Narcos – Stagione 3 6


Narcos - Stagione 3I grandi dubbi sull’effettiva riuscita di una terza stagione di Narcos risiedevano nell’assenza del personaggio sul quale era basata la trama delle prime due stagioni, quel Pablo Escobar la cui figura è ancora oggi tra le più controverse e affascinanti del secolo scorso. Nonostante tutto chi aveva preventivamente bocciato uno show privo del suo carismatico protagonista deve ora ricredersi, poiché la terza annata della serie Netflix, pur mantenendo una serie di innegabili difetti, è la migliore sinora.

Questa stagione ha quindi portato su di sé il peso delle due passate e l’onere di ricostituire il rapporto con gli spettatori dopo l’uscita di scena non solo di Wagner Moura, ma anche di Boyd Holbrook, che nonostante una scrittura non brillante del suo personaggio rappresentava il contraltare perfetto di Pablo Escobar e, storicamente, una delle figure più importanti nella guerra al narcotraffico. La situazione di Narcos, per fare un esempio più o meno recente, è paragonabile a quella di show come Homeland, che ha proseguito il suo cammino nella quarta stagione orfano di Brody, personaggio fondamentale per la sua trama orizzontale e per la sua mitologia interna. Così come quest’ultima ha abilmente saputo reinventarsi e rilanciarsi, anche il prodotto di Netflix, seppur inizialmente a fatica, riesce nel difficile compito di lasciarsi alle spalle l’ingombrante quanto attraente figura di Pablo, generando nuovi villain che devono necessariamente essere diversi da essa ma allo stesso tempo ugualmente credibili e interessanti. Nel microcosmo della serie – che pur si ispira ad un’ambientazione storica, quindi reale – Escobar è già una leggenda e i personaggi che ereditano il suo ruolo guardano al narcoterrorista come ad una figura quasi mitologica, capace di lasciare un segno sulla storia della Colombia e del mondo contemporaneo; il modello di Pablo e la sua ideale successione ricorda, per fare un altro paragone attuale, quello che J.J. Abrams ha costruito in Star Wars tra il nuovo villain, Kylo Ren, e il modello mitico a cui si ispira, quel Darth Vader temuto in tutta la galassia. Il Cartello di Cali tuttavia, pur sgomitando per un posto di rilievo nella Storia ed implicitamente ispirandosi ad Escobar, impara dagli errori del predecessore preferendo un approccio meno popolare e più elitario, attraverso il quale raggiungere un compromesso con il governo ed evitare la caduta del proprio impero, garantendosi così un posto sicuro nel mondo.

Narcos - Stagione 3Se questo “cambio della guardia” in sede di personaggi – che avvicina molto la serie ad essere definita antologica – mette in risalto tutte le differenze tra le diverse annate dello show, quello che rimane invariato è lo stile della narrazione e le tecniche utilizzate per raccontare la storia colombiana. Il voice-over, stavolta con la voce di Javier Pena, è sempre presente ed è utile per raccontare tutti i retroscena e le premesse sul funzionamento del traffico di cocaina e dello stile del cartello. Negli anni passati si aveva la sensazione che si abusasse di questo sistema, a volte non necessario ed eccessivamente prolisso nell’esporre attraverso le parole quello che poteva essere narrato sotto forma di immagini; in questa stagione, invece, il voice-over è molto meno utilizzato e la sua funzione esplicativa pesa meno sull’economia generale degli episodi, rendendo la trama più fluida e più semplice da seguire. A questo concorre anche l’altissima qualità tecnica a cui Netflix ci ha abituato, grazie alla quale regia, fotografia e scenografia viaggiano su binari paralleli e contribuiscono a creare perfettamente l’ambiente ostico in cui si svolge la storia. Cali è molto diversa da Medellin, e questo concorre a separare ulteriormente l’epoca di Pablo da quella dei gentlemen.

