Doctor Who – 8×11 Dark Water 7


Doctor Who – 8x11 Dark WaterCon una smisurata dose di ansia insieme a una leggera malinconia per il traguardo ormai all’orizzonte, abbracciamo la prima parte di questo doppio finale firmato dallo showrunner Steven Moffat. Ci si aspettava di tutto, abbiamo avuto di più.

Se un giorno Moffat non dovesse essere più tra noi, se dovesse cioè passare a miglior vita, quel giorno sarà sicuramente tristissimo, perché avremmo perso una delle personalità creative più acute degli ultimi anni, capace come pochi di fondere commedia e tragedia, dando alle sue storie un ritmo che avvicina il racconto audiovisivo alla forma canzone. Se un giorno Moffat dovesse morire, non ci sarebbe alcun problema: sicuramente saprebbe come tornare in vita. Perché sì, la resurrezione, il limbo tra la vita e la morte e il ritorno dalla più classica strada di “sola andata” immaginabile, sono una vera e propria ossessione dello sceneggiatore scozzese. La terza stagione di Sherlock è il caso più noto, ma come dimenticare la sesta stagione di Doctor Who, tutta basata sul ritorno dalla morte?

Time can be rewritten.

Doctor Who – 8x11 Dark WaterO della poetica di Steven Moffat. Salti temporali, paradossi, timeline rispettate o rotte a proprio piacimento: per molti si tratta soprattutto di questo, sicuramente è anche questo. Riscrivere il tempo significa rileggerlo e spesso guardarlo al contrario significa guardarlo meglio, come tutte le cronologie. Altre volte riscriverlo significa affondare la lama nel limite, nelle realtà impercettibili e impenetrabili, negli anfratti, come in questo caso, dove il sottile spiraglio tra la vita e la morte diviene l’oggetto della lente d’ingrandimento che, una volta allargato, si fa concept dell’episodio. La trovata geniale è l’ipotesi che gli esseri umani possano essere coscienti dopo la morte, idea che dà spazio a una vita che non è altro che una morte al quadrato, affondando in un nero interiore quasi clamoroso rispetto alle tonalità spesso colorate della serie, un’oscurità ambigua allusa alla perfezione dal titolo dell’episodio. Dopo neanche due minuti, prima ancora della partenza della sigla, uno dei personaggi principali della stagione, benché non tanto amato, muore. I presagi sono tutto tranne che sereni e infatti la prima parte è dominata da un incubo di rara intensità e il resto dell’episodio ne racconta uno ben più grande, quello di rimanere condannati a una vita in una cella d’acqua, oscura (dark) come come un tunnel senza uscita in cui lo stato di coscienza amplifica il dolore.

Things to say. Not all of them good.

Doctor Who – 8x11 Dark WaterSì è detto tanto di Clara Oswald, cose bruttissime e cose bellissime, a differenza di Jenna-Louise Coleman, della quale non si possono che spendere parole positive. Il suo percorso è stato decisamente anomalo, forse il più strano tra tutte le companion, ma se dovesse concludersi, come sembra, quest’anno, sarebbe anche uno di quelli maggiormente compiuti. Partita alla grande con “Asylum of the Daleks”, è stata successivamente messa “a maggese” per dare un finale ai Pond, per poi essere tirata fuori nella seconda parte della settima stagione, dove però ha pagato dazio al big picture stagionale (leggi 50esimo anniversario), trovando un vero riscatto negli ultimi tre potentissimi episodi della stagione, speciali compresi. L’ottava stagione è stata completamente diversa, sin da subito: un nuovo dottore, ma una stessa companion, situazione che è capitata solo a Rose nella seconda stagione, che non a caso è l’altra annata in cui il ruolo femminile può essere paragonato, per importanza, a quello di quest’anno. Non mentiva Moffat quando ha annunciato che Clara avrebbe avuto un posto da co-protagonista quest’anno e mai come in questi ultimi episodi il concetto è stato così chiaro. Indipendentemente dai gusti di ciascuno, lo spazio e l’arco evolutivo di Clara non l’ha avuto nessun personaggio femminile della serie; un’occasione sfruttata alla perfezione dall’attrice, le cui enormi doti sono sottolineate anche diegeticamente dal Dottore nella prima parte della puntata: “Stop it with the eyes. Don’t do that with the eyes. How do you do that anyway? It’s like they inflate!”. Il rebus Clara è però tutt’altro che finito: cosa voleva dire a Danny? A cosa servivano i post-it? Voleva dare l’addio a lui e a noi? Probabilmente lo scopriremo solo a Natale.

