Wet Hot American Summer: Ten Years Later – Stagione 1


Wet Hot American Summer: Ten Years Later - Stagione 1Il successo commerciale e culturale di tutto ciò che ha a che fare con la “nostalgia” è ormai un dato assodato: il revival di vecchie epoche, estetiche, formati è una delle grandi tendenze collettive che attraversa la contemporaneità. Addirittura, la nostalgia è diventata componente essenziale di gran parte delle mode culturali attuali, che rielaborano il passato per costruire un presente che non è fatto solo di mix and match di elementi di epoche diverse, ma addirittura di ri-creazioni ex novo che, più che col vintage, hanno a che fare col retro e la riproduzione di una storia che spesso non si è davvero neppure vissuta.

Parlando di serialità televisiva, la nostalgia sta dominando in maniera così capillare la produzione degli ultimi anni da essere diventata, da fertile terreno di creazione, un territorio scivoloso per gli show. Siamo infatti ormai di fronte a un numero enorme di serie dall’atmosfera vintage (dal seminale Mad Men fino a Stranger Things, Halt and Catch Fire e The Americans, per dirne solo alcuni) ma anche a tantissimi revival, reboot – e altri casi, che non si possono definire in altro modo che rianimazioni – di show iconici del recente passato; diventa difficile, in questo contesto così affollato di player che navigano l’onda del successo della nostalgia, distinguersi e creare qualcosa di davvero originale, che possa colpire l’immaginario degli spettatori.

Hey, let’s all promise that in ten years from today, we’ll meet again, and we’ll see what kind of people we’ve blossomed into.

Wet Hot American Summer: Ten Years Later - Stagione 1La saga di Wet Hot American Summer è forse l’esempio più evidente di questa situazione: un esperimento intelligente, divertente, estremamente godibile e originale che però fatica ad emergere nell’immaginario collettivo e conquistare l’attenzione che merita. Uno dei motivi di questa invisibilità è senz’altro legato alla sua stessa ragion d’essere, dato che è una saga temporalmente stratificata tanto da rendere difficile perfino la sua sinossi, che prende origine dal film omonimo, scritto nel 2001 da Michael Showalter e David Wain e diretto da quest’ultimo, che era già un revival parodistico dei cosiddetti “camp-movies”, i film prodotti negli anni ’70 e ’80 in USA che evocavano la vita dei campeggi estivi sia in chiave contemporanea che già ambientandoli nel recente passato (pensiamo a Dirty Dancing, uscito nel 1987 ma collocato nel 1963). Ambientato nell’immaginario Camp Firewood nel 1981, durante l’ultimo giorno del campeggio di un gruppo di adolescenti, Wet Hot American Summer è diventato negli anni un piccolo cult sia grazie al valore del film che a una serie di interpreti che avrebbero poi segnato la storia della comedy hollywoodiana negli anni a venire: tra gli altri Bradley Cooper, Paul Rudd, Amy Poehler, Elizabeth Banks e lo stesso Showalter nel ruolo di Coop.
Due anni fa Netflix sorprese tutti con un secondo capitolo della storia, Wet Hot American Summer – First Day of Camp, rimettendo insieme la squadra di attori originaria – più alcune guest star – quindici anni dopo il film, utilizzandoli nella maniera più eccentrica possibile: anziché spostare l’azione avanti nel tempo, infatti, lo show è un prequel del film che vede gli stessi attori (visibilmente ormai quarantenni, cambiati e in molti casi un po’ appesantiti) mettere in scena il primo giorno di campeggio. Le parrucche e i costumi ridicoli, ma anche l’intera premessa di un gruppo di uomini e donne di mezza età che agiscono e parlano come adolescenti degli anni Ottanta, erano parte integrante del divertimento, sostenuto da un plot assurdo che prevedeva, tra le altre cose, il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e la origin story di una lattina di zuppa parlante.

Wet Hot American Summer: Ten Years Later - Stagione 1La serie ridicolizzava, in uno stratificarsi complesso di linguaggi, sia la tendenza televisiva a creare reboot e prequel spesso sul filo del ridicolo, sia l’abitudine del cinema di far interpretare personaggi giovanissimi ad attori molto più vecchi del ruolo, ma era soprattutto una gioiosa macchina di situazioni assurde e battute feroci, in un continuo sbeffeggiamento di qualsiasi stereotipo e topic della narrazione di genere.
Purtroppo, in parte per la difficoltà dello spettatore medio di metabolizzare un universo di rimandi così complesso e apprezzare un progetto così metanarrativo e raffinato, in parte per lo scarso successo del film all’epoca, solo una piccola schiera di fan del cult originale hanno seguito con attenzione e apprezzato il secondo capitolo della saga, passato completamente sotto silenzio in Italia e scarsamente coperto (rispetto ad altre serie, come Stranger Things, nostalgica anch’essa ma ben più nota al grande pubblico) anche dalla critica americana. Come dicevamo, in un panorama di offerta così ampio anche nella nicchia di serie che sfruttano la nostalgia, esperimenti come quello di Wet Hot American Summer difficilmente possono farsi notare e sono quindi destinati a restare (nel bene e nel male) fenomeni marginali, piccoli cult.

