Homeland – 4×09 There’s Something Else Going On 16


Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnGli attacchi dell’11 settembre rappresentano lo scontro della globalizzazione trionfante in guerra contro se stessa e inaugurano una quarta guerra mondiale.”

(Jean Baudrillard)

Dopo il cliffhanger esasperato dello scorso episodio si arriva finalmente alla verità: la risposta sulla morte di Saul, e non solo quella. Questa puntata è fino ad ora senza dubbio la più importante nell’economia della stagione, non solo perché ne rappresenta la vetta qualitativa, ma anche perché raccorda ciclicamente l’inizio con la fine (per ora), rimandando tutto al punto  di partenza, ovvero alla morte di Sandy Bachman e alla strana circostanza in cui è avvenuta. Qualcosa di strano c’era già all’ora, un sospetto che serpeggiava nelle menti dei protagonisti, una sensazione di opacità che in quest’episodio si fa insostenibile. C’è qualcos’altro che non sappiamo, continua a chiedersi Carrie, e non ha tutti i torti.

You are a traitor and I am fucking CIA.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnNon c’è solo la premiere alla base di quest’episodio, ma l’intero impianto stagionale con tutte le questioni messe sul tappeto, molte delle quali affrontate in quest’occasione. Il ruolo di Dennis, marito dell’ambasciatrice, all’interno delle dinamiche cospiratorie esce allo scoperto e arriva finalmente il tanto atteso confronto con la donna. Dennis collabora con Haqqani tramite Tasneem, è responsabile degli svarioni di Carrie (avendo scambiato i suoi antidepressivi con della feniletilammina, un farmaco due volte più potente dell’LSD) e della morte di Sandy, uno dei pochi suoi amici; presumibilmente è ricattato, da qui la sua strenua resistenza di fronte agli attacchi frontali di Carrie. La sequenza rende perfettamente la tensione tra i due, grazie anche a un’ambientazione claustrofobica che esalta la nostra voglia di essere al fianco di Carrie e trovare la ferita del viscido uomo solo per picchiare più forte possibile. L’empatia dello spettatore è esaltata dal fatto di aver vissuto con grande identificazione gli attimi di allucinazione di Carrie, grazie alla splendida regia di “Redux” di Carl Franklin.

Killing a CIA station chief, that’s a big deal Dennis. It’s very big deal. Nobody, not even the ISI, would do such a thing lightly. It’s a very big deal. It means they’re protecting another agenda.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnPoco dopo il primo one to one tra Carrie e Dennis arriva il secondo round, quello più violento, dove nessuno dei due risparmia colpi proibiti e in cui lei gli mostra il video dell’uccisione del suo amico Sandy. Carrie è piena di quel dolore, di quella rabbia da cui già in passato ha dimostrato di saper trarre forza, tanto da mascherare le proprie fragilità e mettere spalle al muro il suo rivale. Questi però non molla la presa, non si lascia scappare neanche una parola, né con Carrie, né con Martha, la moglie, che fingendo di essere dalla sua parte le tenta tutte per guadagnarsi la sua fiducia e farlo parlare. A questo proposito, immediatamente dopo il dialogo tra i due coniugi si assiste a una delle riprese più belle e poetiche dell’episodio: la camminata dell’ambasciatrice che esce dall’ascensore dopo aver parlato invano col marito, e la telecamera che la aspetta, la precede, attende che arrivi in primo piano, la accompagna in piano sequenza nel corridoio e poi la segue mentre entra nella stanza dove ci sono Carrie e Lockhart. Un capolavoro di regia.

Tell me we’re doing the right thing.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnQuella appena raccontata, nonostante rappresenti una congiuntura nodale dell’episodio e della stagione, ha un’importanza infinitesimale rispetto alle altre cose che vengono raccontate e mostrate. In “There’s Something Else Going On” Homeland presenta per la prima volta dall’interno cosa vuol dire uno scambio di persone e nello specifico cosa significa trattare con i terroristi. Per questa ragione la primissima sequenza è dedicata ai primi piani e alla presentazione dei pezzi grossi della rete di Haqqani, che solo nel finale verranno consegnati. Nelle inquadrature ravvicinate di Quinn, perfetto contraltare dei prigionieri, si sente chiaramente tutta la rassegnazione di una scelta al ribasso, di un enorme passo indietro per l’America e l’Occidente, seppur in nome di una giusta causa. Dall’altra parte, il percorso di Saul, che si affianca specularmente alla preparazione degli ostaggi, ha una natura molto più intima: l’uomo si vede prima prelevato e mantenuto in vita, poi medicato e lavato da una donna col burqa. La situazione è bollente sin dall’inizio e Quinn vede in Carrie l’unica persona alla quale può sfogare il proprio malessere: le chiede se stiano seguendo la strada giusta e se tutto ciò valga la pena, di certo non ignaro della precarietà psicofisica della donna, ma altrettanto sicuro del suo intuito impareggiabile.

