GLOW – Stagione 2 2


GLOW - Stagione 2Il debutto di GLOW su Netflix l’anno scorso ha innegabilmente lasciato di stucco chiunque si sia imbattuto in questo gioiellino: come dare credito, almeno sulla carta, ad una serie tv così glitterata e anni ’80, incentrata su un gruppo di donne che si improvvisano wrestler? Dispiaciuto per chi si è fermato alle apparenze, il resto del pubblico ha atteso la seconda stagione con un certo hype e con tante aspettative.

Perché in fondo è questo uno dei “problemi” delle serie tv attuali. Sarebbe troppo lungo e inutile fare un elenco di quanti show possano vantare una prima stagione veramente bella, che si innesta molte volte come un unicum nel panorama seriale, per poi tornare più debole, con meno idee, meno sensazionale, o senza riuscire a dare un seguito all’altezza dell’esordio. Molte volte il problema è anche nel pubblico, che soprattutto con l’avvento di Netflix e Amazon si è abituato a cambiare continuamente, allettato da un’offerta fin troppo numerosa, viziato dalla serie rilasciata in un’unica soluzione e quindi insofferente alla minima percezione di noia. In questo modo, però, possiamo vantare tantissime serie “gioiellino”, molte volte di una sola stagione, da divorare come un lungo film; con l’altra versione invece – nel caso di produzioni più grandi, con budget maggiori e sui canali tradizionali, con il rilascio settimanale della puntata e l’attesa annuale della stagione successiva – la volontà dei creatori diventa quella di fare di ciascun episodio un film.

In ogni caso, quello che non deve mancare è l’etichetta della buona fruizione: Vulture, parlando della seconda stagione di GLOW, si è soffermato esattamente su quest’aspetto della serialità attuale, sottolineando come invece la serie scritta da Liz Flahive e Carly Mensch recuperi una dimensione diversa, in un certo senso tradizionale. Questa seconda stagione, ancora più chiaramente della precedente, pensa agli episodi come a singole unità inserite in un contesto più ampio: le puntate non sono film stand-alone, o singoli capitoli, o al contrario frammenti di racconto che non significano nulla finché il quadro non è completo. La forza di GLOW sta in una narrazione che si espande, come fosse un sistema che ingloba dentro di sé sempre più elementi, diversamente da altri tipi di narrazioni che invece procedono in avanti, che aggiungono frammenti a mano a mano che gli episodi aumentano (per intederci: Westworld). Non c’è una gestione migliore dell’altra, ma si tratta di storie che hanno la propria identità, e riescono a rispettarla e gestirla per più di una stagione.

GLOW - Stagione 2 Ed è questo il primo motivo per non perdere assolutamente GLOW: la seconda stagione è persino migliore della prima. Se a livello strutturale ha saputo appunto mantenere e migliorare l’unità narrativa che la caratterizzava, anche la storia ha seguito la stessa evoluzione, riuscendo a mantenere una solida coerenza con i temi della prima stagione e a dar loro un nuovo slancio, prendendo a piene mani anche dall’attualità. Se nella prima stagione il tema principale era riuscire a costruire un gruppo eterogeneo di donne e i loro rispettivi personaggi, come espressione non solo di loro stesse ma anche di stereotipi facilmente riconoscibili, nella seconda il movimento ritorna sulla caratterizzazione delle singole attrici, che ormai sono tutt’uno con il loro alter-ego wrestler. La cornice che le racchiude sono le venti settimane di riprese che devono passare insieme e, contemporaneamente, le difficoltà di produzione dello show. Ma ogni aspetto, personale e lavorativo, concorre per costruire sia le singole storie di ciascuno, che il racconto lungo dieci episodi: ad esempio, “Mother of All Matches” mette in scena un approfondimento sul rapporto con la maternità, prendendo due personaggi opposti tra loro, sia come vita, che sul ring, ovvero Debbie/Liberty Bell e Tammé/The Welfare Queen, riuscendo persino a scavare nel delicato tema della vergogna verso il potenziale offensivo (e auto-offensivo) del proprio personaggio. Similmente, anche le riflessioni sul rapporto con i fan, per quanto siano una parte minore della storia, riescono a completare il quadro, che racconta in un solo colpo tutte le wrestler, e di come sia ormai consolidato quel rapporto attrice/personaggio come estensione della loro personalità.

