American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×08/09 Creator/Destroyer & Alone 6


American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×08/09 Creator/Destroyer & AloneIl turbinante cammino a ritroso nella vita di Andrew Cunanan e Gianni Versace giunge finalmente a conclusione nei due episodi finali di American Crime Story, in cui ribadisce una volta per tutte come questa anomala forma narrativa sia l’unica scelta possibile per fare luce sul contorto legame che unisce il giovane serial killer e lo stilista di fama mondiale. Lo sceneggiatore Tom Rob Smith riesce a chiudere il cerchio e a dimostrare come la fine dei protagonisti di questa storia violenta, così lontani e al tempo stesso affini nel loro percorso di formazione, sia segnata fin dal principio e quanto i rispettivi contesti familiari abbiano segnato il loro destino.

“Creator/Destroyer”: creatore e distruttore di desideri e ambizioni, due ruoli opposti i cui interpreti ci vengono mostrati nella sequenza introduttiva dell’ottavo episodio. Da un lato abbiamo la madre di Gianni, cresciuto in una Calabria degli anni Cinquanta trasognata e irreale, che, nonostante il bigottismo e il fervore religioso imperanti nel Sud Italia dell’epoca, accetta la diversità del figlio e lo sprona a mantenere viva la sua vena artistica attraverso il duro lavoro quotidiano; dall’altra parte invece abbiamo l’America degli anni Ottanta, quella delle illusioni di un Sogno Americano alla portata di tutti, e a cavalcare l’onda di queste false promesse vi è Modesto Cunanan, il bieco padre di Andrew il cui nome filippino, in lingua italiana, diventa un aggettivo tremendamente calzante per descriverlo.

Il narcisismo del protagonista, le sue abilità affabulatorie e la sequela di false identità messe in mostra negli episodi precedenti acquistano finalmente senso con la descrizione del rapporto morboso tra padre e figlio, che arriva a sfociare nell’abuso sessuale, origine del talento di Andrew nell’adescare uomini più vecchi di lui. Modesto Cunanan è l’opposto negativo di Francesca Versace, portato in scena da Jon Jon Briones in tutta la sua meschinità: l’educazione impartita ad Andrew mette al primo posto l’apparenza invece dell’impegno, la capacità di intrattenere una buona conversazione invece che la dedizione ai propri desideri; di conseguenza il figlio prende dal padre anche l’incapacità di accettare il fallimento e l’indole violenta verso chiunque non gli garantisca amore e fiducia incondizionati.

American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×08/09 Creator/Destroyer & AloneL’adolescenza di Andrew si apre quindi con le contraddizioni che segneranno la sua vita adulta, espresse eloquentemente dal poster di Momenti di gloria che il giovane sfoggia sulla parete della sua camera. Andrew cerca l’amore a tutti i costi e vorrebbe gridarlo a voce alta in un mondo dove l’omosessualità è ancora un segreto inconfessabile da tenere nascosto, ma l’ostilità della società e gli insegnamenti malati del padre lo portano a dare un’immagine falsata di se stesso agli altri. Così come la psiche di Andrew inizia a sgretolarsi, anche il castello di menzogne e inganni imbastito da Modesto per sfondare nel mondo della finanza comincia a crollare, costringendo l’uomo a mostrare la sua vera natura al figlio che lo ha sempre visto come un modello vincente da cui trarre ispirazione.

La sequenza della fuga del padre dall’FBI, alternata alla sibillina citazione scelta da Andrew per l’annuario scolastico, rappresenta la morte delle illusioni dorate di cui il giovane si nutriva fin dall’infanzia e, con forza premonitrice, la genesi del mostro che dieci anni dopo acquisterà notorietà mondiale: la fine della storia di Andrew Cunanan sembra scritta fin da principio con spaventosa circolarità, quasi come se il protagonista già sapesse di essere destinato a qualcosa di terribile. La regia di Matt Bomer – qui al suo esordio dietro la macchina da presa – gioca con il montaggio per creare efficaci paralleli tra il declino morale dei personaggi e rafforza ancora di più la raffinatezza dell’intera stagione, lasciando lo spettatore in forte disagio di fronte all’ineluttabilità della vicenda narrata, che raggiunge il suo apice nel drammatico scontro tra Andrew e Modesto nella giungla di Manila. Il viaggio di Andrew nelle Filippine alla ricerca di una figura paterna fasulla rivela tutta la sua sudditanza nei confronti di un individuo tanto autoritario quanto inetto e meschino, che in mezzo al mare di bugie pronunciate per salvarsi mette in luce anche una grande verità sui sogni di gloria promessi dagli Stati Uniti: chi è diverso o straniero non può realizzarsi senza mentire o rubare al prossimo.

