Sherlock – 4×01 The Six Thatchers 1


Sherlock - 4x01 The Six ThatchersAd un anno dallo speciale “The Abominable Bride” e a ben tre anni dall’ultimo episodio stagionale “His Last Vow”, Sherlock torna sugli schermi con un carico di aspettative notevole, dovuto non solo alle dosi sempre ridotte, tre episodi al massimo, in archi di tempo molto ampi, ma anche a diversi altri motivi.

Se, infatti, nella realtà ci tocca attendere molto per vedere la storia evolversi e concretizzarsi in effettivi passi avanti, a livello diegetico il tempo che passa fra queste tre puntate è pochissimo, e di conseguenza tutte le questioni rimaste aperte sono narrativamente vive e presenti: Moriarty in primis, con il suo ritorno tramite un video postumo pubblicato ovunque; John, Mary e la bambina in arrivo; il cambiamento di Sherlock in una direzione più umana, eppure ancora profondamente contraddittoria, che si era già avuto modo di osservare proprio nella scorsa stagione.
“The Six Thatchers” ha il compito di riprendere in mano la narrazione e di portare avanti queste tematiche, cercando di non dimenticare l’aspetto della detection che è sempre stato il fiore all’occhiello della serie, quello per cui abbiamo amato questo Sherlock e il suo compagno di avventure Watson. L’episodio, scritto da Mark Gatiss, fa compiere numerosi passi avanti in tutte queste aree – in modo più o meno evidente – ma nel farlo cade nell’errore di voler trattare troppe cose tutte insieme; si arriva così a una puntata che è al contempo molto interessante per i personaggi ma troppo ricca di dettagli, emotivamente impegnativa ma in un certo modo molto diversa da ciò a cui eravamo abituati, soprattutto per quello che riguarda proprio il tanto elogiato aspetto investigativo.

Of course wait. I’m the target – targets wait.

Sherlock - 4x01 The Six ThatchersL’episodio si apre con le conseguenze di quanto accaduto con Magnussen e con il ritorno di Sherlock alla vita di tutti i giorni, la cui rappresentazione è tuttavia a tratti eccessiva e sopra le righe, anche e soprattutto in ambito visivo: se è chiaro l’intento di rappresentare uno Sherlock che, nel suo stare fermo a fare da esca, non riesce propriamente a farlo e di conseguenza si getta nel lavoro, la realizzazione risulta piuttosto affettata e persino troppo complicata da seguire per lo spettatore. I dialoghi rapidi e le battute fulminee sono un must in ogni puntata di Sherlock, ma stare dietro sia a quelli che alle continue scritte dei vari casi, che compaiono mentre di volta in volta il protagonista scrive sul cellulare, rendono difficile godersi appieno le une e le altre. Intendiamoci, Sherlock ha sempre utilizzato questi stratagemmi visivi, quindi il problema non è nel loro utilizzo, bensì nel loro sovrautilizzo, che li rende alla lunga più fastidiosi che davvero necessari al racconto o anche solo allo stile della serie.
Il caso di Charlie Welsborough, brillantemente e rapidamente risolto dal protagonista, non è altro che la porta di ingresso che conduce al vero caso, ossia quello che dà il titolo alla puntata: “The Six Thatchers” (che si rifà a “The Adventure of the Six Napoleons” di Sir Arthur Conan Doyle) presenta di per sé un’ottima costruzione, che parte appunto da un caso apparentemente isolato per portare ad una vicenda molto più grande, scambiata sul momento per una parte del piano di Moriarty. Ed è quest’ultimo a rappresentare uno dei nodi fondamentale della puntata – tutt’altro che assente ma presentissimo proprio in quanto costantemente evocato.

I was so convinced it was Moriarty, I couldn’t see what was right under my nose.

