SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High Castle


SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleLo scontro della settimana non riguarda solo due show tratti da due romanzi, ma anche due piattaforme online che hanno sfidato Netflix sul mercato delle serie tv. È tempo di Hulu contro Amazon, Stephen King contro Philip K. Dick.

Si deve puntare in alto se si vuole sfidare il colosso Netflix, e Hulu e Amazon hanno deciso di farlo entrambe con due difficili adattamenti: il primo ha puntato gli occhi su uno dei più grandi bestseller degli ultimi anni, nonché uno dei più acclamati romanzi dell’ultimo Stephen King; l’altro ha puntato tutto su un libro cult forse meno conosciuto al grande pubblico, ma noto ai fan della fantascienza come una delle produzioni più sperimentali del genio di Philip K. Dick.

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleTra universi paralleli e viaggi nel tempo, 11.22.63 e The Man in The High Castle (conosciuto in Italia con il titolo La Svastica sul Sole) hanno in comune più di quanto si pensi, a partire proprio dal confronto tra la quotidianità della vita umana e la Grande Storia, ovvero il tentativo, da parte di singoli e apparentemente insignificanti esseri umani, di cambiare il corso degli eventi, di ritrovare (e ridare) speranza nella possibilità di cambiare la Storia e, di conseguenza, il mondo. Che il punto di origine sia la vittoria del nazismo o l’assassinio di Kennedy, entrambi gli show ci presentano dunque personaggi di fronte al più classico degli interrogativi: “What if…?”

Il device utilizzato è diverso (i misteriosi filmati che mostrano a Juliana Crain la possibilità di un mondo diverso, o il varco temporale che porta Jake Epping negli anni Sessanta per impedire l’assassinio di Kennedy), ma entrambi i protagonisti si ritrovano improvvisamente di fronte alla possibilità di credere di nuovo che un mondo diverso sia possibile. Ad ostacolarli c’è solo la loro vita, le loro vicende umane, così piccole a confronto alla Storia, così grandi nel loro quotidiano eroismo in grado di sconfiggere le barriere del tempo e di riscriverne il corso apparentemente lineare.

Il nostro SerialFight non vuole mettere a confronto due maestri della letteratura come Dick e King, ma porta invece questa settimana sul campo di battaglia due piattaforme, Hulu e Amazon, due produttori come Ridley Scott e J.J. Abrams, e due autori chiamati all’impresa di adattare un materiale così complesso: da una parte, per The Man in the High Castle, il veterano Frank Spotniz (storica firma di X-Files), dall’altra, per 11.22.63Bridget Carpenter, alla sua prima avventura da “solista” dopo essersi fatta le ossa in produzioni come Parenthood, Friday Night Lights e Dead Like Me. Chi vincerà?

L’adattamento

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleAdattare due romanzi così complessi e ricchi di personaggi non era certo cosa semplice. Per Spotnitz la sfida era soprattutto portare sullo schermo una “storia senza storia”, rendere televisivo un romanzo per sua natura sperimentale e antinarrativo. Per quanto riguarda Carpenter, l’impresa era invece quella di concentrare in solo otto puntate una storia densissima, fatta di tanti avvenimenti e soprattutto di tantissimi dettagli che, in perfetto stile kinghiano, sono ciò che poi fanno emergere la potenza e la complessità di tutti i suoi protagonisti.

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleSpotnitz ha abilmente deciso di stravolgere la storia, dandole più twist narrativi e più ritmo; sfruttando la possibilità di dare un seguito in un’altra stagione, l’autore di X-Files si è preso tutto il tempo per riuscire alla fine a dare respiro ai suoi personaggi e ad ogni trama. Il lavoro di sintesi operato da Carpenter ha portato, invece, ad una eccessiva condensazione degli eventi, che in molti casi ha fatto perdere l’ampiezza e la portata della storia, il suo potenziale emotivo, il proprio denso significato. L’ultimo episodio di 11.22.63 riesce ad esaltare lo spirito del romanzo di King con un bellissimo finale, ma allo stesso tempo mette paradossalmente in luce i difetti di una storia in cui tutti i salti temporali hanno minato la continuità e la fluidità di una narrazione che in molti casi è parsa troppo meccanica, tanto da far pensare che, forse, un adattamento simile avrebbe meritato più episodi (o magari un’altra stagione?).

