Outsiders – Stagione 1 5


Outsiders – Stagione 1Cosa distingue una serie riuscita da un’occasione perduta? A volte soltanto sfumature, scelte di casting, una cura minore per la coerenza interna oppure per l’approfondimento dei caratteri. Outsiders è un esempio eclatante di quanto queste piccole decisioni possano influenzare negativamente la riuscita di uno show che avrebbe tutte le carte in regola per funzionare perfettamente.

Sulla carta, Outsiders sarebbe la serie perfetta per conquistare tutti i fan orfani di Sons of Anarchy: anche qui c’è una comunità ristretta, eccentrica, selvaggia e con le proprie regole ferree (là erano i motociclisti californiani, qui sono gli Hillbillies degli Appalachi) i cui abiti, la cui parlata e in generale la costruzione estetica evocano alcuni dei topic più affascinanti della cultura americana.
C’è la retorica del clan isolato dal mondo che segue le proprie tradizioni rifiutando il mondo esterno e le sue regole, vivendo in una sorta di Eden bucolico e libero in cui ogni follia è consentita, a patto che segua la coerenza delle regole interne alla tribù.

Outsiders – Stagione 1Ci sono i riferimenti a illustri precedenti letterari, in primis la fascinazione di H.P. Lovecraft per le comunità tagliate fuori dalla modernità come terreno ideale per il perpetuarsi di un Male generico e genetico che prospera nell’isolamento, sviluppata poi successivamente anche da King in molti dei suoi romanzi e racconti; ma anche il lavoro ben più raffinato fatto da Franzen in Freedom che dipinge il montanaro come personificazione del lato ancestrale dell’uomo moderno sia nelle sue perversioni che nelle sue virtù.
Alla letteratura seguono, intensificandone la forza, i riferimenti cinematografici che fanno capo a tutta una tradizione che abbraccia vari generi dall’horror de Le Colline Hanno gli Occhi fino al realismo del dramma di Winter’s Bone o al thriller di quello che è il film di riferimento per qualsiasi rappresentazione dell’HillBilly selvaggio e violento, ovvero il capolavoro di John Boorman del 1972, Deliverance.

Their world is of a darkness. For them there is no respect nor tolerance for outsiders like us. When they look at us, these mountains, they don’t see us and our chillens … what they see is millions of dollars waiting to get dug up and burnt.

Outsiders quindi poggia su un terreno più che solido, strutturando anche la propria narrazione su uno schema che, in teoria, non può fallire: la lotta del clan dei Farrell, abitanti da secoli della montagna inospitale, contro la società mineraria che vuole sfruttare il loro terreno, cui si intrecciano un triangolo amoroso, il ritorno di un figliol prodigo (che incidentalmente è anche il soggetto di una profezia tramandata da generazioni), una storia d’amore ostacolata dalle famiglie stile Romeo e Giulietta, più un poliziotto tossico e tormentato come tocco di colore che ci sta sempre bene.
A colpi di feste scatenate, risse, ubriacature lisergiche a base di Moonshine, il clan dei Farrell ci affascina fin dal primo episodio con un innegabile appeal estetico che risulta estremamente artificioso, ma coerente, fatto di gonne lunghe, tatuaggi, vestiti simil-hippy e tutta la retorica estetica del vivere “in comunione con la natura” che sembra l’incarnazione distopica del sogno segreto di ogni hipster cittadino.

You do not want to mess with these people

Outsiders – Stagione 1Il mondo di fuori è un po’ meno riuscito e ruota intorno alla figura ambigua dello sceriffo Wade, in costante lotta tra l’attrazione verso la vita “autentica” dei Farrell e la lealtà verso il proprio lavoro e la propria comunità, nel tentativo di impedire alla compagnia mineraria di deturpare un patrimonio naturale che sente come un bene prezioso sia per il proprio mondo che per la comunità montanara che da secoli lo abita e lo preserva.
Nonostante questo lato debole, fin qui Outsiders parrebbe essere come minimo uno splendido intrattenimento tra action e drama, senza nulla di particolarmente originale per quanto riguardo il plot ma sostenuto da una sorta di mitologia moderna di amore, morte, potere, tradizione.

