House of Cards – 3×13 Chapter 39 15


House of Cards – 3x13 Chapter 39A un mese e mezzo dal giorno in cui la terza stagione di House of Cards è stata resa completamente disponibile da Netflix, parliamo della sua conclusione che, a nostro giudizio, è nettamente più riuscita rispetto all’esordio.

Nonostante la serie non smetta mai di sfociare in una teatralità iperbolica in cui l’eccesso non trova sempre adeguata giustificazione, sequenze come quella della minzione sulla tomba del padre, che caratterizzava il Frank Underwood del primo episodio, sono ormai sparite. I toni sono leggermente cambiati, non solo perché siamo giunti alla fine e quindi fisiologicamente è necessario arrivare alla sostanza, ma soprattutto perché questa terza stagione ha col tempo dimostrato di fare di Frank una figura emblematica della parte degenere degli Stati Uniti. L’inizio è dei più atipici: all’egemonia degli Underwood si sostituisce una dicotomia nettissima che vede in prima istanza la rappresentazione di un’America lontana dai palazzi del potere, dal sapore originario, esemplificato alla perfezione dalla Monument Valley e dalle note di The Sun Is Shining Down. Quello è il territorio ai confini della civiltà, il posto più lontano dal Washington D.C., il luogo dove Rachel è andata a trovare rifugio.

I’m sorry for what I did to you.

House of Cards – 3x13 Chapter 39Siamo dunque dall’altro capo della Nazione, dove Rachel ha cercato riparo e una nuova vita, lontana dalle volgarità di un mondo che l’ha resa, tra le altre cose, partecipe di un omicidio (Peter Russo). Incontriamo così, a una stagione di distanza, una donna completamente diversa, senza dubbio ancora impaurita, ma decisamente temprata dalle sofferenze passate e capace di padroneggiare il limite tra la legalità e l’illegalità con discreta consapevolezza. Come una sorta di infografica assistiamo al progressivo avvicinamento di Doug, che in metà episodio attraversa gli Stati Uniti e riesce a ritrovare finalmente Rachel. La loro storyline collega i due season finale, questo e quello della precedente stagione, riallacciando un discorso che negli scorsi episodi non è stato gestito nel migliore dei modi, ma che in questo finale trova un momento di climax drammatico di indubbia potenza. Il male da cui Rachel ha cercato faticosamente di allontanarsi finisce per raggiungerla incarnato nella persona di Doug, sempre più ossessionato dalla donna e deciso ora più che mai a chiudere i conti, con la speranza (vana) di ritrovare un po’ di pace. Se inizialmente Doug sembra poter cambiare idea, sensibilizzato dalla fragilità della donna (“She just wants to be invisible”), alla fine non riesce a trattenere la furia di una pulsione quasi primordiale e, dopo aver ucciso Rachel, la seppellisce nelle profondità del deserto, facendo sprofondare metaforicamente la sua colpa nel cuore del suolo americano.

We’ve been lying for a long time, Francis.

House of Cards – 3x13 Chapter 39Se il tredicesimo e ultimo episodio è nettamente il migliore della stagione è perché, dopo tanto temporeggiare, gli autori sono andati finalmente al cuore del problema di coppia degli Underwood, affondando con la macchina da presa nei loro turbamenti, trasformando quegli eterni non detti in litigi che non hanno risparmiato confronti a muso duro e scene di violenza. Arriva finalmente la resa dei conti perché, per usare le parole di Claire, i due si sono mentiti per troppo tempo e ora è giunto il momento di un confronto. La donna, come una pentola a pressione, è arrivata a un punto limite, a una soglia superata la quale non è più sostenibile alcun compromesso. Per questa ragione quel “I want you to fuck me, Francis” suona come un ultimo disperato tentativo, o forse già come una resa, il bisogno di avere una prova tangibile di quel che già sa e che per tanto tempo non ha voluto riconoscere. La messa alla berlina dell’ambigua identità sessuale di Frank e la ribellione di Claire tendono un doppio filo che dal privato si ripercuote sul pubblico, per poi riflettersi di ritorno sulla coppia. La crisi è ormai quasi insanabile e gli interessi di entrambi vertono in direzioni opposte, motivo per cui nessun tipo di aggressione è risparmiata, pur di intimorire, ricattare e colpire quello che a tutti gli effetti è ormai un avversario.

