Seriangolo https://www.seriangolo.it L'angolo delle serie tv di qualità Mon, 18 Mar 2024 14:15:02 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.6 https://www.seriangolo.it/wp-content/uploads/2017/10/cropped-Logo-Seriangolo-32x32.png Seriangolo https://www.seriangolo.it 32 32 27449554 Manhunt – 1×01/02 Pilot & Postmortem https://www.seriangolo.it/2024/03/manhunt-1x01-02-pilot-postmortem/ https://www.seriangolo.it/2024/03/manhunt-1x01-02-pilot-postmortem/#respond Mon, 18 Mar 2024 14:15:02 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105638 Il 14 aprile 1865, poco dopo aver vinto la guerra civile che imperversava negli Stati Uniti, il presidente americano Abraham Lincoln viene ucciso dall’attore John Wilkes Booth mentre si trova al Ford Theatre di Washington. È il primo (ma non ultimo) assassinio di un presidente americano, e un evento che ha sconvolto e stravolto il percorso […]

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Manhunt – 1x01/02 Pilot & PostmortemIl 14 aprile 1865, poco dopo aver vinto la guerra civile che imperversava negli Stati Uniti, il presidente americano Abraham Lincoln viene ucciso dall’attore John Wilkes Booth mentre si trova al Ford Theatre di Washington. È il primo (ma non ultimo) assassinio di un presidente americano, e un evento che ha sconvolto e stravolto il percorso su cui la politica statunitense si stava avviando, soprattutto dopo una guerra combattuta intorno alla questione della schiavitù. Non è dunque un caso che la vita di Lincoln e gli eventi legati alla sua morte abbiano fornito numerosi spunti a scrittori e sceneggiatori di ogni tipo. 

La nuova serie Manhunt di Apple TV+, guidata da Monica Beletsky (The Leftovers, Fargo), muove i passi dal romanzo Manhunt: The 12-Day Chase for Lincoln’s Killer, che appunto racconta (come farà la serie) le quasi due settimane di fuga dell’assassino di Lincoln, alle prese con complici, ideali e deliri. La serie, che stando ai primi trailer si orientava su un ritmo concitato e intenso, in realtà non rispetta esattamente questo modello, preferendo muoversi in direzioni diverse per coprire più spunti. C’è sicuramente l’azione in sé, a partire da ciò che accade nelle ore e nei giorni precedenti all’omicidio di Lincoln, che mettono in luce da un lato l’euforia e la soddisfazione di avere infine concluso una guerra civile andata avanti per più di quattro anni e che ha avuto conseguenze enormi all’interno del tessuto sociale americano con riverberi che si sentono ancora oggi; dall’altro l’astio e il risentimento di chi vedeva invece nell’apertura ai diritti civili una perdita di spazio per i propri privilegi.
Manhunt – 1x01/02 Pilot & PostmortemGli autori di questa serie sembrano essere consapevoli degli echi che rimandano alla società contemporanea al punto da voler creare, in modo più o meno esplicito, dei rimandi alla situazione politica attuale, con l’esaltazione delle libere elezioni e l’avversità nei confronti dei tiranni e dei ribelli al sistema costituito. Ecco, quindi, che la scrittura autoriale permette di guardare a questa serie non solo come a un faro su un certo periodo storico che per molti è, almeno sulla carta, ben noto, ma anche come a un simbolo di una storia che sembra ripetersi, sebbene sotto auspici e situazioni differenti. È chiaro che tutto questo non si vede ancora in ogni sua sfumatura nei primi due episodi (di sette) rilasciati da Apple TV+. Soprattutto l’episodio pilota, infatti, si concentra sull’evento scatenante – ovvero l’assassinio di Lincoln – e su come questo fosse solo un tassello che prevedeva conseguenze molto più vaste e profonde, visto che si è tentato anche di assassinare Andrew Johnson, il vicepresidente che avrebbe preso il posto di Lincoln alla guida del Paese (e che risulterà tra i presidenti meno amati di tutti i tempi). Questa vera e propria cospirazione che ruota intorno a John Wilkes Booth (Anthony Boyle, Masters of the Air), vede come contraltare Edwin Stanton (Tobias Menzies, The Crown), amico personale del Presidente e Segretario di Guerra in quegli anni. Nonostante uno stato di salute tutt’altro che ottimale, sarà Stanton il punto di vista canonico della serie, alla guida di una caccia all’uomo senza precedenti.

Ovviamente, ogni serie storica deve fare i conti con la familiarità con cui gli spettatori si presentano nei confronti degli avvenimenti; questo è tanto più vero quando si tratta di un personaggio e un evento fortemente iscritti nella coscienza sociale americana. La serie sceglie quindi di raccontare questo periodo utilizzando una enorme frammentazione temporale, con costanti salti temporali che mirano ad arricchire la narrazione e l’interesse dello spettatore. Ebbene, nonostante sia questa una scelta coraggiosa e interessante, non sempre risulta efficace e il più delle volte non fa altro che confondere lo spettatore che deve fare uno sforzo non da poco per collegare tra loro eventi e personaggi non tutti necessariamente chiari e in un ordine comprensibile. D’altronde, nella volontà autoriale di trattare questa caccia all’uomo come un thriller complesso e pieno di ombre si vede il desiderio di raccontare la storia in modo differente; il problema, almeno stando a questi due primi episodi, è che il ritmo degli eventi reali non rispetta la concitazione che gli autori vorrebbero generare, e dunque si deve optare per un ritmato metodo narrativo di salti temporali perlopiù ben collegati ma non per questo sempre piacevoli.

Manhunt – 1x01/02 Pilot & PostmortemQuesta scelta ardita viaggia su binari più sicuri grazie al proprio cast, guidato chiaramente dalle due figure opposte di Menzies e Boyle. Questi rappresentano due modi molto diversi di reagire agli eventi che riguardano i loro personaggi; e se Boyle ha il difficile compito di rendere credibile, forse persino umano, uno dei personaggi storici più odiati della storia americana, Menzies infonde umanità a un nome poco noto ma che in effetti ha molto da raccontare su che cosa sarebbe potuta diventare l’America se Lincoln avesse portato a termine il suo secondo mandato affrontando la dissoluzione della Confederazione con polso decisamente diverso da quello di Johnson. Questo significa confrontarsi con un argomento parallelo ma inevitable, di cui gli autori sembrano volersi occupare con cura, ovvero la natura e la forma della liberazione degli schiavi, con le sofferenze e speranze della popolazione nera che in Lincoln aveva visto le proprie rimostranze prese sul serio.

Questa Manhunt (nonostante un titolo decisamente terribile) è una serie che piacerà sicuramente a chi è interessato al racconto storico e a questo periodo in particolare; racconta con attenzione le vicende che hanno cambiato la storia americana ma non riesce fino in fondo a convincere nel suo tentativo di trasformare queste due settimane in un thriller coeso (considerando poi che ci sono sette episodi in tutto da riempire). Ne guadagna grazie a un ottimo cast che permette di sorvolare su alcune scelte non sempre felici e soprattutto su una frammentazione della narrativa a tratti disorientante e confusa.

Voto 1×01: 6½
Voto 1×02: 6

 

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Supersex – Miniserie https://www.seriangolo.it/2024/03/supersex-miniserie/ https://www.seriangolo.it/2024/03/supersex-miniserie/#respond Sat, 16 Mar 2024 13:24:45 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105617 Da quando è stata annunciata la produzione da parte di Netflix di una miniserie che avrebbe raccontato la vita di un personaggio tanto noto nella cultura popolare italiana quanto controverso come l’attore di film pornografici Rocco Siffredi – all’anagrafe Rocco Tano – inutile dire che c’era più di un dubbio: questa Supersex era solo una […]

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Supersex – MiniserieDa quando è stata annunciata la produzione da parte di Netflix di una miniserie che avrebbe raccontato la vita di un personaggio tanto noto nella cultura popolare italiana quanto controverso come l’attore di film pornografici Rocco Siffredi – all’anagrafe Rocco Tano – inutile dire che c’era più di un dubbio: questa Supersex era solo una scusa per poter mettere in scena immagini provocatorie ed esplicite per attirare un certo tipo di pubblico mostrando il “coraggio” della piattaforma oppure c’era davvero la volontà di costruire un biopic che si interrogasse su tutti i temi importanti che girano intorno al mondo della pornografia e, in particolare, delle persone che lavorano in questa industria?