Do you think I care for you so little that betraying me would make a difference?

Doctor Who – 8x11 Dark WaterL’incubo iniziale che segue la morte di Pink, con la relativa reazione di nervi di Clara, tocca le corde già tesissime del rapporto tra lei e Twelve. La giovane ragazza non ha mai davvero riconosciuto in lui quel dottore (leggi Matt Smith) a cui si è così tanto affezionata in passato e la morte della persona amata la spinge oltre una soglia che forse avrebbe comunque un giorno attraversato: tradire il Dottore. Gettare tutte le chiavi, ricattarlo, non avere più alcuna disponibilità al dialogo, sono comportamenti che riepilogano una posizione mai avuta da una companion. A questo proposito la scena ambienta all’interno del vulcano, che metaforizza l’altissima temperatura della relazione, rappresenta l’apice drammatico del loro conflitto. La parte della sequenza ambientata nel Tardis ri-definisce le coordinate del rapporto tra Clara e il Dottore, con la prima ormai convinta di non meritare più di essere al suo fianco, e il secondo che invece le spiega come proprio episodi come quello appena accaduto dimostrino che lui è esattamente la persona che lei merita di aver vicino. L’ultima tappa del percorso di Clara nella vita del Dottore la porta a fronteggiarsi col perdono, forse il più difficile dei comportamenti umani, e ancora più spiazzante in quest’episodio perché concesso dal Dottore più spietato e cinico di New Who. The Impossible Girl non può che essere perdonata anche perché il dottore ha avuto, ha e avrà ancora un enorme bisogno di lei, nonostante abbia saggiato sulla propria pelle quanto facilmente possa essere messo in discussione.

That’s life. Well, not life, I suppose.

Doctor Who – 8x11 Dark WaterTra tutti i drammi dell’episodio, quello iniziale si rivela essere poco più di un antipasto, il presagio di un finale nerissimo, ma tutt’altro che il cuore del dolore. La morte di Pink infatti non porta con sé alcuna sofferenza se non quella indiretta negli occhi di Clara. Tuttavia il neo-defunto è molto più utile quando riciclato per esaltare le qualità comiche dell’episodio nel ruolo di spalla di Seb, custode della Nethersphere nonché creatura moffattiana esilarante come poche altre. I due potrebbero tranquillamente reggere l’intero episodio grazie a una scrittura che sembra fatta apposta per generare gag che vanno dai riferimenti all’attualità pop (Steve Jobs) alla ricorrente abitudine di dare nomignoli alle cose che non si conoscono (Underworld, Promised Land). Moffat costruisce un Matrix in miniatura e lo trasfigura attraverso la sua ironia, mutandolo in una sorta di cimitero iperrealista all’interno di una sfera, un cyberspazio in cui si sposa perfettamente la presenza dei Cyberman. A proposito di questi ultimi, il loro inserimento è sicuramente uno dei migliori del nuovo corso e sarebbe stato ancora più efficace se non fossero stati anticipati dal trailer e dalle immagini promozionali. Tuttavia il loro impatto visivo nel finale sulla strada che porta dalla St. Paul’s Cathedral al Millennium Bridge resta importante.

You know how people are scared of dying. Like, everybody.