Ora che il cerchio è finalmente chiuso, le bugie di Andrew diventano lo specchio delle menzogne su cui l’America getta le basi e che lo portano a diventare un manipolatore ben peggiore del padre. Lungi dal mettere in scena l’apologia di un killer, questa stagione di American Crime Story è partita dalla storia di un singolo individuo per fare luce sugli orrori e i disastri di una nazione intera e, solo grazie a questa ardita regressione temporale, siamo riusciti a prendere piena coscienza delle vessazioni e delle circostanze che hanno trasformato un giovane che anelava alla celebrità nel più famigerato killer degli anni Novanta. In confronto con gli episodi precedenti “Alone” può quindi sembrare molto meno incisivo o conturbante, ma nell’economia del racconto rappresenta una conclusione perfetta, arricchita da momenti di televisione straordinari, che riporta alla mente la cronaca del processo a O.J. Simpson per il modo in cui descrive il potere manipolativo dei media.

American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×08/09 Creator/Destroyer & AloneUbriacato dalla gioia per essere stato finalmente notato agli occhi del mondo, Andrew si trincera nella casa galleggiante che sarà il teatro dei suoi ultimi giorni di vita, e attraverso il televisore si gode i frutti del suo folle gesto, ma l’esaltazione lascia presto spazio al terrore e al rimorso di fronte alle testimonianze dei parenti delle vittime. Andrew intrattiene un dialogo allucinato con lo schermo dove sfilano, uno dopo l’altro, tutti i personaggi da lui conosciuti o sfiorati negli episodi precedenti per esporre all’opinione pubblica la solitudine che l’assassino gli ha procurato al suo passaggio. Le dichiarazioni di Marilyn Miglin e Howard Madson, unite alle teorie assurde inventate dai giornalisti per dare un senso al crimine, spezzano i deliri omicidi del giovane per metterlo a confronto con il vero peso delle sue azioni, ma è Modesto, per l’ennesima volta, a segnare in maniera lapidaria il destino di Andrew: le bugie del padre sui continui contatti con il figlio e i progetti comuni per portare a Hollywood la sua straordinaria storia segnano il punto di non ritorno definitivo per il protagonista, consapevole di essere uguale all’uomo da cui ha sempre cercato di distanziarsi.

La verità sull’omicidio di Versace, però, è nascosta altrove e a rivelarla è Ronnie Holston – il compagno di stanza di Andrew comparso nel secondo episodio – durante l’interrogatorio con la polizia dove l’uomo mette alla berlina l’inefficienza delle forze dell’ordine ed espone a piena voce il cuore tematico della stagione: la furia omicida di Andrew Cunanan è dovuta all’inconfessata omofobia dei poliziotti e della società che obbligano i gay a vivere nell’ombra a meno che non siano celebrità globalmente accettate. Gianni Versace muore perché simbolo di ciò che Andrew vorrebbe essere, un omosessuale che grazie al suo smisurato talento può mostrarsi agli occhi del mondo senza bisogno di menzogne o manipolazioni.  L’omofobia riesce comunque a colpire la famiglia Versace dopo la morte di Gianni, per questo motivo l’attenzione non è concentrata su Donatella, afflitta dalla perdita del fratello e dalla responsabilità di erede del marchio di famiglia, ma sul calvario di Antonio D’Amico, che durante la cerimonia funebre nel Duomo di Milano – una delle sequenze più memorabili dell’episodio – si vede negato il riconoscimento della sua importanza nella vita dello stilista; il dettaglio della mano del prete che si scosta repentinamente da quella di Antonio sintetizza alla perfezione il discorso di Ronnie sulla disparità di trattamento che l’opinione pubblica riserva agli omosessuali a seconda del grado di notorietà.

L’ultima parola però viene lasciata ad Andrew Cunanan, ormai abbandonato in uno stato di totale degrado psicofisico, che sceglie di uscire di scena in maniera spettacolare sparandosi in bocca piuttosto che facendosi catturare dalla polizia. Per tutta la stagione sono state giustamente tessute le lodi di Darren Criss, ma mai come in questo episodio l’attore dimostra il suo talento nel ritrarre la molteplicità schiofrenica di emozioni e personalità del suo personaggio, imponendosi con largo anticipo sui tempi come uno dei migliori interpreti maschili di questo 2018 seriale.