Narcos - Stagione 3Il collegamento più importante tra seconda e terza stagione è, però, la permanenza del personaggio di Javier Pena, agente della DEA che passa dal ruolo di spalla a quello di protagonista, ereditando la buona caratterizzazione che lo ha accompagnato nelle scorse annate. Un protagonista già conosciuto e con un background narrativo noto agli spettatori è sicuramente un punto fermo importante per una serie in fase di rinnovamento, ma anche un rischio non indifferente, poiché la costruzione del suo percorso non può prescindere da quanto raccontato in precedenza. Pena si trova, all’inizio della stagione, avviato verso la strada della redenzione, consapevole che nella lotta ad Escobar non si è sempre trovato dalla parte della ragione – l’agente era il collegamento tra i Los Pepes, nemici di Pablo autori di terribili stragi, e la DEA. Il personaggio, da sempre caratterizzato da una moralità più dubbia ed incline ad infrangere le regole, è ora il più fervido sostenitore della giustizia e della necessità di combattere il crimine e la corruzione senza scendere a compromessi. La guerra al narcotraffico e il confronto con l’ascesa e la caduta di Escobar trasformano l’agente Pena nell’eroe inteso nel senso più puro, colui che farà sempre la cosa giusta no matter what, anche se questo gli dovesse costare il proprio lavoro. Se la scelta è comunque in linea con il percorso del personaggio di Pedro Pascal, non può che togliere un po’ di fascino alla sua figura, che deve essere per forza compensata dall’introduzione di due nuovi giovani agenti, Feistl e Van Ness, eredi inconsapevoli della carica ideale e dello spirito d’iniziativa che caratterizzava il duo di protagonisti delle prime stagioni.

Narcos - Stagione 3Dall’altro lato della barricata merita un discorso più ampio tutto il meccanismo che rappresenta la complessa organizzazione del Cartello di Cali. Se già dal pilot si capisce che il suo funzionamento e il suo modus operandi son ben diversi dal sistema utilizzato da Escobar, nel corso degli episodi Narcos si può concentrare maggiormente sui personaggi che lo compongono, focalizzandosi più su alcuni che su altri ma riuscendo in generale nell’ardua impresa di far dimenticare la magnetica attrazione verso il narcotrafficante interpretato da Wagner Moura. Proprio l’umana debolezza e l’impossibilità di essere come Pablo costituiscono le caratteristiche più affascinanti dei Gentiluomini di Cali, convinti ingenuamente di poter eludere la concatenazione di eventi che portò il loro predecessore alla rovina. Il primo a cadere, Gilberto, è il personaggio che trova meno spazio nella stagione, più utile per portare alla ribalta il ben più interessante fratello, Miguel, costretto quasi subito a sobbarcarsi il futuro del cartello, in un ruolo che chiaramente non gli appartiene. Il conflitto tra le visioni opposte dei fratelli Rodriguez-Orejuela è il motore che scatena gli eventi più importanti che li riguardano, trasformando quella che doveva essere una resa pacifica con il governo colombiano in una guerra tra cartelli e una fuga continua dalla determinazione della DEA nel volerli internare. Miguel non ha la forza né l’astuzia necessaria per tenere insieme i pezzi dell’organizzazione, che cede lentamente sotto i suoi piedi, sia per le conseguenze di azioni efferate – l’uccisione di Salazar da parte di Pacho che dà il via alla guerra con il cartello del Norte del Valle – sia per tradimenti interni – la collaborazione tra Jorge e la DEA.
Per quanto riguarda gli altri due soci del Cartello, invece, pur riuscendo nel loro ruolo di spalle ai principali villain della stagione, risultano meno sviluppati di quanto ci si potesse aspettare: Pacho, forse quello con più potenzialità, viene schiacciato da un utilizzo risicato che si risolve in una vendetta personale; Chepe trova ancora meno spazio e il suo ruolo al vertice non viene del tutto giustificato dalla trama, che oltre a tenerlo lontano dalle vicende principali non pone nessuna lente di ingrandimento sulla sua persona, lasciando una sensazione incolore sul personaggio. Nemmeno David, figlio di Miguel, riesce ad emergere tra i comprimari, rimanendo statico e bloccato nella sua funzione di essere il più odioso e crudele possibile, senza nessuna intenzione di approfondimento.