La serie è stata creata e scritta da Francesca Manieri (“Smetto Quando Voglio”, We Are Who We Are) e diretta in modo alternato da Matteo Rovere (“Il Primo Re”, Romulus), Francesco Carrozzini (“The Hanging Sun”) e Francesca Mazzoleni (“Punta Sacra”), un gruppo di autori sulla carta di alto livello per una produzione dall’alto budget che può permettersi di girare le sue scene tra Roma, Parigi e le isole Egadi. Con queste premesse e con la notorietà del personaggio che si voleva rappresentare, Supersex godeva di aspettative molto alte sin dal suo annuncio da parte di Netflix e, grazie anche al marketing della piattaforma, ha fatto molto parlare di sé negli ultimi mesi e ancor di più ora che è interamente disponibile con i suoi sette episodi da poco meno di un’ora l’uno.

Supersex – MiniserieLa struttura scelta da Manieri per raccontare il Rocco Siffredi uomo e personaggio è quella di una miniserie biopic abbastanza canonica nel suo sviluppo e non dissimile da quelle già viste in altre produzioni: si comincia in medias res con il protagonista nel momento di massima crisi personale – nel caso di Supersex è l’annuncio di Rocco di volersi ritirare dall’industria del porno nel 2004 – per poi tornare indietro e raccontare la sua vita in ordine cronologico, dall’infanzia all’età adulta, finché le due linee temporali non si riuniscono.  A ruotare intorno alla vita del personaggio interpretato da Alessandro Borghi vi sono poi tutte le storie relative alle figure secondarie che sono state importanti per il suo percorso di crescita, in particolare la madre Carmela (Tania Garribba), il disastrato fratello maggiore Tommaso (Adriano Giannini) e la moglie Lucia (Jasmine Trinca).

La storia di Rocco comincia nel microcosmo di Ortona, un piccolo paese di mare della provincia di Chieti, e la serie sceglie di rappresentare la nascita del mito come la origin story di un supereroe che scopre quasi per caso il suo talento: per il piccolo Rocco la scintilla scatta con il ritrovamento di un giornalino pornografico, una sorta di fotoromanzo erotico che diventa la sua ossessione e la sua ispirazione e che condizionerà tutta la sua vita. La scelta di sottolineare il sesso come una forma di “potere” non è casuale ed è, anzi, uno dei temi che la miniserie sceglie di portare avanti, affiancando e opponendo questa interpretazione a quella del sesso come “liberazione”, una sorta di bivio che si pone continuamente dinnanzi alla vita del protagonista e che lo porterà ad affrontare diverse crisi e prendere determinate strade. Rimanendo per ora sulla prima forma, c’è da dire che lo show è piuttosto didascalico nell’esporre questo tema, lasciando al voice over continuo di Borghi il compito di raccontare lo stato d’animo del protagonista e i suoi tormenti rispetto a questo potere che, inizialmente, gli risulta quasi incontrollabile, tanto da non sapere bene come usarlo. Esattamente come un supereroe incapace di contenersi, infatti, la prima volta che si trova a letto con una donna – nello specifico Sylvie (Jade Pedri) – non può fare a meno di causarle involontariamente dolore; il trauma che ne segue è la scoperta di quello che può fare, in sostanza la consapevolezza del potere che porta in seno.

Supersex – MiniserieLa sceneggiatura di Supersex, però, sceglie di mostrare anche l’altro lato della medaglia, ovvero il sesso come forma di emancipazione e liberazione: nel locale di scambisti parigino Rocco impara ad abbandonarsi ai piaceri del corpo lasciando fuori dalla porta tutti i limiti imposti dalla società. Tra quelle mura il protagonista può davvero scoprire nuovi lati di se stesso e sperimentare il suo potere senza alcun limite: dal punto di vista della storia supereroistica siamo nel momento della formazione dell’eroe, quello in cui quest’ultimo impara a calibrare la sua forza, sviluppa i suoi poteri e si prepara per quando dovrà indossare il costume e avrà delle vere responsabilità. Ovviamente la strada scelta da Rocco non può non essere ostacolata da un villain, una nemesi con la quale ha però un legame affettivo molto forte, ovvero suo fratello maggiore Tommaso, uno dei personaggi più odiosi degli ultimi anni in televisione – anche merito di una buona interpretazione di Adriano Giannini che lo rende meschino e tagliente ad ogni sguardo.

Il rapporto tra Rocco e Tommaso è uno dei fulcri emotivi intorno ai quali gira Supersex: se in prima istanza, infatti, il fratello è un vero e proprio mentore per il protagonista, man mano che Rocco cresce ne individua i comportamenti sbagliati e la tossicità del suo rapporto con la moglie Lucia, una Jasmine Trinca molto brava e interprete di un personaggio meno banale di quanto potrebbe sembrare. Purtroppo la serie punta fin troppo su questa relazione e non è in grado di farla evolvere in modo coerente e avvincente, risultando presto ripetitiva e ricca di scene che perdono di significato: il personaggio di Giannini passa dall’odiare Rocco e allontanarlo da sé al ricercarlo e a dimostrargli il suo amore in modo troppo casuale e “comodo”. Sembra quasi che la sceneggiatura si serva del personaggio di Tommaso come una mina impazzita che, vista e appurata la sua bipolarità e il suo essere un carattere negativo tout court, può utilizzare a suo piacimento e in modo totalmente casuale per influire sulla vita e sul percorso di caratterizzazione del protagonista. Manca una vera progettualità nell’evoluzione del loro rapporto che, dopo pochi episodi si ripete in modo quasi noioso, di certo poco interessante per lo spettatore, fino ad un finale molto prolisso e pieno di scene che si sarebbero potute tagliare o accorciare senza che si perdesse davvero nulla di sostanziale.

Supersex – MiniserieQuest’ultimo aspetto è una sensazione che si ripete spesso durante la visione di Supersex: detto in poche parole sette episodi sono fin troppi per raccontare quello che davvero è contenuto nello show. Molte scene sono allungate all’inverosimile e alcune scene di sesso sono totalmente gratuite – ma questo era ampiamente prevedibile – oppure sono un mero esercizio di stile che poco aggiungono alla trama o alla storia di Rocco. Il brodo viene allungato con dialoghi che ripetono concetti più e più volte, a volte anche all’interno dello stesso discorso tra due personaggi, oppure che si perdono in frasi da melodramma che rendono poco credibile gli scambi di battute, anche quelli che dovrebbero essere più sentiti e dolorosi. Particolarmente assurdi sono i dialoghi che cercano a tutti i costi di inserire all’interno del discorso della serie alcuni temi che non sono stati minimamente trattati prima, come per esempio quello tra Rocco e Lucia sul finire dello show in cui la donna porta alla luce il fatto che nell’industria pornografica, come nella società patriarcale, il potere è sempre in mano agli uomini e che tutti i film sono girati per compiacere lo sguardo e il piacere maschile. È un tema importante e interessante che sarebbe stato bello e coerente vedere approfondito nel corso della serie ma che viene solo buttato lì e mai più ripreso dagli autori.

Dal punto di vista del Rocco Siffredi personaggio, invece, il tema che viene più di tutti esplorato dallo show è quello che riguarda l’opposizione tra sesso e amore: qual è la vera differenza tra questi due termini? È la domanda che il personaggio interpretato da Borghi si pone più spesso nel corso della miniserie e gli autori non mancano di sottolinearlo ad ogni nuova relazione di Rocco, da quella con Sylvie a quella con Tina fino ad accennare solo quella con Rosza, che diventerà poi sua moglie. Il concetto di base è piuttosto semplice e di facile comprensione per lo spettatore: il pornodivo sperimenta il sesso tutti i giorni come lavoro, come ossessione, come passione, ma l’amore lo vive solo in alcuni momenti della sua vita e solo con alcune persone con le quali riesce ad essere davvero se stesso. Da questo punto di vista è invece interessante come venga messa in scena e raccontata quella che ad un certo punto era diventata una vera e propria “dipendenza dal sesso” per Siffredi, come lui stesso aveva raccontato in diverse interviste, e come questo lo porti spesso ad annullare se stesso, la sua persona, in virtù di brevi momenti di piacere che potessero alleviare, anche solo per un attimo, i suoi veri dolori e i suoi traumi – come per esempio la scena forse allegorica, forse ironica, del sesso orale praticatogli dalla donna davanti alla lapide della madre appena seppellita.