Frank Underwood is a dangerous man. Because power in the hands of those who lack honesty, lacks a moral compass.

House of Cards – 3x13 Chapter 39Questa stagione è stata nettamente migliore della precedente e si è conclusa in modo abbastanza soddisfacente, pur rimanendo lontani dai livelli e dall’originalità della prima annata. Naturalmente, se miglioramento c’è stato, non può che aver a che fare con il protagonista e non c’è dubbio che una parte rilevante della sua figura riguardi il lato prettamente politico del suo personaggio. L’anno scorso è stato un disastro: l’ascesa al trono di Frank è arrivata praticamente senza ostacoli, se non qualche fantoccio di cartapesta quale era l’allora presidente degli Stati Uniti, che Frank ha liquidato con difficoltà solo apparenti e superficiali. Quest’anno le cose sono andate diversamente: lavorare sulla natura del “linciaggio mediatico” si è rivelata una scelta vincente, in particolare in quanto strumento per far venire allo scoperto tutte quelle ambiguità caratteriali e quel cinismo brutale che hanno sempre caratterizzato il protagonista e che lo hanno portato sulla poltrona più ambita. La campagna elettorale di Frank diventa il veicolo narrativo per costruire il suo crollo, che va contemporaneamente a investire la sua dimensione pubblica e privata. Il discorso di House of Cards è ancora una volta sul potere e sulla difficoltà della sua gestione, su come essere nel punto più alto possa voler dire divenire bersaglio di chiunque e su quanto possa far male cadere da lassù, anche se ti chiami Frank Underwood. La retorica del cambiamento, del progresso, di una diversità da spacciare sempre e comunque come innovativa emerge come strategia trasversale di tutti candidati alla Casa Bianca, nonché come enorme specchietto per le allodole, dietro al quale è spesso celato il vuoto politico.

House of Cards – 3x13 Chapter 39Si chiude dunque una stagione in cui House of Cards è apparsa in ripresa, soprattutto per aver avuto finalmente il coraggio, nel finale in particolare, di compiere ciò che avrebbe dovuto fare nell’annata passata, ovvero sviluppare il conflitto tra i coniugi Underwood, poiché quello è da sempre stato il principale fattore di crisi del protagonista (grazie anche al personaggio dello scrittore Tom, novità fondamentale di quest’anno). Non c’è dramma senza crisi, non c’è tragedia senza sconfitta e, benché la recitazione ai limiti del teatrale di Kevin Spacey si sia mantenuta sempre su livelli altissimi, l’assenza di burroni in cui rischiare di sprofondare lo ha reso, soprattutto nella scorsa stagione, un eroe poco credibile. Quest’anno, invece, sin dalla gestione della politica estera e dai rapporti col presidente russo Petrov, Frank è andato più volte in difficoltà, ma soprattutto ha trovato nella moglie un rivale alla sua altezza, tanto da accompagnarci verso la quarta stagione con una rinnovata curiosità.

Non si è trattato certo però di una stagione perfetta e in particolare le vicende legate alla figura (potenzialmente molto interessante) di Doug potevano essere gestite molto meglio, quantunque il finale della storyline sia stato molto potente. Tuttavia ad oggi possiamo dirci abbastanza soddisfatti perché, se non altro, si sono intravisti segnali di miglioramento e, da come si è chiusa la stagione, la prossima potrebbe cominciare su promettenti binari.

Voto episodio: 7,5
Voto stagione: 7 –

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".