That world down there is a prison—families don’t know how to look after each other.

Outsiders – Stagione 1Ma è proprio nella mancanza di originalità della storia che risiede il primo grande problema dello show, che è totalmente derivativo: in Outsiders c’è un po’ di Sons of Anarchy, un po’ di Justified, un tocco di Vikings e una spruzzata di Banshee; riferimenti illustri e dall’indubbio potere attrattivo, ma è sufficiente prendere tanti pezzi di serie di valore per crearne una nuova e altrettanto bella?
In teoria spesso abbiamo visto opere innegabilmente derivative essere comunque dei prodotti solidi e appassionanti (pensiamo a Hell on Wheels o a Ripper Street, per esempio), ma in pratica serve comunque quella cosa in più, quel guizzo di originalità e/o di mestiere che risiede appunto nelle piccole scelte di cui si parlava all’inizio.
E se lo show non pecca sicuramente nelle scelte di casting – da sicurezze come David Morse ad azzeccate strizzatine d’occhio alla fanbase come Ryan Hurst – è nella sceneggiatura che vanno cercate le debolezze maggiori.

Ged-gedyah!

Outsiders – Stagione 1Perché in Outsiders c’è troppa roba, troppe storyline e avvenimenti e la serie vive costantemente nell’ansia di ricordarci ogni singolo momento tutti questi show e questi topic che tanto ci attraggono, finendo per impantanarsi nella voglia di dire troppe cose, raccontare troppe storie in modo superficiale e trascurato.
Soprattutto, peccato mortale per un drama, trascura l’approfondimento dei personaggi in funzione di continui plot twist, di eventi che si susseguono repentinamente e senza mai essere davvero elaborati dalla trama, cercando di costruire momenti di tensione o commozione basati su persone che in fin dei conti non conosciamo e di cui non ci importa nulla.
Una costruzione impeccabile e alcuni momenti forti e intensi finiscono così per essere vuoti di emozione e significato per la troppa fretta di svilupparli, in una sorta di horror vacui che fa perdere di appeal anche le scene più belle.

Pit fight at the next quarter moon!

Outsiders – Stagione 1Outsiders non è brutto, non è bello, non è un piccolo cult imperfetto come Banshee ma neanche un vero e proprio guilty pleasure. Non è né carne né pesce perché non ha una vera e propria identità, cosa che chiaramente lo indebolisce molto soprattutto alla luce di un panorama televisivo come quello attuale che offre tantissimo e cresce ogni giorno di più. Sicuramente però, WGN lo considera un prodotto degno di essere portato avanti tanto da rinnovarlo per una seconda stagione (e i rating in effetti sono stati più che dignitosi) e un’occasione di farsi notare per una rete che finora non ha prodotto nulla di particolarmente eclatante e sta cercando una propria personalità.
Forse questa non è la serie ideale per dare identità a una rete, ma non è escluso che una seconda stagione possa essere l’occasione per Outsiders di riscattarsi dai propri limiti e crescere senza la fretta di sviluppare un racconto, seguendo in questo l’esempio del suo illustre “genitore” Sons of Anarchy, che è diventato un cult proprio dopo una prima annata non certo ineccepibile.
Di sicuro, un altro po’ di questi “Hillbillies hipster” che si sfidano a cavallo dei loro quod non possono poi farci così male.

Voto: 6

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Informazioni su Eugenia Fattori

Bolognese di nascita - ma non chiedete l'età a una signora - è fanatica di scrittura e di cinema fin dalla culla, quindi era destino che scoprisse le serie tv e cercasse di unire le sue due grandi passioni. Inspiegabilmente (dato che tende a non portare mai scarpe e a non ricordarsi neanche le tabelline) è finita a lavorare nella moda e nei social media, ma Seriangolo è dove si sente davvero a casa.


