The Good Fight – Stagione 2 Episodi 3-4-5 5


The Good Fight – Stagione 2 Episodi 3-4-5Se c’è una cosa che i primi mesi di questo 2018 ci ha insegnato è quanto sia difficile trovare un’altra serie che sappia raccontare l’attualità quanto The Good Fight; i coniugi King stanno dimostrando di nuovo di avere una spiccata sensibilità nel decodificare la realtà che li circonda e una grande capacità di tradurla in uno show chiaro e lineare, figlio indipendente di un altro progetto televisivo durato sette anni – The Good Wife.

La varietà dei temi trattati e la qualità raggiunta nel farlo ci fanno prestare attenzione costante a questo show, che tramite la sua narrazione si eleva da semplice intrattenimento audiovisivo e diventa un metodo per capire il presente, per approfondire temi sulla bocca di tutti in modo acuto e saggio, come solo i King sanno fare; per questo è condizione necessaria attingere alle breaking news e ai quei casi di cronaca che ancora sono sulla bocca di tutti o che – prima o poi – è verosimile che ci finiscano. Le conseguenze del movimento #MeToo, la violenza delle forze dell’ordine e le contraddizioni generate all’interno del mondo del lavoro sono i temi principali del trittico di episodi di cui si sta parlando, contenuti nella prima parte della stagione, che sarà composta da tredici puntate.

#MeToo

The Good Fight – Stagione 2 Episodi 3-4-5Di molestie e abusi sessuali si parla più di una volta e in modo sempre diverso: questo grande tema scoppiato da pochi mesi viene vivisezionato per raccontarlo al meglio, scegliendo di non banalizzarlo e mettendolo in un contesto che possa dare adito a delle riflessioni ulteriori rispetto a quelle fatte durante tutti questi mesi di cronaca sull’argomento. Si parla in “Day 422” di opportunità e colpe, mentre in “Day 436” viene puntato un riflettore sull’altro lato della medaglia, che vede il movimento #MeToo usato per fini diversi rispetto a quelli per cui è nato. Nel terzo episodio della stagione, raccontando la relazione tra due protagonisti di un reality show americano, The Good Fight riesce a sottolineare un concetto molto semplice, che forse è ancora oscuro ai più: “You didn’t get me drunk. You didn’t drug me. You didn’t force yourself on me. And I didn’t say no. But at some point, I lost the ability to say no. And your problem is you’re so sure you’re not one of those guys, you became one of those guys, Blake” (Non mi hai fatto ubriacare, non mi hai drogata. Non mi hai costretta contro la mia volontà. E io non ho detto di no. Ma ad un certo punto ho perso l’abilità di dire no. E il tuo problema è che sei così sicuro di non essere uno di quei ragazzi, che lo sei diventato, Blake).

Robert e Michelle King ci mostrano una versione diversa delle molestie sessuali che centinaia di donne devono subire ogni giorno, un metodo di violenza camuffato dalle apparenti buone intenzioni del molestatore in questione: gli autori sottolineano il fatto che, per iniziare e continuare un qualunque tipo di approccio sessuale o sentimentale sano e rispettoso, non basta che l’altra persona non dica un esplicito no, ma occorre soprattutto ricevere una riposta positiva nata da una mente lucida. La riflessione sembra all’apparenza banale e ovvia, ma è chiaro che i King vogliano puntare sulla semplicità per far capire che questo concetto non è affatto banale e che, se anche una sola donna dovrà ancora subire fatti del genere, è bene ripassare le regole base per un vivere civile.

Il secondo momento in cui il movimento #MeToo torna al centro della scena è durante l’episodio cinque, che vede un nuovo e interessante punto di vista sul problema: in questo caso si guardano le conseguenze che ha scatenato l’ondata di testimonianze a sfavore di numerosi uomini violenti; testimonianze che, proprio a causa della natura del crimine in questione, possono essere facilmente manipolate anche per interessi politici – come ci suggeriscono i King. Se un’accusa di molestie sessuali viene usata come arma politica, si capisce la portata devastante del fenomeno e la pericolosità di qualcosa che ha il potere di rovinare una vita per sempre. La riflessione su questo tema è profonda e, se a prima vista potrebbe sembrare un modo per togliere credibilità alle centinaia di testimonianze in merito alle violenze sessuali – insinuando un doppio fine dietro a questa faccenda di portata mondiale –, in realtà si vuole solo stigmatizzare chi mente per proteggere tutti gli altri e liberare il campo da dubbi e perplessità che una testimonianza senza prove può portarsi dietro; pensare che qualunque denuncia di violenza sia fatta in buona fede è irrealistico, ma estromettere chi mente dalla discussione dà credibilità a tutti gli altri. Nel caso in questione, i King ribaltano due volte le carte in tavola, prima mettendo al centro il tema della vendetta politica, poi svelando che, in realtà, le molestie erano avvenute per davvero, facendo capire quanto sia difficile scoprire la verità, ma anche che ogni denuncia deve essere presa sul serio.

