso della cura dell’impotenza che, secondo Bill, necessita di una puntuale e accurata raccolta di dati sulla fisiologia e su cosa funziona e cosa no, per scartare con metodo e rigore le soluzioni improduttive – laddove per Virginia è molto più opportuno lavorare sul piano emozionale e psicologico del paziente. Bill, in ogni caso, avrà modo di sperimentare da sé la debolezza del suo stesso principio, verificando la non validità delle sue ipotesi “sul campo”.

Masters of Sex - 2x09 Story of My LifeUno dei pregi fondamentali di Masters of Sex, come già evidenziato, è la cura con cui assistiamo al contrasto/complemento di due posizioni antitetiche (Bill e Virginia, maschile e femminile, caldo e freddo, fatti concreti e storie, apertura e chiusura) le quali offrono un punto di vista privilegiato su aspetti e temi controversi. Nel caso del trattamento dell’impotenza, assistiamo a un banco di confronto importante tra i due protagonisti, che rivelerà un significato ben più ampio, soprattutto per Bill. La storyline di Lester si intreccia in modo magistrale al disagio della perdita di fiducia nell’altro e alla presenza di sé come mezzo per giungere alla guarigione, come testimoniato dalla sobrietà di Frank all’incontro con gli AA.

Dal plot principale si dipanano porzioni di vita vissuta, che si distaccano dalla linea narrativa di fondo e contrassegnano una propria volontà di essere. Ciascuno viene passato sotto uno scanner tridimensionale che mette in evidenza difetti, contraddizioni ed emozioni, ma l’intuizione geniale che li polarizza, restituendoci un fedele ritratto vivente e umano, prende forma attraverso la quantità e la qualità di ipocrisia: ciò che di sé viene tacitamente accettato, riconosciuto o inventato, quello che ognuno racconta a se stesso per giustificarsi e andare avanti.

Il largo utilizzo di riprese in soggettiva, come è noto, pone lo spettatore a stretto contatto con l’oggetto/soggetto dell’osservazione e in questo caso è proprio con questo espediente che Lester ritrova se stesso attraverso lo sguardo in macchina di Barbara; così come Virginia, parlando attraverso lo specchio, ritrova la sua voce presente e passata. Questo gioco di rimandi visivi rimarca come l’immagine di sé non sia mai fissa e immobile ma illusoria e inafferrabile, se non quando ci si guarda con gli occhi di qualcun altro, specialmente se siamo noi stessi a diventare quel qualcun altro che alla fine ci apre gli occhi: in questo modo Barbara riscopre una verità dolorosa su di sé, ma anche Virginia comprende quanto il suo agire in relazione all’altro sesso sia condizionato da schemi ripetitivi e punitivi. È naturale che faccia soffrire e in parte è giusto che sia così, come nella citazione di Dickens: ci si può spezzare per riprendere una forma migliore che sia quanto più possibile fedele al sé, quello che sta sotto le scuse, le giustificazioni e le razionalizzazioni.

Gil. I met Gil. 

Masters of Sex - 2x09 Story of My LifeVirginia se ne rende conto quando dice a Libby che il suo non è coraggio, ma un modo confusionario di mostrare fiducia, non credendolo un suo diritto ma fingendo che lo sia; oppure nella seduta terapeutica, in cui la sua storia personale si mescola senza soluzione di continuità a quella finzionale ma reale di Barbara. Le verità vengono nascoste e alterate, non più a questo punto per paura del giudizio degli altri, ma prima di tutto per paura del giudizio di se stessi. Un giudizio con cui si è costretti a convivere, oppure un dolore che si è costretti a celare, continuando così a renderlo sempre presente nei comportamenti e negli stati d’animo. A questo proposito si riempie di significato la storyline che vede protagoniste Barbara e Gini.
Il passato non si può cambiare, lo sanno bene Bill, Barbara, Francis: è inutile cercare di cambiare ciò che non è più in nostro potere. Frank si fa ambasciatore di questa verità e, attraverso il confronto con il fratello, porta in luce una sofferenza psichica mai davvero sopita da parte di Bill: un timore ancestrale di aprirsi per timore del rifiuto che visse da bambino, ma d’altra parte ogni tentativo di sviare da questa verità su di sé è inutile, poiché lo stesso Dott. Masters non può negare la profonda verità del suo bisogno dell’altro.

