Master of None – It’s real. It’s life 2


Master of None - It's real. It's lifeSe qualche dubbio (?) era rimasto dopo ben centoventiquattro episodi in Parks & Recreation, Aziz Ansari fuga qualsiasi perplessità sul suo immenso talento comico – e non solo – con i dieci episodi di Master of None, serie creata, scritta e in parte anche diretta da lui. Dopo aver tolto i panni di Tom Haverford, Ansari firma una serie tanto personale quanto universale.

Certo è che dopo sei anni passati a ricoprire lo stesso ruolo, per qualsiasi attore diventa difficile sganciarsi dal personaggio cui ha dato vita, cosa che risulta ancora più difficoltosa al pubblico, lo stesso che lo vede ora cimentarsi con un altro ruolo che sembra avere delle similitudini con il precedente. Perché per alcuni aspetti Dev ricorda il Tom di Parks & Recreation (co-autore è Alan Yang) o quantomeno ne appare la versione più adulta ed emozionalmente profonda, cosa che la formula stessa della serie di NBC non permetteva di esplorare fino in fondo. In più, Master of None si inserisce nel solco della tradizione inaugurata con il grande successo di Louie, ovvero la formula dell’attore comico che dà vita alla propria comicità mentre sembra interpretare costantemente se stesso.

Master of None - It's real. It's life Oltre a Louie, anche Inside Amy Schumer, Broad City e, in versione dramedyGirls di Lena Dunham sfruttano la stessa ambiguità, ovvero la coincidenza volontaria tra personaggio, attore e creatore, dove nessun aspetto è inscindibile dall’altro, ma soprattutto dove viene abolito qualsiasi confine tra dentro e fuori lo schermo, per cui l’identificazione diventa scontata. La formula stessa ci impone di dimenticare che il protagonista della serie non è solo colui che materialmente la scrive, ma che chi scrive non fa altro che mettere in scena se stesso, né più né meno; per noi dall’altro lato dello schermo la percezione deve essere sempre quella di vedere non la finzione di una storia, ma la verità di un racconto scritto esattamente da quell’attore, da quel comico. Ed è proprio grazie a queste dimenticanze e percezioni da parte del pubblico che questa tipologia di comedy ha un enorme successo, e in più esalta la genialità di chi come Aziz Ansari, Amy Schumer o Ilana Glazer ed Abbi Jacobson la stanno sfruttando in tutte la sue (immense) potenzialità: perciò Aziz è Dev, Lena è Hannah, Louie C.K. (e qui la morsa è ancora più stretta) è Louie C.K., Amy Schumer è Amy Schumer – la sensazione è sempre che ciascun attore sia se stesso, nella loro vita come nella nostra.

Master of None - It's real. It's lifeIn un certo senso, ad oggi un discorso del genere sembra logico, o quantomeno siamo arrivati a non sentire più come un problema il fatto che esistano due entità diverse, ovvero un personaggio e l’attore che lo interpreta; il pubblico infatti sviluppa attrazione ed empatia per l’attore e lo ama in quanto ha scritto un personaggio reale, che racconta cose reali perché proprie di un uomo in carne ed ossa: di nuovo, l’attore. Sin dalla premiére di Master of None capiamo che ciò che stiamo per vedere in azione è la vita quotidiana di uomo “qualunque”, e nello specifico di un giovane newyorkese che si atteggia da persona ancora più giovane rispetto alla sua età anagrafica e che i temi, le riflessioni che sentiremo da lui e dai suoi amici non si distaccano molto da tanti discorsi sentiti in altri prodotti della tv attuale. Perché oltre ai nomi già citati, non è possibile non fare un paragone con l’altra recentissima creatura di Netflix, Love, con la differenza che in quest’ultimo caso i personaggi protagonisti sono due e la penna che li fa agire e parlare appartiene a Judd Apatow e non direttamente ai due attori protagonisti.

Le serie però condividono una certa aria di famiglia sui temi precipui che presentano ma soprattutto nel modo di farli accadere, tipicamente hipster ed isterico, fatto di un’età adulta che c’è ma che viene istintivamente ignorata; in questo senso, Master of None ne diventa una riflessione più scanzonata e meno amara, ma allo stesso tempo più realistica e per molte cose anche condivisibile.

Master of None - It's real. It's life Dev è single, vive delle avventure da una sola notte e piega la realtà che lo circonda alla propria visione, come a voler darsi ragione del suo stile di vita; se in Love sussiste una certa insofferenza per l’immobilità sentimentale e gli episodi riflettono su come si sia trasformato il concetto stesso di relazione, Master of None soprattutto nei primi episodi ne parla in maniera rassegnata, con maggiore leggerezza e meno banalmente. I temi, per quanto grandi ed importanti come possono essere la famiglia o i figli, il rapporto con i propri genitori o addirittura i nonni, non sono mai ingigantiti o estremizzati ma sono mostrati attraverso un umorismo fatto di sguardi e storie, di racconti condivisi e di tavolate cordiali ed improbabili. Questo è un altro aspetto molto bello della serie: la multiculturalità diventa un’utopia, perché le persone che circondano Dev possono essere differenti l’uno con l’altro solo per origini, cioè le stesse che ormai si sono perse nei meandri di una contemporaneità che li pervade e li rende tutti uguali – compresi  i loro genitori.