11.22.63 e The Man in The High Castle hanno dunque messo davanti ai due autori due sfide di adattamento completamente diverse. Il risultato premia The Man in the High Castle e Spotnitz, che è sicuramente riuscito ad elevare il romanzo a livello televisivo, mentre Carpenter ha parzialmente fallito nella stessa impresa, nonostante un romanzo di stile indubbiamente più classico le potesse facilitare il compito.

Il Cast

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleIn entrambi i casi, ci troviamo di fronte alla difficile prova di dare vita a personaggi complessi ed estremamente umani. Se Spotnitz e Ridley Scott hanno voluto formare un cast di tanti volti poco conosciuti, Carpenter e J.J. Abrams hanno puntato tutto sul carisma popolare di James Franco e di altri voti noti al grande pubblico televisivo e non. È indubbio che la serie di Amazon brilli per la sua grande coralità, ma è anche vero che manca di incisività da parte dei suoi singoli componenti, che, in molti casi, soprattutto nei due protagonisti Juliana (Alexa Davalos) e Joe (Luke Kleintank), mancano della dovuta espressività.

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleAl contrario, la serie 11.22.63 beneficia di un cast di attori molto più navigati e di decisioni di casting sicuramente più indovinate. Se la serie punta molto sui protagonisti Jake (James Franco) e Sadie (Sarah Gaudon), il comparto di personaggi secondari dà un importante spessore alla storia, tutti in grado di emozionare ed instaurare una veloce empatia con lo spettatore. E ciò che importa ancor di più è che questo non riguarda solo i buoni come Bill (George MacKay), Al (Chris Cooper), Mimi (Tonya Pinkins) e Deke Simmons (il Nick Searcy di Justified), ma anche e soprattutto i villain della serie (sempre fiore all’occhiello delle produzioni di King), da Johnny Clayton (T.R. Knight) e Frank Dunning (Josh Duhamel), fino a Lee Harvey Oswald (Daniel Webber). Gli adattamenti del maestro dell’horror hanno sempre richiesto interpretazioni importanti e, in questo, la serie di Hulu ha decisamente vinto la scommessa, aggiudicandosi così il punto.

“Little Things Matter”: Piccola Storia vs. Grande Storia

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleAl di là della loro distopia e dei viaggi nel tempo, The Man in The High Castle e 11.22.63 sono soprattutto due serie che mettono a confronto la Grande Storia con la Piccola Storia, l’importanza della quotidianità di ogni essere umano sui grandi eventi, i quali quasi perdono d’importanza di fronte all’eroicità ordinaria dei personaggi raccontati. Quanto siamo disposti a sacrificare di noi stessi per il “greater good”, e quanto tutto perde di senso, persino i grandi eventi della Storia (l’omicidio di Kennedy, la seconda guerra Mondiale), a confronto con una “banale” storia d’amore che va oltre i confini del tempo?

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleDel resto, in entrambi i romanzi gli eventi della Storia fanno solo da sfondo, tanto che per decine e decine di pagine il libro di King mette da parte la trama di Kennedy, trasformandosi letteralmente nella storia di un uomo catapultato negli anni Sessanta. Per il romanzo di Dick, ad intrecciarsi sono invece le esistenze di cinque personaggi nel mondo distopico immaginato dall’autore. Proprio questa coralità è la carta vincente che Spotnitz mette sul tavolo, laddove invece 11.22.63 si concentra maggiormente su Jake e Sadie, trascurando invece alcuni personaggi come Mrs. Mimi, Deke e Bill, che nel romanzo vedono le loro esistenze evolvere nel corso delle pagine, lasciando nel lettore un’impronta emotiva ben più potente che nella serie tv.

Un’occasione mancata dunque per la serie di Carpenter, laddove, invece, pur dovendo sacrificare molto, Spotnitz ha dato nella sua coralità un ritratto più definito dell’umanità immersa nella Grande Storia. Il punto se lo aggiudica quindi The Man in the High Castle.

“Someone you knew in another life”: quando l’amore sfida la Storia

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastlePer due serie che vogliono rivendicare l’importanza dei sentimenti umani rispetto ai più grandi eventi della storia, quale forza più rivoluzionaria se non quella dell’amore può farsi portatrice di questo messaggio?  Lo ha capito Stephen King, che ha fatto dell’assassinio di Kennedy lo sfondo ideale per raccontare quella che è, a conti fatti, una grande storia d’amore, e lo ha capito anche Spotnitz, che ha riadattato (e rivoluzionato) il materiale del romanzo di Dick, dando maggior importanza e pathos narrativo all’amore tra Juliana Crain, membro della resistenza americana, e la spia nazista Joe Blake. Amori che vanno contro le menzogne (i protagonisti maschili hanno entrambi identità segrete), contro le regole del loro tempo, contro le barriere sociali, le leggi della fisica e della scienza, ma che nella loro semplicità (veicolata dai volti rassicuranti e familiari degli attori chiamati in causa) trovano la loro potenza più sovversiva.

