Dopo una première straniante ma al contempo capace di tirare le fila della narrazione e di inaugurare un nuovo percorso per la serie, The Affair confeziona un secondo episodio che ricalca gli stilemi narrativi del passato ma fallisce nel ridestare la completa attenzione dello spettatore.
Con questo secondo episodio The Affair ha l’arduo compito di dare una nuova definizione alla stagione: non è un caso che la serie ritorni ad utilizzare lo schema narrativo della divisione in due parti della puntata. Quella che potrebbe sembrare una scelta consapevole si rivela, tuttavia, un’arma a doppio taglio per gli autori: non solo i due point of view non raccontano storie corrispondenti – eliminando dunque il fascino insito nella narrazione non speculare di medesimi eventi –, ma soprattutto non riescono a dire qualcosa di nuovo sui personaggi che ne sono protagonisti.
I mean, she’s hanging by a thread, but you don’t see that when you look at her. When you look at her, you see calm.
La metà dell’episodio che si concentra su Helen ben serve a farci comprendere cosa è accaduto nella vita della donna in seguito alla notte dell’incidente: la storia con Vik sembra procedere a gonfie vele, così come la sua nuova carriera. Tuttavia, in questo finto clima positivo – così come finta e di facciata è la vita raccontata della sua collega – si insinuano fin da subito i primi dubbi. La calma apparente che riveste la casa di Helen si scontra subito con la dura realtà: un amante che vive nel seminterrato, una vita all’apparenza perfetta che in realtà nasconde contraddizioni e dubbi. Se i brevi confronti con i figli servono a delineare preliminarmente la precaria situazione, nel corso della cena con la figlia maggiore si assiste allo scontro verbale che probabilmente getterà le basi per la storyline della stagione. Quella finta felicità che Helen cerca in tutti i modi di preservare incontra il suo primo ostacolo nella nuova sistemazione della figlia: ciò che veramente scalfisce la sua aura di imperturbabilità è però la menzione di Noah, ombra oscura che pesa come un macigno nella sua vita. Ma non è tanto il suo rapporto con Noah ad essere analizzato nella cena, quanto il suo sconfinato rimorso – ed amore – che la porta quasi a tradire se stessa e la versione dei fatti raccontata da lui in tribunale.
Elemento ancor più importante da sottolineare è la figura di Vik, la cui scelta di comprare il quadro ben esemplifica una personalità abbozzata e creata unicamente come contrasto rispetto a quella di Helen: un personaggio che sembra esistere unicamente per mostrare quanto ancora la donna sia legata a Noah, quanto poco questo uomo possa capire chi lei sia veramente. Iconica la scena del taxi, che visivamente esprime tutto il divario tra i due amanti; ancor più forte quella di Helen, che decide di smettere di indossare gli orecchini regalati dall’ex-marito. Tuttavia sarebbe quasi un errore leggere in questo gesto una chiusura definitiva del loro rapporto; piuttosto un’ennesima pausa, proprio in relazione a quanto visto nella première.
I-I don’t know how to fix it.
Nel confronto tra Helen e Noah vengono alla luce alcuni elementi che probabilmente costituiranno il fil rouge stagionale: come contraltare dell’egocentrismo di Noah c’è l’abissale senso di colpa provato da Helen, che permea tutti i suoi gesti e le sue frasi. Nel confronto con l’ex-marito Helen emerge ancora una volta come un personaggio difficile da decifrare: al di là del sentimento di rimorso, e di conseguente fedeltà nei confronti dell’uomo che le ha risparmiato la sicura condanna, l’attaccamento della donna risulta talvolta fuori contesto. Nonostante la nuova vita appena iniziata con Vik, Helen non sembra ancora pronta ad andare avanti: lo si vede nel suo volto sofferente, mentre osserva le profonde ferite che solcano il volto di Noah, e lo si percepisce nel tono preoccupato della sua voce, mentre tenta in ogni modo di cercare una soluzione ad un problema irrisolvibile.
Alla luce degli eventi del finale di stagione, è comprensibile che Helen provi un senso di riconoscenza verso Noah, nonché un amore in realtà mai sopito; tuttavia, la fredda reazione dell’uomo alle preoccupazioni della donna – insieme al rifiuto verso il tenero disegno di Stacey – crea una situazione di incomprensioni che non riesce a suscitare l’interesse che gli autori si auspicavano. Questa mancanza d’interesse negli sviluppi del nuovo snodo stagionale deriva soprattutto dalla dinamica narrativa della puntata: focalizzando l’attenzione su due storie tra loro diametralmente opposte, l’episodio fallisce nel convogliare quella sensazione di curiosità mista ad introspezione psicologica che rendeva lo stilema narrativo utilizzato nelle stagioni passate così interessante. Pur avendo dedicato l’intero primo episodio a Noah, questo secondo avrebbe sicuramente tratto giovamento da una contrapposizione tra le percezioni ed i sentimenti provati da Helen e Noah durante il loro incontro. Senza questo confronto di prospettive, il segmento di Helen risulta quasi svuotato della sua carica narrativa ed introspettiva.
I’m her mother. I made a mistake. But I’m still her mother.
La sezione di Alison fin dall’inizio ci trasporta in una dimensione lontana, estranea alle vicende a cui abbiamo assistito finora. Dal suo sguardo assente durante la corsa del treno si percepisce che qualcosa è cambiato, che qualche evento a noi sconosciuto ha scosso le dinamiche già precarie della sua esistenza. È nei dettagli che la serie dimostra la sua attenzione verso i personaggi: ora più che mai Alison sembra la ragazza ingenua e stralunata conosciuta nel pilot della serie, con i suoi lunghi capelli ed uno sguardo assente che sembrano nascondere un dolore lontano. In questo parallelismo di apparenze si nasconde il vero significato della stranezza che avvolge le sue azioni: a causa di una vicenda fin troppo simile alle dinamiche della morte del figlio Gabriel, Alison ha abbandonato la figlia a suo padre rifugiandosi in una clinica in cerca d’aiuto. Se lo spiazzamento fa da sovrano mentre si assiste alla nuova vita di Alison, ciò che veramente non funziona nella sua storia sono le modalità di fruizione della stessa, così come le tempistiche.
Le premesse riguardanti la crisi improvvisa di Alison funzionano, così come le probabili conseguenze dell’accaduto possono riuscire a tenere col fiato sospeso per ancora qualche episodio, insieme alla posizione di Noah nell’intera vicenda. Tuttavia la confessione precipitosa – e totalmente priva di pathos – della donna ad un Oscar in veste di confidente non fa che rendere l’intera vicenda ancor più surreale, compromettendo la riuscita della rivelazione. Anche in questo caso un confronto tra i due punti di vista di Alison e Cole avrebbe giovato all’economia dell’episodio, permettendo di sfruttare tutte le potenzialità di un colpo di scena esauritosi prima ancora di essere rappresentato.
The Affair confeziona un secondo episodio non all’altezza dei suoi precedenti, che fallisce nel coniugare introspezione psicologica e costruzione di una trama totalmente nuova. La sensazione prevalente è quella di un’occasione sprecata, nonostante alcuni elementi presenti nell’episodio, soprattutto riguardanti le nuove dinamiche instauratesi tra i personaggi, facciano ben sperare per il futuro.
Voto: 5½