American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×01 The Man Who Would Be Vogue 2


American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace - 2x01 The Man Who Would Be VogueDopo una prima stagione dedicata al caso O.J. Simpson, che sconvolse l’America e il mondo nei primi anni ’90, Ryan Murphy decide di dedicarsi ad un altro caso celebre della stessa decade, ossia l’assassinio di Gianni Versace a Miami nel 1997 per mano di Andrew Cunanan, che sulla sua scia aveva già lasciato un discreto numero di morti. Se nel primo caso Murphy ha scelto un libro come “The Run of His Life: The People v. O. J. Simpson”, qui compie una scelta piuttosto controversa, ossia ispirarsi a “Vulgar Favors” di Maureen Orth – un libro che la famiglia Versace non stenta a definire “un’opera di finzione”.

È chiaro che Ryan Myrphy non stia mettendo in scena un documentario, e che dunque un certo margine di libertà creativa debba essere tenuto in considerazione, soprattutto in un caso come questo, dove non tutto (anche a distanza di vent’anni) risulta ancora chiaro – non nella dinamica dell’incidente, ma riguardo al legame tra vittima e carnefice antecedente all’assassinio. E tuttavia la famiglia Versace, che pure nel privato sembra in qualche modo supportare se non altro il cast (Donatella ha infatti recentemente inviato dei fiori a Penelope Cruz), in pubblico poco prima della messa in onda ha condannato per ben due volte la serie, con l’accusa agli autori di essersi ispirati ad un libro pieno di “gossip e speculazioni” e di notizie non provenienti dalla famiglia Versace.

Le discrepanze, è facile ipotizzarlo, si trovano in quegli argomenti che sono stati esaminati persino allora, e che i più ricorderanno, cioè quelli legati allo stile di vita di Gianni Versace, alle voci che circolavano su un movente legato all’HIV, ma soprattutto ai rapporti tra Versace e Cunanan. Ryan Murphy, che ha in più di un’occasione dimostrato la sua capacità di prevedere determinate dinamiche interne alla società, sembra con questo episodio rispondere esattamente a questi dubbi; molto più prosaicamente, potremmo dire che Murphy sapesse benissimo che proprio qui si trovava il terreno minato, del libro e della storia stessa, e – esattamente come fece per la prima stagione – decide di non prendere una posizione netta, ma di porre tutte le opzioni sul tavolo.
Lavora su queste discrepanze, le mette in primo o in secondo piano da subito, ma decide in particolare di concentrarsi proprio sul rapporto (esistente o meno) tra Gianni e Andrew, e sulla relazione simbolica che lega vittima e assassino.

American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace - 2x01 The Man Who Would Be VogueCi troviamo davanti ad un ribaltamento rispetto a “The People vs O.J. Simpson”, perché in quel caso la persona famosa era l’accusato, mentre le vittime lo sono solo diventate amaramente a seguito della loro morte; qui invece è la vittima ad essere conosciuta a livello mondiale, mentre il carnefice è uno fino ad allora sconosciuto. L’impostazione che emergerà da questa stagione sarà dunque chiaramente diversa, e sarebbe scorretto cercare paragoni in questo senso; e tuttavia è proprio da qui che parte Murphy, dal legame tutto particolare tra l’assassino e questa vittima, una tra tante (almeno quattro prima di Versace), ma che sconvolgerà il mondo, della moda e non solo.

My dear, sweet Lizzie. Versace has invited me to the opera. Of course I said yes.

Ecco che quindi Ryan Murphy, anche regista di questa season premiere, apre la puntata con una sequenza che vede pochissime linee di dialogo (nessuna nei primi quattro minuti) e che rappresenta due mattine completamente diverse: in un montaggio alternato sulle note dell’Adagio in sol minore (conosciuto come Adagio di Albinoni), seguiamo il risveglio di Gianni Versace nella sua villa di Miami e quella stessa mattina vissuta da Andrew Cunanan. Seguiamo il primo, fisicamente, nel suo percorso mattutino dentro e fuori dalla casa, come un reportage delle ultime ore di vita dell’uomo; tra simboli (la Medusa, che appare subito sulle ciabatte e comparirà a lungo durante la puntata, e di cui parleremo più avanti), farmaci ingoiati come a suggerire una qualche malattia (suggerire, appunto) e una routine sfarzosa eppure quasi familiare, le parti dedicate a Gianni si colorano di bellezza e magnificenza, con un contrappunto doloroso che è quello dell’Adagio e di ciò che vediamo come controparte di quel montaggio. Dall’altra parte, infatti, c’è la mattina di Andrew, segnata da altri elementi simbolici, come il libro “The Man Who Was Vogue – The life and time of Condé Nast” che ispira il titolo di questo episodio, le ferite sulla gamba, a suggerire anche qui quella malattia, poi i muri con gli insulti omofobi e infine i suoi scatti d’ira, le urla, il vomito. Una sequenza di quasi otto minuti in cui ci sono pochissime parole, eppure ci pare già chiara la netta contrapposizione tra i due uomini, che pure hanno (e avrebbero, secondo le speculazioni) molto in comune.

