The Leftovers – 2×09 Ten Thirtheen 8


The Leftovers - 2x09 Ten ThirtheenArrivata al nono episodio, The Leftovers ha sicuramente mostrato ciò che desidera ottenere con questa seconda stagione. L’atteggiamento verso lo spettatore e la filosofia dello show sono – che li si apprezzi o meno – molto più coerenti rispetto allo scorso anno: andare dritti al cuore del fandom è l’obiettivo e, per conseguirlo, non ci si fa scrupolo di fare prigionieri.

“Knock knock.” “Who’s there?” “Broken pencil.” “Broken pencil who?” “Never mind, it’s pointless.”

The Leftovers - 2x09 Ten ThirtheenQuesti intenti sono diventati sempre più chiari ad ogni passo, così come  l’intenzione di ragionare pensando non tanto alla storia raccontata, ma a chi la si sta raccontando.
The Leftovers è un prodotto pensato chiaramente per essere televisivo ma anche e soprattutto metatelevisivo, un racconto costruito “per ragionarci sopra”, che sicuramente emoziona positivamente e/o negativamente ma ha come sua finalità principale il generare un discorso complesso su di sé ex post.
Una caratteristica non scontata, perché nonostante sia vero che tutti gli show che possiedono un fandom vivono non solo della pura esperienza audiovisiva, ma anche del processo successivo di discussione, dibattito, riflessione, qui parliamo di qualcosa che è parte integrante dello show e stabilito (o perlomeno auspicato) ex ante.
Ergo, parliamo di qualcosa da cui è impossibile prescindere per giudicare la serie stessa, di uno scopo che spesso (quasi sempre) giustifica ogni scelta.
Perché se il fine ultimo del racconto che vediamo e ascoltiamo non è emozionarci creativamente ma spingerci razionalmente al ragionamento sul racconto stesso e i suoi intenti, allora si giustifica anche la possibilità di passare sopra alla logica, alla qualità, alla coerenza e spesso anche alla sobrietà.

We stone each other to death, but we’re afraid of the authorities? Can you explain that to me?

The Leftovers - 2x09 Ten ThirtheenPer questo è piuttosto difficile scrivere una recensione che sia veramente obiettiva su The Leftovers, perché giudicare la serie da un mero punto di vista qualitativo, esulando da questa caratteristica, è quasi impossibile.
È una serie che lavora per accumulo (di momenti, di elementi del racconto, di enigmi, di “spintarelle” emotive più o meno intense), perennemente sopra le righe e caricata di enfasi, che serve però il proprio fandom alla perfezione: questo è un pregio oppure un difetto? Impossibile dare una risposta.

The Leftovers - 2x09 Ten ThirtheenIn questo senso, “Ten Thirtheen” è un episodio emblematico sia dei difetti che dei pregi della serie.
Il percorso di Meg verso il nichilismo più estremo è stato raccontato – fin dalla prima stagione ma ancora meglio (nonostante Liv Tyler non sia apparsa in ogni episodio) in questa seconda – attraverso momenti pensati per essere emozionalmente fortissimi ed estremamente emblematici, più che con un vero percorso di maturazione e costruzione del personaggio.
Nessuno di noi sa veramente chi è Meg, perché Meg non è nessuno, è una sfaccettatura del racconto complesso e in un certo senso anche sofisticato che The Leftovers mette in scena.
Un racconto fatto di scene forti, di sguardi e comportamenti enigmatici, di musiche ad effetto e di continui colpi di scena ben rappresentati e funzionali all’effetto sorpresa.

