The Girlfriend Experience – Stagione 1 13


The Girlfriend Experience - Stagione 1Tredici episodi brevi che si vedono tutti d’un fiato come un lunghissimo film, la volontà di offrire qualcosa di diverso in un panorama televisivo che dà la possibilità di innovare e una carica provocatoria nascosta dietro una confezione indie e patinata: The Girlfriend Experience è una serie ricca di contraddizioni, che proprio grazie alla sua ambiguità conquista lo spettatore.

The Girlfriend Experience - Stagione 1The Girlfriend Experience è complessa, stratificata e, invece di mettere in campo il proprio punto di vista, mette alla prova lo spettatore; non è un caso se i primi episodi possono apparire vuoti e didascalici, perché la serie non fa del racconto originale il proprio obiettivo, ma sposta il focus su chi guarda, sfidandolo ad osservare e a giudicare in modo personale quello che appare sullo schermo.
La sua narrativa è elusiva, inconcludente, a tratti banale così come i dialoghi, le ambientazioni e le musiche, perché lo show di Starz è come un foglio bianco che racconta in modo piatto, semplice, quasi straniante una vicenda complessa che tocca le nostre corde più profonde, mettendo a nudo i pregiudizi e le ipocrisie che ognuno di noi nasconde nel proprio privato, ma che emergono anche nel dibattito pubblico.

The Girlfriend Experience - Stagione 1Parlare di prostituzione oggi significa infatti inserirsi in uno scontro culturale probabilmente epocale, centrato soprattutto sulla depenalizzazione caldeggiata da una considerevole fetta di opinione pubblica (compresa Amnesty International) sempre più propensa a considerare i sex workers come semplici lavoratori, che va a scontrarsi non solo con il sentire comune, ma anche con un nutrito gruppo di femministe (tra cui star di Hollywood come Lena Dunham) che mettono l’accento sui pericoli derivanti dallo sfruttamento delle fasce più vulnerabili della società.
Ma come ci si comporta, cosa pensare quando la “vittima” non è vulnerabile ma abbraccia volontariamente la prostituzione come se fosse un lavoro qualunque, anzi ne è gratificata? Qui arriva la vera ambiguità, il vero dilemma morale su cui gioca lo show senza prendere mai una reale posizione su sfruttati e sfruttatori, su moralmente giusto o sbagliato, ma solo mettendoci di fronte a un racconto che mette estremamente a disagio per la sua natura così onesta e piena di contraddizioni.
Perché comunque la si pensi dal lato legislativo, la prostituzione è un soggetto estremamente delicato, che ha che fare con la visione della donna e il suo ruolo nella società – un ruolo da sempre legato a doppio filo con il sesso, strumento di potere e di sottomissione al tempo stesso – dunque proprio per questo fluttuante e aperto a infinite interpretazioni.

The Girlfriend Experience - Stagione 1The Girlfriend Experience gioca abilmente con questo argomento costruendo la protagonista perfetta per incarnarne i tanti volti: possiamo vedere Christine come una donna forte e sicura di sé che ha il controllo della situazione, come una sociopatica che non riesce a costruire un contatto umano, come un’ambiziosa arrivista egoista e senza scrupoli o come una vittima della società e della propria famiglia; ma la verità è che quello che vediamo rispecchia soprattutto il nostro personale punto di vista sul mondo e che la serie non ci spinge mai in una direzione precisa. Christine infatti è tutto questo e nulla di questo, e proprio per tale motivo lo show è così interessante e raffinato, soprattutto nel ritrarre la propria protagonista.
In un panorama mediale in cui ancora la rappresentazione della donna è troppo spesso unidimensionale o bidimensionale (se siamo fortunati), Christine è un personaggio che fa dell’ambiguità la propria forza, un Walter White al femminile che, se da una parte non permette mai di empatizzare (per la sua mancanza di reazioni “normali” così come vengono canonicamente rappresentate), dall’altra è reso umano proprio dalle sue contraddizioni.

The Girlfriend Experience - Stagione 1A suo modo, Christine è il ritratto di un’onestà quasi sovrumana, che si relaziona senza filtri e senza preconcetti morali coi suoi clienti, con gli amici e con la sua famiglia.
Le manca l’ipocrisia, quella che mettiamo tutti in campo per far funzionare i rapporti sociali; quella di David e degli altri personaggi, che commettono continuamente nefandezze ma si giustificano, si fanno forti del proprio senso di colpa o di scopi “alti” per minimizzare le proprie azioni.
Probabilmente è una sociopatica, ma le manca anche il compiacimento della cattiveria di un Frank Underwood, non si crogiola nell’essere una bad girl ed è anzi sinceramente stupita (anche se sicuramente non ferita) dalle reazioni emotive di chi la circonda quando commette azioni che urtano la sensibilità, la morale o i sentimenti altrui.
Soprattutto, non sembra aver bisogno davvero del potere, dei soldi, neanche in fin dei conti dell’eccitazione che le dà il suo lavoro, anzi sembra aver soltanto fatto due conti e concluso che quello è il lavoro che fa per lei, in cui può riuscire meglio e fare più soldi; niente sensi di colpa, niente frustrazioni, niente perversioni – o quasi.