Sherlock - 4x01 The Six ThatchersL’ossessione di Sherlock nei confronti di Moriarty attraversa l’intera puntata: ogni indizio che sembra puntare a lui (dal caso Thatcher fino al CD finale) si rivela poi legato a tutt’altro, e questo potrebbe far superficialmente pensare che Moriarty sia il grande assente, la falla dell’episodio. Non è così, anzi. La puntata si spende molto nel sottolineare quanto Sherlock si sbagli a vedere il suo più grande nemico ovunque, e si sprecano le battute in cui il suo nome viene citato: non è esagerazione, bensì la resa più evidente di quello che è ormai un tarlo ossessivo nella mente del protagonista, che lo conduce su più di una strada sbagliata. Lo riconosce lui stesso nel confronto con Mary, come mostra la frase riportata qui sopra; ma potrebbe esserci qualcos’altro che continua a sfuggirgli anche se proprio sotto il suo naso. È impossibile infatti non notare come la storyline di Watson con l’enigmatica E sia quasi totalmente avulsa dal contesto (se si esclude l’idea, e si spera, che sia stata messa lì solo per aumentare il carico emotivo della morte di Mary) ed è altrettanto inevitabile pensare che ci sarà un collegamento a tale vicenda nelle prossime puntate anche per quel “Save John Watson” che chiude il videomessaggio di Mary.
Come sempre, insomma, il quadro di quanto accade sarà chiaro con tutte e tre le puntate a disposizione, ma, dando un po’ di credito a Moffat e Gatiss (che hanno più di una ragione per esserselo meritato), possiamo dire che il grande piano di Moriarty si stia già dipanando e che arriverà inevitabilmente ma soprattutto indipendentemente da quanto Sherlock farà per evitarlo: non sembra infatti un caso che la puntata riporti in diversi punti la storia del mercante a Samarra, e che si chiuda proprio con la voce di Sherlock che si domanda se tale incontro possa essere evitato. Anche il tema della predestinazione e della prevedibilità delle scelte attraversa la puntata, e non certo per necessità di ridondanza: così come il piccolo Sherlock modificava la storia, facendo andare il mercante a Sumatra per poi diventare un pirata, forse anche la morte (sua? di John?) potrà essere evitata. Non così, però, è accaduto per Mary.

Rosamund Mary. I always liked Mary.

Sherlock - 4x01 The Six ThatchersChe la questione A.G.R.A. dovesse prima o poi riemergere ce lo si poteva aspettare, e anche la stesura del plot di base, che conduce dalle “sei Thatcher” fino alla questione Tbilisi, è senza dubbio ben fatta. Il problema emerge, come già si accennava prima, in relazione all’accumulo di tutte queste parti e, di conseguenza, alla realizzazione di ciascuna di esse; quella di Mary, in particolare, pur inserendosi bene nell’ossatura della trama, risente di una risoluzione frettolosa e per questo poco “sherlockiana”, che si limita in pochi minuti a portare dalla parola in codice (“amo” e non “ammo”) all’accusa alla persona sbagliata e infine all’illuminazione sul ponte, grazie alla quale si arriva rapidamente a una risoluzione che convince poco e che non soddisfa la voglia di pura detection che ha sempre caratterizzato la serie.
A cosa è dovuto questo cambiamento? Di sicuro a una mera questione di tempistiche: se si riempie una puntata di troppi elementi, la necessità di seguire ciascuno di essi ridurrà come conseguenza il minutaggio dedicato a tutti quanti, e questo è di certo un limite di “The Six Thatchers” – che, in verità, poteva essere parzialmente risolto riducendo la durata di alcune scene, come quella del viaggio di Mary, o eliminandone qualcuna, come l’inconcludente ricerca di Toby. Ma c’è un motivo ancora più profondo e che sta intaccando le fondamenta stesse della serie: il racconto, almeno in questo episodio ma con qualche prodromo già nei precedenti, sta muovendosi verso una direzione molto più incentrata sui personaggi e sulla loro evoluzione rispetto alla struttura iniziale, che privilegiava l’investigazione costruendo intorno ad essa i movimenti di tutti.

Sherlock - 4x01 The Six ThatchersSolo in questa puntata abbiamo il rapporto tra John e Mary e la costruzione della loro famiglia, il loro amore e al contempo le difficoltà a vivere con scheletri nell’armadio che spuntano da entrambe le parti; il cedimento del primo all’interesse di un’altra donna (una mossa che ha portato a diverse critiche per il personaggio di John, ma che – abbandonando giudizi etici – risponde all’esigenza ben precisa di una nuova caratterizzazione per Watson), e il senso di colpa della seconda per il suo passato, che la porterà all’estremo gesto finale e che aiuta a comprendere in modo definitivo un personaggio tutt’altro che facile da inquadrare. E poi c’è Sherlock con la sua evoluzione emotiva, mai come in questo episodio portata alla luce: si tratta di un cambiamento che sicuramente non piacerà a tutti, ma l’idea di non tenere un personaggio come lui fermo e immobile nella sua caratterizzazione da high-functioning sociopath è una scelta estremamente coraggiosa, che va contro qualunque certezza di successo di pubblico decidendo di scavare più a fondo in un individuo che forse ha da raccontare molto più di quanto ci aspettiamo.

“Is that sentiment talking?”
No, it’s me.”
“Difficult to tell the difference these days.”