Doctor Who – 8x11 Dark WaterMolti hanno sottolineato soprattutto le sequenze legate alla figura di Missy, o al massimo l’evoluzione di Clara e la presenza dei Cyberman, ma se “Dark Water” risulta a oggi forse il miglior episodio della stagione è anche per come è riuscito a riallacciarsi al discorso che ha marchiato questa annata. L’episodio infatti si lega fortemente all’altro grande capolavoro dell’anno,Listen” (ma anche a “Into the Dalek”), riprendendo ciò che era stato seminato in quell’occasione e portando avanti la riflessione relativa alla paura dell’ignoto. Nulla spaventa di più della paura e nessuna paura è più intensa di quella di ciò che non si conosce; nessun territorio è più ignoto della morte e ciò che si nasconde dietro di essa. Parlare dell’aldilà vuol dire sondare territori dell’animo particolarmente sensibili, come dimostra la reazione del Dottore (scettico, nervoso, quasi isterico) alla coscienza dopo la morte. Moffat in “Dark Water” tenta il salto triplo carpiato ragionando sul rapporto tra le aspettative relative all’esistenza di qualcosa dopo la morte e la presenza di un’ipotetica nuova vita, mettendo la paura al centro di questa forbice. La morte è ovviamente il cuore del discorso (“The most fundamental fear in the universe”) ed è qui che ha luogo il dramma di Danny, che si manifesta non tanto nella sua fine, quanto nella possibilità di tornare sulle proprie paure e i propri traumi grazie alla coscienza post mortem. In quel caso Danny, di fronte al bambino in fuga, concretizzazione antropomorfa dell’insanabilità della propria colpa, dice “listen, listen”, due volte, quasi per portare tutti noi ai temi del quarto episodio.

Short for Mistress.

Doctor Who – 8x11 Dark WaterIl colpaccio arriva però nel finale. Tutta la stagione è stata impostata su una domanda: chi diavolo è Missy? Alla quale seguono: dove si trova? Perché i morti vanno da lei? In quest’episodio abbiamo subìto un assaggio delle straordinarie potenzialità del personaggio, sia drammatiche sia comiche (bacio al Dottore), prima di dar spazio a una riflessione molto più intima sulla morte, il lutto, la paura e la perdita, per poi ritrovare in maniera esplosiva la donna solo nel finale, quando però non c’è più tempo. Missy è una sorta di diabolica Marry Poppins dall’ironia caustica e con l’aiutante più figo dell’universo, ma soprattutto la rigenerazione femminile di The Master, nemesi del Dottore interpretata l’ultima volta con rara espressività da John Simm. Immediatamente dopo la rivelazione, lo sguardo terrorizzato di Twelve non può che rimandare all’intero ciclo di RTD, col quale l’episodio si allaccia in più punti (finale della seconda con Cyberman e toni apocalittici, finale della terza con The Master, finale della quarta per via della potenza emotiva dei rapporti che Twelve ha con Clara e Missy), aprendo a un finale che, se tutto va come deve andare, chiuderà la miglior stagione di sempre di Doctor Who.

Il volto di Missy è per il Dottore quel punto dove si fondono paura e sentimento, una maschera dietro la quale non può che svelarsi l’amore omosessuale del Master che finalmente Moffat ha deciso di mettere in scena. Quest’ultima rigenerazione, tra l’altro, apre a un interessantissimo futuro possibile: dopo Doctor Donna potrebbe essere possibile in futuro avere una “Dottoressa”?

“Dark Water” è per molti versi un episodio atipico per Steven Moffat, con meno azione e meno violenza nel ritmo narrativo, ma molta più contemplazione e riflessione su alcune questioni centrali della stagione. Sebbene il giudizio sia sospeso fino alla conclusione della stagione, che nel caso rispettasse le aspettative avrebbe anche il merito di esaltare quest’episodio, non v’è dubbio che il ritorno di Moffat alla sceneggiatura coincida con la realizzazione dell’ennesimo episodio eccezionale.

Voto: 9

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".


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7 commenti su “Doctor Who – 8×11 Dark Water

  • Joy Black

    Recensione bellissima e approfondita come sempre, Attilio. Non poteva capitarti episodio moffattiano migliore. 😉

    Dark Water è davvero denso di significati e chiavi di lettura. C’è tutto: il rapporto controverso fra Clara e il Dottore, il tema della morte mai declinato in questo modo (coraggioso) nella serie, il ritorno al sorpresa del Master, i Cybermen più spaventosi che mai (peccato che erano annunciatissimi da mesi tramite i materiali promozionali), tragicità, drama e humor nero di grande fattura. Moffat è uno sceneggiatore straordinario e geniale, a cui piace osare (a volte troppo per alcuni), ma anche questa volta c’entra in pieno il risultato.