The Girlfriend Experience - Stagione 1Per Christine la prostituzione è un lavoro, semplicemente, che alla fine dei conti risulta anche noioso e ripetitivo, perdendo molto del suo appeal. La conclusione della stagione la vede arrivare in cima a quella catena alimentare che per tutta la serie ha scalato, senza essere davvero cambiata se non nell’aspetto e nei gesti (meno fresca, più artificiosa, se possibile ancora più fredda e in-control), ma se si guarda bene non è cambiato davvero nessuno.
Nel dispiegarsi degli episodi, l’eccitazione e l’azione vengono sempre messi in campo ma finiscono invariabilmente per implodere in una bolla di “normalità”: la coinquilina scomparsa, lo scandalo, la corruzione dello studio legale, l’eredità, sembrano sempre essere dei prologhi a sviluppi narrativi canonici che restano lì, sospesi e mai risolti, come racconti di genere che non trovano mai il proprio spazio, vittime costanti di un racconto dallo scopo più ampio.

The Girlfriend Experience - Stagione 1The Girlfriend Experience in questo senso rompe le regole televisive non chiudendo nessuna storyline (soprattutto tenendo conto del fatto che, se una seconda stagione è ancora in forse, sarà con un’altra storia e un’altra protagonista, almeno giudicando dalle dichiarazioni di Riley Keough e degli autori che hanno spesso parlato di una serie antologica), ma lo fa per dire qualcosa di più del semplice raccontino morale o falsamente trasgressivo.
Questo show ci dice, con lucida spietatezza, che in fin dei conti ogni vicenda conta davvero solo in un periodo ristretto di tempo e solo per chi vi è coinvolto direttamente: alla fine dei 13 episodi David ha perso il lavoro, l’amica è scomparsa, Christine ha tradito la sua maitresse e scatenato un putiferio mediatico, ma davvero nulla è cambiato nel mondo.
E Christine, al contrario degli altri, ne è consapevole in modo quasi zen, motivo per cui non si scompone mai, è sempre imperscrutabile dall’esterno nascondendo una consapevolezza interna estrema, che le permette di reagire in modo pronto, sensato e cinico a ogni stravolgimento e di cogliere al volo ogni occasione.

The Girlfriend Experience - Stagione 1Gli spazi dello show assomigliano a lei: sono antisettici, lucidi, riflettenti – d’altronde il linguaggio è quello, spesso estremamente didascalico, del cinema indie (nel bene e nel male) – e dominano una messa in scena ricca di simbolismi a volte banali ma estremamente efficaci: come il fruscio esasperato delle buste con i soldi, lei che si specchia nelle superfici e che tiene i capelli raccolti quando è Christine ma sciolti quando è Chelsea.
Un mondo gelido, scostante e inospitale che a tratti sembra quasi post apocalittico, in cui i rapporti umani sono transazioni che si fanno in denaro o a parole – poco conta, alla fine, perché il grado di ipocrisia è lo stesso – che ci può far paura o affascinare nella stessa misura, così come ci attrae e ci respinge Christine/Chelsea, essere semplicissimo e complicato allo stesso tempo che come una cartina di tornasole svela le nostre paure e le nostre insicurezze.

Perché raramente la realtà è stata davvero così tanto negli occhi di chi guarda come in The Girlfriend Experience, che si può davvero considerare come uno degli esperimenti più ambiziosi e meglio riusciti del 2016.

Voto: 8

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Informazioni su Eugenia Fattori

Bolognese di nascita - ma non chiedete l'età a una signora - è fanatica di scrittura e di cinema fin dalla culla, quindi era destino che scoprisse le serie tv e cercasse di unire le sue due grandi passioni. Inspiegabilmente (dato che tende a non portare mai scarpe e a non ricordarsi neanche le tabelline) è finita a lavorare nella moda e nei social media, ma Seriangolo è dove si sente davvero a casa.


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13 commenti su “The Girlfriend Experience – Stagione 1

  • Genio in bottiglia

    Esperimento interessante ed evidentemente riuscito, TGE rappresenta di certo un prodotto unico nel panorama tv. Storia straniante da seguire, protagonista perfetta, estremamente attraente, ma in effetti è una sociopatica, che all’inizio riesce a condurre le sue due vite senza alcuna esitazione, concedendo ad ognuna il proprio spazio, senza quasi mai mischiarle (David?). Nelle ultime puntate il castello che abitava pare essere crollato. Mi dispiacerebbe se si azzerasse tutto con una nuova protagonista, ero curioso di vedere come avrebbero potuto raccontare l’evoluzione di questa. Bella recensione, grazie.