Now… by the grace of God, we will strike the heaviest blow at the crusaders who occupy our country.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnLa paura per Saul è enorme, non si sa nulla di lui, e i precedenti (torture, massacri etc.) così come i pregiudizi (noi buoni, loro cattivi) portano a pensare al peggio. A un certo punto però Saul compare, non solo a noi spettatori, ma a tutto il mondo: Saul compare in mondo visione. Ecco un altro capolavoro di Homeland, ovvero l’essere riuscita a inghiottire nella propria narrazione l’anello di congiunzione tra il terrorismo islamico e la medialità contemporanea. I video-messaggi dei terroristi jihadisti rappresentano una delle tante eredità dell’11 settembre 2001, e da quel momento hanno subìto una progressiva metamorfosi chiamando all’appello studi di geo-politica, new media e filosofia. Al crocevia di queste tre discipline si pone il video-messaggio terroristico, epigono ultimo dell’autoritrattistica contemporanea, simbolo degli effetti della globalizzazione sulla Jihad, dispositivo di minaccia, comunicazione e propaganda. Il grande merito di Homeland sta nell’essere riuscita a rappresentarne l’ultimo aggiornamento, dunque la nuova consapevolezza digitale del terrorismo islamico e la grande viralità che possiedono video del genere. Quello che girano Saul e Haqqani, come quelli dell’ISIS degli ultimi mesi, contiene un’altissima temperatura emozionale, specie perché parla all’Occidente con la sua lingua (l’inglese) e con i suoi corpi, come conferma la presenza di Saul all’interno del video. La sofferenza dell’uomo bianco serve a far comprendere quella subita (“How long have they flown over our homes, bombed our wedding and funerals, murdered our women, and children?”) e a giustificare la promessa di una liberazione (“We will drive them from our skies”).

I know what the CIA’s like… people are expendable, even its own people.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnIl momento emotivamente più intenso della puntata è sicuramente il salvataggio di Saul, che vede il suo punto apicale nell’intervento di Carrie. Il loro dialogo è un’altra chiusura di un cerchio, quello che ha visto Carrie pronta, in preda alla disperazione, a tirare un drone su Haqqani anche a costo di sacrificare Saul; l’avrebbe fatto, se Quinn non fosse stato al posto giusto al momento giusto. La sua riabilitazione si traduce anche in una nuova umanità, un cambiamento (seppur precario, come sempre) su cui ha influito e non poco la telefonata con Mira, durante la quale Carrie è messa di fronte al suo male interiore, al suo squilibrio e alle conseguenze: Mira non ha paura della CIA in generale, ha paura di lei (pur non sapendo nulla del drone), ha paura che possa sacrificare Saul, e quindi cerca di portarla verso la parte più umana della sua vita. In effetti dopo qualche minuto dopo Carrie, quando si rivolge a Dennis dicendogli “I am authorized to kill US citizens on the battlefield, motherfucker. Don’t think i can’t do whatever is required. Don’t think I won’t” sembra decisamente credibile.

Don’t let him die, don’t let him die.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnI momenti privati di Saul sono quelli con meno scene di dialogo, con meno parole e più immagini mute, che non hanno bisogno di essere commentate. L’ex direttore della CIA condivide i momenti che lo separano dallo scambio con un bambino pakistano: due persone, ciascuna a suo modo emblematica della condizione di prigionia che si vive sotto le regole del terrorismo; il vecchio e il bambino (per riprendere una vecchia, meravigliosa canzone di Guccini), entrambi sulla stessa barca alla deriva, da una parte l’innocenza, dall’altra la stanchezza e la rabbia, l’affanno per un mondo dal quale non sembra esserci via di scampo. Saul lo vede tremare, cerca di tranquillizzarlo parlandogli in arabo, e ci riesce. I due sono in un set ormai inutile, già utilizzato, un feretro dove i riflettori spenti nascondono due umanità impotenti, entrambi merce di scambio e nulla più.

He’s happy to wear it mr. Berenson.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnMa veniamo alla vera ciccia, ovvero agli ultimi venti incandescenti minuti dell’episodio. Prima dell’incontro vero e proprio c’è un essenziale avamposto narrativo: Homeland con la scena del meeting organizzativo tra la CIA e gli uomini di Haqqani ci porta dritti dritti in uno dei frangenti politici più incontaminati dalle immagini, dentro uno dei momenti che per eccellenza sono, come i segreti di Stato, assolutamente fuori ogni tipo di condivisione pubblica. Al momento dello scambio vero e proprio la macchina da presa di Seith Mann dimostra di saper governare alla perfezione gli spazi aperti, alternando riprese di ogni genere, dalle soggettive ai campi lunghi, dalle immagini mediate dagli schermi satellitari a quelle dai binocoli analogici. È un’immagine spuria quella di Homeland, il più possibile meticcia, tesa a mettere insieme tutti i frammenti di una realtà inafferrabile, perché a ogni attimo c’è sempre qualcos’altro che non torna (per riprendere ancora il titolo dell’episodio).