    Partiamo dalla rivelazione finale, un po’ telefonata certo (ma una volta rivelato che era una time lady le possibilità erano due The Rani e il Master donna) ma quanto è esaltante la sequenza con lo sguardo di Capaldi terrorizzato. L’avrò rivista in loop decine di volte ormai.
    Non so se vedremo mai un giorno un Dottore donna (io non credo nel breve periodo perchè lo vedo come un personaggio tipicamente maschile), ma iniziare questo “esperimento” con il Master è un’idea eccellente, peraltro perfetta per fare emergere quello strano rapporto d’attrazione tra i due già presente in maniera latente nel ciclo di Davies. Oltre al fatto che il cambio di sesso, evidenzia ancora una volta come la serie sia a passo con i tempi per quanto riguarda temi come la sessualità dei personaggi, da sempre trattata in maniera aperta (che grande televisione pubblica che è la BBC).
    Sul come abbia fatto a tornare il Master, le soluzioni ne sono davvero tantissime, specie dopo il salvataggio di Gallifrey (ammesso che il Master sia arrivato lì dopo la fine di The End of Time). Non escluderei che da qui partirà la vera ricerca del pianeta dei Time Lord, con il primo vero indizio che condurrà il Dottore di nuovo a casa.

    Su Clara… ah “Clara, my Clara”. Ormai si sono spese fiumi di parole su come Moffat l’abbia resa una delle companion più particolari ed uniche del New Who. Un rapporto con il Dottore assai diverso, conflittuale e di rottura, ed in particolare una vita indipendente rispetto a quello del Tardis. Una vita che irrompe in tutta la sua drammaticità con l’arrivo del lutto, della morte di Danny Pink (anche qui scelta perfetta il farlo morire così ordinariamente) e la reazione di Clara è tanto estrema ma tanto comprensibile e umana. Le scena onirica sul vulcano e quella seguente nel Tardis costituiscono una delle sequenze più belle e autentiche di questa stagione strepitosa. La Coleman eccezionale, ma ormai è la norma per questa stagione.

    Anche Danny, personaggio finora rilegato ai margini per la maggior parte degli episodi, in questa puntata è davvero perfetto. Tangibile il suo dramma nella rivelazione e con il bambino. La telefonata difetta un po’ di lunghezza, però costruisce egregiamente il climax emotivo verso la scelta finale.

    C’è davvero tantissimo altro da dire ma mi aggiungo solo alcune altre annotazioni sparse per il momento:
    – la rivelazione dietro le 3W è una delle cose più macabre e agghiaccianti di tutta la serie. Fossi un bambino ne rimarrei traumatizzato a vita.
    – Adoro anche io Seb. Personaggio meraviglioso.
    – “IPads? We have Steve Jobs”… ah l’humor di Moffat.
    – Murray Gold se non è dio, ci va molto vicino.
    – C’è una teoria molto interessante che ritiene che Clara abbia telefonato Danny per dire che è incinta. Ci potrebbe stare, sarebbe anche un modo originale per far concludere il suo viaggio sul Tardis. Vedremo.

    Seguiranno ulteriori commenti in seguito se mi sarà possibile.

    Voto all’episodio: 9/9+

     
  • SerialFiller

    Do you think I care for you so little that betraying me would make a difference?

    A me basta questa frase. Spettacolare.
    Tutto il resto è Moffat, tutto il resto è un continuo susseguirsi di incredibili e geniali situazioni. Che serie.

     
  • alana

    ok. posso dire che però fotografia e regia sono davvero stati deludenti? sembrava di essere tornati indietro a quasi 10 anni fa, dopo che ci hanno deliziati con episodi praticamente cinematografici come Listen o Deep Breath. perchè? perchè Moff? come hai potuto.