Supersex – MiniserieSe dal punto di vista narrativo la miniserie è, paradossalmente, fin troppo ambiziosa e si perde pezzi per strada, lo stesso non si può dire di quello tecnico. Le immagini e la regia sono ottime e riescono a rendere più apprezzabile la sceneggiatura anche nei suoi momenti di stanca; le scene di sesso – ovviamente uno dei momenti più importanti di una serie come Supersex – sono esplicite come ci si aspettava e ben girate, lasciando solo immaginare la difficoltà che devono aver avuto i registi per dirigerle. Le interpretazioni degli attori, come si è già accennato, sono ottime e anche queste contribuiscono a mettere delle pezze agli inciampi della scrittura; in particolare è impressionante la trasformazione camaleontica di Alessandro Borghi che riesce a calarsi nel personaggio di Rocco Siffredi, interpretandone movenze ed espressioni in modo eccezionale.

In sostanza Supersex sa tanto di occasione mancata: c’erano tutte le premesse per avere una serie prestige italiana che potesse parlare di pornografia, sessualità e sfruttamento dei corpi in modo critico e interessante – un po’ come aveva fatto The Deuce diversi anni fa, ma non solo – e invece lo show di Netflix si ferma solo sulla superficie di questi temi, preferendo concentrarsi sul dramma familiare di Rocco Siffredi e su come le sue scelte di vita lo abbiano portato su strade tortuose e dolorose alla ricerca di vere relazioni d’amore. La miniserie avrebbe giovato anche di una maggiore sintesi, evitando dialoghi inutilmente lunghi e poco centrati, scene dilatate solo per aderire agli standard estetici di una serie drama ad alto budget e ripetizioni evitabili. Quello che rimane è un prodotto che, nonostante i suoi difetti, risulta assolutamente godibile, il racconto di una versione del Siffredi uomo più che fenomeno di massa, della persona più che del personaggio.

Voto: 6

 

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The Gentlemen – 1×01 Refined Aggression https://www.seriangolo.it/2024/03/the-gentlemen-1x01-refined-aggression/ https://www.seriangolo.it/2024/03/the-gentlemen-1x01-refined-aggression/#respond Wed, 13 Mar 2024 11:20:39 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105606 The Gentlemen è una nuova miniserie action dramedy uscita il 7 marzo su Netflix: ispirata al celebre film omonimo del 2019 (disponibile al momento su Amazon Prime Video), con i suoi otto episodi riporta alla luce lo scenario criminale e il taglio gangster proposto dal prodotto originale, anche se personaggi e trama sono totalmente rinnovati. Lo show […]

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The Gentlemen - 1x01 Refined AggressionThe Gentlemen è una nuova miniserie action dramedy uscita il 7 marzo su Netflix: ispirata al celebre film omonimo del 2019 (disponibile al momento su Amazon Prime Video), con i suoi otto episodi riporta alla luce lo scenario criminale e il taglio gangster proposto dal prodotto originale, anche se personaggi e trama sono totalmente rinnovati. Lo show è firmato da Guy Ritchie, regista britannico conosciuto soprattutto per i suoi prodotti cinematografici, con cui porta in scena storie dai tratti spiccatamente crime e comedy, che hanno come fattore comune contesti criminali, ambientazioni inglesi e una serie di personaggi dalle caratterizzazioni folli e fuori dagli schemi.

Il pilot “Refined Aggression” parte con un focus sul protagonista Edward Horniman, per tutti Eddie, un soldato inglese chiamato a fare ritorno a casa per l’imminente aggravarsi delle condizioni di salute del padre, il Duca di Halstead. La famiglia si trova così riunita per l’evento spiacevole e sembra filare tutto per il verso giusto, almeno fino al momento della lettura del testamento: l’evento spezza non solo gli equilibri familiari, ma anche il personale equilibrio di Eddie, che viene travolto dalle conseguenze dalla pesante eredità ricevuta, ritrovandosi sulle spalle il peso di grosse questioni che sente di dover risolvere in prima persona.
Da qui conosciamo meglio il protagonista, che appare sin da subito pragmatico e risoluto: nonostante venga catapultato negli angoli più oscuri della vita della famiglia, infatti, si impegna allo scopo di trovare un modo veloce per risanare la situazione, di cui si fa carico un po’ per senso del dovere e un po’ per amore nei confronti dei suoi cari. In questo lo show trova il giusto gancio per mostrare l’ambiente aristocratico evidenziandone tutte le contraddizioni, attraverso l’abbattimento della facciata intonsa che mostra all’esterno e il conseguente disvelamento di un mondo nascosto fatto di scandali, criminalità e affari loschi.

In questo contesto Eddie si trova a fare i conti con un universo marcio più di quel che si aspettava ma con la volontà di non lasciarsi coinvolgere, se non fosse per i personaggi che lo circondano, determinati a trascinarlo nel baratro a tutti i costi. In primis il fratello Freddy, che rappresenta la sua nemesi in tutto e per tutto: inetto, incapace, dipendente da sostanze e con diversi guai da sistemare; con lui il protagonista ha un rapporto di amore fraterno segnato da inevitabili incomprensioni e scontri dati da personalità e vite opposte. Freddy è un personaggio tanto controverso quanto funzionale allo show perché incarna e si fa portatore di tutti gli aspetti negativi e malcelati del mondo aristocratico e corrotto, intorno a cui ruotano una serie di tematiche che vanno dalla criminalità organizzata al mondo della droga, passando per varie forme di violenza, conditi con una buona componente di intricate dinamiche familiari. Un altro personaggio che fa capolino accanto al protagonista, viene invece proprio dallo scenario criminale: si tratta di Susie Glass, con cui volente o nolente Eddie si ritrova a stringere un rapporto d’affari, e che probabilmente diventerà ricorrente nella vita del nostro primario.

The Gentlemen - 1x01 Refined AggressionTirando le fila, il primo episodio ci mostra la volontà di inquadrare The Gentlemen – primo esperimento di Ritchie in una produzione seriale – come prodotto dal carattere non solo crime ma anche violento e con un ricorrente gusto nell’essere eccessivo. Il ritmo della narrazione risulta in parziale contraddizione con questo elemento: anche se diversi passaggi sono caratterizzati da picchi di dinamicità ed esagerazione in linea con personaggi e trama – picchi che contribuiscono a creare una buona dimensione di intrattenimento -, troviamo altre scene che di contro risultano eccessivamente lente e statiche. Questo ritmo scostante potrebbe però essere dato dal voler rappresentare il contrasto tra il protagonista freddo e misurato e lo scenario eccentrico in cui si ritrova suo malgrado.

A convincere invece in pieno sono la trama dalle premesse avvincenti, l’ambientazione british combinata con il contesto aristocratico e i temi proposti, tutti elementi che insieme funzionano bene, almeno in questa prima puntata. Anche l’alone di mistero che aleggia attorno ad alcuni dei personaggi presentati finora contribuisce alla costruzione dell’equilibrio globale: questi non solo hanno caratterizzazioni molto particolari, ma anche un che di irreale e bizzarro, soprattutto nei modi di fare e di interagire. A sostegno di questo si rileva un ottimo lavoro nella scelta del cast, che vede la partecipazione di nomi più o meno conosciuti, tra cui Vinnie Jones e un sempre d’impatto Giancarlo Esposito (Breaking Bad). Anche gli attori meno noti si rivelano al momento molto azzeccati, infatti risulta vincente l’interpretazione di tutti i personaggi, ben riuscita nonostante caratterizzazioni non semplicissime da mettere in scena. In particolare da menzionare il protagonista Eddie impersonato da Theo James (The White Lotus), che qui vediamo come serio e calcolatore – paradossalmente l’elemento più normale della serie -, e il fratello Freddy (Daniel Ings), fuori controllo e inconsapevole persino dell’assunto per cui “a ogni azione corrisponde una conseguenza”.

Nel complesso, quindi, il pilot di The Gentlemen risulta ben riuscito e getta le basi per lo sviluppo di uno show dalla trama frizzante e dinamica, capace di coinvolgere grazie a un carattere già ben definito e strutturato, con personaggi intriganti e fuori dagli schemi. Uno degli aspetti più interessanti risiederà nell’osservare lo sviluppo del nostro primario, che inevitabilmente avrà la necessità di adeguarsi alle sfide poste dalla scomoda eredità del padre e al nuovo contesto, che di certo avrà impatti decisivi sul suo modo di essere.