Narcos - Stagione 3Discorso a parte va fatto per Jorge Salcedo, vero e proprio co-protagonista della stagione e simbolo dell’uomo prigioniero del suo ruolo. Il personaggio, difatti, lotta con tutte le forze per ottenere un’uscita “morbida” dal Cartello, nel quale occupa un importante incarico come capo della sicurezza; l’intrinseca bontà dell’uomo si scontra con i metodi violenti e crudeli con cui i padrini di Cali regolano le loro controversie, una situazione che, se non risolta, rischia di mettere in pericolo non solo la sua vita ma anche quella della sua famiglia, con cui Jorge ha un legame molto forte. È per amore di essa che si offre alla collaborazione con la DEA, nonostante questo comporti mettersi contro Miguel e possa portare, anche in caso di vittoria finale, ad una vita difficile in cui sarebbe impossibile sentirsi davvero al sicuro. Gli autori scelgono di muoversi cautamente su colui che è stato forse il più determinante nella lotta al Cartello di Cali, scegliendo di dargli una bussola morale molto chiara, schierata principalmente dalla parte del bene: è un personaggio che difficilmente riesce a fare del male direttamente a qualcun altro, e non per niente la morte di Enrique – che avviene indirettamente a causa sua – è devastante dal punto di vista emozionale e lo spinge al passo definitivo contro i narcos, quando ormai non vi è più possibilità di tornare indietro. Probabilmente sarebbe stata più credibile una figura meno netta e definita dal punto di vista etico, ma anche così il personaggio è uno dei più riusciti della stagione e il più interessante a livello umano.

Narcos - Stagione 3Se i personaggi convincono, lo stesso si può dire per la struttura generale della stagione, caratterizzata da un ritmo incalzante e un escalation di azione e violenza – soprattutto dal quarto episodio in poi – davvero convincente. È la cattura di Gilberto Rodriguez in “Checkmate” a dare il via alla caduta dei gentlemen di Cali, dopo la quale si segnalano l’adrenalinica e ottimamente diretta retata a casa di Miguel (“Sin Salida”) e il salvataggio al cardiopalma di Jorge (“Todos Los Hombres Del Presidente”) che segna la fine definitiva dei giochi. Persino l’ultimo episodio – seppur meno convincente dei precedenti – riesce a chiudere coerentemente quanto fatto quest’anno e ad aprire la strada – sebbene in modo tutt’altro che delicato – alla già annunciata quarta stagione che sarà ambientata in Messico. Una delle cause del successo qualitativo di questa particolare annata può essere individuata nella sua maggiore indipendenza dalla Storia, raccontando un periodo e dei personaggi molto meno iconici e non già incastonati nell’immaginario collettivo: a differenza di quanto mostrato con Escobar, infatti, la vicenda del narcotraffico in Sudamerica assume qui maggior rilevanza e un migliore spazio per esprimersi proprio perché meno conosciuta e più imprevedibile.

La terza annata di Narcos fuga ogni possibile dubbio che, giustamente, era sorto sulla riuscita dello show privato del suo carismatico protagonista, risultando una stagione solida e avvincente, non perfetta ma assolutamente godibile, soprattutto per le caratteristiche uniche che la allontanano dal modello delle due precedenti.

Voto stagione: 8

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.


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6 commenti su “Narcos – Stagione 3

  • Travolta

    Personalmente la stagione che ho preferito.Un bel 8 anche per me.
    Ho approcciato questa terza serie con qualche dubbio ma dopo due puntate sono subito svaniti tutti i dubbi,
    Rispetto alle prime due serie manca un Wagner Moura bravissimo ma per il resto il non essere centrata sul solo Escobar ne ha fatto guadagnare la storia in se.
    Adesso aspettiamo con fiducia il Messico di El Chapo 🙂

     
  • Michele

    Una buona serie di azione e intrattenimento, con qualche spunto di riflessione qua e là. Non darei proprio un otto a questa serie, ma un 7+.
    Ho trovato interessante il finale: anti-climatico, con i Godfathers che decidono di costituirsi, con una ripresa poi nella parte su come sono andate a finire le cose per loro e Salcedo negli anni a venire. Infine il tema della corruzione del governo Colombiano sarebbe una bomba, almeno in teoria. Qui però è stata toccata in maniera quasi soft e rapida, tanto che poi vediamo di nuovo Pena in Texas col padre per il finale.

