Fargo – 3×10 Somebody To Love 6


Fargo – 3x10 Somebody To LoveIl progetto Fargo di Noah Hawley si è imposto sin dal suo esordio come una vera e propria scommessa, soprattutto perché si misura con un film da molti considerato uno dei capolavori dei fratelli Coen e perché, di conseguenza, gira intorno ad una tematica ben precisa e che non è così facile declinare.

Il nucleo della storia è il fato, un concetto che porta con sé tutte le assurdità della vita, della realtà, che diventano uno strano incrocio di situazioni che, se viste frammentate e separate tra loro, sembrano non avere senso; ma, a mano a mano, queste prendono una forma proprio grazie al loro essere strettamente collegate e subordinate tra loro, tanto da risultare alla fine (paradossalmente) logiche. Ma continuare a dipanare e sviluppare questo tema mantenendo sia i contenuti che lo stile diventa sempre più arduo di stagione in stagione, soprattutto ricordando il lavoro strepitoso – e attualmente insuperato – fatto con la seconda stagione. Per quanto questa terza annata sia stata significativa e alla fine dei conti riuscita, ha sicuramente avuto delle puntate centrali più deboli e lente rispetto al rush finale, che infatti ha messo in fila due episodi strepitosi e che hanno degnamente chiuso la stagione e forse persino la serie, non ancora rinnovata per una quarta annata.

Fargo – 3x10 Somebody To LoveRispetto alla già citata seconda stagione, questa terza ha maggiori similitudini con la prima, di cui ha recuperato moltissime caratteristiche, a partire dalla poliziotta donna, per passare al villain singolo che, sebbene in questo caso dotato di un minimo di scagnozzi a suo seguito, agisce soprattutto in solitaria, fino al protagonista – qui sdoppiato – simbolo di quella debolezza umana tanto cara sia ai Coen che ad Hawley. Il vero elemento di distinzione è il personaggio di Nikki Swango, una donna capace di tenere testa al villain protagonista e che, in una maniera tanto affascinante quanto sottile, si impone come un essere ibrido tra un’eroina sui generis e una semi-villain. Nikki è una criminale, un’assassina, e su questo non c’è alcun dubbio, ma le sue azioni risultano per molti versi più pulite di quelle di Varga, perché mosse da un’avidità personale che si sostiene sul suo enorme istinto di sopravvivenza prima, e sulla voglia di vendetta poi. In questo “Somebody To Love”, la sua posizione diviene ancora più chiara e tutto il suo piano per sconfiggere Varga è in fondo un passaggio necessario per punire Emmit. Ed è l’incastro di queste situazioni a rendere interessante non solo la puntata finale, ma di riflesso il resto della stagione.

Emmit rappresenta invece il perdente per eccellenza, che non a caso gode solo delle conseguenze delle azioni altrui, incapace di compiere delle scelte e portarle al loro compimento; ed è emblematica, in questo senso, la scena in cui, costretto a firmare i documenti per la cessione della sua compagnia, cerca poi di svincolarsi impugnando la pistola di Meemo, ma è troppo debole per arrivare fino in fondo e, non a caso, finirà letteralmente a tappeto. Tutta la sequenza della trappola ordita da Nikki e il suo muto complice si consuma infatti mentre Emmit è steso a terra, ignaro dello spargimento di sangue che si sta compiendo in un’altra zona della città e che gli salva la vita per l’ennesima volta, perché porta via Varga e la sua squadra d’assalto lontano da lui, per poi ritrovarli semplicemente morti. Però a sopravvivere sarà ancora una volta l’antagonista grazie alle sue innumerevoli risorse, ovvero la complicità di Mrs. Goldfarb che ha tramato alle spalle di Emmit sin dal primo momento, uscendone ora come una delle pochissime vincitrici. E in fondo la definizione di “vincitore” in un contesto come quello di Fargo  ha ovviamente delle connotazioni ambigue, una doppia faccia come più o meno qualsiasi elemento nella storia, perché nel caso stesso della vedova Goldfarb non sappiamo quanta sudditanza fiscale e psicologica abbia Varga su di lei, per esempio.