No more dying.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnSaul non vuole andare dall’altra parte: non accetta lo scambio, non lo può sostenere, non riuscirebbe a guardarsi negli occhi e decide di sedersi per terra. È un uomo che non ha più voglia di vivere e soprattutto non vuole che il prezzo per la sua vita debba essere il rilascio dei prigionieri e persino la vita del bambino. Saul protesta, come nella miglior tradizione della non violenza, con un’opposizione fisica proprio di fianco al bambino con addosso il giubbotto esplosivo; non ci sta, piuttosto vorrebbe far saltare in aria tutto, perché forse le macerie hanno più dignità (“Blow’em to goddamn fucking hell!!”). A questo punto arriva il picco, l’intervento di Carrie e l’avvicinamento dei due personaggi più carismatici rimasti nella serie. Lei cerca di convincerlo ma Saul non ci sta ed è estremamente poetico il gesto di levarsi gli occhiali, che ci rimanda l’immagine di un uomo che non riesce più a sostenere ciò che sta accadendo e preferisce impedirsi di vedere invece che scegliere di accettare con i propri occhi la situazione (“You think I wanna go home?”). Nel dialogo tra lui e Carrie emerge in superficie tutto il cambiamento della donna a seguito degli eventi delle puntate scorse, dei traumi subiti e della promessa fatta a una donna come lei, ma che a differenza sua ha ancora la possibilità di riabbracciare il suo amato.

I don’t know, but I know that something else is going on.

Homeland – 4x09 There's Something Else Going OnPrima di concludere è necessario dire qualcosa sul finale, sulla sua ambiguità e sulla (quasi) perfezione con cui è stato preparato. Carrie vuole Quinn in ambasciata, lontano dal posto dello scambio, bloccato alla postazioni di controllo in modo da sorvegliare tutto dall’alto, pronto a tirare un drone se necessario (e qui il rimando a “The Drone Queen”). Tuttavia l’unico posto dove Quinn non potrà mai sparare sarà sulla propria testa ed è lì che, scopriremo solo nel finale, puntano Haqqani e i suoi uomini. Carrie lo sa, dentro di sé l’ha sempre saputo; c’è qualcosa che non gira nel verso giusto, che non va bene, che non riesce a vedere nitidamente. C’è qualcos’altro. L’attentato alla scorta di Carrie e Saul manda tutto in tilt, arriva come un fulmine a ciel sereno e getta nel panico anche Lockhart (già di suo non proprio uno stratega) che invia tutti i marine sul luogo dell’esplosione, lasciando sguarnita l’ambascia.

Ora, benché questa scelta possa sembrare irrealistica (ma abbiamo più volte detto che Homeland non è un documentario e la sospensione dell’incredulità è stata più volte non solo necessaria ma richiesta), è esemplare la maniera in cui viene messa in scena la potenza prima di tutto strategica del terrorismo islamico, che gioca al gatto col topo e organizza un colpo di scena pirotecnico, uno spettacolo mortifero (esattamente come le Twin Towers, ma in piccolo) solo per portare l’attenzione mediatica e politica da un’altra parte, per spostare il terrore e la guardia dove serve e conviene.

“There’s Something Else Going On” rappresenta al contempo la fioritura di tutto ciò che la stagione ha seminato fino a questo momento e la rampa di lancio per il terzetto di episodi che chiuderà la stagione. In maniera abbastanza attesa, anche se non in queste proporzioni, l’episodio offre un’ora di televisione di altissimo livello, che dimostra il coraggio e l’acume di cui Homeland dispone quando tutto funziona a dovere.

Voto: 9+

Note:

– Rotten Tomatoes, uno dei più autorevoli aggregatori di recensioni di cinema e televisione, ha dato 10 come valutazione all’episodio.
– Su IMDB la valutazione dell’episodio, somma di tutte le valutazioni degli utenti, è di 9,8 a mia memoria seconda solo a Ozymandias e Felina.

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".


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16 commenti su “Homeland – 4×09 There’s Something Else Going On

  • Prusso

    Riassumerei tutto come meglio non ha potuto fare il Direttore della CIA Andrew Lockhart:

    What the f**k !!!

    What the f**king f**k !!!

