Sherlock – 4×02 The Lying Detective 2


Sherlock – 4x02 The Lying DetectiveDiciamolo fin dall’inizio: il secondo episodio di questa quarta stagione è Sherlock nella sua forma più autentica. Un’ora e mezza di twist, inside joke e soluzioni visive lisergiche pensate per far girare la testa allo spettatore e allo stesso tempo solleticarne la curiosità attraverso allusioni, enigmi e nuove plot-line che sembrano fatte apposta per scuotere la fanbase.

The game’s afoot.

Sherlock – 4x02 The Lying DetectiveDopo un primo episodio che aveva sollevato più di un dubbio non solo sui successivi sviluppi della stagione, ma anche sulla vitalità artistica della serie di Moffat e Gatiss, si sperava in un secondo che portasse con sé la giustificazione alla diversità del precedente, così centrato sui personaggi e così mancante di quel gusto per l’investigazione che rappresenta, nel bene e nel male, una delle ragioni principali d’essere di Sherlock.
Pare scontato, dopo la visione di “The Lying Detective”, dire che siamo stati pienamente accontentati, con un episodio che è forse uno dei migliori Sherlock di sempre, senza una sbavatura e pieno di azione, tensione ed emozione, perfettamente bilanciate in un meccanismo narrativo pressoché perfetto che ci porta di nuovo non solo al centro del “game”, ma addirittura di un gioco ancora più raffinato rispetto al passato.
La raffinatezza di questo episodio si basa, in primis, sulla capacità di coinvolgerci in una detection che non fa riferimento a un caso (certo, il caso esiste ed è perfettamente messo in scena, ma è soltanto un pretesto), bensì alle persone: Sherlock Holmes, il grande maestro della deduzione alle prese con un dolore umanissimo e con un problema da risolvere legato ai sentimenti, non fa altro che affrontarlo – imbeccato da una Mary che persino dall’aldilà conosce meglio sia lui che Watson di quanto loro conoscano se stessi – con lo stesso metodo che userebbe per approcciarsi a un delitto.

So, when I tell you that this is the most dangerous, the most despicable human being that I have ever encountered, when I tell you that this, this monster must be ended, please remember where you are standing, because you’re standing exactly where I said you would be two weeks ago.

Sherlock – 4x02 The Lying DetectiveL’episodio è liberamente tratto, come da tradizione della serie, da uno dei racconti di Conan Doyle, ovvero “L’avventura del Detective Morente” in cui Holmes finge il delirio per indurre l’esperto di malattie orientali Culverton Smith a confessare un omicidio utilizzando un inconsapevole Watson come strumento per mettere in trappola l’assassino.
Come traspare dal confronto con il racconto originale, “The Lying Detective” mantiene la consuetudine moffattiana del rapporto assolutamente creativo con la fonte e al tempo stesso estremamente rispettoso dell’universo di riferimento e degli obiettivi finali: qui abbiamo una prospettiva ribaltata, in cui l’obiettivo a tendere non è la confessione dell’assassino ma il ricongiungimento con Watson e il risultato finale in termini del rapporto tra i due personaggi principali è sempre lo stesso, in cui il dottore viene ingannato (a fin di bene) e si trova a contribuire in modo inaspettato ma fondamentale alla riuscita del caso.
Solo che questa volta, il caso è proprio lo stesso Watson – che coerentemente, e ironicamente, risulta aver perfino smesso di aggiornare il proprio blog, su cui ora compare la scritta “John Watson is no longer updating” – per il quale l’amico è anche persino pronto ad andare all’inferno e mettere a serio rischio, nei limiti di quanto possa farlo un attento studioso dell’animo umano come lui, la propria vita.
Il villain dell’episodio, che per quanto pretestuoso deve risultare comunque credibile sia per Watson che per lo spettatore, porta lo stesso nome del cattivo del racconto originale, ma subisce una metamorfosi totale attraverso un’iniezione al contempo di storia inglese e di cronaca contemporanea: l’ottimo Toby Jones dà vita a un serial/cereal killer inquietante e carismatico, modellato da un lato sulla storia recentissima di Sir Jimmy Savile (anchorman storico della tv inglese e filantropo, rivelatosi dopo la sua morte un criminale sessuale seriale le cui circa 300 vittime spaziavano dai bambini ai malati, cui è ispirata anche un’altra serie del 2016, National Treasure), dall’altra sul medico e assassino Harold Shipman, che nel dopoguerra divenne tristemente famoso come killer di quasi altrettanti anziani all’interno di una trentina di ospedali britannici.
Cronaca, storia e fiction intrecciate, quindi, a comporre un quadro estremamente complesso di riferimenti alla cultura e al mondo british che arricchiscono di forza e caratterizzazione l’episodio, rendendo se possibile ancora più iconico e rappresentativo uno show che già può essere considerato uno dei prodotti culturali bandiera dell’immaginario UK.