Voto: 8+

 

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The Regime – 1×01 Victory Day https://www.seriangolo.it/2024/03/the-regime-1x01-victory-day/ https://www.seriangolo.it/2024/03/the-regime-1x01-victory-day/#respond Fri, 08 Mar 2024 13:15:03 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105597 Con quale ruolo Kate Winslet tornerà alla serialità, dopo Mildred Pierce e Mare of Easttown? La risposta a questa domanda non era facilmente prevedibile, nonostante sia ben nota l’incredibile versatilità dell’attrice: The Regime, miniserie HBO uscita con il suo primo episodio il 3 marzo e disponibile dal giorno successivo su Sky e Now, è un […]

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The Regime - 1x01 Victory DayCon quale ruolo Kate Winslet tornerà alla serialità, dopo Mildred Pierce e Mare of Easttown? La risposta a questa domanda non era facilmente prevedibile, nonostante sia ben nota l’incredibile versatilità dell’attrice: The Regime, miniserie HBO uscita con il suo primo episodio il 3 marzo e disponibile dal giorno successivo su Sky e Now, è un progetto originale e inaspettato, difficile da inquadrare a un primo sguardo e destabilizzante sia per le intenzioni di partenza che per gli obiettivi narrativi. A dirla tutta, è complicato definirne anche il genere: è una dark comedy, anche se la sua vis comica è giocata nel campo del surreale e del grottesco; è una satira politica che però non si aggancia mai davvero alla realtà, con un mondo fittizio in cui si sta ben attenti a non riferirsi mai all’attualità. È un mix di tutto questo, con qualcosa di più che ad ora risulta poco definito: il pilot ci mostra esattamente questo, con tutti gli aspetti positivi e negativi che comporta. 

Ma partiamo dalla trama: di cosa parla The Regime?
La miniserie in sei parti con protagonista Kate Winslet nei panni di Elena Vernham, cancelliera di un paese non meglio specificato del centro Europa, mira a raccontare un anno del governo di Vernham, in cui ciò che osserviamo – sette anni dopo le elezioni con cui ha vinto – è la messa in scena di un potere autoritario in tutto e per tutto. Elena è però un personaggio inaspettato, sia nelle relazioni con gli altri che con se stessa. Se, per quanto riguarda i primi, risulta volubile e instabile (la sufficienza con cui tratta i collaboratori, sempre a un passo dall’essere puniti o licenziati, si trasforma in un amore quasi materno per i cittadini), è nella relazione con se stessa che si trova la summa di qualunque paranoia e atteggiamento egomaniaco che possiamo mai aver associato a un dittatore: influenzata dalla morte del padre, da cui ha ereditato sia le redini del partito sia (forse) una malattia, Vernham è ossessionata dai microbi e dall’igiene, ma in particolare dal tasso di umidità del palazzo in cui vive, e che per questo è in costante ristrutturazione. Ha una relazione di lunga data col marito Nicholas (Guillaume Gallienne, “The French Dispatch”), con cui condivide un legame profondo e fatto allo stesso tempo di distanze calcolate, come se la fiducia nei suoi confronti fosse sempre messa alla prova nonostante i tanti anni passati insieme.
A dare il via alle vicende in “Victory Day” è l’arrivo del caporale Herbert Zuback (Matthias Schoenaerts, “Panama Papers”, “Amsterdam”), militare caduto in disgrazia dopo una rivolta di minatori repressa nel sangue, chiamato alle dipendenze di Vernham per nessun altro compito se non quello di misurare costantemente l’umidità delle stanze in cui la cancelliera si trova. Sarà proprio l’evoluzione del rapporto tra i due al centro di questo primo episodio, che per il resto si impegna a mostrarci un quadro il più possibile chiaro della personalità di Elena Vernham.

The Regime - 1x01 Victory DayLa serie è creata da Will Tracy, che in passato ha lavorato sia alla sceneggiatura di “The Menu” che ad alcuni episodi di Succession, e vede alternarsi alla regia Stephen Frears, regista di questo pilot, e Jessica Hobbs, entrambi già esperti di prodotti che in diversi modi hanno trattato la politica europea, in particolare quella inglese (il primo ha girato “The Queen” e A Very English Scandal, la seconda diversi episodi di The Crown). Approcci differenti, quindi, concorrono a creare questo The Regime: è innegabile infatti che l’idea di base – un autore e produttore statunitense che fa della satira su una dittatura del centro Europa – porti con sé se non delle criticità vere e proprie, almeno dei dubbi sulla visione d’insieme. La presenza alla regia di un occhio più affinato sull’Europa è di sicuro un pregio, e non a caso questo “Victory Day” splende dal punto di vista scenografico e di atmosfera.
Più problematica, almeno per il momento, è la questione satira: al di là di alcuni vaghi accenni alla realtà che sembrano più un’ispirazione che un tentativo di parodiare certe figure, rimane il dubbio concreto di dove si nasconda la satira se si sta molto attenti a non pestare i piedi a nessuno. E quindi, se l’aspetto parodistico risulta così instabile, quale sarà l’obiettivo di questa bizzarra dark comedy politica? A cosa stiamo assistendo? Il pilot si concentra, a ragione, sulla presentazione globale di questo microcosmo, ma proprio a causa delle diverse anime del racconto si fatica a intuire quale sia il disegno generale che ruota attorno alla protagonista. Il personaggio di Elena Vernham è molto credibile nonostante il carattere grottesco di tutto quello che la circonda: ma possiamo dire con un alto grado di certezza che il merito maggiore sia della sua interprete.

The Regime - 1x01 Victory DayLe capacità e lo straordinario talento di Kate Winslet sono noti a tutti, e dunque non stupisce che questo pilot – che come si diceva più su ha al momento delle zone d’ombra rispetto ai suoi obiettivi – riesca comunque a intrattenere, stupire e divertire proprio grazie alla performance dell’attrice protagonista, forse mai così camaleontica come in questa occasione. Il personaggio di Elena Vernham è infatti un concentrato di comportamenti anche molto diversi tra di loro, che vanno dall’essere autoritaria all’essere terrorizzata fino al panico, dal manifestare pragmatismo rispetto a determinate scelte all’essere quasi mistica, convinta com’è che ci sia un mondo onirico in cui si possano davvero incontrare persone non ancora conosciute. Elena Vernham è fragile e atomica al tempo stesso e Winslet riesce a incarnare ogni sua caratteristica in maniera impeccabile, arrivando persino a lavorare su dei piccoli difetti di pronuncia che la rendono ancora più ridicola sotto certi aspetti, inquietante sotto altri.
È infatti la volubilità dei dittatori l’elemento più centrato della sua interpretazione e dunque dell’intero pilot: sapere che si è sempre a un passo da un cambio di umore di un despota rende certamente spaventosi i momenti di rabbia, ma sono soprattutto le situazioni di calma e persino di divertimento quelle che tengono altissima la tensione. Si percepisce infatti quanto tutte le persone intorno a Elena siano obbligate a stare al gioco, non importa quanto questo sia ridicolo o politicamente insensato; quanto in certi momenti sia fondamentale far felice chi è al potere con lo stesso atteggiamento che si userebbe con un bambino, mentendo spudoratamente pur di mantenere viva l’illusione – e sopravvivere un altro giorno alla sua corte.
L’incontro tra Elena e Herbert è davvero la miccia esplosiva dell’intera miniserie, e lo si capisce dal pilot: perché la volubilità e una certa vulnerabilità della prima si uniscono alle ferite del secondo, tormentato dai sensi di colpa, incapace di gestire la rabbia e con ogni evidenza dominato da una vena vendicativa. L’unione tra queste due anime, ognuna manchevole a modo suo, è ciò che fa partire l’innesco: bisognerà vedere dove questo ci porterà e se sarà sufficiente a tenere in piedi tutto il racconto.