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5 commenti su “Outsiders – Stagione 1

  • Attilio Palmieri

    Ottima recensione, anche perché per quanto sia molto bello scrivere delle serie eccellenti, è forse altrettanto stimolante scrivere di quelle che, come Outsiders, sono riuscite solo a metà, che hanno diversi punti di interesse (rapporti tra alcuni personaggi, diverse sequenze instant cult o delle atmosfere affascinanti) pur essendo profondamente imperfette.
    Personalmente ho visto la serie con piacere, specie per via di tutti quei riferimenti culturali che giustamente citi nella recensione, che fanno di Outsiders una serie da un lato derivativa (perché l’uso di questi riferimenti non è quasi mai rielaborato per costruire qualcosa di davvero originale), ma dall’altro anche qualcosa che ti aggancia, che ti tiene a contatto con la serie.
    Gli amanti di show come Sons of Anarchy e Justified potrebbero affezionarsi e, come me, continuare nella seconda stagione sperando che gli autori riescano ad aggiustare il tiro e insistere su ciò che in questa prima annata ha avuto un esito positivo. Il finale è molto potente e lascia bene sperare. Da questo punto di vista potrebbe aiutare anche il successo di Underground, iniziata da poco rinnovata proprio oggi visti i rating incoraggianti, che potrebbe dare alla WGN – alle prime armi nella realizzazione di prodotti originali – una spinta in più sul piano della qualità e del coraggio.

     
    • Eugenia Fattori L'autore dell'articolo

      ma sai Attilio che leggevo che WGN ha usato proprio Outsiders come traino per il primo episodio di Underground? Io non l’ho vista, ma mi sembra sulla stessa linea come prodotto, WGN ha già mandato fuori Manhattan che anche quello era un buon prodotto medio non del tutto riuscito, però se coi rating se la cava bene potrebbe venir fuori come un player interessante

       
      • Attilio Palmieri

        Sono d’accordo. Indipendentemente dalla qualità delle serie, mi sembra che la WGN stia facendo delle scelte molto interessanti e in molti casi anche coraggiose e sofferte.
        Manhattan era una serie acclamata dalla critica, soprattutto nella seconda stagione (che non ho visto). Purtroppo proprio nella seconda stagione i rating sono calati vertiginosamente (e già non erano altissimi in partenza) e la rete ha deciso di chiuderla.
        La sua cancellazione ha però comportato la produzione di Outsiders e Underground, le quali a quanto pare stanno tentando di andare in una direzione un po’ meno “quality” ma più immersiva e coinvolgente, più action.
        Outsiders ha esordito con un bel boom per la media di rete, superando il milione di spettatori e chiudendo molto bene.
        Underground ha sfruttato questo traino e, complice forse anche una critica che ne sta parlando molto bene, sta avendo dei risultati eccellenti.
        A questo punto anche Salem, serie con cui WGN aveva esordito nello stesso periodo di Manhattan, rinnovata per due volte, rischia tantissimo perché con queste due serie il livello qualitativo, l’accoglienza critica e soprattutto la quantità di spettatori raggiunti sono cambiati radicalmente e mi sento di poter dire che se la terza stagione di Salem (in arrivo) non raddoppierà gli ascolti la serie verrà chiusa.
        Tutto ciò ci fa capire che la WGN oggi, come dici bene tu Eugenia, rappresenta un player davvero interessante, che si sta muovendo molto bene, pur trovandosi ancora in quel territorio di mezzo in cui fare una scelta sbagliata può portare alla rovina.

         
  • terst

    Occasione sprecata, senza dubbio, perché tutto sa di già visto. Però… però alcuni personaggi mi sono piaciuti tanto: soprattutto cousin Hasil e G’win, o come cavolo si scrive, forse gli unici che alla fine non appaiano piatti, stereotipati e monodimensionali come gli altri, e questo mi fa ben sperare perché alla fine il motivo principale per cui guardavo SoA erano i suoi personaggi, che sentivo ormai come membri della mia famiglia da quanto gli volevo bene. Hasil soprattutto è super ciccio, mi fa un sacco di tenerezza!
    E poi essersi liberati di uno dei personaggi (o forse addirittura due) per me meno riusciti può dare una bella botta di energia per la prossima stagione.