Take my pain away

The Leftovers - 2x09 Ten ThirtheenL’incontro tra Meg e Tom all’inizio della stagione – due personaggi secondari, poco approfonditi precedentemente, quasi fossero stati tenuti in serbo per creare qualcosa di nuovo successivamente – è stato inaspettato e intenso, così come inaspettato è lo sviluppo successivo, perché quale persona andrebbe razionalmente alla ricerca di qualcuno da cui è appena stato violentato?
Il fascino dell’oscurità fine a se stessa (perché le vere ragioni di Meg sono imperscrutabili, così come quelle della maggior parte dei personaggi) e la ricerca di un perché, di una motivazione e di una direzione sono il leitmotiv dello show, e il comportamento di Tom non si discosta in questo dalla linea narrativa.
Così come l’ambivalenza di Meg nei suoi confronti, che sembra inizialmente tradire una sensualità (il loro ballo è forse il momento più sensuale e forte mai visto finora), poi uno scopo più sensato o viscerale per poi sfociare nella più completa indifferenza, rientra pienamente nei canoni stabiliti a priori di una serie che sembra tenerci di più a suscitare una riflessione sul “cosa avrà voluto dire” che a comunicare effettivamente qualcosa.

I think we both came here for the same reason.

The Leftovers - 2x09 Ten ThirtheenAccade lo stesso nell’incontro con Matt, carico di simbologia religiosa e di presagi di sventura, quasi fosse un rendez-vous del male imperscrutabile contro il bene ottuso, ineluttabile.
Una dicotomia affascinante, soprattutto se si considera la fallibilità e le debolezze del personaggio di Matt e, di conseguenza, la fallibilità dei suoi scopi.
Ma ancora, come molte volte in precedenza, la sensazione suscitata da questo incontro non è quella di un vero sviluppo narrativo, ma piuttosto di un lancio di carte aperte alla libera interpretazione del singolo, o in questo caso della comunità dei fan. Questi vengono lasciati liberi di interrogarsi sugli sviluppi possibili e sulle ragioni di personaggi che agiscono con una libertà di movimento enorme, data dalla grande zona d’ombra di approfondimento che la serie volutamente conserva.

“Who are you?” “It doesn’t matter”

Il vero, grande problema di The Leftovers è proprio questo: nel momento in cui la reale premessa al racconto è “tutti sono disorientati e feriti, per cui chissà cosa succederà”, si crea una situazione in cui qualsiasi manifestazione, anche la più incoerente, è giustificata da questa premessa.
Una sorta di combattimento senza regole in cui vale tutto, anche l’incoerenza e il tenere forzatamente all’oscuro lo spettatore, uno stratagemma che raggiunge il suo apice nella rivelazione finale delle ragazze nascoste.

It’s pretty amazing, what I’m going to do

The Leftovers - 2x09 Ten ThirtheenSe è quindi vero che qualsiasi prodotto artistico capace di creare un livello di affezione e disaffezione così forte – e suscitare una riflessione ancora più ampia dell’universo narrativo della serie stessa – merita sicuramente un’attenzione speciale da chiunque abbia interesse per i fenomeni che si creano a partire dalla serialità, è innegabile che questi discorsi siano – facendo un bilancio che cerca di essere obiettivo – molto più interessanti dell’oggetto del discorso.
The Leftovers è un grande contenitore di idee, infallibile nel suscitare curiosità verso i propri interrogativi ma caratterizzato da una messa in scena e recitazione piene di alti e bassi qualitativi notevoli (soprattutto tenendo conto che si tratta di un prodotto HBO): in sostanza, un contenitore di discorsi che, però, nella maggior parte dei casi fallisce nel voler essere anche contenuto all’altezza del discorso metatelevisivo che vuole suscitare.
Una serie che dà origine a discorsi estremamente raffinati, ma manca di altrettanta raffinatezza nel momento in cui la si analizza senza tenere conto, appunto, della metanarrazione che a conti fatti la giustifica e la sostiene.

La qualità di “Ten Thirteen”, probabilmente uno dei migliori episodi di entrambe le stagioni, non esula però dalle debolezze intrinseche che caratterizzano la serie nel suo complesso, che si possono sintetizzare nella povertà del contenuto, a fronte della ricchezza delle riflessioni che genera nel proprio pubblico.

