Dirigendosi ormai verso la fine della stagione, la serie gioiello di Vince Gilligan continua a stupire per la sua inesauribile qualità, accompagnandoci con maestria verso alcuni cruciali momenti affrontati dal protagonista, di cui vediamo compiere dei passi significativi verso la sua completa trasformazione. L’esito dello scontro tra i fratelli McGill in “Chicanery” non ha infatti colpito il solo Chuck, ma ha soprattutto posto le basi per la sottile quanto repentina evoluzione introspettiva di un Jimmy che si avvicina sempre di più a quel personaggio senza scrupoli che abbiamo adorato in Breaking Bad.
“Jimmy, he’s still your brother.”
“Not anymore, he’s not.”
Il confronto tra i due fratelli ha innestato una situazione dai risvolti paradossali: per la sete di vendetta nei confronti di Chuck – mai capace di apprezzare l’affetto disinteressato che il fratello minore gli ha dimostrato per così tanto tempo –, Jimmy ha inconsapevolmente sacrificato proprio quella parte di se stesso più buona e pura che ha difeso con impegno, fino a diventare esattamente quel tipo di persona che Chuck (ora con l’aiuto di Rebecca) gli ha sempre accusato di essere in passato.
Jimmy agisce e attacca come un animale ferito e, anche se le sue azioni hanno moventi significativi, è evidente quanto ormai il divario fra lui e Chuck sia divenuto incolmabile proprio per la decisione del protagonista di colpire meschinamente il fratello negli aspetti che, più di tutti, hanno da sempre sostenuto e caratterizzato la sua persona: il rigore e la professionalità. Colpirlo così profondamente e metterne a nudo le debolezze sfruttando la malattia concorre non solo all’abbattimento del suo lavoro, ma della sua stessa individualità, ormai umiliata davanti agli occhi di tutti.
Mentre però Chuck, con l’aiuto di Howard, è pronto a rialzarsi per fare i conti con se stesso e per celebrare “nuovi inizi”, l’evoluzione (o l’involuzione, a seconda dei punti di vista) di Jimmy è ulteriormente accelerata dai dodici mesi di sospensione da scontare, che saranno cruciali per mettere in scena i suoi cambiamenti definitivi: l’urgenza economica e il rischio di perdere la professione di avvocato portano infatti Jimmy alla necessità di inventare e di improvvisare sempre più soluzioni su due piedi, alimentando quell’aspetto esibizionista e intuitivo che caratterizza il personaggio che sarà in Breaking Bad.
“Saul Goodman.” “Yeah. It’s like: s’all good, man!” “That guy has a lot of energy.” “Yeah. It’s just a name.”
Non è un caso, dunque, che la nascita definitiva di Saul Goodman, il momento in cui la sua personalità dirompente va a sostituire quella di Jimmy, avvenga attraverso uno spot pubblicitario.
La pubblicità, regno del carisma, della finzione e – in questo caso – del grottesco si rivela l’ambiente perfetto e per nulla banale alla messa in scena della figura prototipale dell’alter ego di Jimmy. Figura nata quindi per caso, dalla necessità di mettere in piedi un breve spot di cui il protagonista si serve per tenere duro prima di tornare al suo lavoro; perché ovviamente Jimmy non ha ancora la minima idea di cosa significherà davvero quel semplice nome inventato di sana pianta in pochi secondi, anche se è facile intravedere i semi di ciò che rappresenterà nelle ultime azioni del protagonista.
Anche qui, il lavoro perfetto compiuto dagli autori continua a seguire la scia di una narrazione a posteriori che sa sempre come illustrare magistralmente agli spettatori ciò che già sanno in modi imprevedibili, soddisfacendo la loro curiosità e giocando bene con la loro nostalgia.
I più nostalgici, infatti, non potranno fare a meno di entusiasmarsi alla visione dei numerosi easter eggs presenti nelle puntate: oltre al ritorno di alcune facce conosciute, come quelle di Lydia (Laura Fraser) e di Krazy-8 (Max Arciniega), non saranno di certo passati inosservati i brevi e intensi minuti dedicati alla prima visita di Gus alla lavanderia, luogo madre di Breaking Bad.
Inoltre, la storyline dedicata a Nacho si fa sempre più interessante e promettente: il suo piano di svuotare le pillole di nitroglicerina per colpire Hector Salamanca darà sicuramente luogo a conseguenze fondamentali per l’andamento della storia che, con tutta probabilità, porteranno l’uomo alle terribili condizioni fisiche con cui l’abbiamo conosciuto in principio.
Tornando a Jimmy (o Saul?), è interessante notare quanto la sua repentina discesa parta da intenzioni del tutto diverse: ciò che infatti lo spinge ad agire in quel modo è soprattutto la paura di perdere Kim, di separarsi da lei e di abbandonare l’ufficio che condividono. Sotto questa luce, i comportamenti di Jimmy e tutte le avversità che si trova ad affrontare in “Expenses” condiscono la puntata di una crudele ironia, se teniamo in conto che sono proprio questi disperati tentativi di tenere Kim stretta a sé a sviluppare quel personaggio che porterà le loro strade a separarsi del tutto; e lo dimostra il senso di colpa della donna nei confronti di Chuck, attaccato personalmente in un modo che di certo non le si addice – “All we did was tear down a sick man.”
Your brother… he had a breakdown in court?
Si comprende, dunque, che quella nei confronti di Chuck è stata tutt’altro che una vittoria: il decadimento del fratello maggiore non è stato altro che il trampolino di lancio attraverso cui Jimmy ha innestato irrimediabilmente la sua trasformazione. Il tutto, ovviamente, è alimentato dalle difficoltà che l’uomo incontra in “Expenses”, approdando a una crisi esistenziale ed economica che non fa altro che fomentare la sua rabbia nei confronti di tutto ciò che lo ha condotto a questa situazione, Chuck in primis.
È nel finale della puntata, infatti, che questa rabbia agisce in un modo così subdolo e furbo che l’intera scena del finto pianto di Jimmy potrebbe essere letta, ora più che mai, come il suo passaggio definitivo a Saul Goodman. La grande intensità che caratterizza questi ultimi minuti è dovuta in particolare alla splendida interpretazione di Bob Odenkirk (quel pianto iniziale ha rischiato di ingannare un po’ tutti), che sta compiendo in generale un lavoro davvero superbo nel mostrare le numerose sfaccettature caratteriali di un personaggio così complesso come quello di Jimmy/Saul.
Attraverso l’insidioso tiro mancino finale, quindi, Jimmy sferra il colpo di grazia ad un già barcollante Chuck in un atto di pura e fredda vendetta che sottolinea ancora di più la rottura insanabile non solo fra i due, ma anche con il tipo di persona che Jimmy era in passato, introducendo un nuovo capitolo di una storia e di un personaggio a cui ormai possiamo dirci estremamente affezionati.
Per concludere, il sesto e il settimo episodio della terza stagione di Better Call Saul continuano a tenere alta la qualità di questa splendida serie e, soprattutto, si rivelano fondamentali nel caratterizzare l’evoluzione individuale del nostro protagonista, mettendo in scena con eleganza e intensità il delicato periodo di transizione che intercorre fra i personaggi di Jimmy McGill e di Saul Goodman.
Voto 3×06: 9
Voto 3×07: 8/9