Jessica Jones è la serie del momento. Complice l’arrivo di Netflix in Italia, il nuovo show Marvel si sta imponendo velocemente come uno dei maggiori successi di questo 2015, grazie soprattutto alla sua capacità di attirare un pubblico molto più ampio di quanto ci saremmo aspettati. Perché?
Disclaimer: chi scrive non è un’esperta di fumetti, non conosce la storia di Jessica Jones e non segue nessuno dei tvcomics attualmente in onda. Cosa spinge una come me, insieme a tanti altri, a guardare la serie fin dal primo giorno, senza nemmeno attendere il responso della critica? Insomma, tolto l’hype che circonda la maggior parte delle produzioni Marvel, cosa resta dello show? Possiamo farcene un’idea chiara indipendentemente dal contesto in cui è stato prodotto?
Proviamo a rispondere a queste domande “studiando” i due episodi immediatamente successivi al pilot, “AKA Crush Syndrome” e “AKA It’s Called Whiskey”.
Si è molto parlato di Jessica Jones come di una serie profondamente innovativa del linguaggio Marvel, in particolare per l’assenza di remore nel proporre scene di sesso relativamente esplicite. Buona parte di “AKA It’s Called Whiskey” si concentra, infatti, sul rapporto tra Jessica e Luke, in particolare sul piano fisico. Eppure per il seriofilo comune niente di tutto questo risulta “estremo” o “innovativo”, anzi, le sequenze interessate sono tutto sommato piuttosto caste e convenzionali – i metodi per coprire i corpi nudi sono gli stessi usati in migliaia di altre produzioni, giusto per fare un esempio.
Un altro aspetto dello show che sembrerebbe caratterizzarlo come innovativo è l’immagine di anti-eroina appiccicata addosso a Jessica. La donna ha uno stile di vita per nulla equilibrato, è sboccata e beve più del dovuto. Nonostante si stia impegnando attivamente per sconfiggere Kilgrave e sia senza ombra di dubbio “una dei buoni”, gran parte delle sue azioni sono spinte da motivi più o meno egoistici o comunque legati al suo preciso universo di riferimento. Ad esempio non si fa problemi a sfruttare il suo vicino di casa per ottenere l’anestetico di cui ha bisogno, e non si preoccupa di dare supporto al poliziotto che Kilgrave aveva mandato ad attaccare Trish (in una delle sequenze più stranianti di “AKA It’s Called Whiskey”).
Tuttavia, la figura dell’eroe tormentato, con luci ed ombre, non è certo una novità per il mondo delle serie (né tanto meno del cinema). L’elemento di innovazione, qui, è piuttosto il sesso del protagonista: una donna così spudoratamente diversa, eppure non necessariamente orgogliosa di esserlo, non è facile da incontrare in tv.
Ma quindi, se non c’è niente di davvero rivoluzionario, dove sta l’attrattiva della serie per chi non è appassionato di fumetti o di tutto ciò che vi gira intorno?
Creare un grande show alle volte non è una questione di originalità, quanto di equilibrio e consapevolezza. Il pregio di Jessica Jones è la capacità di usare al meglio gli stilemi dei suoi modelli di riferimento, senza scimmiottarli né lasciarsi andare al citazionismo fine a se stesso, ma, al contrario, sfruttandoli al meglio per confezionare un racconto che sia davvero solido, in grado di intrattenere secondo codici mainstream ma non per questo deprecabili. Questa consapevolezza si estende anche alla capacità di ottimizzare le peculiarità del mezzo televisivo (o comunque della narrazione a puntate) senza cadere nella tentazione di tirare troppo la corda. Uno degli elementi più interessanti di questi primi episodi è la presenza-assenza di Kilgrave, che fa il paio con il passato sfuggente di Jessica. Tanto le apparizioni del cattivo quanto le informazioni sui crimini che hanno commesso insieme sono accuratamente dosate, in un crescendo che risulta perfettamente bilanciato. In altre parole, non si ha mai la sensazione di conoscere i personaggi troppo o troppo poco: sia Jessica che Kilgrave sono figure sfuggenti, ed è giusto che rimangano tali ancora per un po’. Ogni progresso in questo senso è quindi introdotto in maniera molto naturale, senza forzature.
Ciò che rende Jessica Jones un bel personaggio (e una bella serie) è proprio il fatto di essere inserito in una precisa tradizione ma da cui è possibile, all’occorrenza, svincolarsi. L’interpretazione di Krysten Ritter completa il quadro, rivelandosi cruciale per restituire un’immagine il più possibile credibile ed umana dell’eroina. Il modo in cui si muove, parla e perfino flirta è, infatti, un concentrato di sicurezza, spavalderia un po’ adolescenziale e allo stesso tempo fragilità, che contribuisce notevolmente ad allontanare lo spauracchio del cliché e, di conseguenza, ad arricchire il progetto degli autori.
In conclusione, forse non è possibile (e nemmeno auspicabile) discutere di Jessica Jones senza tenere conto del suo universo di riferimento – il confronto con gli altri prodotti Marvel è imprescindibile anche soltanto ad un livello molto superficiale –, ma questo non è un ostacolo alla serena fruizione né alla critica del prodotto da parte di chi ne ha una conoscenza fortemente limitata. I mondi contenuti in questa serie sono tanti, e la creatrice Melissa Rosenberg riesce a farli convivere tutti senza problemi.
Tolto l’hype, insomma, rimane uno show robusto e godibilissimo per svariate categorie di spettatori, e in definitiva questo è tutto ciò che serve per dare vita ad una serie di successo.
Voto 1×02: 7
Voto 1×03: 7½
A qualcuno può essere piaciuta di più, altri potranno essere rimasti delusi complice anche l’esageratissimo e giustificatissimo Hype ma a mio avviso Jessica Jones è assolutamente quello che serviva al posto giusto e al momento giusto. Una serie sui supereroi dove i poteri sono si centrali ma l’ambientazione e i personaggi lo sono ancora di più. Tutti ma proprio tutti sono caratterizzati benissimo, ogni singolo personaggio vive grazie o nonostante motivazioni che potrebbero trascinarlo tranquillamente come protagonista di una serie in costume d’epoca come un drammone come piace a noi senza sembrare fuori posto.
Netflix colpisce ancora e la Marvel con Daredevil e Jessica Jones ha finalmente trovato una controparte televisiva forse ancora più forte e vera di quella cinematografica. Qui 13 episodi resistono alla grande senza dover ricorrere ad eccessivi impianti scenici ed effetti speciali.
Mah per il momento sono arrivato al 3° Episodio e lo trovo nella media . Non sono un fan del mondo dei supereroi , non ho nessun Hype perchè non conosco la storia e non leggo fumetti.
Ho per esempio apprezzato Heroes (la prima stagione) e DareDevil mentre detesto cagate in stile Agent Shield.
Questo Jessica Jones mmmmmhhh non lo so mi riservò di giudicarlo più avanti….certo su alcune scene , tipo la sfrullinata di un quarto d’ora sulla panza dell’omone per farci capire che è “unbreakable” , la trovo odiosa però amen.