American Gods – 1×02 The Secret of Spoons 1


American Gods – 1×02 The Secret of SpoonsArrivati al secondo appuntamento con la nuova serie di Starz American Gods avremmo voluto avere le idee più chiare sull’andamento del progetto, ma l’impressione è che sia ancora troppo presto per fare un’analisi profonda dello show, esperimento molto (troppo?) ambizioso per la TV.

I lettori del best seller di Neil Gaiman – da cui è tratta la serie – lo sanno bene: adattare questo romanzo per il piccolo schermo è sembrata da sempre un’ottima decisione, ma altrettanto impegnativa a causa della struttura della storia raccontata, una fantasy novel on the road, piena di personaggi, eventi, cambi e colpi di scena e misteri, un racconto del presente e del passato infarcito di sogni e realtà, in cui il fantastico è predominante. Anche alcune scelte narrative di Gaiman hanno alimentato il timore di chi vedeva nella trasposizione televisiva il rischio di non arrivare tanto presto al punto, proprio come fa il romanzo, prendendosi largamente i suoi tempi e svelando i punti cardini della storia solo quando era veramente necessario; così sta facendo anche lo show televisivo, che in due episodi ha centellinato ogni informazione da regalare allo spettatore, restando molto fedele al romanzo. Le opere letterarie certi problemi non se li devono porre: tirarla troppo per le lunghe non è mai vantaggioso, ma quando si hanno a disposizione più di cinquecento pagine – come in questo caso – ci si può prendere la libertà di non affrettare i tempi; in televisione, però, non vale questa regola, sia perché il grado d’attenzione che uno spettatore vuole investire è inferiore a quello di un lettore, sia perché i tempi di fruizione sono diversi. Per questo motivo viene spontaneo chiedersi quando succederà qualcosa di grosso all’interno dello show, la cui prima stagione annovera solo otto episodi.

American Gods – 1×02 The Secret of SpoonsPrima di rispondere a questa domanda, però, è doveroso fare una premessa: ci sono due modi in cui lo spettatore di American Gods si sta approcciando allo show, da lettore e da non lettore. Non è sempre così, ma in questo caso è cruciale fare questa distinzione, perché cambiano totalmente il punto di vista e le opinioni su questo progetto: il lettore del romanzo, che già conosce personaggi, trama, colpi di scena e sottotesti della storia, resta affascinato dalla fedeltà e dal rispetto con cui Bryan Fuller si è avvicinato a Gaiman, ipnotizzato dagli effetti speciali e già consapevole di quello che sta vedendo e di cosa vedrà in futuro – anche se lo showrunner ha dichiarato la sua intenzione di ampliare questo universo narrativo con innesti originali. Lo spettatore lettore è come se leggesse il romanzo per una seconda volta, con una consapevolezza nuova e più profonda, lasciandosi stregare dal carisma dei personaggi e dallo stile marcatamente fulleriano – che non smette di versare sangue sullo schermo. Lo spettatore non lettore, al contrario, si approccia per la prima volta a questo universo e le poche informazioni date dai primi due episodi sono le uniche di cui è in possesso: “The Bone Orchard” e “The Secret of Spoons” sono a tutti gli effetti due episodi introduttivi – e dalle dichiarazioni di Fuller sembra che lo sarà tutta la prima annata – in cui incontriamo i protagonisti, che però non si mostrano più di tanto, tenendo ancora celata la loro vera natura (che non sveleremo neanche in questa sede per non incorrere in spoiler). È comprensibile un certo spaesamento di fronte ad una storia che ancora non è iniziata a due puntate dalla partenza, ma il libro segue lo stesso andamento e la domanda da farsi non è sulla qualità di questi due episodi, ma sull’efficacia di una trasposizione televisiva anziché cinematografica.

American Gods – 1×02 The Secret of SpoonsPer questi motivi gli unici elementi che siamo in  grado di valutare sono i dialoghi, lo stile e i personaggi, tutti estremamente curati e a fuoco. Questi ultimi sono l’ossatura dei primi due episodi, che, se a livello di trama ancora non decollano, sui personaggi invece danno il meglio di sé, tratteggiando delle personalità che vedremo a lungo (Shadow e Wednesday) o che formeranno quel parterre di personaggi secondari molto importanti per il quadro generale. Gillian Anderson (la Lucille Ball sugli schermi TV), Cloris Leachman (l’anziana Zorya) e Peter Stormare (il burbero Czernobog) danno un’ottima interpretazione riuscendo a non farci staccare gli occhi dallo schermo neanche per un attimo. Lo stesso effetto lo dà lo stile di Bryan Fuller – che ben si sposa alla storia – unico elemento che fa davvero capire che c’è lui dietro al progetto: se non fosse per questa sua firma, sarebbe difficile riconoscere la sua mano in uno show, per ora, non a caso fedelissimo al romanzo – in cui, per l’appunto, Neil Gaiman figura come produttore esecutivo.

È ancora troppo presto per dare un parere definitivo su questo show, che non ha neanche iniziato a mettere sul piatto i veri temi della storia, ottimi per una riflessione non solo su questo prodotto in particolare, ma per generare una discussione profonda sul presente e i suoi valori; gli spettatori lettori rimarranno incollati allo schermo in attesa di questi sviluppi, ma la seconda metà di pubblico potrebbe abbandonare presto la visione dello show, ancora troppo criptico e misterioso. La visione dell’intera stagione farà rivalutare questa partenza, che per il momento ci fa solo desiderare di averne di più.

Voto: 7/8

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Informazioni su Davide Canti

Noioso provinciale, mi interesso di storytelling sia per la TV che per la pubblicità (in fondo che differenza c'è?!). Criticante per vocazione e criticato per aspirazione, mi avvicino alla serialità a fine anni '90 con i vampiri e qualche anno dopo con delle signore disperate. Cosa voglio fare da grande? L'obiettivo è quello di raccontare storie nuove in modo nuovo. "I critici e i recensori contano davvero un casino sul fatto che alla fine l'inferno non esista." (Chuck Palahniuk)


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Un commento su “American Gods – 1×02 The Secret of Spoons

  • Writer

    Ho visto i primi due episodi e sono rimasto affascinato dallo stile narrativo, dall’estetica e dal ritmo. Mi sembra di cogliere varie affinità con “Legion” (uno degli esordi migliori dell’anno): la stessa estetica visionaria, la medesima coesistenza di un registro “realistico” con l’irruzione del magico e del soprannaturale, la stessa vena surreale che combina dialoghi assurdi ma efficaci, soluzioni visive innovatrici e sperimentazioni visuali ardite. Non ho fretta di dipanare la storia, non ho urgenza di sapere quali sono le forze in campo. A differenza di Legion, “American Gods” è più centrato sui due personaggi principali (in questo richiama, anche se alla lontana, “Hap and Leonard”) e su immagini esplicite e, a volte, splatter. Non ho letto il libro, ma mi appare un prodotto notevole. Qua e là qualche citazione: da “”2001: Odissea nello spazio” a classici dell’horror. Ma il prodotto mi pare originale, innovatore e molto interessante.