GLOW - Stagione 2In questo senso, l’episodio forse più debole della stagione è “Candy of the Year”, che per pochissimo minacciava di costruire la storia come una continua lotta tra le varie protagoniste, per accaparrarsi un match nell’episodio settimanale. La forza maggiore di GLOW, invece, è proprio la grande solidarietà del gruppo, l’essere profondamente complici e immerse in quello che stanno facendo; argomento che ha il suo naturale ritratto sia nel penultimo episodio, “Rosalie”, con il piano per Rhonda/Britannica per non farla tornare in Gran Bretagna, sia soprattutto nel bellissimo “Nothing Shattered”, con i momenti di intrattenimento per Ruth ferma in un letto di ospedale. Il rapporto tra Debbie e Ruth rimane uno dei protagonisti principali della storia, un’amicizia fatta di tantissimi contrasti, che si trasformano nel corso del tempo e che non hanno una vera e propria risoluzione ma, molto più verosimilmente, cambiano assieme alle situazioni. Il mobbing inziale da parte di Debbie e subìto da Ruth, che tenta in tutti i modi di farsi perdonare, descrive il tipico senso di colpa lacerante che caratterizza chi vorrebbe cancellare i propri errori, ma sa di non possedere una macchina del tempo. Perciò il sabotaggio del primo appuntamento tra Russel e Ruth appare crudele, ma ancora sensato; una giustificazione che non si può allargare al toccante momento della confessione del personaggio di Allison Brie quando denuncia all’amica la trappola di Glenn, che l’ha usa come oggetto da elargire a Tom, dirigente della KDTV. Oltre al chiaro riferimento al caso Weinstein, “Perverts Are People, Too” è il perfetto esempio di come il patriarcato e il maschilismo siano delle componenti (purtroppo) anche femminili. Al di là del risentimento personale di Debbie, l’agghiacciante frase che usa per far sentire in colpa Ruth è quanto di più lucido si possa dire sull’argomento. A fare da contraltare, c’è la reazione di Sam sia con la ragazza che con il parabrezza dell’auto di Tom.

Non a caso, il personaggio interpretato da Marc Maron è quello che cresce di più in assoluto, tracciando così il bellissimo percorso di un uomo che da erotomane, drogato e ormai rassegnato al proprio fallimento, torna a riconciliarsi con i suoi sentimenti, che si lascia penetrare dall’entusiasmo che lo circonda senza ricacciare indietro l’amore che gli viene dimostrato. Da un lato Justine, dall’altro Ruth, Sam non si fa semplicemente “salvare” dalle due donne, ma si salva riconoscendosi vulnerabile e accettando l’amore che prova per loro; “Rosalie” è infatti uno dei migliori episodi in assoluto della stagione. E se quest’ultimo ne è l’apice, il vero punto di rottura (metaforicamente e letteralmente) della stagione è “Work the Leg”: nel gesto estremo, folle e involontario di Debbie si riassumono tutte le tensioni personali e lavorative che GLOW racconta. C’è la difficoltà di essere donna e madre, di accettare i propri errori e i propri limiti; la voglia di essere qualcosa in più, ma la realtà del ricadere sempre nello stesso circolo vizioso; la voglia di pretendere ed ottenere, ma l’effettiva incapacità a saper gestire persino i propri desideri.

GLOW - Stagione 2 Ecco che i quarantacinque minuti del finale, “Every Potato Has a Receipt”, fanno arrivare la stagione alla sua massima espressione, riuscendo a celebrare indistintamente ciascun personaggio. Forse basta citare un momento piccolo e apparentemente senza significato per far capire come questo lavoro sia perfettamente riuscito: sul pullman che porta le ragazze a Las Vegas, ad un certo punto ci viene mostrata Debbie che, senza distogliere lo sguardo da davanti a sé, tende la mano all’indietro per cercare la mano di Tammé. Come sintetizzare meglio cos’è GLOW? C’è solo un’alternativa, forse. Guardare all’infinito l’ottavo episodio, quel “The Good Twin” che fa sia da episodio a se stante, che da proiezione diretta e senza filtri dello show sulle Gorgeous Ladies Of Wrestling, facendoci saltare un passaggio e lasciandoci diventare il loro pubblico. Quindi intrinsecamente è il collegamento immediato con la finzione di secondo grado che diventa di primo, e ad un livello superiore ed esterno, racconta cos’è il wrestling e di come riesca a giocare su una finzione così palese e così volutamente finta, che riesce a fare il giro su se stessa e diventare l’esempio più fulgido di verosimiglianza.

C’è poco da aggiungere su questa straordinaria annata, se non che è bello recuperare quella sensazione di attesa per la prossima stagione, per sapere cosa accadrà a Las Vegas e quali avventure vivremo insieme alle Gorgeous Ladies Of Wrestling.

Voto stagione: 9

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Informazioni su Sara De Santis

abruzzese per nascita, siciliana/napoletana per apparenza, milanese per puro caso e bolognese per aspirazione, ha capito che la sua unica stabilità sono netflix, prime video, il suo fedele computer ed una buona connessione internet


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2 commenti su “GLOW – Stagione 2

  • Setteditroppo

    Di solito non commento a distanza di tempo, ma ho appena finito di recuperare questa serie e mi ha letteralmente rapito e conquistato e dovevo esternarlo… Da guardare assolutamente!…una full immersion divertente ma non banale (comicità di battuta che prevale su quella di situazione), con personaggi umanissimi e credibili, e così emotivamente appagante! Propongo una ulteriore chiave di lettura. Mi pare infatti che si possa paragonare a Sense8. Entrambe puntano in modo ovviamente diverso sulla solidarietà della condizione umana, sulle declinazioni dell’amore (qui nelle forme che preferisco: l’amicizia, la fratellanza). Sense8 è una serie sgangheratamente coraggiosa che guarda al futuro. Glow è invece una serie gioiosamente riflessiva che guarda al passato, come sanno fare solo le grandi commedie. E le ambientazioni aiutano. Lode a tutte e due.