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15 commenti su “House of Cards – 3×13 Chapter 39

  • Eugenia Fattori

    Si può apprezzare una recensione senza essere d’accordo col presupposto? Da una parte son tentata di farti complimenti per come hai analizzato il finale, dall’altra la penso in modo diametralment opposto. Secondo me si sta cercando di appiccicare addosso ai personaggi una profondità e delle contraddizioni, dei limiti umani che su di loro non funzionano. Frank funzionava come figura emblematica, da dramma di shakespeare, il cattivo per eccellenza dalle mille risorse. In questa terza stagione, le sfumature (che pure, forse, erano inevitabili per proseguire) non è che non funzionino logicamente di per sé, ma contrastano con quel che Frank sembrava nato per essere. Esagerando, ci si poteva fermare ad una sola stagione e sarebbe stata la serie che doveva essere

     
  • Attilio Palmieri L'autore dell'articolo

    Hai centrato il punto.
    Quel Frank lì vale per la prima stagione (e anche in quel caso non si poteva prescindere da una caratterizzazione in grado di aggiungere nubi su passato e presente – vedi l’episodio sulla biblioteca).
    Il problema della seconda stagione è stato aver continuato su quella strada, rendendo tutto abbastanza ridicolo.
    Forse è vero che questa terza stagione ha snaturato i presupposti di partenza, ma creare una crisi in questi personaggi era davvero l’unico modo per andare avanti.
    Naturalmente, visto il successo della serie, chiuderla sarebbe stata una scelta suicida e anche un po’ stupida.
    Insomma, non vedere mai Frank in difficoltà stava diventando davvero una cosa noiosa, costruirgli bene un’ipotesi di crollo, pubblico e privato, è secondo me l’unica via per dare linfa alla serie, che comunque io trovo sempre mediamente piacevole da vedere.

     
    • Eugenia Fattori

      Vero, anch’io penso la caduta fosse indispensabile, ma avevano possibilità forse di trovare altri modi per creare conflitto tra Frank e Claire. C’è da dire che come dici tu, è una molla tesa verso la nuova stagione che speriamo sia guerra aperta senza esclusione di colpi. Io spero in una Claire candidata alla presidenza

       
  • DRAPERIST

    Secondo me il fatto che la figura di Frank abbia perso colpi e non sia più quell’ infallibile martello rappresentato in precedenza è direttamente proporzionale all’unita del rapporto con Claire;nel loro essere in simbiosi.
    E’questo quello che gli autori hanno voluto marcare e adesso ripartirà tutto da zero.
    Questa stagione è stata come una molla sempre tesa,ma che non è mai scattata..se non nell’ultimo quarto di ora del season finale.

     
  • max

    Sono perfettamente d’accordo con la recensione.
    La carenza di un serio antagonista a FU nella seconda stagione, non poteva che transitare dal Frank & signora contro tutti, per poi concludersi con Claire come unica, possibile antagonista all’altezza.
    La vicenda russa riprende quella cinese della seconda stagione, trattandola meglio, ma risultando secondo me troppo artefatta: la descrizione di un Petrov-Putin “su misura” a come lo vorrebbero gli USA è fin troppo smaccata.
    Sono d’accordissimo anche con la tua opinione sulla storia Doug-Rachel. Solo su un aspetto dissento: non credo che Doug cambi idea per “la furia della pulsione primordiale”, l’istinto primordiale è semmai di lasciarla viva, la scelta di ucciderla è invece lucida, razionale, ponderata e meditata, per non compromettere di nuovo il rapporto con Frank, ora che ne aveva appena riconquistato la fiducia.

