Roseanne – Stagione 10


Roseanne – Stagione 10Nella Peak TV c’è spazio per tutti, si è detto spesso, sostenendo con ottime ragioni che si tratta del momento in cui la diversità in tutte le sue forme è forse lo strumento chiave per interpretare l’attuale stato della televisione contemporanea. La moltiplicazione dei formati, dei generi e dei modelli di televisione, la ricerca assidua di nicchie più o meno grandi e più o meno nascoste, hanno portato all’affermazione di mode, tendenze e filoni ricorrenti. Tra questi c’è sicuramente quello dei revival, simbolo dell’inscindibile rapporto tra la cultura pop contemporanea e la nostalgia.

Se la retromania si è sempre espressa attraverso racconti ambientati nel passato, identificando costantemente un prima in cui si stava meglio o comunque in cui tutto era più affascinante (come racconta benissimo Magic in the Moonlight di Woody Allen), negli ultimi anni questo particolare rapporto con il passato ha portato a una lunga serie di revival di show un tempo di successo o che con gli anni sono diventati di culto. Il solo annuncio del ritorno di Roseanne è stato accolto da un’ovazione dal pubblico americano – oltre che naturalmente dagli osservatori specializzati – in quanto la serie è stata sia un grandissimo successo di pubblico, sia un prodotto ground breaking dal punto di vista dell’evoluzione della sitcom americana.

Roseanne, arrivata in Italia con l’imbarazzante titolo Pappa e ciccia, è una serie televisiva andata in onda su ABC dal 1988 al 1997, segnando profondamente l’immaginario del pubblico americano e offrendo un ritratto della working class statunitense in grado di mettere in evidenza una serie di contraddizioni che raramente avevano (e hanno) spazio sul piccolo schermo. Lo show si basa soprattutto sulla figura di Roseanne Conner (interpretata in maniera magnifica per nove anni da Roseanne Barr, alla quale è anche attribuita la creazione del personaggio), donna, madre, lavoratrice e moglie alle prese con il lavoro in fabbrica, con la crescita della prole e con responsabilità familiari e domestiche che gravano sulle sue spalle più che su quelle del marito (interpretato da uno straordinario John Goodman).

Roseanne – Stagione 10Per otto stagioni la serie ha raccontato al pubblico americano in modo divertente ma mai superficiale una realtà che in molti spesso non hanno voluto vedere (né sullo schermo né fuori) e nella quale invece tanti altri sono profondamente e irrimediabilmente immersi. Nella nona annata invece gli autori, complice anche un calo di ascolti, hanno tentato una svolta onirica che è stata vista da quasi tutti come un esperimento fallimentare o comunque come un salto dello squalo bello grosso.
Con un rapidissimo salto temporale arriviamo al presente e al ritorno in vita di Roseanne sotto forma di un revival che al contempo è anche un sequel in quanto gli eventi vengono ripresi una ventina di anni dopo, un arco temporale passato non solo per gli spettatori ma anche per i personaggi, ora profondamente immersi nell’America di Donald Trump.

Negli anni Novanta Roseanne ha raccontato le contraddizioni della working class americana con una violenza e una sincerità inedita, soprattutto per una sitcom, mettendo al centro una famiglia matriarcale alle prese con scelte di vita dure e sacrifici nei quali gli spettatori statunitensi potevano immedesimarsi; vent’anni dopo, Roseanne e Dan sono due nonni ormai nell’ultima fase della propria esistenza e quelli che erano solo dei bambini con tutta una vita davanti sono ormai quarantenni disillusi e in perenne affanno, sia dal punto di vista dell’indipendenza economica, sia da quello della realizzazione sentimentale.
Nell’ambito dei tanti revival degli ultimi anni, quello di Roseanne è probabilmente quello più interessante, sicuramente quello più rilevante rispetto al rapporto tra la serie TV e i suoi spettatori. Quella che nella serie originale era solo una bambina, Darlene, oggi è una donna adulta e una madre di famiglia, interpretata dalla stessa Sara Gilbert che di questa ripartenza è anche produttrice esecutiva. Oggi Roseanne arriva a riempire un vuoto, attestandosi come una delle serie più rilevanti del 2018: lo show infatti irrompe in piena era Trump a raccontare un contesto e dei personaggi che rappresentano una parte abbastanza vasta dell’elettorato dell’attuale presidente degli Stati Uniti d’America. Il passaggio dei blue collar dall’estrema sinistra alle accattivanti parole chiave della destra populista è un tema che Roseanne tenta di tematizzare, con risultati non sempre centrati, cercando di far emergere le tante contraddizioni di questo fenomeno, analizzandolo sia attraverso le differenze generazionali, che tramite la messa in relazione tra una visione della politica poco superficiale e “di pancia” e un livello di istruzione medio-basso.