My parents loved silly names, like Eurus… or Mycroft… or Sherlock.

Sherlock – 4x02 The Lying DetectiveTutto però nella serie è sempre about Sherlock e questo ormai l’abbiamo capito, o perlomeno riguarda sempre il rapporto tra Sherlock e Watson, la loro amicizia e il fragile equilibrio di mutuo bisogno e stimolo intellettuale che li lega; ma questo episodio non segna soltanto il ricongiungimento tra i due, chiudendo la parabola della loro fase di allontanamento. È anche un enorme caleidoscopio di indizi che ci introduce a una nuova fase, in cui la variabile impazzita e fondamentale è rappresentata da una donna di nome Eurus.
La sua importanza, come di consueto, ci viene rivelata attraverso allusioni che risultano chiare soltanto alla fine dell’episodio, ma Eurus rappresenta il fil rouge che lega tutta l’avventura: è la cliente che svela l’esistenza di Smith a Sherlock, è la psicologa che rimette i due amici in connessione, ma soprattutto è la sorella “perduta” di Sherlock, che non solo reinserisce Mycroft nella storyline principale, ma sembra anche essere strettamente collegata a Moriarty, riconducendoci brillantemente al cliffhanger del finale della terza stagione.
Coerentemente, Eurus rappresenta non solo una connessione diegetica ma anche extradiegetica, essendo interpretata dalla bravissima Sian Brooke, Ofelia nell’Amleto interpretato proprio da Benedict Cumberbatch, che in questo episodio si produce in un altro famoso monologo shakespeariano tratto dall’Enrico V.

Silly name, isn’t it? Greek. It means the East Wind.

Sherlock – 4x02 The Lying DetectivePossiamo dare per scontato, conoscendo il lavoro di Moffat in generale e la sua più famosa creatura in particolare, che nulla di ciò che vediamo in questo episodio sia casuale, dunque anche Miss Me, il tormentone di Moriarty, può quindi forse svelarsi per qualcosa di più di una semplice provocazione, perché se lo si interpreta come un acronimo, ciò che risulta è Mycroft, Irene, Sherlock, Sherrinford, Moriarty, Eurus.
L’importanza di Sherrinford (nei libri, Sherrinford Holmes è il fratello maggiore di Mycroft e Sherlock, ma nei dialoghi dell’episodio questo nome è mantenuto a un livello volutamente neutrale e potrebbe trattarsi di una persona così come di un luogo) e di Eurus è già presentata come cruciale attraverso una serie di easter egg disseminati lungo tutto il corso di “The Lying Detective” e dell’intera serie. Potrebbe trattarsi di due fratelli gemelli – ma d’altronde, It’s never twins – così come di uno pseudonimo, ma ciò che più conta è il loro reale valore nel passato di Sherlock, che pare evidentemente non conoscere Eurus ma aver comunque suscitato, almeno nel passato, un desiderio di rivalsa e di vendetta alimentato negli anni e messo in atto con genialità e perizia criminale, perfetto contraltare di quella che il fratello dedica all’arte della deduzione per il motivo opposto.