Voto: 6

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Informazioni su Eugenia Fattori

Bolognese di nascita - ma non chiedete l'età a una signora - è fanatica di scrittura e di cinema fin dalla culla, quindi era destino che scoprisse le serie tv e cercasse di unire le sue due grandi passioni. Inspiegabilmente (dato che tende a non portare mai scarpe e a non ricordarsi neanche le tabelline) è finita a lavorare nella moda e nei social media, ma Seriangolo è dove si sente davvero a casa.


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8 commenti su “The Leftovers – 2×09 Ten Thirtheen

  • Son of the Bishop

    Non sono d’ accordo con la recensione, che trovo come sempre ben scritta, ma decisamente discutibile sotto moltissimi punti di vista.
    Parlare di The leftovers come una serie che serve e imbocca con la pappa che desidera il suo fandom per tenerlo incollato allo schermo è una vera e propria assurdità. Lo denota sia il fatto che questa serie è povera sotto il punto di vista dell’ azione, sia sotto il punto di vista della violenza e del sesso, sia il fatto che anche per tutti questi motivi è una serie che ottiene a stento lo 0.2/0.3 di rating su HBO non arrivando ad un milione di spettatori. Io da lettore del libro(letto già prima dell’ inizio della serie) non avevo intenzione di seguire questa seconda stagione dopo la bella prima stagione, poi grazie ad una mia amica ho deciso di recuperarla. Devo dire che se la prima stagione era bella, questa seconda è splendida, un crescendo narrativo ed emotivo fino all’ 8 puntata, e adesso diciamo una sorta di approfondimento su quelli che erano risultati fino ad ora due personaggi decisamente secondari di questa seconda stagione Meg e Tom(l’ anno scorso c’ era toccato un flashback che non avevo molto apprezzato), necessario per sistemare le carte in tavola prima del finale.
    Mi dispiace essere così critico, ma secondo me si può scrivere una recensione del genere su The leftovers soltanto perchè non si apprezza la serie e non si è capito il suo vero animo: a Tom Perrotta(così come ora anche a Lindelof) quando scrisse il libro non interessava avere dei contenuti forti per una storia mistery che tenesse con il fiato sospeso lo spettatore e sorprendere con scoperte sconcertanti una dietro l’ altra, gli interessava avere un pretesto per analizzare l’ animo umano, per analizzare come reagiscono le persone di fronte a delle disgrazie, di fronte ad eventi più grandi di loro, ed evidentemente inspiegabili. The leftovers è una serie che si basa sui personaggi, sulle loro emozioni, sull’ animo umano, non è nient’ altro che una serie che approfondisce sotto una lente d’ ingrandimento l’ uomo, trattandolo come non riesce e non fa nessun’ altra serie. O almeno le altre serie potranno anche farlo, ma comunque sfruttando violenza, sesso etc. per “tenersi stretto il fandom”.
    Per me la puntata merita un 8+ (magari avrebbe potuto prendere anche 8,5 se non fosse arrivata dopo International Assassin).
    Se si dà 6 a quella che forse si ritiene una delle migliori puntate della serie, è chiaro che chi scrive non ha mai apprezzato The leftovers.

     
    • Filippo

      Quoto praticamente tutto, eccetto che io la puntata flashback della prima stagione l’ho amata, ma pazienza 😉
      Io, invece, penso di essere stato uno dei pochi a non aver trovato l’episodio penalizzato da quello che lo precedeva, anzi.
      Credo che una pausa da Kevin servisse un po’ e mi è piaciuto un sacco il re-inserimento di Meg, uno dei personaggi dal potenziale maggiore nella prima stagione e ora ripreso nel miglior modo possibile, secondo me.
      Vabbè, comunque hai spiegato i miei pensieri benissimo, quindi grazie! 🙂