Roseanne – Stagione 10Roseanne è stato un successo clamoroso, uno show che, nonostante un’intensa promozione che ha spinto sul pedale della nostalgia, ha ottenuto risultati davvero insperati, raggiungendo rating che non hanno eguali nella serialità televisiva di quest’anno. L’unico show di finzione che ha ottenuto ascolti più alti è This Is Us, ma solo nell’episodio che ha seguito il Superbowl, che pertanto era dopato dalla migrazione degli spettatori dalla più importante manifestazione sportiva nordamericana. La serie dominata dalle punchline di Roseanne Barr è stata la più vista d’America, meritando non solo un immediato rinnovo, ma anche un’attenzione da parte della critica, degli spettatori, degli addetti ai lavori e delle istituzioni (dopo il primo episodio Donald Trump ha telefonato in diretta a Fox News per congratularsi per questo risultato) che ha pochi precedenti nella televisione recente.
Il grandissimo successo della serie ha spinto critici e opinionisti di tutto il mondo a dire la propria in maniera repentina, quasi schizofrenica, facendo in alcuni casi l’errore di giudicare la serie sulla base di un solo episodio. Se questo tipo di analisi, di per sé sempre imprecisa, può però reggere un po’ di più per quanto riguarda i drama, in cui la coerenza narrativa e il rispetto fedele della trama orizzontale impongono un’organicità forte, per quanto riguarda le comedy la costruzione dei personaggi e quindi anche quella dei temi che essi veicolano viene articolata attraverso la giustapposizione degli episodi. Proprio in questo senso Roseanne si pone come uno show estremamente ambizioso, in quanto presenta un contesto sociale ideale per parlare dell’America contemporanea con grande onestà, facendo l’opposto di quello che fa One Day at a Time e scegliendo quindi di affrontare alcune questioni simili senza però porsi come un modello, ma esibendone tutte le contraddizioni e i lati oscuri in primo piano.

Episodio dopo episodio, questa strana stagione di Roseanne, sperimentale per quanto classicissima (le risate registrate ci sono ancora), affronta questioni ben precise legate alla diversità etnica, alla fluidità di genere, alla percezione di Trump come unica figura che ancora parla di lavoro, alla visione del mondo liberal americano come un’élite sempre più egoista, passando da temi sociali ad altri più spiccatamente politici, non abbandonando mai l’attenzione alla famiglia e ai rapporti tra i personaggi. Uno dei punti più alti arriva nell’ottavo episodio, interamente dedicato all’abuso di farmaci e al rapporto tra la dipendenza da sostanze chimiche e l’impossibilità di accedere alle necessarie cure per gran parte dei cittadini a causa di un servizio sanitario estremamente escludente.
Come accennato in precedenza, però, Roseanne, pur essendo stato un terremoto dal punto di vista dell’impatto sul pubblico e riguardo alla capacità di affrontare di petto questioni spesso bypassate dalla televisione, sembra non essere stata progettata con grandissima coerenza, presentando contemporaneamente momenti di grande acutezza come quelli citati, ma anche tentativi di irriverenza molto meno riusciti, non così divertenti e ideologicamente discutibili.