Masters of Sex - 2x09 Story of My LifeQuest’aspetto, a mio avviso, si riscontra nel momento in cui le due donne della sua vita prefigurano un’autonomia decisionale diversa dalla sua e, alla richiesta di un consiglio, egli risponde con il pronome plurale Noi. Se esiste una comunione così forte tra due individui, com’è possibile negare ciò che esiste? Si tratta della scena in cui lui risponde a Gini che entrambi non possiedono le capacità di curare Barbara da un punto di vista psicologico. Il fascino di questo tipo di affermazioni sta nella capacità di usare il linguaggio per modificare o per esprimere un punto di vista sulla realtà estremamente parziale, tirannico: si tratta di parlare nello stesso tempo per sé e per qualcun altro nella gestione di un conflitto o di un’emozione, senza sapere o ignorando deliberatamente ciò che l’altro crede o prova a quel riguardo, come a dire che l’altro esiste solo in funzione di sé e viceversa.

We need someone who make a sandwich run.

Masters of Sex - 2x09 Story of My LifeCome sempre accade, la miglior risposta alla dittatura del linguaggio e della mente è l’azione. E finalmente il personaggio di Libby agisce: magari nessuno se lo sarebbe aspettato come nel caso della moglie di Francis e invece Libby si guarda dentro attraverso la cognata e, nonostante il plurale maiestatis, che Bill ha rivolto anche a lei trattenendola su un piano di comunione del vedere e del sentire, ella agisce. L’azione diventa cura, strumento per sorprendersi e per emergere dallo sconforto del senso di colpa, della lotta contro il passato e il presente che, come sottolinea Virginia, sono follia. Ed è follia pensare che non stiano facendo del male a Libby, soltanto perché ne è all’oscuro; oppure che i loro incontri siano giustificati dalla ricerca: sono solo ipocrisie, racconti viziati da spauracchi interiori, che però non cambiano affatto la realtà.

Story of my life è un affresco espressionista ricco di sfumature tenui, di vuoti e di colori pastosi, con cui la tela viene sporcata nei punti in cui il dolore umano si riespande, perché incontra la resistenza al cambiamento, un cambiamento che è sostanzialmente interiore: un cambio di prospettiva, a dispetto della volontà di mantenere le verità su noi stessi sepolte sotto una montagna di assurde congetture mentali, deliri di un ego viziato dall’attitudine al controllo.
Un dolore acuto e disperato, che ha la voce rotta dal pianto di Barbara mentre ammette a se stessa, davanti a Virginia, la responsabilità delle sue azioni di fronte al dolore di una vita.
Una serie che continua a offrire sempre di meglio, laddove crediamo che il meglio sia già stato ampiamente raggiunto.

Voto: 9 1/2 

Condividi l'articolo
 

Informazioni su Fabiana Sarnella

Spiantata, spiazzata e snervante, nera dentro e fucsia fuori, ho studiato scienze della comunicazione e cerco il mio posto nel mondo. Appassionata della prima ora di Gilmore Girls, sono diventata un'appassionata delle serie tv di qualità.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

8 commenti su “Masters of Sex – 2×09 Story of My Life

  • Namaste

    Beh, di 9 e 1/2 mi sembra di non averne registrati molti quest’anno in Seriangolo, già questo dovrebbe essere indicativo della qualità a cui MoS ci sta ormai abituando.

    Altra recensione di una donna, eh?… 🙂 Sulle connotazioni anche prevaricatrici che può o non può avere un “noi” rispetto ad un “me” o un “te” all’interno di una qualunque conversazione uomo-donna, potrei scrivere, credo, un trattato. La mia idea a tal proposito è che sia soprattutto l’altro sesso a manifestare questa straordinaria tendenza a soppesare l’esatto significato di ogni singola parola usata, ma preferirei naturalmente non dover subire, anche su un forum pubblico, alcune di quelle accuse che, ogni ometto qui presente, ha dovuto, almeno una volta, affrontare nel suo privato. Qui faccio solo notare che l’utilizzo del pronome (probabilmente) errato, non viene praticato da Bill soltanto “contro” le sue contro-parti femminili, ma nel caso del fratello Francis, che raccontando la sua infanzia (di Francis), stava forse raccontando quella di Bill, viene anche subito.

    Lo stesso dicasi per Virginia-Barbara, il cui racconto dell’altrui storia serve per raccontare e trovare significati della propria (e nella scelta di Virginia di assecondare la menzogna di Bill nei confronti di Libby, che diventa quindi la “loro” menzogna, non può passare come secondario rispetto al senso di colpa, anche il piacere che finora si è provato nel praticarla quella menzogna, esattamente come per Barbara che l’incestuoso rapporto col fratello lo ha subito, ma anche desiderato ed ottenuto, ed è questo che fa più male riguardo alla “sua” storia).