American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace - 2x01 The Man Who Would Be VogueGianni Versace ci viene presentato come un genio (verrà ripetuto due volte, dal compagno Antonio d’Amico e dalla sorella Donatella), come una persona capace di un’empatia che è forse ciò che l’ha reso davvero uno degli stilisti più noti al mondo, e anche come un uomo rimasto interamente e visceralmente legato alla famiglia. Lo si vede quando fa provare l’abito per l’opera e racconta della madre sarta e di quando gli ha insegnato che, più che guardare il vestito indossato, bisogna osservare il volto di chi lo veste, perché è da lì che si capisce la verità; lo si scorge nelle volte in cui parla della madre, appunto, ma anche della sorella e soprattutto della Medusa, simbolo familiare d’infanzia diventato marchio in tutto il mondo. Al di là delle ombre e dei gossip, insomma, questo è il quadro che Ryan Murphy decide di associare alla vittima, mentre il carnefice risulta esattamente l’opposto.

Ad un uomo che ci appare onesto e sincero si contrappone infatti un individuo caratterizzato dalla bugia patologica, che “dice ciò che gli altri vogliono sentirsi dire”; un uomo totalmente incapace di empatia, e dunque costantemente alla ricerca di modelli da imitare, per apparire come questa o quella persona – un evidente disturbo della personalità, portato così all’estremo da averlo reso un autentico trasformista, che è riuscito così ad evitare la polizia per un’intera settimana dall’omicidio Versace.
American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace - 2x01 The Man Who Would Be VogueAndrew, a differenza di Gianni, è anche un uomo che non vive bene la sua omosessualità e Ryan Murphy ce lo fa capire da subito, con quei muri che sembrano insultare solo lui, e altri riferimenti più o meno diretti durante l’episodio. Insomma, è chiaro che se nella prima stagione i protagonisti erano O.J. e l’America tutta, rappresentata da Marcia Clark, il Dream Team e tutti gli altri protagonisti del tribunale, qui si gioca con regole diverse e Murphy rende colonna portante del racconto non tanto il rapporto vero (o presunto) tra Gianni e Andrew, ma il parallelo tra i due; trasforma la narrazione del reale (così combattuta e controversa) in una narrazione creativa, che è esattamente il compito di un autore.

And one day, I saw the Medusa’s head […] I know that many people call it pretentious, but I don’t care. How could my childhood be pretentious?

L’unico incontro tra i due uomini che appare praticamente certo grazie alla presenza di un buon numero di testimoni è il primo ad essere mostrato, quello dell’ottobre 1990 in un club di San Francisco; qui Murphy può giocare abbastanza in libertà, motivo per cui l’evento diventa occasione per mostrare da subito le rielaborazioni della realtà da parte di Andrew (assistiamo infatti al reale scambio, riportato appunto anche da testimoni, e a quello narrato dal giovane ai suoi amici, Lizzie e il marito Philip). Ma è il secondo incontro, quello che sarebbe avvenuto a seguito dell’opera “Capriccio”, su cui è bene concentrarsi. Stando infatti anche al libro di Maureen Orth, non ci sono testimoni di questo evento, che viene riportato da un amico, Steven Gomer, a cui Andrew avrebbe raccontato dell’incontro la sera stessa*; decidere di rappresentare questa scena o di non farlo non vuol dire automaticamente dichiarare che sia o non sia successa, bensì che Ryan Murphy (come già in passato) decide di mettere in scena diverse opzioni, di presentarle tutte sul tavolo (e gli accenni all’HIV ne sono un esempio) per permettere di farsi un’idea generale di tutte le carte in gioco.

American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace - 2x01 The Man Who Would Be VogueVero o falso che sia, l’incontro serve alla narrazione per evidenziare ancora di più le caratteristiche dei due uomini di cui si parlava prima: le manie di grandezza e le bugie di Cunanan; il senso di famiglia e l’identità fortemente caratterizzata di Gianni; è l’occasione per raccontarci la storia della Medusa, quello stesso simbolo che ritroviamo sulla maglietta di Versace il giorno della morte – una delle libertà artistiche di Murphy in questo episodio. Non aveva davvero quella t-shirt quando è morto, ma il taglio di quella Medusa rappresenta perfettamente la chiusura di un’epoca e la spaccatura insanabile all’interno di quella famiglia.

They’ll judge the killer, yes, but they’ll judge the victim, too.

Siamo oltre la metà dell’episodio quando compare per la prima volta Donatella Versace ed è con il suo arrivo che quel senso di famiglia, così libero e creativo come ci era stato mostrato fino ad ora, diventa chiuso e batte in ritirata, a difesa di un nucleo familiare che verrà preso d’assalto, come la donna sembra aver già capito. Non trapela da Murphy un giudizio di Donatella in questo senso, o meglio, ne emergono sin da subito elementi negativi e positivi: è impossibile infatti non notare l’istantaneo allontanamento di un devastato Antonio D’Amico, che, con ancora addosso il sangue del compagno, si vede attaccato da Donatella per non aver saputo difendere abbastanza Gianni.