     
  • Namaste

    Io gli ho dato 8 anche se meritava 9 ma non 10 (in my opinion).

    Senza tirare di nuovo in ballo “Ozymandias”… che poi la Barbera mi sclera di brutto (si scherza, lo sai Federica, ti voglio bene! 🙂 ), per me, l’unico paragone che avrebbe forse senso di essere fatto per spiegare perché “There’s Something Else Going On” non meriti ancora quel 10- assegnato dagli utenti di IMDB, è quello con la 2×05 di HL, quel “Q&A” che, personalmente, inserisco nella mia top-ten dei migliori episodi di una serie drama di sempre.

    Piccola premessa: sono uno di qui pochi che, quando quasi tutti dicevano che questa serie era molto troppo sopravvalutata, per tutti quegli Emmy a pioggia “scippati” a Mad Men, BB e tutto il resto, ha invece sempre sostenuto che no, HL quei premi ed il conseguente successo di pubblico, li aveva meritati tutti, e che il suo problema era invece quello opposto, di essere cioè, dai più, persino troppo sottovalutata. E non riuscirei mai a spiegare questa mia convinzione se non partendo proprio da quel superlativo “Q & A”.

    Ora, cosa succedeva in particolare in quell’episodio, oltre ai dialoghi travolgenti, giustamente premiati con gli Emmy, e a delle interpretazioni da urlo di due attori messi l’uno davanti all’altra ad un tavolo? Beh, succedeva qualcosa che, in tutti gli altri telefilm, non vediamo mai, se non dopo 5-6-10 stagioni. Si prendeva cioè in quel caso l’inconfessabile segreto di un protagonista e, senza allungare il brodo né perdere altro tempo, lo si costringeva semplicemente a fare coming out, e questo accadeva alla puntata N. 17 della serie, quando invece… beh, chi ha seguito Dexter o chi sta seguendo Sons of Anarchy sa cosa voglio dire… Nel panorama televisivo moderno, “Q&A” era e rimane, anche per quello, qualcosa di profondamente rivoluzionario.

    Ed anche se oggi sappiamo che quella scelta di sceneggiatura era forse più un sintomo di incoscienza che non vero coraggio da parte degli sceneggiatori, i quali, arrivati ad un certo punto, si sarebbero logicamente incartati, il punto chiave che vorrei sottolineare è ancora un altro, che a quel tempo Homeland non era solo una spy-story o un ottimo fanta-thriller sul terrorismo, ma anche e soprattutto una storia di “persone”, di anime spezzate, dall’una e dall’altra parte, un racconto che insomma, pur con i suoi alti e bassi (Dana e via discorrendo) riusciva ad essere ANCHE profondamente “psico-patologico”.

    Un aspetto, quest’ultimo, non certo secondario in un telefilm, e che se ci facciamo caso, nei commenti per lo più entusiastici seguiti agli ultimi episodi di questa quarta stagione del telefilm, non leggiamo quasi mai. Tutta gente che sui forum si dice giustamente conquistata dalla trama, dal ritmo più adrenalinico rispetto al passato, dai plot-twist a ripetizione, dall’interpretazione della Danes che, dopotutto, è ancora la Danes, tutto molto bello, ma… “there’s something else going on”… non so se mi sono spiegato.

    E attenzione che, con questo, non sto minimizzando l’ottimo lavoro svolto dagli sceneggiatori per tenere vivo e vibrante uno show che, dopo la dipartita di Brody/Damian Lewis, molti, compreso il sottoscritto, davano ormai per spacciato. Il problema di HL, infatti, non è mai stato la sceneggiatura, o il modo in cui questa venga a volte “esasperata”. E lo spiega molto bene Attilio quando dice che HL “non è un documentario e la sospensione dell’incredulità è stata più volte non solo necessaria ma richiesta”. Lo pensavo prima, lo penso anche adesso.

    Non è il cambio di passo o di ritmo che, nel mio caso, rimprovero al nuovo HL, e che non me lo rende ancora meritevole di quell’eccellenza che gli attribuivo nelle prime due stagioni. Il cambio di rotta che non mi permette di godermi a pieno questo episodio e questa stagione è proprio in quel dialogo al secondo paragrafo della recensione (“You’re a traitor and ‘m fucking CIA”), che vorrebbe richiamare alla memoria dello spettatore il momento dell’arresto di Brody alla fine della 2×04 (“You’re a traitor… and it’s time to pay for this”), o ancora il momento dell’interrogatorio seguito dopo, senza averne però la stessa potenza o intensità né soprattutto la stessa valenza, oltre che per ragioni ovvie (Dennis non è Brody, lo sappiamo), soprattutto per quella frase bad-ass in cui Carrie dice che lei è la “fottuta CIA”, come se insomma questo la ponesse dalla parte “giusta” o “migliore” della barricata, quando invece, per quanto mi riguarda, è sempre stato quello l’aspetto più bello e rivoluzionario di questa serie, quella di una storia che, tramite Brody e pur nei limiti di un racconto di finzione, si preoccupava di mettere fortemente in discussione l’operato del proprio paese e delle sue agenzie governative, soprattutto in materia di politica estera americana. La fottuta CIA non è il bene, Carrie. Se non te ne fossi ancora accorta tu non sei il Bene, Carrie, e dispiace solo che di tutto questo, In HL, non ve ne sia più quasi traccia.