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleSpotnitz ha voluto puntare su questo per cercare di dare una maggiore dose emotiva ad un materiale letterario che mancava di un vero e proprio motore narrativo, trasformando ciò che nel romanzo era in realtà un rapporto molto più morboso e di carattere sessuale in qualcosa di più romantico e narrativamente centrale. Per quanto, però, i volti di Alexa Davalos e Luke Kleintank funzionino sullo schermo, hanno poco della grande alchimia di James Franco e Sarah Gaudon, la cui chimica dà quel fattore in più alla storia di Jake Epping/Amberson e Sadie Dunhill. Caratterizzato da un finale perfetto, che racchiude tutto il sacrificio, il rimpianto, il dolore e la felicità che solo un grande amore porta con sé, la love story tra Jake e Sadie è il vero cuore del romanzo di King e quello che Carpenter è riuscita con maggior efficacia a portare sullo schermo, trasformando la loro epopea tra passato e futuro in un’esaltazione nostalgica dell’amore che restituisce il senso più puro dell’esistenza umana. Vince quindi in questa categoria 11.22.63.

Back to the ’60s

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleTra le cose che i due show hanno in comune c’è l’epoca di ambientazione, ovvero i primi anni Sessanta. Se le vicende di The Man in the High Castle prendono vita nell’America del 1962, 11.22.63 parte dal 1960 (1958 nel romanzo) per arrivare fino al giorno dell’assassinio di Kennedy. Ovviamente ci troviamo di fronte a due casi ben differenti: mentre nella serie di Hulu si punta sulla ricostruzione di un’epoca che abbiamo realmente conosciuto, Amazon ha dovuto combattere non solo nel riportare costumi e usanze dei ’60s sullo schermo, ma anche nel riadattarle ad un contesto distopico che costringe al reinventare quell’universo così come lo abbiamo conosciuto. In un caso ci ritroviamo in un passato che deve essere riscritto, nell’altro di fronte ad un passato che è già stato cambiato, familiare ma allo stesso tempo perturbante con le sue piccole e grandi differenze.

SerialFight: 11.22.63 Vs The Man In The High CastleDi nuovo, dobbiamo dire, 11.22.63 ha peccato per l’eccessiva brevità e frammentarietà nella narrazione: non ha infatti consentito di far respirare appieno i sapori e le sfumature dell’epoca, portata sullo schermo ricorrendo a stereotipi e forme canonizzate che ne hanno limitato il potenziale e riducendola così più ad uno sfondo patinato che a vera reale protagonista della narrazione. In The Man in the High Castle, l’ambientazione costituisce invece proprio il fiore all’occhiello della serie, ciò che, anche nei momenti meno riusciti, ha saputo dare quel qualcosa in più che elevava lo show sopra la media delle altre produzioni. Il modo con cui Spotnitz gioca con i dettagli, dando quel tratto di inquietudine alla ricostruzione distorta degli anni Sessanta, rappresenta indubbiamente l’arma vincente di The Man in the High Castle e il suo tratto, ad oggi, sicuramente più distintivo.

IL NOSTRO RISULTATO

The Man in The High Castle vince dunque per 3-2 il SerialFight di questa settimana. L’opera di Spotnitz, forte forse di una libertà narrativa maggiore e della possibilità di dare un seguito alla sua storia (non si tratta di una miniserie), è per ora di un gradino superiore a 11.22.63, che in alcune sue componenti ha brillato di più, ma la cui mancanza di coesione e omogeneità lo fa sembrare più come un’occasione mancata che qualcosa di effettivamente compiuto. Il consiglio è di recuperarli entrambi, ma soprattutto di recuperare i romanzi, entrambi esperienze che, vi assicuriamo, non dimenticherete facilmente.

IL VOSTRO RISULTATO

Questa volta siamo stati d’accordo: con i vostri voti su FacebookTwitter anche voi avete preferito The Man in the High Castle, con il 53% dei voti, rispetto a 11.22.63, che porta a casa il restante 47%.
Seguiteci sui nostri canali social per la prossima sfida del SerialFight!

Condividi l'articolo
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.