Wet Hot American Summer: Ten Years Later - Stagione 1Nonostante questo, però, forse anche grazie al grande affiatamento del cast, che probabilmente si diverte nel realizzare lo show anche più degli spettatori, l’esperimento è stato replicato ancora, quasi fosse diventato un appuntamento fisso biennale dell’estate di Netflix, con il terzo capitolo Wet Hot American Summer: Ten Years Later.
A differenza della stagione 2015, quella di quest’anno è un sequel nel vero senso della parola, posizionato dieci anni dopo gli eventi centrali del film che ha dato origine alla saga, nel 1991. Tutto parte da una battuta del finale di Wet Hot American Summer, con cui Coop, Katie, Victor e gli altri compagni del campo estivo si danno appuntamento per scoprire insieme cosa sono diventati, innescando consapevolmente un altro topic del cinema hollywoodiano, ovvero quello della reunion tra amici d’infanzia ormai cresciuti.
In questa nuova stagione i protagonisti si ritrovano a 26 anni, ognuno con le proprie storie: chi non è ancora cresciuto, chi ha avito successo, chi è ancora vergine, chi arriva con una celebrity al fianco, chi da completo fallito. Una situazione classica da reunion movie appunto, che potrebbe essere The Big Chill e invece assume un doppio registro parodico, anzi triplo – con una dimensione in più rispetto al precedente – perché Ten Years Later non è solo una parodia dei camp movie ma è anche pieno di riferimenti al cinema degli anni ’90 (geniale l’inserimento di Alyssa Milano come babysitter psicopatica, ispirata alla Rebecca De Mornay di The Hand That Rocks the Cradle), ai reunion films dei cast delle serie tv (popolarissimi anche questi negli anni ’80 e ’90, e pensiamo a cose francamente terribili, ma iconiche come Baywatch: Hawaiian Wedding) e in generale a tutto il cinema e la cultura popolare di quegli anni.

Wet Hot American Summer: Ten Years Later - Stagione 1Tutta la stagione è una scoppiettante girandola di strizzate d’occhio al pubblico: dalla serie infinita di lieti fine riservati ad ogni personaggio che si succedono in un’escalation di inverosimiglianza fino ai personaggi di Paul Rudd e Zak Orth, che scimmiottano i più iconici eroi della commedia romantica dell’epoca, Matt Dillon in Singles e Ethan Hawke in Reality Bites. Questo cambiamento, pur indebolendo leggermente la dimensione autoriflessiva della serie, rende molto più comprensibile la vicenda anche per chi non ricordasse perfettamente gli eventi iniziali; le gag restano estremamente piacevoli, ma, a differenza del precedente, sono sempre meno legate al film originale e costruiscono un plot che si regge egregiamente da solo anche senza l’appoggio dei capitoli precedenti, con tanto di intervento non soltanto di Reagan, ma di ben tre Presidenti degli Stati Uniti, di una coppia di spie androidi, un missile e, naturalmente, delle nemesi giurate di Camp Tigerwood.
Ovviamente, gli attori sono ancora piacevolmente ridicoli nei panni di ventiseienni come lo erano in quelli di sedicenni, ma in questo terzo step della saga assistiamo alla creazione di una vera e propria mitologia di Camp Firewood, un mondo che ha ormai acquistato una sua indipendenza e forse avrebbe le potenzialità per estendersi ulteriormente in un ulteriore capitolo della saga, senz’altro possibile anche se il finale non fornisce indizi su questo punto.

Sebbene meno sorprendente dell’evento del 2015, Wet Hot American Summer: Ten Years Later mantiene tutto il fascino e la genialità della saga intatti, costruendo in più un nuovo tassello nella storia del gruppo di Camp Firewood e continuando, in sordina e lontano dai radar del grande pubblico, ad arricchire un esperimento davvero intelligente e originale, oltre che estremamente spassoso.

Voto: 7½

Condividi l'articolo
 

Informazioni su Eugenia Fattori

Bolognese di nascita - ma non chiedete l'età a una signora - è fanatica di scrittura e di cinema fin dalla culla, quindi era destino che scoprisse le serie tv e cercasse di unire le sue due grandi passioni. Inspiegabilmente (dato che tende a non portare mai scarpe e a non ricordarsi neanche le tabelline) è finita a lavorare nella moda e nei social media, ma Seriangolo è dove si sente davvero a casa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.