Roseanne – Stagione 10A questo proposito c’è stato un momento, nel quarto episodio, che ha catalizzato l’attenzione della critica americana, suscitando l’ira di gran parte della stampa specializzata più progressista. Stiamo parlando del momento diventato famoso a causa della battuta “They are just like us” (qui c’è una ricostruzione della vicenda e qui un interessante approfondimento) pronunciata da Roseanne a proposito di quelli che sono definiti da Dan “shows about black and asian families”, che è stato giudicato da gran parte della critica americana irrispettoso se non addirittura razzista.  Non si capisce per quale ragione abbiano voluto sminuire il ruolo culturale e sociale di Black-ish e Fresh Off the Boat (ovvi riferimenti della battuta in questione), ma soprattutto non ci si spiega per quale ragione gli autori abbiano realizzato una gag penalizzando due show che oltre a essere innovativi, intelligenti e a loro modo sperimentali, sono anche trasmessi dalla stessa rete di Roseanne.

L’indecisione dal punto di vista ideologico costituisce uno dei principali problemi di questo revival, che proprio nel finale trova uno dei suoi momenti più emblematici. Per l’intera stagione la serie ha tentato di raccontare contraddizioni e questioni delicate come la dipendenza da oppiacei, il razzismo, la diversità di genere e in particolare il punto di vista di una significativa fetta dell’elettorato di Donald Trump, ma non sempre è riuscita ad andare fino in fondo, preferendo in molti casi edulcorare il ragionamento con soluzioni di compromesso non sempre efficaci. L’ultimo episodio utilizza un escamotage posticcio per ricavare i soldi necessari all’operazione della protagonista e tutte le difficoltà in cui la famiglia Conner versava svaniscono improvvisamente, dipendenze comprese. Allo stesso tempo però non scompare il legame con la politica, collegando in maniera diretta la Presidenza Trump allo scioglimento della storia in una maniera che definire fiabesca (come ha fatto Kathryn VanArendonk su Vulture) sarebbe un eufemismo.

I problemi della serie nel corso di questa annata hanno unito realtà e finzione per via della scomodissima figura di Roseanne Barr, che non solo si è dichiarata più volte elettrice di Trump (rendendo molto più complicata la lettura ideologica dello show), ma che su Twitter ha avuto per mesi un atteggiamento privo di qualsiasi equilibrio, comportandosi da fanatica di estrema destra e prendendo posizioni in alcuni casi inaccettabili. L’ultima uscita, in cui ha paragonato un’ex consulente di Obama a una scimmia, è costata la vita alla serie: ABC infatti ha cancellato Roseanne senza esitazioni, rinunciando a una marea di soldi pur di prendere una posizione netta contro il razzismo e contro questo tipo di atteggiamenti pubblici.

Roseanne verrà ricordata dunque come una serie di grande interesse, il cui revival ha da una parte offerto spunti di riflessione  molto stimolanti sull’America contemporanea e dall’altra preso posizioni ideologicamente a volte decisamente discutibili e non troppo coerenti tra loro. Allo stesso tempo si è trattato di un fenomeno senza precedenti dal punto di vista economico, la cui cancellazione è però ancora più rappresentativa dei cambiamenti sociali e culturali nel mondo dello spettacolo statunitense nell’era del #metoo.

Voto: 7-

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Informazioni su Attilio Palmieri

Di nascita (e fede) partenopea, si diploma nel 2007 con una tesina su Ecce Bombo e l'incomunicabilità, senza però alcun riferimento ad Alvaro Rissa. Alla fine dello stesso anno, sull'onda di una fervida passione per il cinema e una cronica cinefilia, si trasferisce a Torino per studiare al DAMS. La New Hollywood prima e la serialità americana poi caratterizzano la laurea triennale e magistrale. Attualmente dottorando all'Università di Bologna, cerca di far diventare un lavoro la sua dipendenza incurabile dalle serie televisive, soprattutto americane e britanniche. Pensa che, oggetti mediali a parte, il tè, il whisky e il Napoli siano le "cose per cui vale la pena vivere".

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