The Regime - 1x01 Victory Day“Victory Day” è di sicuro un pilot degno di nota, come non se ne vedevano da un po’ di tempo: è diverso da qualunque show ci sia in giro ora e ha un carattere visivo così surreale che in alcuni momenti ci si sorprende a pensare a Wes Anderson che incontra una distopia tirannica e una favola europea, in un paese sconosciuto e al contempo caratterizzato da dettagli riconoscibilissimi. La puntata ha un carattere magnetico, ma a uno sguardo più attento appare chiaro che le ragioni più evidenti siano Kate Winslet e la regia; a livello di struttura mancano ancora diversi punti all’appello, di cui la parte politica vera e propria costituisce l’aspetto più importante. Il fatto che siano previsti nel cast attori di rilievo come Hugh Grant nei panni del predecessore e oppositore politico di Elena Vernham e Martha Plimpton come senatrice statunitense fanno ben sperare rispetto al filone politico che, in questo primo episodio, risulta molto debole. Tra perfomance impeccabili e dubbi sulla scrittura globale della miniserie, ci sono tutte le ragioni – nel bene e nel male – per proseguire nella visione di The Regime e scoprire come andrà a finire: nella peggiore delle ipotesi, avremo comunque assistito all’ennesima performance straordinaria di Kate Winslet.

Voto: 7

 

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Avatar: The Last Airbender - Stagione 1Gli adattamenti seriali e le operazioni nostalgia spesso vanno di pari passo, ma anche quando uno show porta il dovuto rispetto al materiale di origine, non sempre la trasposizione su piccolo schermo ha la capacità di omaggiare il cuore dell’opera. Spesso è obbligatorio fare i conti con budget e tempi di produzione differenti, nonché con un pubblico molto diverso da quello che è stato segnato da un film, un libro o una serie animata con più di un decennio alle spalle. Adattare, tuttavia, non significa per forza tradire, ma può voler dire rimodellare e trovare il proprio incastro nella vasta produzione contemporanea di qualsivoglia medium; finché trapela la comprensione e un’armonia con il messaggio del materiale originale, ogni vizio di forma potrà essere perdonato. Per riuscire in questo compito molto difficile è necessario scendere dalle spalle di un gigante per camminare sulle proprie gambe. Purtroppo, Avatar: The Last Airbender sembra aver preso molte cose dalla famosa serie animata, senza aver imparato nulla da essa.

Il franchise di Avatar: The Last Airbender non è mai davvero tramontato; nel periodo di assenza dal piccolo schermo successivamente al riuscito sequel The Legend of Korra, sono state copiose le produzioni fumettistiche (particolarmente apprezzati The Search e The Rift), i romanzi spin-off (Suki Alone, The Rise of Kyoshi) e videoludiche con The Legend of Korra. Mancava solo un live action per completare una produzione così feconda e perlopiù di tutto rispetto, se si tralascia il tentativo di M. Shamalayan (ServantWayward Pines) nel 2010 di coprire l’intera prima stagione della serie animata in un film di due ore; il meme ricorrente fra i fan sul “film che non è mai stato girato” dice abbastanza su come la pellicola sia stata accolta.

Avatar: The Last Airbender - Stagione 1L’arrivo della serie targata Netflix è stato burrascoso; prima i trailer avevano instillato molta fiducia sulla resa visiva della serie, poi sono arrivate le polemiche per un’intervista dove gli attori parlavano della scelta di ritrarre diversamente un aspetto problematico della serie originale, o la dichiarazione che lo show avrebbe subito il trattamento riservato a molte produzioni fantasy odierne: il trattamento Game of Thrones, che ancor più dell’ultima stagione dovrebbe farsi perdonare l’aver fatto credere che per raccontare una storia fantasy matura la violenza in ogni suo aspetto sia necessaria. Avatar The Last Airbender e The Legend of Korra erano la prova che non fosse così, molto tempo prima dell’uscita dell’adattamento dei lavori di G.R.R. Martin. Questa è una delle tante lezioni di cui la trasposizione Netflix non ha fatto tesoro.

I primi passi di Aang, ultimo dominatore dell’aria, nel suo viaggio per diventare l’Avatar sono spettacolari, ma vuoti di ciò che aveva reso speciale il cartone. La storia del Team Avatar è stata adattata con una fedeltà di superficie che non tiene conto di certi messaggi profondi davvero importanti per chi ha già visto questa serie, in una grande operazione nostalgia che aggiunge davvero poco a ciò che già è stato visto; le rare volte che si concede di avventurarsi in cambiamenti e aggiunte lo fa con alti e bassi. Si può notare un forte impegno nello strizzare costantemente l’occhio ai fan della serie animata e nella decisione di tenere alto il ritmo della narrazione per intrattenere, ma senza raccontare nulla di significativo. I cambiamenti inoltre tradiscono ripetutamente il cuore dello show; viene reiterato, soprattutto in “Legends”, di lasciare andare il passato e guardare al futuro, quando il passato è sempre stato uno dei pilastri del presente e un monito su come costruire il futuro per Aang e il mondo da lui protetto. Il genocidio dei nomadi dell’aria (che lo showrunner voleva assolutamente rappresentare in maniera spettacolare) non ci consente di scoprire assieme al protagonista il tremendo fato dei monaci che chiamava famiglia, togliendo impatto anche alla scena dove viene scatenato per la prima volta l’“Avatar State” in “Aang”. Infine, in “Warriors” viene completamente cancellata la sottotrama in cui Sokka supera le sue strampalate idee sessiste offrendosi umilmente di essere allievo di Suki e le guerriere Kyoshi, vestendosi come loro e imparando a combattere come loro; nel live-action Sokka attraversa un breve arco narrativo in cui deve solo acquisire fiducia in sé stesso e in cui la fascinazione di Suki per il mondo oltre Kyoshi Island si ferma all’attrazione fisica per il protettore della Tribù dell’Acqua.

Avatar: The Last Airbender - Stagione 1Ovviamente non si dovrebbe criticare una trasposizione perché i cambiamenti nella trama, ma quando gli stessi cambiamenti vanno a snaturare il materiale di origine, allora questo è senza dubbio il difetto di una cattiva trasposizione. Non bastano gli ottimi effetti visivi e i nomi dei personaggi a far rivivere certe emozioni ai fan. E si fa riferimento proprio i fan perché è quasi esclusivamente a loro che questo adattamento è rivolto, benché sarebbero i primi a notarne le pecche nei tentativi di fanservice sin troppo palesi, i personaggi poco incisivi e che interagiscono approssimativamente fra loro, in una trama debole nonostante l’ambientazione fantastica. Spettatori poco avvezzi al mondo di Avatar: The Last Airbender, potrebbero rimanere confusi di fronte a certi riferimenti dati per scontati.

Alti e bassi si notano anche nel cast di personaggi, nel profondo divario fra la cura nella scrittura dei protagonisti e degli antagonisti; gli ultimi sembrano nettamente più coinvolgenti e interessanti. Sokka, Katara e Aang sono spesso insieme sulle scene, ma non legano mai davvero e questo difetto è abbastanza evidente dai numerosi cliché negli artificiosi dialoghi, nell’umorismo poco incisivo, e nella continua spiegazione di cosa sta succedendo sulla scena; tutti ostacoli alla credibilità del Team Avatar. La piattezza dei loro archi narrativi deriva anche dalla mancanza di coraggio nel reinterpretare le loro storie, che sono deragliate su binari davvero prevedibili; Sokka deve solo dimostrare a sé stesso di essere già forte, il personaggio di Katara si sviluppo solo nella penultima puntata e Aang non apprende il dominio dell’acqua, né si evolve davvero dall’idea di non essere adatto a ricoprire il ruolo di Avatar. Questo si traduce in caratterizzazioni a dir poco stagnanti. In questa rincorsa all’”atmosfera Game of Thrones” lo show dimentica che prima di ogni altra cosa, i protagonisti sono dei ragazzi che vengono catapultati in un mondo più grande di loro.

Avatar: The Last Airbender - Stagione 1Di tutt’altra pasta invece sono i cattivi, dove la scrittura ha dato il suo meglio. Innanzitutto, l’alchimia fra Uncle Iroh e il nipote Zuko è ottima, anche grazie agli attori Dallas Liu e Paul Sun-Hyung Lee (Ahsoka, The Mandalorian); il loro rapporto è una soddisfacente alternanza di affetto sincero e divergenze fra l’esperienza dell’anziano generale e l’irruenza del giovane rampollo, che sviluppano un sottile e malinconico legame nato da traumi diversi che li hanno fortemente segnati, ma grazie ai quali si sono trovati. È bellissima la scena del funerale del figlio di Iroh in “Into the Dark”, un flashback di ottima fattura che rappresenta tutto ciò che questo adattamento avrebbe dovuto essere: una strizzata d’occhio al passato con una prospettiva nuova, ma sempre fedele. In tema famiglia, si evidenzia la spettacolare interpretazione di Daniel Dae Kim (Pantheon, The Good Doctor) nei panni del Signore della Nazione del Fuoco Ozai, in un connubio di eleganza e spietatezza il cui merito è tutto di questo live-action. Né è da dimenticare la giovane Elizabeth Yu nei panni di una determinata principessa Azula, perché come lei vive il gioco crudele con cui Ozai sprona la competizione fra fratello e sorella è fra i momenti salienti dell’intera stagione.