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    La redazione

     
  • Marco

    Mi dispiace, ma non sono assolutamente d’accordo nel ritenere questa stagione soddisfacente. Il carattere dei personaggi era estremamente chiaro dalla prima serie. Non è assolutamente coerente passare da una assoluta unità di intenti fra Frank e Claire a un conflitto che onestamente appare artificioso e senza basi. Non dico che agli Underwood debba andasre sempre tutto bene, ci possono tranquillamente essere delle sconfitte, ma anche le sconfitte e il modo in cui si viene sconfitti deve essere in carattere con i personaggi. Capisco la difficoltà degli autori che evidentemente non sapevano dove andare a parare. Alcuni personaggi sono stati snaturati. Jackie diventa un agnellino, Doug, che abbiamo visto di cosa era capace, diventa un povero tormentato che non sa risollevarsi e ricade nell’alcolismo. Sembra quasi una riedizione dei film americani anni 50, dove obbligatoriamente si doveva veicolare il messaggio che “il delitto non paga”. Temo che anche per questa serie si stia prendendo la disastrosa china presa da Dexter, che da killer psicopatico ha cominciato sempre più a umanizzarsi, ad avere scrupoli, così che il personaggio e quindi la serie, si sono conclusi in macchietta.
    Deludente.

     
  • DA9

    La disparità di giudizio è evidente e comprensibile, io personalmente sono combattuto. Questo finale mi ha soddisfatto ed ha riempito qualche vuoto e mancanza di tensione dei 12 precedenti episodi, forse proprio per il fatto che gli autori dovevano per forza di cose venire al dunque. Ma mi chiedo: dove si andrà a parare con la prossima stagione che spero sia l’ultima? Che armi tirerà fuori Claire per controbattere un nuovo ritorno veemente di Francis? Soprattutto, riacquisteranno maggior peso e profondità i comprimari che in questa stagione sono stati lasciati un po’ al caso, tra varie tresche di poco conto e cambiamenti di carattere poco credibili? Con tanti dubbi sicuramente mi rimarrà viva la curiosità per vedere la quarta stagione e ciò mi fa piacere; ma ho notato segnali di allungamento del brodo e meno tensione rispetto alle prime due stagioni. Vero, Frank sembrava imbattibile, intoccabile e sempre con l’idea giusta, ma non è quella la forza del suo personaggio? Guardare sempre avanti, dritto verso la vittoria. Lo dimostra anche nel finale duro quanto teatrale, quando si sfoga con la moglie come avremmo fatto tutti nella stessa situazione. Vi prego autori chiudetela alla grande con la quarta!!!!

     
  • Firpo

    Anch’io non concordo molto con la recensione. Non concordo soprattutto nel ritenere questa stagione migliore della precedente. Io direi invece che questa terza stagione è stata una mezza delusione. La seconda era poco credibile ma comunque teneva ancora incollati al divano. Certo vedere quel fesso di Walker farsi prendere per i fondelli così facilmente aveva dell’ incredibile, ma almeno la serie sapeva ancora intrattenere.
    Questa stagione prima degli ultimi tre episodi è stata una noia. Spesso anche mortalmente noiosa tenuta insieme dalla bravura degli attori e dal fascino dei personaggi. In primis Frank.
    Tutta la storia con Petrov l’ho digerita poco (anche se ho amato l’episodio in cui veniva introdotto). L’ Am-works, Doug, il libro ecc…ecc.. tutte storyline che mi hanno lasciato indifferente.
    La serie si è risvegliata quando è inziata la campagna elettorale e Frank è tornato a essere un vero lupo, pur con tutte le forzature del caso.
    Credo anch’io che la serie funzionasse di più con i suoi persoanggi monodimensionali. Era meglio quanto era una serie di lupi contro lupi.

    Capitolo Claire: sicuramente apre le porte a nuovi e si spera interessanti sviluppi, ma è innegabile che sia un pò una crisi venuta fuori da non si sa dove e un pò strumentale.

    Infine odio Doug profondamente. Spero muoia prima o poi tra atroci sofferenze. Però penso che l’omicidio di Rachel non sia dettato da una pulsione primordiale ma da una ritrovata fedeltà a Frank.

    Darei un 6 e mezzo alla stagione. 7+ al finale.