    Vale per Bill-Lester, la cui insolita ostinazione del primo nel trovare un lieto fine per il conflitto di natura sessuale e psicologica del secondo, serve ancora una volta per risolvere soprattutto il proprio conflitto.

    Peccato che valga solo un po’ meno per Libby e la “nuova” cognata, il cui racconto circa gli strani comportamenti indiziari del marito Francis avrebbero quantomeno dovuto metterle una pulce nell’orecchio, mentre così non è stato. Quindi mi chiedo e vi chiedo, ma vi pare possibile che questa benedetta donna che finalmente entrerebbe in azione non abbia davvero ancora mai subodorato niente, quantomeno a livello inconscio, circa la vera natura del rapporto esistente tra la piacente Virginia ed il sempre più assente marito?… Ecco, sperando che abbiano solo deciso di tenerselo buono come cliffhanger finale e non oltre, questa è l’unica parte “debole” che mi sento d’imputare a questo episodio e a quest’altrimenti fantastica stagione.

     
    • Federica Barbera

      Libby è un personaggio davvero “strano”: a differenza di quanto possa sembrare, è ricca di moltissime sfaccettature e credo che questa seconda stagione ce le abbia mostrate in grandissima quantità. Però mi lascia sempre con un’impressione strana.. come se fosse un’adolescente (a volte timida, a volte rabbiosa, a volte con desideri “altri”) che sta imparando a confrontarsi in maniera nuova con il mondo dopo che le è stato parzialmente tolto il velo dagli occhi.
      Anzi, riformulo: secondo me lei in questa annata a livello inconscio ha capito benissimo che c’è qualcosa di particolare nel rapporto tra Virginia e Bill, non so dire esattamente quando, ma ho questa sensazione quasi dall’inizio. E’ come se oltre quel velo avesse buttato un’occhiata e poi l’avesse subito ritirato giù, per non vedere, non ammettere, non dover forse affrontare. Libby, nel suo imporsi come una ragazzina che ha qualcosa da dimostrare (bellissimo il pezzo in cui cerca di mentire sul suo ricordarsi il numero della targa), mi sembra voler esplorare nuove parti di sé proprio perché spinta da un disagio interiore. Probabile che a questo punto lo “svelamento” sarà proprio a fine stagione.

      Comunque è stato un episodio strano: non il mio preferito della stagione, e forse sarei stata un filo più bassa nel voto, ma è stato l’unico di questa annata che mi è letteralmente volato davanti agli occhi. Quando ho visto i titoli di coda ho pensato per un momento che si trattasse di un episodio ridotto XD

       
      • Namaste

        Un’interpretazione che mi conforta e spero che tu abbia ragione. Capisco l’essere ingenui, ma non platealmente così stupidi. Spero quindi che alla fine Libby se ne esca fuori con “guarda ciccio che l’ho sempre saputo, che credi? Anch’io nel frattempo mi sono data da fare”, dando così nuovo significato a tutte quelle ingenuità, a quel punto soltanto simulate degli ultimi episodi. In caso contrario, temo che ne uscirebbe davvero male come personaggio che, nella terza stagione, avrebbe ancora meno motivi per essere tenuto a galla. E se fosse quello il caso, meglio segarlo subito e buonanotte, almeno così la penso io. Che poi, dai, quale uomo ti rifiuta il dolce dopo cena? 🙂 ‘A Libby? Su…

         
  • jackson1966

    D’accordissimo con al recensione. Incredibile come questa serie migliori ancora sè stessa. Lascia emozioni forti ed impresse nella mente. Certo non la si può guardare con leggerezza ed allegria, ma è come lo specchio per i protagonisti: pone di fronte a verità, soprattutto come dici tu, sulla nostra ipocrisia nell’agire, che è impressionante.
    Attori, regia, fotografia, accuratezza di costumi e luoghi incredibili.

     
  • Fabiana

    È ampiamente e scientificamente dimostrato come le donne usino il linguaggio in modo diverso dagli uomini ma, nel caso in esame, l’utilizzo del pronome con finalità strumentale è chiaramente un’espressione inconscia. Ho scelto di evidenziare il fatto che fosse utilizzato con i due personaggi femminili principali, perché incarnavano (almeno fino all’avvento di Frank) le relazioni affettive fondamentali di Bill, cui egli si appoggia eppure dalle quali si scherma. Sono certa che per Libby ci siamo in serbo non pochi sviluppi interessanti, così come credo che l’ambiguità sulla consapevolezza della situazione con Virginia sia voluta… In fondo Bill non ha mai brillato per calore coniugale. E comunque per fare una citazione: “Le parole sono importanti!!!” 😀