Fargo – 3x10 Somebody To LoveAl di là della questione meramente fattuale, l’ambiguità delle situazioni viene proprio dall’elemento già citato del fato, che si manifesta nella perfetta e assurda tempistica del messaggio della donna al villain, o ancora nell’apparizione del poliziotto sul ciglio della strada durante il faccia a faccia tra Nikki ed Emmit. Poco prima, sulla fronte dell’uomo era attaccato il famoso francobollo della discordia, il piccolo pezzo di carta che aveva innescato la faida tra i due fratelli, Caino ed Abele che lottano per invidia; svuotato ormai di ogni significato o valore, lo vediamo buttato a terra senza cura. E allora la vendetta di Nikki per noi ha ancora più senso, perché va a punire sì un omicidio, ma soprattutto il profondo egoismo di un uomo la cui debolezza appare come un vero e proprio difetto congenito, qualcosa di imperdonabile in un certo senso. Eppure, nonostante tutto, chi sopravvive alla sparatoria sarà ancora una volta Emmit a cui vengono donati altri cinque anni di vita, finché non sarà definitivamente punito dall’azione volontaria di una persona che porta a termine il lavoro per profonda gratitudine. E qui finalmente il cerchio si chiude, sigillando con quella morte la chiusura del fato e la vittoria della scelta, della premeditazione.

Ma il cerchio più grande che circonda le situazioni interne, cioè quelle dove i protagonisti sono uno contro l’altro ma su tanti fronti diversi, è una parte ancora più importante da chiudere e ci arriviamo con il confronto finale a carte scoperte tra Gloria e Varga. Una delle capacità più raffinate e importanti di Fargo è la costruzione di tanti tasselli intersecati tra loro ma che per molto tempo non si incontrano, che lo spettatore collega in quanto seduto in una posizione privilegiata di onniscienza, mentre internamente c’è questa continua difficoltà di mettere uno davanti all’altro le persone giuste.

Fargo – 3x10 Somebody To LoveQuindi, se da un lato abbiamo lo scontro finale tra Nikki ed Emmit, dall’altro l’episodio sceglie di chiudersi sul confronto tra Varga e Gloria, i due personaggi più lontani tra loro, che il destino ha messo sulla stessa strada partendo da punti molto lontani e lo ha fatto sulla pelle di tutti gli altri protagonisti. Rappresentano lo scontro tra bene e male, tra criminalità e giustizia; è l’argomento primigenio del mondo, qualcosa di antico ed ancestrale che nelle storie viene perennemente raccontato e declinato. Qui ha appunto la forma di una donna poliziotto schiaffeggiata dalla vita in troppe occasioni, ed un uomo senza passato né presente né futuro, che descrive se stesso come appartenente al cielo e non ad un posto specifico sulla terra: bene e male, ma anche concretezza contro astrazione. Ed il colpo di genio di Noah Hawley è proprio la scelta di non dichiarare un vincitore, di non dare una risposta definitiva, perché non è possibile definire se il bene sconfigge il male o viceversa; è molto più importante mettere in risalto come queste due cose possano combattere ad armi pari, nonostante tutto. Un’altra riflessione inevitabile che ne segue è che la porta che non si apre sia anche un modo per concludere la serie Fargo nella sua interezza, come a dire che la risposta è demandata allo spettatore che può costruirsi il suo finale, ora che ha in mano tutti gli elementi per decidere.

Con questo doppio dubbio circa il bene vs. il male e se questo sia un finale di stagione o di serie si chiude la terza annata di Fargo, uno dei prodotti più belli ed interessanti della televisione attuale, iniziato nello scetticismo generale e che è invece arrivato a convincere davvero tutti.

Voto episodio: 8,5
Voto stagione: 8–

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Informazioni su Sara De Santis

abruzzese per nascita, siciliana/napoletana per apparenza, milanese per puro caso e bolognese per aspirazione, ha capito che la sua unica stabilità sono netflix, prime video, il suo fedele computer ed una buona connessione internet


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6 commenti su “Fargo – 3×10 Somebody To Love