Sarebbe ingiusto dire che questo adattamento sia un totale buco nell’acqua; gli effetti visivi sono di ottima fattura e restituiscono la magia dell’estetica del cartone grazie a una cura nella riproduzione verosimile di creature fantastiche come il bisonte volante Appa o gli spiriti, di architetture maestose come la città di Omashu o il tempio dei Dominatori dell’Aria o ancora della spettacolare e terribile potenza militare della Nazione del Fuoco. Purtroppo però, questo adattamento è poco più che una grande e costosa operazione nostalgia in grado di catturare solo superficialmente la magia dell’opera originale e ne tradisce ripetutamente il cuore nell’equivocare il suo messaggio, cercando di farla diventare qualcosa che non è mai stata. Forse la seconda stagione (già confermata) sarà un passo in avanti, ma al momento ci troviamo davanti a poco più che una fanfiction di Avatar: The Last Airbender, dove è chiaro l’affetto, ma è in dubbio la fedeltà alla serie animata.

Voto: 6

 

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Elsbeth – 1×01 Pilot https://www.seriangolo.it/2024/03/elsbeth-1x01-pilot/ https://www.seriangolo.it/2024/03/elsbeth-1x01-pilot/#respond Tue, 05 Mar 2024 11:27:17 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105566 “Elsbeth”,  la nuova serie dei coniugi Michelle e Robert King, secondo spin-off dell’amatissimo procedurale The Good Wife – a cui ha fatto seguito l’egualmente brillante The Good Fight, dimostrando che i coniugi King con gli spin-off ci sanno fare –, ha debuttato il 29 Febbraio sul canale CBS con ottimi ascolti e premesse più che […]

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Elsbeth - 1x01 Pilot“Elsbeth”,  la nuova serie dei coniugi Michelle e Robert King, secondo spin-off dell’amatissimo procedurale The Good Wife – a cui ha fatto seguito l’egualmente brillante The Good Fight, dimostrando che i coniugi King con gli spin-off ci sanno fare –, ha debuttato il 29 Febbraio sul canale CBS con ottimi ascolti e premesse più che interessanti.

La storia di Elsbeth è quella che tutti gli spettatori – sia fan delle serie che l’hanno preceduta, sia nuovissimi acquisiti – possono immaginare: Elsbeth Tascioni è un’avvocata di Chicago “un po’ particolare”, che si ritrova a New York per una nuova opportunità lavorativa e inizia a scoprire la città con fascino infantile e ingenuo, ma anche grandissima attenzione ai dettagli. Carrie Preston (che in molti ricorderanno anche per il primissimo ruolo che l’ha resa famosa in tv – Arlene di  True Blood) riesce sapientemente ad abitare un personaggio che oscilla sempre sul confine del prevedibile e scanzonato, creando un ritratto autentico e mai fuori luogo. Anche la motivazione del suo trasferimento risulta interessante, soprattutto perché prende le distanze (come il titolo della serie già fa intuire) dal modello classico di partenza – quello del procedurale ambientato in uno studio legale. Elsbeth infatti punta ad essere un procedurale poliziesco, che strizza l’occhio ai suoi predecessori grazie al punto di vista esterno della sua protagonista, destinata a portare scompiglio sulla scena del dipartimento di polizia newyorkese. L’avvocata, ora assistente e consulente (un “observer”) della polizia di New York, si ritrova tra le mani un caso quasi da manuale – un omicidio categorizzato come suicidio – ambientato sulla scena teatrale newyorkese.

L’elemento più interessante dell’episodio e che rende il pilot così credibile è il modo in cui viene trattata la storyline principale: Elsbeth è a tutti gli effetti un procedurale con una trama orizzonatale solo appena accennata, ma non per questo risulta noioso allo spettatore. Il confronto mentale – quasi una partita a scacchi – tra la protagonista e il sospettato omicida è ben scritto (e strizza l’occhio ai fan di vecchia data di True Blood, poiché è interpretato da un ottimo Stephen Moyer), così come quello tra Elsbeth e il luogo in cui si troverà a lavorare. Pur non essendo una trama innovativa, la realizzazione non lascia alcun dubbio sulla sua qualità, concentrandosi su dialoghi interessanti, costruzione accennata dei personaggi e gestione dei tempi di scena. Attualmente tutti i personaggi sono solo abbozzati e la stessa protagonista – anche per chi conosce le due serie precedenti – potrebbe risultare una “macchietta” intrigante, ancora una figura bidimensionale. Tuttavia, proprio la scrittura del pilot fa ben sperare in una costruzione organica e in un percorso che porterà tali personaggi a stringere relazioni significative, anch’esse figure protagoniste della storia.

Elsbeth - 1x01 PilotUn ulteriore punto a favore della riuscita del pilot di Elsbeth è proprio la sua capacità di esistere on its own, cioè completamente slegato dalle due serie-madri; aver guardato o meno le due serie precedenti non detrae nulla dall’episodio e dalle sue qualità intrinseche, né dalla possibilità di immergersi in questo universo senza avere alcuna informazione sulle stesse. Come per ogni procedurale, il rischio di ripetitività è sempre dietro l’angolo, e si tratta di una valutazione che inevitabilmente è collegata alla struttura della storyline stagionale e non solo a un singolo episodio; ma se la serie sarà in grado di tenere testa ai suoi predecessori, pur discostandosene per la sua istrionica protagonista e per il tema trattato, è indubbio che la trama stagionale riuscirà a soddisfare sia lo spettatore più casuale, che accende la tv per vedere un prodotto di qualità ma senza troppe pretese, sia quella dello spettatore fiducioso e nostalgico delle storyline delle prime due opere dei coniugi King.

Ciò che ulteriormente rende l’episodio così unico è proprio la protagonista alle prese non solo con il nuovo lavoro – che la affascina proprio perché ha sempre lavorato come avvocato (cfr. difendendo anche i colpevoli) -, ma con la città di New York, le sue continue sorprese e la voglia di scoprirla con atteggiamento di stupore e meraviglia: non è un caso che una delle scene più inaspettate e riuscite sia quella della chiacchierata con le colleghe sulla scena del crimine,“a breath of fresh air”, un momento in cui la serie riesce a leggere la realtà e a discostarsi dalla serietà che le tematiche raccontate inevitabilmente portano con sé. Questa piccola incursione nella vita di tutti i giorni contribuisce a rendere la scena realistica, e fa ben sperare per un racconto che non sia solo legato ai canoni tipici del procedurale.

Il pilot della serie sembra procedere liscio e si fa guardare con piacere, senza dare problemi per la lunghezza dell’episodio; proprio il plot-twist finale, che dà poi origine alla trama orizzontale che probabilmente occuperà tutta la prima stagione (e che contribuisce a una rilettura di tutti gli avvenimenti presentati) chiude bene l’episodio e fa ben sperare per una serie in grado di conquistarsi un posto ben preciso nella routine settimanale di tutti gli spettatori. Nei suoi primi quaranta minuti, Elsbeth ci ricorda quanto ci mancasse un procedurale di qualità e quanto la televisione abbia ancora bisogno di prodotti del genere, prevedibili ma al contempo in grado di leggere la realtà attuale e di tramutarla sul piccolo schermo con intelligenza e senza pregiudizi.

Voto: 8

 

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L’Angolo Mensile delle News – Febbraio 2024 https://www.seriangolo.it/2024/03/langolo-mensile-delle-news-febbraio-2024/ https://www.seriangolo.it/2024/03/langolo-mensile-delle-news-febbraio-2024/#respond Mon, 04 Mar 2024 11:26:57 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105542 Ecco il nuovo appuntamento con l’Angolo Mensile delle News, rubrica che parla delle notizie e dei temi più importanti che hanno caratterizzato il mese telefilmico appena trascorso. In questo articolo parleremo della nuova serie di Lena Dunham per Netflix; della seconda stagione di The Last of Us e del suo nuovo cast; della terza stagione […]

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L’Angolo Mensile delle News – Febbraio 2024Ecco il nuovo appuntamento con l’Angolo Mensile delle News, rubrica che parla delle notizie e dei temi più importanti che hanno caratterizzato il mese telefilmico appena trascorso. In questo articolo parleremo della nuova serie di Lena Dunham per Netflix; della seconda stagione di The Last of Us e del suo nuovo cast; della terza stagione di The Rings of Power già in lavorazione; vedremo i rinnovi del mese e vi mostreremo i nuovi trailer di febbraio.