     
  • Boodlez

    Sottolineerei che Doug, il CAPO DELLO STAFF DEL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, prende e va a Caracas nel bel mezzo della campagna per le primarie, poi gioca al serial killer riluttante e infine se ne torna a D.C. tutto tranquillo. Cioè, non che io sia ossessionato dal realismo, ma per piacere….

     
    • Firpo

      E’ la prima cosa che ho pensato anch’io…Nemmeno io sono fanatica del realismo però è difficile credere che in piena campagna elettorale il capo dello staff del Presidente in carica sparisca per giorni e nessuno si chieda nulla…

      Il problema è che alcuni personaggi di HoC si comportano come fossero dei signor Nessuno e non come persone con cariche pubbliche al centro dell’attenzione mediatica.

       
  • SerialFiller

    Dico la mia e parlo in generale non del finale ma della stagione. Ad essere stata bella è stata bella ma sinceramente alla lunga ha stancato davvero tanto. Nonostante le tante novità di cui avete parlato nella recensione e nei commenti (la fallibilità di Frank, la fragilità del rapporto, personaggi secondari che remano contro il presidente, Doug fuori dai giochi ecc) io ho avuto la netta sensazione episodio dopo episodio che la serie si stesse pericolosamente avvitando su stessa. Le parti più impattanti e coinvolgenti hanno riguardato lo straordinario duello tra 2 personaggi/ attori giganteschi nelle figure di Petrov e Frank, il dialogo in cella tra claire e il dissidente americano arrestato in Russia, le evocazioni molto belle sui monaci e i richiami alla storia degli Underwood nella stesura del libro. Per il resto secondo me ha funzionato poco anzi pochissimo.
    Scelte narrative e singole scelte veramente discutibili e ai limiti del ridicolo. Una su tutte claire che si addormenta in prigione e il tizio si impicca con una sciarpa….ma dai ma serio? la questione doug che sparisce per giorni in campagna elettorale…i giochi politici che sembravano più da paese di provincia italica che da Dio Underwood, claire che diventa ambasciatrice ONU cosi…incredibili.
    Infine per quanto si possa giustificare la scelta di fare implodere la coppia io non la vedo questa gran trovata…
    Questi 2 vivono una vita volta ad un obiettivo unico : il potere. Quando è che tutto esplode? quando Frank è presidente e possibile rieletto, claire è uscita dall’ombra ed è una first lady amatissima…ingiustificabile. Se poi sommiamo che claire ha chiseto di essere ambasciatrice ONU contro il parere di Frank e dell’opinione pubblica ponendo il marito in una brutta sitauzione, non paga ha fatto casini con la questione israelo palestinese, non paga ha lasciato suiciddare un uomo sotto i suoi occhi e non paga a mandato a carte quarantotto il rapporto con la russia venendo meno a tutto quello che era stato il fondamento del loro rapporto.
    Insomma una catastrofe se ci spingiamo dentro molto dentro gli eventi narrati e le scelte fatte. Il fascino di Frank è calato tantissimo in questa stagione, la qualità di alcuni dialoghi o scene forse si è elevata e l’interesse verso la serie è senza dubbio ancora alto ma non trovo motivi per reputare questa stagione migliore della seconda sinceramente.
    Voto stagione 6,5-7

     
    • Firpo

      Concordo con tutto quello hai scritto su Claire e mi spiace dirlo perchè lei mi piace sia come personaggio che come attrice, però pure lei qui fa la figura della casalinga disperata di provincia più che della First Lady degli Stati Uniti.