Master of None - It's real. It's lifeE infatti ciò che resta di queste radici ormai perdute è il cliché. Dev non ha la minima sensazione o idea di essere un immigrato di seconda generazione, e di quelle origini rimane solo l’uso che ne fanno (o vorrebbero farne)  le persone che lo circondano, riducendo lui stesso magari ad luogo comune. Ma sta proprio in questo la grande capacità di Ansari, ovvero di sviscerare un dato di fatto, un cliché appunto, di qualsisasi natura esso sia, e di trasformarlo in una storia inedita, senza mai fermarsi alla prevedibilità della conseguenza logica e mettendone la banalità alla berlina; in altre parole, il comico non si accanisce contro il topos per evidenziarne la ripetitività o l’usura, ma riesce a riprenderlo nella sua interezza per ribaltarlo a suo favore, rendendolo nuovamente una cosa interessante. Quindi gli argomenti stessi si trasformano, come ad esempio il razzismo o il suo essere un perdente in molte occasioni, perché non è solo un singolo aspetto a caratterizzarlo, non è un tipo umano fatto e finito da cui ci si aspettano inevitabilmente certe azioni, ma è molto più sfumato, poliedrico, fortemente permeato dalla realtà, da una normalità difficilissima da ottenere e che invece Ansari riesce a costruire.

Master of None - It's real. It's lifeAltra caratteristica che dà ragione di questa visione è che l’autore non si ferma mai a dare un giudizio di valore su cosa sia giusto o sbagliato, vero o falso, ma mostra come vede quel preciso tema e lo affronta come lui, e solo lui, vuole fare: ecco che la serie diventa la proiezione di un pensiero, la concretizzazione di una situazione reale ma con l’epilogo lasciato aperto, dove le risposte al “problema” iniziale non sono univoche ma abbozzate, così da diventare un ritratto universale e non solo un’interpretazione personale. Master of None è soprattutto una serie che mostra quello che vuole dire, che non si fonda solo sugli equivoci o solo sui misunderstanding, o sui capricci o le inutili paranoie del trentenne che si atteggia a ventennne, ma dà un ritratto della realtà senza fronzoli o esagerazioni, dove ad esempio la scelta su chi portare ad un concerto viene usata come la scusa per sviscerare l’argomento relazioni e per ragionare sulla nostra comunicazione quotidiana fatta di messaggi, tempi di risposta e ambiguità assegnate arbitrariamente.

Master of None - It's real. It's lifeLe conclusioni nel magico mondo di Master of None non sono mai scontate. E al di là dei racconti alle volte toccanti e alle volte più scanzonati, anche le comparse che costellano gli episodi valgono da soli la pena di vedere questi dieci episodi, come ad esempio la coppia Claire DanesNoah Emmerich, ovvero Carrie Mathison di Homeland e l’agente Beeman di The Americans, che insieme danno vita ad uno dei migliori crossover di sempre e uno degli episodi più belli della stagione. Le puntate sono per lo più bellissimi frammenti, degli stand-up ben congegnati che mostrano la bravura del protagonista, circondato e supportato da spalle altrettanto valide, come Denise (Lena Waithe) ed Arnold (Eric Wareheim) che lo accompagnano nelle sue avventure giornaliere. Ma una delle presenze più ricorrenti è Rachel (Noel Wells), la vera co-protaginista insieme ad Ansari, con cui il comico, nella sua immensa bravura, riesce a far sembrare semplice una cosa in realtà difficilissima: disegnare una storia romantica, non stucchevole, non banale ma soprattutto non isterica, dove le dinamiche ovvie di una conoscenza appena iniziata sono mostrate impietosamente ma con una chiave di lettura docile, puntuale e mai portata all’estremo.

Insomma, i motivi per vedere Master of None sono veramente tanti, ma per fare davvero un riassunto vale la pena citare una battuta che dice un personaggio a Dev/Aziz Ansari: Yeah. Look, it’s not perfect. But… it’s real. It’s life. E non c’è definizione migliore per la serie stessa, che non sarà perfetta, ma prova davvero a guardare la vita nelle sue imperfezioni, senza la pretesa di fare nulla di più che mostrarla attraverso lo sguardo sincero e divertente di un creatore veramente straordinario.

Condividi l'articolo
 

Informazioni su Sara De Santis

abruzzese per nascita, siciliana/napoletana per apparenza, milanese per puro caso e bolognese per aspirazione, ha capito che la sua unica stabilità sono netflix, prime video, il suo fedele computer ed una buona connessione internet


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

2 commenti su “Master of None – It’s real. It’s life

  • Francesco

    Io comunque citerei come primo esperimento di questo tipo Seinfeld (che anticipa di oltre un decennio vari Louis C.K. e compagnia varia) e come secondo Curb your enthusiam (e Larry David era stato anche cocreatore di Seinfeld, tant’è che George Costanza si basa su di lui come personaggio).

     
  • Leonardo

    Vedendo questa serie mi vengono in mente tutte quelle persone che quando, parlando di cose private e non, cerchi di fare esempi prendendo in riferimento qualcosa visto in tv ti rispondono “la vita non è una serie tv” e simili.
    Ecco, diciamo che se Master Of None non ti permette di rivivere determinati momenti della tua vita la cosa è semplice, non hai vissuto. Non lo dico a mo di insulto o con fare superbo come magari può sembrare; lo dico perché questa serie è talmente reale, talmente studiata nel dettaglio che il suo semplice modo di raccontarci la vita di una persona qualunque rende impossibile non riconoscersi in lui.
    Un gioiellino.