     
    • winston smith

      Verissimo: pessimi effetti speciali. La scena del lancio delle chiavi nel magma era difficile da prendere sul serio visto il livello semi-amatoriale dello sfondo.
      Fra l’altro, a me l’episodio non è nemmeno piaciuto tanto, anzi, posso proprio dire che Deep Water è stato il primo episodio di Doctor Who ad avermi deluso. È stato di una lentezza esasperante, al punto che non sembra nemmeno sceneggiato da Moffat se non fosse per le tematiche a lui care e di certo il non aver costruito una trama orizzontale degna di questo nome per questa stagione lo si paga ora. L’anno scorso è andata benissimo perché Eleven è sempre brioso, giocoso e non manca mai di tirare fuori il proverbiale cilindro dal fez (senza dimenticare che era la sua terza e ultima stagione nei panni del Doctor, con tutto il carico emozionale che ciò comporta), ma con un Twelve più cupo e meno vivace se la trama non è incalzante non si va da nessuna parte. Mi auguro di cuore che tutti i thrills e i twists siano stati riservati per il finalone, altrimenti per quanto mi riguarda avremo avuto un’ottima stagione prendendo i singoli tasselli per conto loro, ma davvero poca roba come costruzione della storia (la costruzione tematica, invece, c’è tutta). Se ripenso alla sesta stagione col Silenzio, con la Prima Domanda, con Amy incinta e River Song manipolata e lo paragono a quello che hanno fatto quest’anno, riassumibile con “Clara e Danny Pink conoscono e si mettono insieme e il nonno ha una crisi di mezza età”, be’, sembra proprio un altro autore ad aver architettato tutto. “BAURAAA” per il futuro di una delle mie serie preferite.

       
      • Joy Black

        Ma secondo me qui c’è un errore di fondo: la sesta stagione è stata un’eccezione nella serie, solitamente il Dottore ha sempre avuto una trama orizzontale non molto invasiva, quasi sempre presente ma sullo sfondo, a parte appunto il caso della sesta stagione. Peraltro proprio per quella ragione quella stagione fu criticata, in quanto il Dottore è una serie che guardano tutti i pubblici le 20 della sera in Inghilterra, e molto spesso non tutti hanno modo di seguire tutte le puntate.

        Per gli effetti speciali, non condivido affatto. Siamo in tv, non al cinema. I budget sono quelli che sono. I paragoni vanno fatti con le altre serie e da questo punto di vista il Dottore in questo comparto è tra le migliori.

         
        • alana

          ma io adoro doctor who, non è che sparo a zero per gusto, volevo tantissimo che questo episodio fosse figo. però non ha senso negare l’ovvio, deep breath e listen erano ECCELLENTI e non parlo di effetti speciali, ma di regia, fotografia e color correction. tra loro e quest’ultimo c’è un abisso. penso abbiano fatto un micro casino e siano andati un po’ fuori budget. vedremo sabato.

           
        • winston smith

          Difatti non sto paragonando gli effetti di questa puntata a quelli di un film di Christopher Nolan dal budget milionario in tripla cifra, ma li sto confrontando a quelli a cui questa stessa serie ci ha abituati. Francamente, non vedo come si possa negare che il livello di produzione di alcune scene di Dark Water sia chiaramente inferiore a quello di tutti gli altri episodi non solo dell’era Smith, ma anche di questa stessa ottava stagione. Proprio perché Doctor Who presenta sempre ottimi lavori per quanto concerne il comparto tecnico sono rimasto profondamente colpito dalla sciatteria di questo episodio. Se poi nel 2014 dobbiamo ancora stare a giustificare le serie televisive dicendo “Eh, ma non siamo mica al cinema”, quando molti dei più talentuosi attori, sceneggiatori (Moffat lo è di certo), registi non esitano a lavorare in televisione, allora accontentiamoci delle serie di livello infimo e viviamo tutti felici e contenti. Peccato che il Doctor Who che ho visto io (quinta stagione in poi) di infimo livello non ha mai avuto nulla.
          In conclusione, con i problemi di budget si impara a convivere.

          Per quanto riguarda la complessità della trama orizzontale stagionale, ovviamente ho citato la sesta perché è la migliore sotto quel punto di vista, ma anche la quinta era particolarmente solida con tutte le crepe nel tessuto spazio-temporale e la storia di Amelia. Insomma, io dei passi indietro in fase di sceneggiatura lineare li vedo: non so da cosa dipendano (Moffat e i suoi collaboratori non sanno più che pesci prendere dopo quattro anni senza correre il rischio di ripetersi – cosa comprensibile, anzi legittima – o pressioni dall’alto per accontentare il pubblico generalista), ma li vedo e anche in questo caso mi dispiace in quanto l’arrivare a fine stagione e farti dire “AH! AH! AH!” come un disco incantato ripensando alle puntate precedenti era, a mio avviso, uno dei punti di forza di questa serie.