American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace - 2x01 The Man Who Would Be Vogue Ma è anche nella gestione e nell’acuta analisi di quanto sta accadendo e soprattutto accadrà che si notano le spiccate doti della donna: nella prima riunione – in cui rievoca le origini del lavoro di Gianni, ma mette in guardia rispetto a chi “prima piange, poi mormora” – e anche nella seconda, momento in cui deciderà di ritirare la scelta di far quotare l’azienda in Borsa, emerge il senso di protezione della famiglia che Donatella è obbligata a perseguire, in una chiusura che è all’apparenza allontanamento dal mondo, ma che è soprattutto un ritorno obbligato alle origini, all’azienda a conduzione familiare. Certo, non può sfuggire il suo comportamento prevaricatore nei confronti del fratello Santo, che parla pochissimo e quando lo fa rimane inascoltato; ma per ora se c’è una cosa che emerge dai Versace è proprio questo: famiglia e unione – ad ogni costo, anche quello di nascondere la verità sotto il tappeto –, tutto sotto il simbolo della Medusa.

La prima puntata di The Assassination of Gianni Versace si distingue in maniera evidente dalla scorsa stagione, ma lo fa con consapevolezza, decidendo sin da subito di giocare tutt’altro campionato, e lo fa affidandosi a interpreti convincenti e in parte (Édgar Ramírez nella sua incredibile somiglianza con Gianni Versace, Darren Criss in un’ottima e per niente facile prova attoriale nei panni di Cunanan, una convincente Penelope Cruz, che di certo ha potuto avvalersi di anni di conoscenza con Donatella per prendere l’ispirazione, e anche un buon Ricky Martin).
“The Man Who Would Be Vogue” apre questa seconda annata di American Crime Story con una dichiarazione d’intenti assolutamente riuscita, divergendo dalla precedente stagione dove necessario, ma ritrovandosi pienamente nello stile di Murphy: quello dell’indagine narrativa che passa dall’estetica, dal simbolismo, dai paralleli e dalla necessità di vedere tutte le versioni della realtà per farsi un’idea di quale lo sia davvero.

Voto: 8½

* “Gomer also told Orth that, on another evening, he ran into Cunanan at a different San Francisco haunt. Cunanan, who was wearing a tuxedo at the time, claimed to have just come from Capriccio, where he “was with Gianni Versace.” This stray remark seems to be the basis for the Versace scene in which Cunanan and Versace, surrounded by candelabras and sipping champagne, get to know each other on the stage of the San Francisco Opera.”
Fonte: Vanity Fair

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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2 commenti su “American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×01 The Man Who Would Be Vogue

  • Boba Fett

    Trattandosi dell’inizio di una storia che sicuramente andrà ad approfondire con la solita maestria i temi elencati, quel che mi è mancato in questo primo capitolo è l’empatia con uno qualsiasi dei personaggi, una Marcia Clark tanto per intenderci. Tutti i caratteri visti sono al limite del sopportabile e anche la vittima G. Versace sembrerebbe essere colpevole quanto O. J. Simpson pur senza aver ucciso nessuno, colpevole di aver contribuito ad alimentare quel classismo che diventa frustrazione in chi, come il suo assassino, sta dalla parte del “voglio, ma non posso”. Però mi fido di Murphy e sarà interessante vedere come racconterà un mondo, quello omosessuale, non solo già raccontato milioni di volte (Philadelphia, tanto per dirne uno), ma che lo riguarda anche molto da vicino.

     
    • Federica Barbera L'autore dell'articolo

      Ciao Boba Fett, che cosa strana! Per me la rappresentazione di Versace è proprio opposta. Il suo essere ricco, ostentatamente ricco, poteva produrre l’immagine di quel classismo che dici tu, e invece mi sembra proprio che il pilot abbia caratterizzato il personaggio in maniera opposta: un uomo legato alle radici, alla famiglia, profondamente empatico, che sì, è schifosamente ricco (diremmo noi), ma che non lo è a caso. È partito dal basso, dal bassissimo, ed è arrivato a quello. E tra l’altro non mi è neanche molto chiaro il collegamento che fai tra questo classismo e la frustrazione di Cunanan. Cioè, lo vedi come movente o aggravante del movente? Mi sembra che la puntata suggerisca tutt’altro, mettendo infatti in scena alcune delle ipotesi fatte nel tempo (quella dell’HIV ai tempi fu la più accreditata, ma smentita dall’autopsia su Cunanan), ma anche una certa avversione verso un uomo che viveva bene la sua omosessualità, all’opposto di lui stesso che chiaramente aveva dei problemi a riguardo.
      In più Versace è la quinta accertata vittima di Cunanan, quindi mi sfugge proprio come possa essere quel classismo un movente (se è questo che volevi dire, come ti dicevo non mi è molto chiaro!).
      In ogni caso non ce lo vedo proprio nella puntata, ecco.
      Dove ti è parso che gli autori abbiano mostrato questa cosa?