  • Michele

    Ma siamo proprio certi che il momento centrale della puntata non sia la presa di coscienza di nikki di essere solo la pedina di un gioco ben piu grande con il monologo che ripeteva le parole del deus ex machina del bowling? E che la scomparsa di varga ma non del suo impermeabile come gia in ascensore sia cosi facilmente spiegabile nel lasciare allo spettatore la scelta del finale? Il cerchio si chiude. Già. Tra il primo colloquio in russia e l’ultimo in USA. E l’unica cosa che resta è la certezza che solo negli affetti personali si può trovare una ragione nello stare al mondo. Il resto? Occasionale, se visto come pallido specchio di una lotta che avviene SOPRA di noi e in cui il libero arbitrio non concede nulla in termini personali ma è solo un fortuito incidente nello scontro fra Male e Bene, che come abbiamo imparato esiste “per errore” . Questa è ovviamente una lettura personale e magari sballata . Il che nulla toglie alla piacevolezza nel seguire la serie, puntata dopo puntata. Ogni puntata un piccolo gioiello, con una minima preferenza da parte mia per quella ambientata in california. Ma sono gusti di un banale spettatore. E de gustibus disputandum non est. Prima di tutto da parte mia ovviamente.

     
    • Sara

      Ciao Ricki! Grazie! In realtà il voto della stagione non è una media ponderata dei voti delle puntate, ma diciamo che va a discrezione di chi scrive! Diciamo che tirando le somme e facendo un bilancio generale della stagione, con delle prime puntate più lente e meno focalizzate e un rush finale invece decisamente migliore, a mio avviso il voto che le sintetizza meglio è quell’8-! Poi ne possiamo discutere, ma il voto è un mero numero sintetizzatore, non un risultato esatto, ecco.

       
  • Samuele

    Bella recensione Sara.

    Devo ammettere però che i miei gusti si allineano maggiormente alla prima stagione e a questa terza che, come hai giustamente notato, ha elementi in comune con essa. La seconda stagione la metto al terzo posto, pur trovandola eccellente.

    Ovvio però che non si parla di oro, argento e bronzo, sono tutti e tre da medaglia d’oro 😉

     
  • biboprof

    Stagione debolissima, a mio parere. Tutti gli elementi sono in pista, ma questa volta la somma, cioè la regia complessiva, non funziona. Totale mancanza di ritmo, personaggi a mala pena definiti (con l’eccezione dello spettacolare cattivo e di Nikki), episodi lenti, al limite del riempitivo. Ci si aspetta sempre il colpo di coda ma non arriva. Carrie Coon, perfetta e intensa in Leftovers, qui non decolla mai. Si salva giusto l’episodio finale, che con i suoi colpi di scena recupera un po’ dello spirito alla “Fargo”. Ma è troppo poco per dieci ore di visione…

     
  • Michele

    Bella stagione, per me da 9. 🙂
    Sono d’accordo che il tema principale della serie sia stato il destino, con diverse sue declinazioni. Certo, Nikki è stata la sorpresa. Non le avrei dato molto peso, se non come elemento di disturbo, ma alla fine ha dimostrato resilienza, oltre che un attaccamento al suo fidanzato che non avrei sospettato, vista la sua sete di vendetta.
    Non sono sicuro che il senso della vendetta di Nikki sia una punizione dell’egoismo di Emmit, come elemento di debolezza. So che ci sono state critiche, ma i personaggi di Mc Gregor mi sono piaciuti, perché molto umani, vittime degli eventi, non cattivi per propria determinazione. In questo caso, nel duello con Nikki, io vedo ancora lo zampino del destino, assieme alle conseguenze delle scelte fatte. Nikki ha avuto l’opportunità di vendicarsi e uccidere Emmit. Ha letteralmente avuto il potere di sparargli in qualsiasi momento avesse voluto, ma ha scelto di non farlo. Ha scelto di parlarci, facendo svanire la propria chance, come un classico villain, che spreca la sua occasione per aver sottovalutato l’avversario (in questo caso il destino più che Emmit) o per propria tracotanza.
    Emmit invece è un personaggio che si è evoluto. Ci ha messo tutta la serie, ma alla fine l’ha capita: l’unico modo di proteggersi dal caso è l’amore per gli altri, come diceva il mio omonimo sopra. In questo modo, qualunque cosa succeda, uno avrà vissuto la propria vita al meglio e non avrà rimpianti. Così Emmit non si fa sfuggire un secondo e appena può corre dalla moglie e si getta ai suoi piedi. Allo stesso modo, cinque anni dopo, lui muore contento, perché non ha sprecato il dono di questa vita extra. In un certo senso, il finale ci mostra che Emmit è un eroe positivo.