     
    • Eugenia Fattori L'autore dell'articolo

      Ciao! grazie dei complimenti, io invece spero in una nuova storia, anche se effettivamente mi chiedo come potrebbero raccontare di nuovo qualcosa di così originale.

       
  • Travolta

    Ottima recensione. Non mi sarei forse azzardato l’8 ma comunque e’ piaciuto pure a me.L’ho visto gia’ qualche mesetto fa pero’ ricordo alcuni episodi un po’ sotto la media.Ad ogni modo un 7 pieno ci sta tutto .

     
    • Eugenia Fattori L'autore dell'articolo

      Grazie mille, sono d’accordo su alcuni episodi più deboli anche se io l’ho vista tutta di fila per cui ho beneficiato dell’effetto – film, ma l’8 al progetto complessivo per me è doveroso. E alla luce degli Emmy che l’hanno ignorato mi sento ancora di più contenta di aver dato nel mio piccolo un riconoscimento che la serie merita davvero.

       
  • Attilio Palmieri

    Bella recensione che restituisce la complessità e soprattutto l’unicità di questo prodotto.
    Rispetto al voto credo che, oltre ad essere un’operazione utile soprattutto a scopi ludici (classifiche eccetera), si tratti di un’attribuzione davvero soggettiva.
    Personalmente, ad esempio, sono convinto che un voto alto come 8 sia il minimo indispensabile per una serie come The Girlfriend Experience, ovvero un prodotto assolutamente sperimentale, sia sul piano visivo che su quello narrativo.
    Si contano sulle dita delle mano serie così autoriali, così coerenti nel mettere in scena la rappresentazione di una volontà artistica chiara e programmatica.
    Amy Seimetz e Lodge Kerrigan costruiscono un vero e proprio ponte con il mezzo cinematografico, trasportando nella serialità televisiva istanze peculiari delle loro personali poetiche e cogliendo dalla forma seriale l’occasione per ragionare su tipologie di racconto nuove.
    Raramente si è visto al cinema un lavoro in grado di riflettere in questo modo sulla ripetizione, sulla reiterazione di azioni e gesti e sull’ossessione con questa abnegazione narrativa.
    Raramente si è vista in tv una serie così coraggiosa nell’esautorare la tradizionale importanza di trame e sottotrame (che in questo caso vengono quasi tutte spudoratamente strangolate e lasciate morire), concentrando il suo focus sulla messa in scena, su un racconto in cui lo spiazzamento esistenziale corrisponde a quello uditivo e visivo e dove la trama è al servizio di un discorso così spregiudicatamente concettuale.
    The Girlfriend Experience ad oggi non è solo tra le migliori novità dell’anno ma tra le migliori serie tout court.

     
  • Saverio Nocchi

    Ottima recensione, a mio avviso hai colto in pieno tutti i punti che rendono questa serie una produzione molto interessante.
    TGE mette un nuovo punto nella storia della serialità.
    Complimenti, brava e continuerò a seguirvi anche su serial k.

     
    • Eugenia Fattori L'autore dell'articolo

      Grazie mille! devo ammettere che inizialmente ero scettica su TGE ma mi hanno fatto cambiare idea, e per fortuna. Una delle cose che mi sono più piaciute della stagione primaverile.
      Serial K riparte a ottobre, seguici mi raccomando!

       
    • Eugenia Fattori L'autore dell'articolo

      Grazie mille Davide! hai fatto bene a recuperarla perché è un gioiellino delle scorse annate e penso che anche a due anni di distanza sia ancora potente

       
  • gioia

    Ciao Eugenia, complimenti per l’analisi. La serie l’ho vista solo ora, leggo che è del 2016, mi è piaciuta davvero. Andando oltre l’erotico il personaggio di Christine è tratteggiato molto bene. E’ una cinica vera. Il genere e le fattezze della serie mi hanno riportato fortemente alla serie Damages. Tuttavia un paio di passaggi non mi sono stati chiarissimi, ma nel complesso il racconto funziona. Della seconda stagione invece non posso pronunciarmi ma l’episodio iniziale non mi ha entusiasmato molto. Vedremo. Leggo che sei bolognese di nascita, e non poteva essere altrimenti. Io sono stata bolognese di adozione e continuo a sentirmi li’.

     
    • Eugenia Fattori L'autore dell'articolo

      Ciao Gioia, grazie a te che ci leggi e ci commenti (e che ami Bologna)! Sai che sulla seconda stagione la penso come te? Decisamente sotto le aspettative e francamente, un po’ inutile anche rispetto al grande esperimento che era stata la prima, di cui hanno tenuto i canoni estetici ma decisamente non sono riusciti a replicare lo spirito… ma mi dirai quando arrivi alla fine!