       
    • massimiliano boldrini

      Citazione da SerialFiller:
      Dico la mia e parlo in generale non del finale ma della stagione. Ad essere stata bella è stata bella ma sinceramente alla lunga ha stancato davvero tanto. Nonostante le tante novità di cui avete parlato nella recensione e nei commenti (la fallibilità di Frank, la fragilità del rapporto, personaggi secondari che remano contro il presidente, Doug fuori dai giochi ecc) io ho avuto la netta sensazione episodio dopo episodio che la serie si stesse pericolosamente avvitando su stessa. Le parti più impattanti e coinvolgenti hanno riguardato lo straordinario duello tra 2 personaggi/ attori giganteschi nelle figure di Petrov e Frank, il dialogo in cella tra claire e il dissidente americano arrestato in Russia, le evocazioni molto belle sui monaci e i richiami alla storia degli Underwood nella stesura del libro. Per il resto secondo me ha funzionato poco anzi pochissimo.
      Scelte narrative e singole scelte veramente discutibili e ai limiti del ridicolo. Una su tutte claire che si addormenta in prigione e il tizio si impicca conuna sciarpa….ma dai ma serio? la questione doug che sparisce per giorni in campagna elettorale…i giochi politici che sembravano più da paese di provincia italica che da Dio Underwood, claire che diventa ambasciatrice ONU cosi…incredibili.
      Infine per quanto si possa giustificare la scelta di fare implodere la coppia io non la vedo questa gran trovata…
      Questi 2 vivono una vita volta ad un obiettivo unico : il potere. Quando è che tutto esplode? quando Frank è presidente e possibile rieletto, claire è uscita dall’ombra ed è una first lady amatissima…ingiustificabile. Se poi sommiamo che claire ha chiseto di essere ambasciatrice ONU contro il parere di Frank e dell’opinione pubblica ponendo il marito in una brutta sitauzione, non paga ha fatto casini con la questione israelo palestinese, non paga ha lasciato suiciddare un uomo sotto i suoi occhi e non paga a mandato a carte quarantotto il rapporto con la russia venendo meno a tutto quello che era stato il fondamento del loro rapporto.
      Insomma una catastrofe se ci spingiamo dentro molto dentro gli eventi narrati e le scelte fatte. Il fascino di Frank è calato tantissimo in questa stagione, la qualità di alcuni dialoghi o scene forse si è elevata e l’interesse verso la serie è senza dubbio ancora alto ma non trovo motivi per reputare questa stagione migliore della seconda sinceramente.
      Voto stagione 6,5-7

      sono completamente d’accordo con te, non capisco perchè snaturare i personaggi? Perchè Frank diventa praticamente un agnellino? Perchè Claire si ribella? le motivazioni spiace dirlo ma non reggono! E’ questo il problema! passi il capostaff che gioca al serial killer, passi il cliché del Petrof/Putin passi tutte le altre cose poco credibili ma che La first Lady si faccia prendere da una crisi di nervi del genere, mi spiace ma non ha nessun senso….

       
  • Michele

    Sono d’accordo coi commenti. Questa stagione e’ iniziata sotto tono, ha preso un po’ di velocita’ nella seconda metà (bello il dibattito a tre, almeno finche Jackie non si fa trovare in castagna). Poi pero’ sono d’accordo che gli scontri che Frank ha con Jackie, Remi e infine Claire sono poco incisivi e poco credibili. Voglio dire, Frank è il presidente, fa un lavoro dove lui e il suo staff sono sempre sotto pressione continuamente e dove è normale giocare sporco. Capisco idubbi di coscienza, ma i tre personaggi sopra sono volubili tipo teenager e non come professionisti super cazzuti che hanno sudato camicie su camicie per anni per arrivare dove sono.

     
  • Piwi

    la storyline più deludente è stata quella del filone Remy-jackie . lui è passato da esser il vero antagonista sotto traccia di Underwood, colui che doveva conoscerne i segreti essendo stato il capo del suo staff per anni, lasciano quel celato del sa-non sa…. gli mette i bastoni tra le ruote per due stagioni prima contro la onlus della moglie, poi scatenando Tusk e company…poi in questa terza stagione torna all’ovile e non proferisce più parola. mi aspettavo almeno diventasse un cagnaccio quasi stile dug, invece tutta la stagione a fare da comparsa per terminare come un agnellino tra le braccia di jackie stile beautiful.