     
    • Federica Barbera

      Eheh, caro Namaste, se dovessi un giorno mai contare tutte le volte che un “addetto ai lavori” (uso paroloni ingiustificati, ma per intenderci) vede una qualunque serie paragonata a Breaking Bad, ti assicuro che passerebbe anche a te la voglia di parlarne XD

      E infatti! Giustamente si tira in ballo Q&A – che avevo recensito, e che ricordo con grande dolore perché era stata davvero difficile non solo da vedere ma anche e soprattutto da analizzare.
      E concordo sul fatto che comunque quella puntata fosse migliore di questa (anche se la differenza di impianto le rende paragonabili fino ad un certo punto), ma il punto personale è che io non mi aspetto più un ritorno a quei livelli. Una premessa: il ragionamento che fai tu su chi ha sottovalutato Homeland secondo me soffre di uno sfasamento temporale, perché quando mezzo mondo parlava di esagerazione per Homeland lo faceva alla prima stagione, quando, diciamocelo, il maggior motivo per cui aveva fatto incetta di Emmy era perché Obama aveva dichiarato che era la sua serie preferita 😀
      La seconda stagione è invece la migliore in assoluto, e l’aumento qualitativo è stato riconosciuto praticamente dalla critica intera. Quindi no, non direi che la serie è stata sottovalutata tout court, ma che sia a livello di critica che a livello creativo ha avuto un andamento altalenante.

      Tornando a livello personale: io una quarta stagione così non me l’aspettavo, lo ammetto. Ho iniziato dicendo “si ok, tanto tra due puntate mollo” e invece sono ancora qui; non pensavo ma è successo, e questo è indice comunque di un lavoro eccezionale da parte degli autori nell’aver reso questa serie ancora più interessante di prima – e nell’avermi portato a pensare che abbandonare Brody sia stata la scelta migliore di sempre.

      La puntata in sé e per sé è eccezionale, e faccio i miei complimenti ad Attilio per la recensione, ma c’è qualcosa che ancora mi crea un leggero distacco emotivo rispetto ai personaggi, e a Carrie in particolare, cosa che in una puntata come Q&A non era accaduto. C’è qualcosa che in Carrie si accende e si spegne a comando e a convenienza, e non sono così sicura che il lavoro di approfondimento fatto sul suo personaggio sia stato seguito tanto quanto durante la seconda stagione. E’ una sensazione, vedremo nei prossimi episodi se sarà avvalorata o meno.

      La questione infine della sospensione dell’incredulità ammetto che mi faccia sempre venire un po’ il nervoso, perché non può essere che Homeland sia o perfettamente aderente (il discorso di Attilio sulla questione video, ad esempio, è lampante) oppure improvvisamente idiota (tutti i marine se ne vanno da un’ambasciata per un’esplosione!? eh?!) e che questo venga giustificato con la solita e ritrita sospensione dell’incredulità. Mi sembra venga usata dagli autori a seconda di quando conviene, e questa cosa è l’unica che ancora mi fa storcere il naso.

      Per il resto, è comunque un episodio ottimo, che per me va comodamente sull’8 e mezzo.