American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×08/09 Creator/Destroyer & AloneLo sparo che cala il sipario sulla vita di Andrew ci riporta al fatidico incontro tra il protagonista e Gianni Versace al teatro dell’opera di San Francisco già mostrato nel primo episodio. Che si tratti di un fatto reale o di un delirio del giovane non ha importanza, quello che conta sono le parole che lo stilista lascia al suo ammiratore numero uno, il primo vero insegnamento di vita che Andrew abbia mai ricevuto ma che, nella sua mente distorta, suona come un rifiuto inaccettabile che ha portato agli eventi di cui il mondo intero è stato testimone il 15 Luglio 1997. L’insanabile distanza che ha segnato vittima e carnefice in vita si ripete anche nella morte con il contrasto tra l’elegante urna di Versace e l’animo loculo di Andrew Cunanan, specchio dei continui sforzi del protagonista di sfuggire alla propria ordinarietà per raggiungere una grandezza che gli viene eternamente negata.

Questa stagione di American Crime Story non ha raccolto consensi unanimi come la prima annata, complice l’ardita narrazione di Tom Rob Smith e un battage pubblicitario che ha disatteso le aspettative sui nomi forti del cast, ma in questa nuova annata televisiva, che fatica a proporre titoli di alto livello la serie, si impone come un melodramma straziante sulla solitudine e sull’omosessualità in America nel periodo storico forse più cruciale per affrontare l’argomento senza mezzi termini e lascia lo spettatore attonito di fronte alla parabola sanguinosa di Andrew Cunanan, un uomo qualunque la cui spasmodica ricerca della notorietà si è tradotta nella cronaca di una sconfitta annunciata.

Voto episodio 2×08: 9
Voto episodio 2×09: 8 ½
Voto stagione: 9

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6 commenti su “American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace – 2×08/09 Creator/Destroyer & Alone

  • Angela

    Stagione promossa a pieni voti. Mi è molto piaciuta la ricostruzione della figura di Cunanan procedendo a ritroso nelle vicende poi sfociate nel suo ultimo omicidio, quello di Versace, che gli ha finalmente regalato la “fama” che tanto desiderava, e il seguente suicidio. Poco importa quanto ci sia di biografico e quanto di romanzato in queste vicende perché il lavoro che è stato fatto è eccellente.

     
  • Angela

    Trovo l’intera serie un capolavoro!
    Da qualsiasi parte la si analizzi, dalla recitazione(Darren Criss è molto bravo) alla regia, dalla costruzione della psicologia dei personaggi all’analisi sociologica del contesto storico. Risulta autentico l’impegno di tutti contro un sistema che ancora oggi puzza di omofobia!

     
  • magicblack

    Reputo eccessive le lodi ed esageratamente alto il voto. Questa stagione non mi ha soddisfatto del tutto; un passo indietro rispetto alla scorsa che era riuscita, a mio avviso, a caratterizzare meglio i personaggi e a realizzare una miglior disamina sociale. Troppo poco spazio ai personaggi della serie e al loro io interiore. Si è parlato quasi solo delle stragi di Cunanan più che della sua psiche e della sua personalità (e no, non mi è bastato un episodio dal passato per caratterizzarlo a dovere). Una stagione che definirei discreta perlopiù per le interpretazioni ottime offerte dalla Cruz e da Criss.

     
  • Boba Fett

    Davvero niente di che, stagione sottotono nonostante le intenzioni e un titolo a questo punto volutamente fuorviante in mancanza di appeal. Sorvoliamo su alcune scelte tecniche come il casting (attori con una dizione ispanica per i caratteri italiani), la scenografia delle location “italiane” (quella sartoria dei Versace sembrava uno stanzone della Caritas) o, alla lunga, il fastidioso andamento al passo del gambero, sono proprio i temi importanti, già poco originali perché visti e rivisti più volte, ad essere trattati in uno stile sciatto e anche decisamente superato. Mr Murphy, questa è la seconda delusione che mi dai in pochi mesi!

     
  • Sergio

    Non è allo stesso livello della prima stagione ma nel complesso mi è piaciuta. La parte relativa al passato di Cunanan fatto bene e avvincente con la ricostruzione a ritroso.
    Pecca la parte dei personaggi Versace, insignificanti e inguardabili sentirli parlare in inglese con accento spagnolo!!!