       
  • Filippo

    Temevo un voto basso per questo episodio, essendo molto più simile ad una puntata-tipo della prima stagione rispetto ad una tipo della seconda e avendo visto i voti assegnati alla prima stagione.
    Però non c’è niente da fare: per quanto apprezzi il modo ordinato in cui Eugenia ha spiegato i suoi problemi con la puntata, io ho amato tanto questo episodio tanto la prima stagione.
    E sì: ho intenzione di assegnare l’ennesimo 10.
    E sappiate che i prodotti televisivi a cui sono abituato – quali Fargo, The Good Wife, The Americans ecc. – penso vi facciano capire che quando assegno così tanti 10 di fila, ecco, non è per caso.
    Questa serie è immensa. Davvero, davvero immensa.

     
      • Filippo

        In effetti, se volessimo stare a dare voti nella media della stagione, per me sarebbe un 9. Però sta serie non ne sta sbagliando una.
        Cioè, a me questa puntata è piaciuta davvero tanto anche nella media.
        Mi sento di “premiarla” proprio perché non sta facendo un passo falso.
        Però sì, capisco in pieno quello a cui ti riferisci 😉

         
  • Writer

    La tua recensione mi pare interessante, anche se non la condivido in toto. Lindelof è uno specialista nel creare opere che tengono incollati i fan e che provocano dibattiti interminabii e una metanarrazione molto sfaccettata. Il riferimento a Lost è ovvio. L’impressione, seguendo quella fiction, era che gli autori trascurassero i vincoli di causalità, la concatenazione tra gli eventi per accumulare il maggior numero di misteri e di finali ad effetto, impastando materie anche molto diverse tra di loro (i viaggi nel tempo, la contrapposizione tra scienza e fede, il destino vs il libero arbitrio, una faida famigliare tra semidei, tanto per citare in modo random alcune tematiche) pur di creare un coinvolgimento spasmodico tra i fan. Quasi sempre le domande e gli interrogativi erano più interessanti delle risposte. Cos’è l’isola? Chi è Jacob? Cos’è la realtà alternativa dell’ultima stagione? Ora, con Leftlovers l’assunto di base è rimasto identico (la catastrofe del 14 Ottobre è il dato di partenza assimiilabile all’isola), ma l’impianto è parzialmente cambiato. Non ci sono più salti temporali (tranne qualche flashback), i cliffhanger sono diventati meno misterici, la narrazione (per quanto possibile) più piana. La sensazione prevalente in me, guardando gli episodi, è lo sconcerto. Mi pare di trovarmi di fronte a un’opera raffinata ed irritante, di cui però mi sfuge il senso e le finalità, quasi mi trovassi davanti a una terra incognita. “International assassin” mi è parso un episodio eccellente e denso di allegorie, quasi un assolo virtuosistico di un trombettista jazz, ma temo che si incastri male all’interno della narrazione generale. Tornando a “Ten thirteen”, mi è parso un episodio più convenzionale, narrativamente più omogeneo con lo sviluppo della stagione, certamente meno appassionante di quello che l’ha preceduto e con qualche sequenza disturbante. Diffido delle valutazione numeriche, ma credo che questo episodio, nonostante le tue valutazione critiche con cui parzialmente concordo, possa meritare un 7 e mezzo e un otto pieno alla stagione.

     
  • Michele

    Interessante la recensione!
    Stai dicendo che non ha senso affannarsi a cercare una storia corale con un filo conduttore, ma piuttosto che la serie e’ un insieme di momenti che gli autori hanno messo insieme. Certo ci puo’ esseremla ruffianeria di cercare di suscitare il colpo ad effetto per fare audience e tenere incollato lo spettatore. Oppure, se gli dai piu’ fiducia, dici che e’ un modo di fare narrazione, per cui non abbiamo una mente onniscente ma semplice ente diverse storie e punti di vista che non necessariamente si legano tra loro, come nella vita reale.
    Ci pensero’ su, graizie dello spunto!