       
  • Attilio Palmieri L'autore dell'articolo

    Caro Namaste, innanzitutto grazie per il commento articolato.
    Cerco di rispondere in modo mirato per non aggiungere aggiungere pesantezza alla giù lunga recensione (in cui ovviamente, come sempre accade, sono tante le cose rimaste fuori). Io ho adorato le prime due stagioni di Homeland, in particolare la prima e i primi cinque episodi della seconda (più il finale, che ho trovato molto coraggioso). Della terza stagione, se escludiamo un paio di episodi, preferisco non parlare. I miei episodi preferiti sono i finale della “Marine One”, “Q & A” e “There’s Something Else Going On”, che a mio avviso rappresentano perfettamente le due anime della serie – rispettivamente gli ultimi due – e la loro sintesi – il primo, “Marine One”. Esiste il lato che ti definisci “psicologico” (che vede in “Q & A” il suo esito più compiuto) ed esiste l’altra parte (che per me non mai stata raccontata meglio che in “There’s Something Else Going On”), che, mi permetto di dirti, non è riducibile in trama ritmo e adrenalina.
    Quell’altra parte, che ho cercato di raccontare, seppur in maniera impressionistica (ma avrò altre occasioni), nella recensione, è a mio avviso non meno importante del lato “psicologico” (anzi), ed è quella che fa di Homeland un prodotto che, utilizzando la fiction, il racconto adrenalinico, la spy story e personaggi estremamente affascinanti, ci parla di alcune delle questioni più importanti del nostro presente. Ci parla cioè degli shaid, del fascino di personalità altre da noi per principi etica e morale (Abu Nazir), ci parla dell’importanza dell’autorappresentazione in ogni frangente di questa guerra, ci offre spaccati approfonditi di entrambi i punti di vista, con personaggi che danzano sul territorio liminare che separa l’accettazione dal rifiuto dell’ideologia capitalista statunitense. A questo proposito dico un’ultima cosa su Carrie e la CIA: il punto di vista di Carrie non è per nulla pacificato, anzi, dentro di lei, esiste un tumulto legato alla dialettica tra colpa e innocenza. Quendo nel finale dice a Saul che gli sembra un altro, trasformato in “loro”, che “noi” non siamo così, non fa altro che auto-narrarsi la stessa storia, cioè quella di un paese (gli USA) che ha bisogno di pulirsi la coscienza per potersi accettare, ha bisogni di sentirsi migliore e di avere un obiettivo più grande che giustifiche i mezzi, qualsiasi essi siano.
    Questa (o anche questa) è l’altra parte, quella descritta resa in maniera eccellente in quest’episodio e invece parzialmente sacrificata in segmenti come “Q & A”, in cui era dato spazio ad altre questioni.
    “Marine One” – e più in generale la prima stagione – conteneva entrambe le anime, riuscendo a far emergere la forza delle “persone” Carrie e Brody, ma anche la potenza etica, estetica e mediale di un racconto basato sul ponte tra Occidente e Islam nel post-11 settembre.

     
  • Namaste

    @ Federica: sono andato a rileggermi la tua recensione di “Q&A” (https://www.seriangolo.it/2012/11/02/homeland-2×05-qa/) anche solo per dargli 10! Lo ammetto, questa novità dell’auto-determinazione sul voto, mi sta un po’ prendendo la mano 🙂

    Che la seconda stagione fosse anche migliore della prima (che comunque avevo già molto apprezzato), lo penso anch’io. Ma… sullo sfasamento temporale…, dai retta a un fesso, visto che a quel tempo in cui ero parecchio in fissa con questa serie, di pareri o review su HL, ne leggevo anch’io parecchi, ed anche sulla S2, fidati, non è che sul web o altrove fosse solo un coro di consensi e critica unanimi.

    Che poi fossimo arrivati ad un punto in cui la dipartita di Brody era non solo necessaria o, come dici tu, la scelta migliore che si potesse fare, ovviamente lo penso anch’io. Passando infatti a scongiurare un possibile equivoco, non è che ti rimpiango Brody in particolare, ma solo quello che il personaggio ti rappresentava e che ho già spiegato (i dubbi, l’anima divisa in due, tra dovere verso la patria e verso se stessi, l’obbligo morale oltre che civile di difendere il proprio paese dai suoi nemici interni ed esterni, in breve, mettere in discussione se stessi e così la stessa America). Mi sarebbe bastato che, in questa stagione, Carrie avesse davvero raccolto l’eredità spirituale di tutto quello che è stato ottimamente rappresentato dal personaggio di Brody, e non avrei avuto null’altro a pretendere da questo show.

    Che però quell’aspetto, ripeto, per me essenziale, ed anche per rispondere alle osservazioni di Attilio, sia stato finora travasato nel personaggio di Carrie, che non definirei certo “pacificato”, ma nemmeno così combattuto (basta vedere l’ assoluta determinazione della Drone Queen nel voler abbattere il nemico, anche a rischio di uccidere Saul, nella scena in cui sarà Quinn a fermarla), è ancora tutto da vedere e da dimostrare. Hai fatto l’esempio dell’interruttore che si accende e spegne a seconda elle esigenze degli autori, che rende molto bene l’idea. Al momento io vedo solo una Carrie cieca, accecata dall’odio e dalla rabbia, vuole un cattivo da combattere e da annientare, vuole anche lei la loro testa, Carrie vuole vendetta, esattamente come Saul, vuole solo mettere quel cazzo di nemico in una cella, dimenticandosi di cosa ha prodotto tutto quell’odio e quella rabbia in una persona come Brody e senza nemmeno quasi più considerare che il nemico si nasconde spesso proprio in casa propria. In questo momento Carrie è solo una che predica bene e razzola male. Vorrebbe probabilmente essere Brody, magari fare proprio quel suo eventuale insegnamento, ma… e sono io il primo a dispiacermene, in questo momento, non ci vedo molto di più di un Jack Bauer in gonnella. Se, per esempio, quest’episodio fosse finito con lo split-screen diviso in 4 ed il leggendario tic-tac tic-tac… dubito che molti di noi, ne avrebbero davvero colto la differenza.