     
  • Vega87

    Terza stagione bellissima anche per me. Ho trovato Pedro Pascal ancora più bravo che nelle prime stagioni.
    Speriamo continui cosi’ anche in vista del rinnovo.

     
  • Pietro Franchi

    Dopo un inizio più sottotono del solito, fortunatamente devo dire che anch’io ho trovato uno scorrimento più fluido e teso in questa stagione, in particolare nella seconda parte.
    Rimango, però, con delle grandissime riserve verso Narcos in generale, delle riserve che se non altro quest’annata ha rinsaldato definitivamente. In fin dei conti, per quanto mi riguarda la serie si è confermata essere un puro strumento d’intrattenimento, che si nutre esclusivamente di sviluppi narrativi per raccontare una storia che possa appassionare il più ampio pubblico possibile. Il problema è che, da un’impostazione del genere, tutti gli interessantissimi spunti che nascono dalle vicende dei Narcos (la corruzione, il rapporto di Pablo col popolo colombiano, le contraddizioni e i limiti del governo e delle forze armate, ad esempio) vengono utilizzati come puri strumenti per alimentare il racconto, lasciando accennate e poco sviluppate le riflessioni che ne derivano.
    La stessa cosa va a coinvolgere gran parte dei personaggi, parte dei quali si trasforma in meccanismi bidimensionali (Murphy nelle scorse, e ora Pena e il corpo di polizia in generale) o viene infarinata con caratterizzazioni accennate (Pacho, Gilberto) oppure più approfondite ma in maniera troppo unidirezionale, troppo poco sfumata: il fatto che Jorge Salcedo sia il personaggio più riuscito della stagione la dice tutta sul livello di profondità voluto dagli autori.
    Tutto sommato, quindi, è anche giusto valutare la serie per quello che vuole essere, ovvero un “giocattolone” derivato da eventi storici che in realtà punta quasi solo ad intrattenere ed esaltare, a creare tensione e svolgere intrecci, senza nulla che possa creare sottotesto o riflessioni o anche solo rivoluzioni (stilistiche o di contenuto) di qualunque tipo. In quest’ottica, è vero che questa terza stagione è forse la più riuscita; io, personalmente, rimango comunque un po’ amareggiato dalle potenzialità di una premessa del genere, nonostante l’indubbio miglioramento nel ritmo rispetto allo scorso anno.

     
    • Davide Tuccella L'autore dell'articolo

      Chiaro, sono d’accordo sul fatto che ogni volta che c’è stata la possibilità di approfondire argomenti e temi direttamente collegati al fenomeno dei Narcos la serie abbia sempre scelto di privilegiare lo svolgimento lineare della storia prima di Escobar e poi di Cali, senza mai proporre qualcosa di diverso. Tuttavia penso che sin dalla prima stagione l’obiettivo sia sempre stato quello, quindi non mi sono mai aspettato, anche se avrei apprezzato indubbiamente, una cura maggiore di questi aspetti, a maggior ragione in una terza stagione che affrontava già un’altra sfida difficilissima, quella di non passare in secondo piano rispetto alle altre che, pur con tutti i limiti e la mancanza di profondità, erano seguitissime e avevano costruito intorno al personaggio televisivo di Pablo Escobar un grandissimo seguito. Io mi ritengo piuttosto soddisfatto, anche perchè non avevo grandissime aspettative.

       
      • Pietro Franchi

        Sì siamo d’accordo! Era un fatto molto chiaro fin dalla prima stagione, questa è stata solo un’ennesima conferma. In fondo se si entra nell’ottica della serie, appunto, si parla di un’annata riuscitissima rispetto alle aspettative e alle premesse che aveva. Il mio commento era più uno “sfogo” personale sullo show in generale, nonostante l’indubbia capacità nell’intrattenere che questa stagione ha avuto (anche su di me) 😀