Le forze dell’ordine

The Good Fight – Stagione 2 Episodi 3-4-5Anche le forze dell’ordine americane entrano a pieno diritto tra i temi principali narrati da The Good Fight, puntando soprattutto sui loro metodi poco ortodossi: nell’episodio “Day 436” vediamo Lucca e Maia seguire delle pattuglie di polizia per fornire sostegno legale ai poliziotti a bordo. Mentre le due ragazze stanno svolgendo il loro lavoro, assistiamo da una parte a degli abusi di potere, dall’altra a un grande spreco di risorse umane e economiche: questi sono i due punti su cui si concentrano gli autori, muovendo una critica alla polizia di Chicago – ma non solo – molto sottile e efficace. Tutto ciò si collega anche all’altra grande storyline che lega ogni episodio di questa stagione fino ad ora: il duro attacco che gli avvocati americani stanno subendo è mal gestito dalle forze di polizia che, evidentemente, sottovalutano la gravità degli omicidi che si susseguono da diverse puntate; se la prima volta che vediamo la polizia in azione è solo in seguito alla busta sospetta indirizzata a Diane, è chiaro il messaggio che i King vogliono far passare.

Il mondo del lavoro

Sulla questione lavorativa americana viene dedicato un intero episodio, il quarto, costruito su due binari paralleli che vengono fatti incrociare all’improvviso per sottolineare il grande tema che li accomuna; oltre che per la creatività diegetica con cui vene narrato questo segmento, è interessante il pensiero degli autori sul mondo lavorativo americano, che viene raccontato come un ambiente succube delle proprie regole. Sia il professore delle elementari che il fratello di Lucca, inventore dell’app in aiuto ai carcerati, devono fare un passo indietro, vengono messi davanti alla rinuncia del loro sogno americano per colpa di qualcun altro, capace di prendere le regole del sistema e piegarle a proprio vantaggio. I King fanno un interessante discorso sul merito, mettendolo in crisi per tutto l’episodio e dimostrando quanto sia facile farcela anche senza; alla fine, però, non manca l’happy ending e due valori come l’onestà e l’umanità verso il prossimo sono riabilitati.

È chiaro che “Day 422”, “Day 429” e “Day 436” siano episodi che trascurano la storyline principale che ha aperto questa seconda annata dello show, ma la capacità di focalizzarsi su temi altrettanto importanti e attuali li rende fondamentali per la costruzione dell’universo di The Good Fight; questo modo di parlare di temi e storie è senza dubbio la cifra di Michelle e Robert King che continuano a fare una televisione ibrida, capace di mischiare fiction e approfondimento, elevando entrambi i generi e creandone un terzo che si spera non abbia vita breve.

Voto 2×03: 8
Voto 2×04: 8
Voto 2×05: 7/8

Nota:
Che The Good Fight fosse influenzato da quello che succede nel mondo reale è cosa nota, ma nessuno si sarebbe aspettato fino a questo punto: la gravidanza di Lucca Quinn, annunciata durante l’episodio quattro, è stata decisa dai coniugi King a seguito della notizia che anche Cush Jumbo (l’attrice che la interpreta)  aspetta un bambino. Attrice e personaggio avranno quindi in comune una cosa in più, con grande felicità di Jumbo, come ha dichiarato durante la serata di premiazione dei Critics’ Choice Awards 2018, in cui ha dato la notizia.

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Informazioni su Davide Canti

Noioso provinciale, mi interesso di storytelling sia per la TV che per la pubblicità (in fondo che differenza c'è?!). Criticante per vocazione e criticato per aspirazione, mi avvicino alla serialità a fine anni '90 con i vampiri e qualche anno dopo con delle signore disperate. Cosa voglio fare da grande? L'obiettivo è quello di raccontare storie nuove in modo nuovo. "I critici e i recensori contano davvero un casino sul fatto che alla fine l'inferno non esista." (Chuck Palahniuk)


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5 commenti su “The Good Fight – Stagione 2 Episodi 3-4-5

  • Federica Barbera

    Io non so davvero come facciano, ma i King riescono in un’impresa quasi impossibile: essere attuali tanto quanto un telegiornale o poco più, e questo nonostante gli ovvi mesi che intercorrono tra la creazione della puntata e la messa in onda. Quest’anno poi, con l’idea di nominare le puntate con il numero dei giorni della presidenza Trump al momento della trasmissione della puntata, beh, si sono auto-assegnati la medaglia al valore.
    Che dire: The Good Fight è una delle serie più interessanti in circolazione e, come giustamente sottolinei tu Davide, Robert e Michelle non perdono mai un’occasione per farci riflettere sulla contemporaneità da diversi punti di vista, senza per questo essere sconvenienti.

    Aggiungo solo due cose: il ritorno di Elsbeth <3 e le visioni di Diane, che chiaramente non sta PER NIENTE dandosi al microdosaggio XD

     
    • Davide Canti L'autore dell'articolo

      Il lavoro su Diane è molto interessante, lento e costante e senza scoppi improvvisi che sarebbero molto poco verosimili. Secondo me ci darà grosse soddisfazioni a lungo termine…

       
  • Alessia89

    È il fratello di Lucca, non di Maia. Comunque, gli episodi di The Good Fight sanno essere attuali, mai banali, senza risultare lenti o pesanti da seguire. The Good Wife l’ho adorato, ma lo spin off mi piace quasi di più.