     
    • Federica Barbera

      Non mi riferivo tanto alle critiche alla stagione, quanto alle critiche agli Emmy in relazione alla qualità dell’opera nella seconda stagione, che francamente non ricordo così incredibili nella seconda annata (proprio in virtù di un oggettivo miglioramento su tutta la linea), se non altro non in relazione a quelle di gran lunga più critiche dell’anno precedente. Comunque, questione di memoria.

      La dipartita di Brody (che infatti, son d’accordo, non era sbagliato come personaggio, anzi) ha avuto il merito di portarsi via in un solo colpo un rapporto che forse non aveva molto altro da dire (quello con Carrie) e una famiglia che rubava screentime a materiale ben più interessante.
      Ma Brody, proprio per il suo travaglio interiore, è sempre stato un ottimo personaggio.

       
      • Namaste

        Ah, ma sugli Emmy e su chi avrebbe dovuto vincerli se ne dicono ogni anno di cotte e crude! Comunque, e vado anch’io di memoria che ogni tanto vacilla, per il suo secondo anno (2012), agli Emmy del successivo settembre 2013, HL prese solo la migliore attrice a Claire Danes e la migliore sceneggiatura per “Q&A”.

        https://www.seriangolo.it/2013/09/23/emmy-2013-i-vincitori/

        L’anno della “discordia” tra fans e spettatori, fu effettivamente quello degli Emmy del 2012, in cui si premiavano le migliori serie del 2011, dove HL trionfò per la sua prima annata a discapito della quarta di BB e soprattutto della quinta superlativa di MM (a mio avviso la migliore).

        https://www.seriangolo.it/2012/09/24/emmy-awards-2012-i-vincitori/

        Discorso un po’ diverso per i Golden Globes di Gennaio 2012-2013, dove HL era effettivamente ancora più benvoluta, sbancando nelle maggiori categorie delle prime due annate dello show che si erano a quel tempo appena concluse.

        Di discussioni poi parecchio accese e divergenti sull’argomento, anche qui su Seriangolo, ne ricordo in particolare una: 🙂

        https://www.seriangolo.it/2011/09/29/breaking-bad-4×11-crawl-space/

        https://www.seriangolo.it/2012/09/24/emmy-awards-2012-i-vincitori/

         
        • Federica Barbera

          Infatti mi riferivo all’annata del 2012, in cui Homeland vinse una quantità di premi incredibile per la prima stagione e sì, io me la presi a morte soprattutto per la quinta di Mad Men (che è un capolavoro, ma che in Ammmeriga è stata criticata in tutte le salse. Ma questa, come si dice, è un’altra storia 😀 )

           
  • winston smith

    Più tardi leggerò recensione e commenti per partecipare più costruttivamente alla discussione. Per ora mi limito a dire la mia sul voto: io darei un 9,9 periodico. Il 10 lo avrei sganciato se in quella sequenza finale al cardiopalma ci fosse stato un cameo di Kiefer Sutherland con un fucile in mano. In effetti, mi chiedo come mai non lo abbiano ancora ingaggiato per interpretare un ruolo nella serie, considerato anche che i creatori di Homeland dovrebbero essere in ottimi rapporti con lui. Magari potrebbero farci un pensierino per la prossima stagione. Mi andrebbe bene anche nei panni di un politico, ma cosa non darei adesso per vederlo in Homeland.
    Per quanto mi riguarda, il cliffanhanger è sui medesimi livelli stratosferici di To’hajiilee, episodio di Breaking Bad al quale lo paragonerei e dal quale There’s something else going on non ne uscirebbe per nulla ridimensionato. Due settimane in attesa del seguito equivalgono in questo caso a due settimane di prigionia di Saul. A proposito del quale, urge consegnare un Emmy a Patinkin subito, insieme alla santità e alle chiavi di una città a caso.

     
  • Dreamer88

    Se persino io non ho nulla da obiettare significa proprio che questo è stato un episodio grandioso (il migliore di Homeland negli ultimi due anni). E, per la prima volta, non vedo l’ora che arrivi settimana prossima per vedere cosa succederà.

     
      • Dreamer88

        Grazie per l’informazione, non lo sapevo. In questa occasione gli autori di Homeland si stanno dimostrando particolarmente sadici nei confronti di noi spettatori…

         
        • melania

          Il problema è la sosta per Thanksgiving. Almeno ufficialente, perché in realtà non si fermano un sacco di altre cose. Probabilmente sì, c’è un sadico e voluto dosaggio di suspence in un momento cruciale.