Sherlock - 4x01 The Six ThatchersL’episodio non fa che ripetercelo: Sherlock ha fatto un voto, una promessa di proteggere sempre le persone a lui care; e se è riuscito ad arrivare al punto di fare questa promessa è proprio perché qualcosa in lui è cambiato, e ormai da qualche tempo. È uno Sherlock molto più emotivo quello che vediamo in questa puntata, e soprattutto lo notiamo in contrapposizione con il fratello Mycroft, che dal confronto ne esce ancor più “macchina” e meno umano di quanto lo abbiamo mai visto finora (i commenti sulla piccola Rosie e la reazione dei due ne sono l’esempio più lampante). L’emotività rende anche meno cerebrali e più attivi, e in questo senso si può inquadrare anche la scena di combattimento (ottimamente girata) tra Sherlock e Ajay; e se da un certo punto di vista la si può vedere come una scelta sorniona, volta a conquistare un tipo di pubblico che può apprezzare questo genere di scene, non è nemmeno poi così out of character se la si osserva proprio nell’ottica della modifica comportamentale di cui sopra.

Tuttavia il cambiamento non è totale, e come potrebbe esserlo: la sua necessità di dimostrare di essere il “migliore della stanza”, di umiliare chi si ritiene superiore a lui (perché in pochi, pochissimi possono competere con Sherlock Holmes) lo porta, con terribile ironia, a perdere proprio la persona che stava cercando più di tutte di proteggere. Vivian Norbury non avrebbe mai provato a sparare a Sherlock se lui non l’avesse provocata per il mero gusto di farlo, o se avesse anche solo dato retta a Mary quando cercava di fermarlo; è la sua mente, quella parte che sarà fondamentale per sfidare Moriarty e il suo piano postumo, a portarlo un passo più vicino alla sua personale Samarra, terra di morte che inizia proprio qui a mietere la sua prima vittima. E Mary, seguendo la sua personale caratterizzazione fatta di sensi di colpa e di inevitabili conseguenze, non può che sacrificarsi prendendo un proiettile che era da sempre destinato a lei (ce lo ricorda quando dice che sapeva che prima o poi il passato sarebbe tornato, e lo dichiara in modo ancor più esplicito Mycroft a suo fratello – They get retired in a pretty permanent sort of way).

Sherlock - 4x01 The Six ThatchersSi arriva così alla morte di uno dei personaggi principali della serie, un momento altamente emozionante ma con qualche difetto a livello visivo che ha purtroppo rischiato di danneggiare la carica emotiva dell’intera sezione. Non era necessario un ralenti così marcato della pallottola che va verso Sherlock e che rende forse anche un po’ ridicolo il salto di Mary che si para davanti e viene ferita al suo posto. Ciononostante, gli istanti successivi con John coronano perfettamente il percorso di Mary, il suo disperato tentativo di rifarsi una vita nonostante la consapevolezza della sua personale e inevitabile Samarra, il ringraziamento per quel poco di vita normale che ha potuto vivere. Quasi inutile aggiungere qualcosa sulle interpretazioni di Martin Freeman e Amanda Abbington, soprattutto se si considera il periodo che gli attori stavano vivendo con il loro (reale) matrimonio ormai al capolinea.

Sherlock - 4x01 The Six ThatchersInsomma, “The Six Thatchers” rappresenta un ritorno piuttosto controverso per Sherlock, che cambia parzialmente il modus narrandi per muoversi verso direzioni nuove, coraggiose ma indubbiamente impervie. Ciò che di sicuro non agevola la visione dell’episodio è la necessità di mettere tutto sul tavolo, una questione che potrà acquisire senso con i prossimi episodi – e che magari potrà essere vista come una scelta di grande semina per una altrettanto grande raccolta successiva – ma che non cambierà il fatto di aver assistito ad una season premiere un po’ troppo caotica. D’altra parte non si può che apprezzare il coraggio di sperimentare, sia con una morte in apertura di stagione, sia con una caratterizzazione davvero interessante del protagonista: la sua visita da una psicologa e la richiesta a Mrs. Hudson – If you ever think I’m becoming a bit full of myself, cocky or over-confident… would you just say the word Norbury to me? Would you? –  bastano da sole per dirci che stiamo assistendo davvero a qualcosa di nuovo. Con la speranza che i prossimi episodi aggiustino il tiro laddove ci sono state esagerazioni, si può dire che questo “The Six Thatchers” sia un esperimento per la maggior parte riuscito.

Voto: 7½

Note:

– Alla fine dei titoli di coda assistiamo ad un’inquietante aggiunta di Mary al suo discorso nel video: “Go to hell, Sherlock”. Si può supporre che Mary immagini la sua morte come correlata comunque a Sherlock, ma a parte questo bisognerà solo aspettare per capire.
– “Thatcher’s like, I dunno, Napoleon now” è un evidente riferimento al racconto originario di Conan Doyle citato nella recensione.
– Ad aumentare il bagaglio di riferimenti, troviamo sia il “sogno” in cui Sherlock rivede il Redbeard, il cane che aveva da bambino, sia la telefonata finale di Mycroft che cita il famoso terzo fratello Holmes, Sherrinford. Questi dettagli, sommati alla storia di Samarra trasformata in Sumatra dal piccolo Sherlock, non fanno che indirizzarci verso qualcosa di importante nell’infanzia del protagonista.

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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