“There’s an east wind coming… such a wind as never blew on England yet. It will be cold and bitter, Watson, and a good many of us may wither before its blast.”
Arthur Conan Doyle, His Last Bow

Sherlock – 4x02 The Lying DetectiveIl nome stesso, che evoca il vento dell’Est, afferisce a uno dei racconti di Conan Doyle più famosi (e già utilizzato come spunto da Moffat in passato), “His Last Bow”, ovvero l’ultima (almeno nelle intenzioni di Conan Doyle) avventura del detective: ambientata agli albori della Prima Guerra Mondiale, intessuta di malinconia e riferimenti al conflitto che sta per sconvolgere il mondo, è più una spy story che un tradizionale racconto del ciclo di Sherlock Holmes.
Sarebbe il pretesto perfetto e la chiusura del cerchio, se così fosse, per dare un senso anche alla cosiddetta “svolta bondiana” del personaggio – ironicamente sottolineata, a ribadire la genialità di Moffat e il dialogo continuo con la fanbase, dalla Aston Martin guidata da Mrs. Hudson all’inizio di questo episodio –, tanto criticata da molti.

Ma indipendentemente dai segnali che i creatori hanno disseminato lungo “The Lying Detective”, ciò che abbiamo sotto i nostri occhi in questo momento è un episodio che non si può definire altro che geniale, in cui la sceneggiatura a orologeria è supportata dalla regia visionaria di Nick Hurran (che ha diretto anche l’episodio “His Last Vow” e “The Day of The Doctor”, due tra le cose più importanti scritte da Moffat), particolarmente efficace nel rappresentare i momenti in cui Sherlock è sotto effetto di droga, con scelte visive che in alcuni casi ricalcano il modello di Trainspotting, ma anche da interpretazioni di prima categoria.
Non si può far altro quindi che sperare in un finale di annata – fortunatamente non di serie, dato che pare che la stagione numero cinque sia già stata scritta – all’altezza di ciò che abbiamo visto, e che ci confermi ulteriormente quanto la creatività di Moffat sia tutt’altro che esaurita, ma anzi sia più vivace che mai e continui a sposarsi alla perfezione con l’opera intramontabile di Conan Doyle nel regalarci un mosaico visivo e narrativo che rappresenta il meglio della cultura britannica.

Voto: 9

Condividi l'articolo
 

Informazioni su Eugenia Fattori

Bolognese di nascita - ma non chiedete l'età a una signora - è fanatica di scrittura e di cinema fin dalla culla, quindi era destino che scoprisse le serie tv e cercasse di unire le sue due grandi passioni. Inspiegabilmente (dato che tende a non portare mai scarpe e a non ricordarsi neanche le tabelline) è finita a lavorare nella moda e nei social media, ma Seriangolo è dove si sente davvero a casa.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

2 commenti su “Sherlock – 4×02 The Lying Detective

  • Attilio Palmieri

    Una recensione davvero ricchissima per un episodio formidabile.
    Ho apprezzato molto il collegamento tra Culverton Smith e Jimmy Savile, che fa di quest’ultimo un oggetto d’attenzione privilegiato della serialità britannica di quest’anno dopo National Treasure.
    Il lavoro che Moffat fa su Culverton Smith è eccezionale, perché a partire dalle caratteristiche originarie del personaggio del racconto di Conan Doyle, vi aggiunge un discorso estremamente complesso che chiama in causa i concedetti di celebrità e ipervisibilità mediatica, rapportati alla politica e alla filantropia. Per essere un villain dalla funzione strumentale, pedina di una narrazione che ha il cuore altrove, si tratta di un personaggio estremamente complesso.
    L’episodio è una vera e propria esibizione di talento, la dimostrazione infinite delle capacità di Moffat che dopo Heaven Sent (tra i migliori episodi di Doctor Who di sempre) sforna un altro capolavoro. Si tratta di uno di quei casi in cui rivedere l’episodio due o tre volte non è solo utile o divertente, ma quasi necessario per comprendere quanto ogni battuta, ogni sguardo di tralice (che sia di disappunto, confusione o costernazione) sia essenziale e sempre significativo rimandando a qualcos’altro.
    Hai fatto benissimo poi a citare Nick Hurran, regista che con Moffat ha realizzato opere memorabili.

     
  • Alessandra Simeoni

    Memorabile il momento in cui, penso per la prima volta in assoluto, Sherlock ha un contatto fisico ed emozionale con Watson, abbracciandolo ed esprimendo in modo “umano” tutto l’affetto e, perchè no, l’amore fraterno che prova per lui.