Lena Dunham torna su Netflix

Jessica è una maniaca del lavoro di New York sui trentacinque anni, reduce da una relazione che pensava sarebbe durata per sempre e che la stava lentamente isolando da tutti quelli che conosce. Quando si rende conto che ogni isolato di New York le ricorda questa relazione, capisce che l’unica soluzione è accettare un lavoro a Londra, dove progetta di vivere una vita di solitudine. Quando incontra Felix, scopre che il loro insolito legame è impossibile da ignorare, anche se le crea più problemi di quanti ne risolva. Americani e inglesi parlano davvero la stessa lingua? È questa la domanda a cui vuole trovare una risposta la nuova serie di Lena Dunham Too Much, di cui Netflix ha ordinato dieci episodi. Questa comedy della durata di mezz’ora vedrà tra i protagonisti Richard E. Grant, Stephen Fry, Janicza Bravo, Andrew Rannells e Michael Zegen. È stato inoltre confermato che Emily Ratajkowski apparirà nella serie. Per ora non sono ancora stati diffusi video promozionali, né date di debutto.

The Last of Us allarga il cast della seconda stagione

La seconda stagione di The Last of Us ha aggiunto quattro nuovi membri al cast: Danny Ramirez, Ariela Barer, Tati Gabrielle e Spencer Lord. Ramirez interpreterà Manny, descritto come un soldato leale il cui sguardo solare nasconde il dolore di vecchie ferite e la paura di deludere i suoi amici quando hanno più bisogno di lui; Barer interpreterà Mel, che si dice sia un giovane medico il cui impegno nel salvare vite umane è messo alla prova dalla realtà della guerra; Gabrielle è stata scelta per il ruolo di Nora, un medico militare che lotta per venire a patti con i peccati del suo passato, e Lord apparirà nei panni di Owen, un’anima gentile intrappolata nel corpo di un guerriero, condannato a combattere un nemico che rifiuta di odiare. Per la prossima annata è stato anche confermato il ritorno di Pedro Pascal nei panni di Joel e Bella Ramsey nei panni di Ellie.

Gli showrunner di The Rings of Power al lavoro sulla stagione tre

Nell’ambito del loro nuovo accordo con Amazon MGM Studios, gli showrunner di The Rings of Power Patrick McKay e JD Payne sono già al lavoro sulle storyline per la terza stagione della serie Prime Video; ciò avviene mentre il servizio di streaming sta organizzando il debutto della seconda annata entro la fine del 2024. La writers’ room della terza stagione non è ancora aperta, ma gli showrunner sarebbero già al lavoro.Abbiamo iniziato questo straordinario viaggio con JD e Patrick più di cinque anni e mezzo fa e non ci siamo mai guardati indietro“, ha dichiarato Vernon Sanders, capo di Amazon MGM Studios TV. “Continuiamo a stupirci della portata della loro visione e dell’enorme successo globale ottenuto nella prima stagione dello show. Non vediamo l’ora che i clienti Prime Video vivano l’avventura epica e il dramma che JD e Patrick continueranno a costruire durante la seconda stagione e oltre“.

Prime Target: la nuova serie di Apple TV+

Apple TV+ ha annunciato Prime Target, una nuova serie thriller di otto episodi della durata di un’ora, interpretata dal vincitore del SAG Award Leo Woodall e da Quintessa. Lo show segue Edward Brooks, un giovane e brillante laureato in matematica sul punto di fare una grande scoperta: se riuscirà a trovare uno schema di numeri primi, avrà in mano la chiave di tutti i computer del mondo. Ben presto inizierà a rendersi conto che un nemico invisibile sta cercando di sabotare la sua idea prima ancora che nasca: per questo entra nell’orbita di un’agente dell’NSA e con lei inizierà a mettere insieme i pezzi della pericolosa cospirazione in cui Edward è al centro. La data di debutto non è stata ancora fissata del servizio di streaming.

I rinnovi, le cancellazioni e le date delle premiere del mese

Apple TV+ ha annunciato il rinnovo per la terza stagione di Invasion, la serie di fantascienza ideata dal produttore Simon Kinberg, che entrerà in produzione alla fine del mese. Passiamo ad HBO, che ha annunciato il rinnovo di una delle sue serie di punta, True Detective, che tornerà per una quinta stagione.
Per quanto riguarda le cancellazioni invece, vi segnaliamo che Netflix ha dichiarato che il suo drama Ratched con Sarah Paulson non tornerà con la seconda stagione, terminando dopo una sola annata.
Per quanto riguarda le date delle premiere, Paramount+ ha annunciato che quinta e ultima stagione della serie originale STAR TREK: DISCOVERY sarà disponibile in esclusiva sul servizio da giovedì 4 aprile.

I trailer del mese

Dopo il successo di Masters of the Air, Apple TV+ ha annunciato The Bloody Hundredth, un nuovo documentario che rende omaggio agli eroi del 100° Bomb Group. Prodotto da Playtone-Amblin e narrato da Tom Hanks, The Bloody Hundredth farà il suo debutto il 15 marzo su Apple TV. Il documentario, della durata di un’ora, mette in luce le vere storie di diversi personaggi e aviatori realmente esistiti presenti in Masters of the Air. Ecco il trailer

Fonti: variety, spoilerTV, the hollywood reporter, vulture, apple tv+, paramount+

 

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Shogun – 1×01/02 Anjin & Servants of Two Masters https://www.seriangolo.it/2024/03/shogun-1x01-02-anjin-servants-of-two-masters/ https://www.seriangolo.it/2024/03/shogun-1x01-02-anjin-servants-of-two-masters/#comments Sun, 03 Mar 2024 11:19:11 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105552 È finalmente arrivata su Disney+ la nuova e attesissima serie di FX Shogun, tratta dall’omonimo romanzo di grande successo del 1975 scritto da James Clavell, con i due episodi “Anjin” e “Servants of Two Masters”. Annunciata già nel 2018, Shogun vede come showrunner Rachel Condo e Justin Marks (creatore di Counterpart e autore del soggetto di […]

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Shogun - 1x01/02 Anjin & Servants of Two MastersÈ finalmente arrivata su Disney+ la nuova e attesissima serie di FX Shogun, tratta dall’omonimo romanzo di grande successo del 1975 scritto da James Clavell, con i due episodi “Anjin” e “Servants of Two Masters”. Annunciata già nel 2018, Shogun vede come showrunner Rachel Condo e Justin Marks (creatore di Counterpart e autore del soggetto di Top Gun: Maverick), ed è senza dubbio uno degli eventi televisivi più attesi di questo 2024.

Ambientata nel Giappone del 1600, Shogun ha al centro la storia di due personaggi: Jack Blackthorne (Cosmo Jarvis), un marinaio britannico alla ricerca di una nuova via marittima per raggiungere la terra del sol levante ormai da tempo, in termini commerciali, in mano ai portoghesi, e Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada), un potente daimyo – una figura feudale di altissimo livello – alle prese con giochi di potere e successioni che promettono di mettere in subbuglio l’intera nazione. Una storia che riprende il classico topos dello straniero in terra straniera e che racconta un momento storico importantissimo del Giappone, con buona parte dei protagonisti ispirati a personaggi realmente esistiti. Jack Blackthorne, per esempio, è basato su William Adams, mentre Yoshii Toranaga su Tokugawa Ieyasu, figure su cui non aggiungiamo nulla per lasciare il piacere della scoperta a chi guarda la serie senza conoscere la storia e per favorire un eventuale confronto a posteriori tra realtà e finzione.