           
  • SerialFiller

    Episodio stratosferico, recensione magnifica a cui mancava solo quel numeretto a 2 cifre nella votazione finale in quanto questo episodio lo meritava davvero per i tanti motivi enunciati magistralmente nella recensione e anche come voto di merito ad una produzione ed un cast che era stato dato per morto (io sono tra questi) troppo presto.
    Mi è piaciuto molto il discorso di Namaste. Q&A resta uno dei miei 50 episodi seriali preferiti e il buon Namaste ha spiegato benissimo cosa rendeva grande quell’episodio, ma dopo questa 4×09 non ho alcuna esitazione a definire “something else going on” la migliore puntata di homeland di sempre. La tensione è stata costante, i colpi di scena avvenuti credo che nessuno li avrebbe mai pronosticati e i momenti di intimismo i dialoghi non sono stati da meno di altre puntate piu “parlate”.
    P.S.
    ancora breaking bad…e stavolta non per paragoni o Ozymandias ma per la medicina scambiata nel flacone di carrie…
    sinceramente a cosa avete pensato quando avete scperto che quella sostanza si chiamasse fenilannina?

     
  • melania

    Quale è la traduzione più aderente in italiano a “fu**k! f**g f**k!”? Perbacco? Mi sa di no. Ma come esprimere la gioia per aver assistito, dopo un bel po’ di tempo che non accadeva ad un episodio così bello (non trovo un aggettivo più pertinente e caratterizzante, mi viene semplicemente “bello”) come questo! Una narrazione praticamente perfetta, piena, circolare, che tira la rete e riprende tutti i pesci che erano stati messi e lasciati a sguazzare.
    All’inizio l’ho visto in inglese e mi è sembrato una bomba (come in effetti è), ma ho pensato che avessi potuto fraintendere parecchie cose; quando ho potuto aggiungere i subs italiani mi sono detta “ammazza…” e direi che questo è tutto il mio pensoso contributo al dibattito.
    Infatti, non so aggiungere molto alle considerazioni della recensione e degli interventi con cui concordo pienamente e per quanto riguarda il voto mi lascerei andare al nove e tre quarti solo perché spero che il dieci si possa assegnare agli episodi che verranno ai quali, però, mancano talmente tanti giorni che non posso evitare di chiedermi quali saranno gli scenari futuri. E’ una mia vecchia passione, ma non ci azzecco mai. Dunque: Carrie non muore, ovviamente, ma manco viene troppo gravemente ferita perché è una cosa che non sta bene a tre episodi dalla fine, di sicuro muoiono John e Dennis e – ahimé lo penso – muore Saul la cui scomparsa trasformerà in un gorgo senza fine la presa di coscienza (sicuri?) e la crisi di Carrie, materia ottima per la quinta serie. Anche Quinn e l’ambasciatrice non li vedo tanto in salute. Sbaglio?
    Vabbè, più seriamente volevo chiedere ad Attilio perché ad un certo punto dice che Dennis è presumibilmente ricattato. Lo è sicuramente, molto esplicitamente e sin dal primo incontro con Tasneem.
    Infine, mi sembra che la perfezione del piano di Haqqani, sostenuta dalla stoltezza delle decisioni di Lockart, attenga non solo alla genialità di scrittura di Homeland ma, una volta tanto, credo non chieda allo spettatore i soliti salti mortali sulla credibilità dei fatti narrati ed attenga invece proprio alla realtà che l’esempio richiamato dell’11 settembre esplicita nel suo grandioso orrore: un piano pazzesco e formidabile va tutto perfettamente liscio, oltre l’immaginabile e forse – come sostengono molti analisti e come si compiaceva di dire Bin Laden stesso in un ecchio video dell’inizio del 2012 – oltre le aspettative degli stessi terroristi, sostenuto da una serie impressionante di errori incresciosi e fatali dell’altra parte.
    Comunque sì, effettivamente credo che questa quarta serie registri uno spostamento abbastanza radicale verso l’americanità della visione e un’adesione verso le ragioni degli Stati Uniti che in precedenza esisteva pure ma era molto più bilanciata e Brody era lì a testimoniare questo. Questo contenuto (che io non condivido) però ovviamente non toglie nulla alla forza narrativa di Homeland.

     
  • Ste Porta

    Puntata incredibile.
    Come al solito sono d’accordo con Attilio, si è sfiorata la perfezione. Bello il particolare sugli occhiali di Saul che non avevo notato: finalmente sono stato 50 minuti col fiato sospeso… Homeland dovrebbe essere sempre così.