Gypsy – 1×01 The Rabbit Hole


Gypsy – 1×01 The Rabbit HoleQuale stagione dell’anno è la più adatta per dedicarsi ad un po’ di binge-watching, preferibilmente di materiale originale? Netflix sta puntando sull’estate per testare alcuni nuovi show che andranno a rimpolpare la sua offerta, colpita di recente da diverse cancellazioni; ad una settimana di distanza dalla dramedy GLOW, uscita il 23 giugno, è arrivato il momento di Gypsy, prima serie da protagonista per Naomi Watts, che figura anche come produttrice esecutiva.

Gypsy, formato da dieci episodi, racconta la storia di Jean Holloway (Naomi Watts), terapista che lavora a New York City e che presto intraprende con i suoi pazienti e le persone a loro vicine delle relazioni poco convenzionali. La trama è tanto semplice quanto immediata da intuire; il pilota ci presenta subito il grande tema della stagione facendoci avvolgere, sin dai primi minuti, da un’atmosfera carica di tensione e con un pizzico di mistero, che per gran parte del racconto ha il compito di sostenere il tono della narrazione, non supportato, per il momento, da eventi di centrale importanza, dialoghi particolarmente brillanti o personaggi estremamente interessanti. Il secondo elemento che sostiene tutta la costruzione è proprio l’unico personaggio degno di nota, la protagonista Jean, conturbante mentre parla di subconscio nei primi minuti in cui la vediamo, che aumentano la curiosità verso una donna che pare da subito forte e determinata. L’elemento più interessante di questo episodio pilota è il percorso che ci porta a formulare una seconda opinione sulla protagonista dopo la fine della puntata e ci fa mettere in dubbio non solo quel personaggio in particolare, ma anche tutta la rete di interazioni che ha costruito nell’arco dell’episodio.

Gypsy – 1×01 The Rabbit HoleLa terapista Jean, infatti, non si limita a delle sedute frontali con i suoi pazienti, che le confidano i loro problemi d’amore o con la famiglia chiedendole aiuto, ma decide di prendere parte attiva nelle vite dei suoi assistiti cercando di conoscere coloro di cui sente parlare, celandosi dietro una falsa identità. Questo metodo poco ortodosso di intervenire dà vita alle storyline più interessanti ed è il motore di tutto quello che succederà alla dottoressa Holloway, mostrato in modo molto parziale in questo primo episodio. Gypsy è chiaramente una serie nata per il tipo di visione che offre Netflix e lo si può intuire dalla costruzione del primo episodio, che tratteggia una sorta di background della vita di Jean e inizia vagamente a mostrare il suo lavoro di terapista, con l’obiettivo di permettere sin da subito la visione degli episodi successivi, che saranno in grado di disegnare in modo più dettagliato quell’universo narrativo.

Per questo Naomi Watts è l’unico grande punto a fuoco dell’episodio, ancora lontana, però, dall’interpretare il personaggio complesso e stratificato di cui lo show necessita; le domande che ci poniamo su Jean Holloway sono già tante, ma “cosa la spinge ad agire in quel modo?” è sicuramente la più importante. Della protagonista non ci viene mostrato molto, solo il suo presente, diviso tra un lavoro che non la stimola come vorrebbe e una famiglia non più eccitante come un tempo; Jean è una donna infelice, che cerca di aiutare gli altri per aiutare se stessa. Nel suo studio è sia terapeuta che paziente, ascolta quello che gli altri le raccontano, dà consigli e cerca di metterli in pratica in prima persona; i suoi consigli, però, non sono per nulla efficaci, troppo rassicuranti per avere effetto sulla vita reale delle persone, che la considerano più un’amica che una figura medica di riferimento. Le parole che dispensa a chi l’ascolta seduto nel suo studio non aiutano né gli altri, né lei stessa, che mette in atto una serie di comportamenti deontologicamente discutibili che non consiglierebbe a nessuno di avere. Si insinua nelle vite degli altri sia per capirli di più che per capire se stessa e riempiere la sua vita, non più eccitante come un tempo; sente che le manca qualcosa, che il suo matrimonio, le sue conoscenze e il lavoro non le danno più. Il suo metodo poco convenzionale di lavorare le dà delle certezze, è convinta che le confidenze di estranei possano riempirle la vita di esperienze e cerca di fare tutto per non farsi scoprire. Possiamo utilizzare questo suo comportamento per leggere e interpretare la vita di Jean, ma come verranno influenzate le vite dei suoi pazienti, all’oscuro di tutto? Questa è una delle grandi domande a cui lo show dovrà rispondere.

Gypsy – 1×01 The Rabbit Hole“The Rabbit Hole” ci disegna un universo interessante, anche se parziale, dominato da Watts e da un corollario di personaggi secondari tutti asserviti alla protagonista, ancora privi di un’identità forte e propria. È chiara però la voglia di Netflix di puntare sulle donne, in questo caso davanti e dietro le quinte: Naomi Watts, ma anche la quasi debuttante showrunner Lisa Rubin e la regista Sam Taylor-Johnson (nominata ai Razzie Award del 2015 nella categoria peggior regia per il film Fifty Shades of Grey) formano un team al femminile che non siamo ancora abituati a vedere su larga scala. La storia di una donna raccontata attraverso gli occhi di donne sarà sicuramente interessante da vedere, e il lavoro della protagonista costituirà un ottimo trampolino per un certo tipo di approfondimento, estremamente difficile da eseguire, ma con una potenzialità molto alta.

Per questi motivi Gypsy colpisce positivamente, più per il suo potenziale che per quello che ci è stato mostrato in realtà nei cinquantasei minuti del pilot; lo sviluppo della trama, anche se non tra i più originali, gli interpreti e il tema centrale promettono un buon livello di approfondimento supportato da interpretazioni all’altezza, capitanate da una Watts convincente che ha bisogno di grandi momenti drammatici per dare il meglio di sé. Per ora il giudizio è positivo, ma assolutamente parziale, in attesa di scoprire se i restanti nove episodi meritino tale fiducia.

Voto: 6/7

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Informazioni su Davide Canti

Noioso provinciale, mi interesso di storytelling sia per la TV che per la pubblicità (in fondo che differenza c'è?!). Criticante per vocazione e criticato per aspirazione, mi avvicino alla serialità a fine anni '90 con i vampiri e qualche anno dopo con delle signore disperate. Cosa voglio fare da grande? L'obiettivo è quello di raccontare storie nuove in modo nuovo. "I critici e i recensori contano davvero un casino sul fatto che alla fine l'inferno non esista." (Chuck Palahniuk)

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