Orange Is The New Black – 3×12/13 Don’t Make Me Come Back There & Trust No Bitch


Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No BitchLe due ore e mezza che portano Orange Is The New Black alla conclusione della stagione si configurano come una coppia di episodi fortemente collegati tra di loro ma dagli esiti differenti: gli eventi che si susseguono dentro e fuori da Litchfield ci proiettano verso la quarta stagione in un modo diverso dagli altri, chiudendo un’annata di qualità inferiore rispetto alla precedente. 

“Don’t Make Me Come Back There” e “Trust No Bitch” sono due puntate densissime, ricche di vicende che, in molti casi, sono diretta conseguenza dell’inadeguata gestione del carcere, o che trovano in questa una mancata risoluzione. L’aggressione a Sophia e il suo isolamento, il tentato suicidio di Soso, il cliffhanger finale con Alex in pericolo di vita e persino la cena organizzata da Red sono tutti eventi che in qualche modo hanno a che fare con i cambiamenti della vita delle detenute all’interno del penitenziario; in particolar modo lo è un finale che porta a conclusione il discorso sulla speranza e sulle aspettative per il futuro che la stagione, non sempre in maniera adeguata, ha impostato sin dall’inizio.

3×12 “Don’t Make Me Come Back There”

Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No BitchLa storyline di Dayanara, che si conclude quasi interamente in questo episodio, è forse tra le più deludenti della stagione, complice una costruzione out of character dell’agente Bennett e una prevedibile risoluzione della questione legata alla bambina. La conseguenza di questo trattamento è riassumibile con la portata del flashback di questa puntata, utile solo a sottolineare – con l’ennesima venatura buonista tipica della serie – come in realtà Aleida sia stata una madre che ha compiuto le sue scelte pensando di fare il bene di sua figlia. L’idea di mostrare infine come – con un tempismo decisamente troppo calcolato – il futuro della neonata in mano a Cesar sia già segnato non ha giovato ad una storyline che ha avuto davvero poco da raccontare, a dispetto del potenziale che sembrava avere fino all’inizio di questa stagione.

Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No BitchSu altri fronti la puntata si risolleva, soprattutto sul versante Pennsatucky e Boo, imprevedibile coppia di amiche che ha portato una ventata di freschezza in una stagione che non ne ha avute molte. La storia, che vede nella vendetta l’unico modo per ottenere quella giustizia che altri canali non consentirebbero, si discosta alla fine da quella che potrebbe essere una prevedibile soluzione: il classico “occhio per occhio, dente per dente”, che ci si aspetterebbe in un penitenziario, non riesce quindi a essere portato a termine da nessuna delle due. Entrambe, nonostante la gravità dell’atto subìto da Pennsatucky, riescono a non perdere la loro umanità, riconoscendo quanto un atto del genere ricadrebbe su loro stesse e sulla loro coscienza.

Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No BitchMeno fortunata la storyline di Piper, il personaggio forse più detestato e detestabile della terza stagione. Il problema della sua costruzione non è nemmeno che sia stata resa odiosa quella che era un tempo la protagonista (benché lo show sia sempre stato corale): se la serie si fosse limitata a fare questo, la trasformazione da ricca privilegiata naive a donna senza scrupoli sarebbe stata ricca di spunti. Il punto è che nella maggior parte dei casi il suo comportamento ha agito da repellente, portando quindi la sua storia ad essere quella meno interessante all’interno del penitenziario; il finale di questo episodio e il relativo comportamento nei confronti di Stella nella scena del cinema ne sono un esempio lampante: l’egocentrismo di Piper è diventato con l’andare delle puntate insopportabile, e purtroppo non solo per gli altri personaggi.

Il resto dell’episodio scorre mediamente bene, e i riferimenti (come si diceva) alla pessima gestione del carcere sono continui: la mancanza di addestramento per i nuovi agenti nel caso di Sophia, una scarsa attenzione e documentazione in infermeria nella storyline di Soso e persino la cena di Red – che ci ricorda quanto il cibo rappresenti un elemento di dignità nella vita delle persone – non fanno altro che sottolineare che, purtroppo, il peggio deve ancora arrivare.

3×13 “Trust No Bitch”

In un ambiente come quello carcerario i discorsi sulla fiducia e sulla speranza sono necessari ma allo stesso tempo costituiscono dei terreni minati, in cui il rischio di cadere nel cliché e nel banale è sempre in agguato. L’intera stagione ha avuto un’impostazione di racconto più “emozionale” che non pragmatica, e da questo ne sono derivate conseguenze sia negative che positive: se infatti ha privato questa terza annata di quella coesione che era stata invece riscontrata nella stagione precedente, non si può negare che in altri termini il discorso abbia raggiunto il suo obiettivo, pur con qualche riserva. Ne è un esempio questo episodio, in cui ad elementi positivi di rinnovata speranza per il futuro ne seguono altri dal destino quantomeno incerto ed ambiguo, fino ad arrivare alla scena finale con la trasformazione del penitenziario in una vera e propria macchina per soldi.

Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No BitchAlla liberazione di Pennsatucky dal suo incubo segue infatti solo l’arrivo dell’ennesima vittima, Maritza, ad indicare come per certe situazioni non ci siano soluzioni davvero definitive perché ci sarà sempre chi avrà il coltello dalla parte del manico. Persino il momento all’apparenza più commovente dell’intero episodio, il matrimonio di Lorna, nasconde tra le sue pieghe quell’ambiguità che conosciamo benissimo e che ci è stata ricordata con il pestaggio di Christopher da parte dell’ignaro Vince. La domanda, insomma, sorge spontanea: c’è davvero un barlume di speranza per le donne del Litchfield, come singoli individui e come comunità? Ci può essere fiducia nel futuro?

Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No BitchTale fiducia, tema portante della puntata sin dal titolo, diventa, nella sua sfumatura religiosa, il fil rouge dei flashback, che mostrano tutti – seppur in modi diversi – il vuoto di prospettive e aspettative offerto dalla fede: dal peso della religione imposta (Cindy, Watson) alla vacuità dei rituali (nella doppia interpretazione di Gloria e della piccola Lorna); dallo svuotamento dei simboli religiosi per eccellenza (Healey e il “Gesù ubriaco”; Soso e l’inesistenza di paradiso e inferno) all’assenza di qualunque esistenza post mortem (Boo e la scossa elettrica). Persino la fede in Norma tocca il suo punto di non ritorno, con la follia del toast, la rivelazione del tentato suicidio di Soso e il conseguente scioglimento del gruppo con l’allontanamento di Leanne; è quindi estremamente significativo come l’unica scelta religiosa degna di questo nome sia quella di Cindy. La sua decisione, nata solo per avere un pasto kosher, giunge a compimento (in una delle scene migliori dell’episodio) con un’ammissione fortemente umana: la necessità di non accettare le cose per come sono, di non agire solo perché la prospettiva è un bivio calato dall’alto (il paradiso o l’inferno), ma perché si sceglie di volta in volta di esercitare il proprio libero arbitrio e la propria capacità di migliorarsi. La speranza di poter essere altro, la fiducia in un futuro migliore: indipendentemente dalla religione scelta per rappresentarli, sono questi i temi che traspaiono dalla sua storyline.

È in un quadro come questo che l’intera vicenda di Piper, per comparazione, sparisce: perché il suo viaggiare controcorrente non è semplicemente un’antitesi voluta, ma va proprio contro qualunque tipo di riflessione che questa stagione abbia cercato di portare avanti. L’isolamento di Chapman è evidente soprattutto alla fine, quando – nell’unico momento di unione e coesione di tutte le inmate – lei si trova nella cappella a farsi da sola il tatuaggio dell’infinito, dopo aver incastrato Stella senza darle alcuna possibilità e condannandola quindi ad un’estensione della pena (ed è la seconda persona che riesce a tenere o a riportare in carcere).

Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No BitchLe dolenti note di questa puntata, purtroppo, non si fermano qui. La scena del lago ha sicuramente dalla sua parte un valore simbolico elevato, alla luce del discorso sulle speranze tradite fatto fino ad ora: il momento di felicità condiviso dalle donne, che occupa volutamente una parte lunghissima dell’episodio, assume il suo significato più completo proprio grazie alla scena finale, con l’arrivo dei letti a castello e delle nuove donne al penitenziario. Un momento di gioia prima dell’inevitabile sofferenza, insomma, come del resto sono state molte delle storie di questa stagione.
Eppure l’escamotage elaborato per arrivarci semplicemente non funziona. Il tutto parte da un Caputo che abbiamo visto per tutta la stagione combattere (a modo suo, ma pur sempre combattere) per non arrendersi e per non cedere davanti alle richieste deliranti di Pearson e di suo padre: com’è possibile pensare che sia un discorso di due frasi di Fig a convincere Joe a pensare a se stesso? L’insensatezza della relazione sessuale tra i due trova qui il suo fine ultimo, ma a questo punto non sarebbe stato meglio lavorare a questo cambiamento in maniera più approfondita? Il voltafaccia di Caputo e la successiva rivolta delle guardie portano alla seconda folle conseguenza, ovvero il cambio della rete in pieno giorno senza nessuno a vigilare: dobbiamo davvero pensare che fosse questo l’unico modo per arrivare alla – comunque bellissima – scena del lago?

Orange Is The New Black - 3x12/13 Don't Make Me Come Back There & Trust No Bitch“Trust No Bitch” è un finale che manifesta delle buone idee e che ha nell’aspetto più simbolico e introspettivo il suo punto più alto; purtroppo non può dirsi lo stesso della costruzione narrativa di base, molto più debole. La stagione ha avuto delle interessanti intuizioni, ma siamo sfortunatamente lontani da quelle che erano le aspettative; inoltre, le scelte operate per il personaggio di Piper si sono rivelate addirittura controproducenti per l’intera narrazione, arrivando a costituire una zavorra rispetto al fluire più o meno costante delle altre storyline. Al momento appaiono decisamente più ricche le aspettative per la prossima stagione: un ambiente ancora più costretto, condizioni di vita più difficili e l’inserimento di nuovi personaggi possono portare nuova linfa alle vicende del penitenziario di Litchfield, che, nonostante tutti i difetti giustamente imputabili, rimane un ottimo contenitore per raccontare storie di esseri umani, e di donne in particolare, alle prese con difficoltà che per molti di noi rimangono inimmaginabili.

Voto 3×12: 6 ½
Voto 3×13: 6/7
Voto stagione: 6/7 

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.

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