Non è la prima volta che il romanzo di Clavell arriva sul piccolo schermo; già nel 1980 Paramount aveva prodotto per NBC una miniserie, vincitrice del premio più importante nella sua categoria sia ai Golden Globe che agli Emmy. Curiosamente, per l’Europa fu montata una versione di 159 minuti – e quindi più corta di quasi due ore rispetto al prodotto televisivo – da distribuire al cinema, accolta molto tiepidamente. Anche il passaggio sulla TV giapponese non riscontrò lo stesso successo avuto negli Stati Uniti, principalmente per il modo a tratti superficiale di rappresentare quel periodo storico.

Shogun - 1x01/02 Anjin & Servants of Two MastersA 40 anni di distanza, e con il romanzo che ancora oggi mantiene il suo status di importanza, c’erano grandi aspettative per questo nuovo adattamento, e alla luce di questa doppia premiere, si può dire che FX abbia tra le mani uno dei prodotti più interessanti dell’anno. È chiaro fin da subito che ogni aspetto della produzione è stato preso con la massima serietà, e sul fronte della ricostruzione storica si vede l’intento di voler rendere il tutto il più autentico possibile. Immergere lo spettatore nel mondo che si va a presentare rendendolo credibile, è essenziale affinché un prodotto come Shogun possa avere il successo sperato.
Consci anche del peso e dell’eredità di questo adattamento, per esempio, nel 2019 FX, a produzione già iniziata, aveva deciso di bloccare tutto in quanto il prodotto non rispecchiava gli alti standard che il canale televisivo si aspetta. Una mossa non così atipica, ma che spesso porta a un peggioramento, cosa che per fortuna, come detto prima, in questo caso specifico non è accaduta. Shogun si presenta esteticamente in maniera eccellente, con qualche piccola sbavatura di CGI qua è là che però non distrae mai troppo, anche grazie al fatto che non viene usata eccessivamente.

Non c’è solo la qualità estetica a rendere Shogun una serie imperdibile, ma anche e soprattutto l’attenzione alla storia e ai personaggi. In primis, bisogna menzionare l’ottimo casting fatto: Cosmo Jarvis è perfetto nel ruolo di Jack Blackthorne, abilissimo nel trasmettere l’arroganza di un marinaio inglese che deve far di tutto per sopravvivere in un luogo dove non parla la lingua, dove la cultura è diametralmente opposta alla sua, e in totale assenza di alleati. È proprio questo suo modo di fare che aiuta ancora di più a far emergere l’impatto che ha su di lui il contatto con il Giappone, un luogo di estremi che passa da elementi di pace e tranquillità ad altri di estrema brutalità.

Shogun - 1x01/02 Anjin & Servants of Two MastersAnche Hiroyuki Sanada (qualcuno se lo ricorderà nella sesta stagione di Lost, in cui era Dogen) è bravissimo nell’interpretare Toranaga, una figura che è quanto di più diverso ci possa essere da Blackthorne: paziente, calmo, modesto nei modi ma sempre due passi avanti rispetto agli avversari. Un tipo di personaggio che sì, abbiamo visto molte altre volte in TV – la testa non può che non andare subito a tante figure di Game of Thrones -, ma che richiede una scrittura molto attenta per sfruttarne al meglio il potenziale. Restando in tema Game of Thrones, un prodotto come Shogun – nonostante l’ambientazione reale -, con i suoi intrighi e giochi di potere, non può non far tornare in mente proprio la serie tratta dai romanzi di George R. R. Martin. Anche qui, non si può dire che sia in atto una rivoluzione, ma quando aspetti come questi hanno la qualità che ha Shogun, non è necessario.

Shogun è dunque una serie da non perdere, un prodotto dal respiro epico che conquista da subito lo spettatore e che ci catapulta con successo nel Giappone feudale. È uno show che intrattiene, che presenta abilmente il mondo in cui è ambientata e che è mostra le diverse sfaccettature dei suoi protagonisti con eleganza, dimostrando una grande padronanza e conoscenza del materiale originale, sapendo però dove andare ad ampliare il racconto, soprattutto per quanto riguarda la rappresentazione della cultura giapponese.

Voto 1×01: 8
Voto 1×02: 8

 

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Expats – Miniserie https://www.seriangolo.it/2024/03/expats-miniserie/ https://www.seriangolo.it/2024/03/expats-miniserie/#respond Sat, 02 Mar 2024 11:01:07 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105523 Creata da Lulu Wang e basata sul libro di Janice Y. K. Lee (“The Expatriates”), la miniserie drammatica Expats approda su Prime Video con un gran carico di sfide dovute non solo alla complessità delle storie e dei temi che vengono trattati, ma anche dal gran numero di personaggi e destini personali che lo show […]

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Expats - MiniserieCreata da Lulu Wang e basata sul libro di Janice Y. K. Lee (“The Expatriates”), la miniserie drammatica Expats approda su Prime Video con un gran carico di sfide dovute non solo alla complessità delle storie e dei temi che vengono trattati, ma anche dal gran numero di personaggi e destini personali che lo show si propone di intrecciare nel teatro di una Hong Kong labirintica e magnetica. Capitanata da un trio di protagoniste interpretate da Nicole Kidman, Sarayu Blue e Ji-young Yoo,  Expats, già dai primi due episodi, ha portato alla luce tutte le potenzialità ma anche tutti i rischi scaturiti dalla pretesa di voler trattare così tanti elementi in sole sei puntate.

Nell’introdurre il complesso e delicato mosaico di esistenze delle tre donne protagoniste dello show (Margaret, Hilary e Mercy), la serie ha mostrato – in particolare nella sua prima metà – diversi problemi a gestire il ritmo della sua narrazione. L’interessante intuizione di rendere gli ambienti interni ed esterni di Hong Kong non soltanto lo sfondo, ma un elemento squisitamente vivo e capace di farsi metafora degli stati d’animo narrati è uno dei punti di maggior fascinazione e, al contempo, di debolezza dell’intero show. La metodica attenzione nel donare prestigio e profondi significati ad ogni singola scena e ad ogni ambiente – a partire dai lussuosi appartamenti di Margaret e Hilary fino alle retrovie più degradate e dimenticate della città – si è dimostrata un’arma a doppio taglio proprio perché Expats, non riuscendo sempre a gestire al meglio il ritmo della propria narrazione, si è persa spesso in una cura ossessiva della sua forma, dimenticando talvolta che la potenza espressiva dei suoi contenuti, proprio perché così drammatici, si manifesta con più potenza nell’immediatezza e nella semplicità.
Questo è un peccato perché lo show porta alla luce temi estremamente interessanti attraverso una lente per nulla banale. La tragedia della perdita del piccolo Gus – collante che unisce inesorabilmente i destini di tre donne tanto diverse in un mosaico di intenso dolore esistenziale – è soltanto il trampolino di lancio attraverso cui Expats amplia il proprio sguardo spingendosi verso l’analisi di innumerevoli tematiche, tutte declinate squisitamente al femminile. Il tema del dolore e della perdita è centrale ed abbraccia in particolar modo il personaggio interpretato da Nicole Kidman, spezzato da una sofferenza così tanto devastante che porta Margaret a diventare tristemente una sorta di buco nero di disperazione che rischia di inglobare e ferire, suo malgrado, tutti coloro che la circondano, danneggiando anche i suoi figli.

Expats - MiniserieUno dei meriti maggiori dello show è stato quello di mostrare la tragica crudezza di un dolore del genere senza troppi fronzoli: assistere alle scene di Margaret potrebbe donare agli spettatori un certo senso di disagio che però funziona benissimo proprio perché lo show non offre alcuna patina estetica alla sua sofferenza e dona, anzi, un realismo difficile da digerire, ma che si fa necessario nel mettere a fuoco tutti gli aspetti di un dolore di questa portata. Nella realtà della vita quotidiana, infatti, esso non si manifesta soltanto tramite lacrime e disperazione, ma diventa un compagno silenzioso che si accompagna spesso ad episodi e a comportamenti che sfuggono a una meccanica razionale e logica. Il punto più emblematico riguardo a questo viene raggiunto in “Mainland” quando Margaret scoppia in una risata incontrollabile poco prima di dover riconoscere quello che avrebbe potuto essere il corpo del suo Gus: una scena quasi difficile da guardare, ma necessaria per farci toccare con mano le conseguenze psicologiche di certi traumi.

Vivere con il dolore, farsi plasmare da esso e, nonostante ciò, trovare un appiglio per continuare ad andare avanti è il tema principale di tutto lo show. E se Margaret è colei che ha dovuto subire la portata di un destino tanto crudele, dall’altro lato abbiamo Mercy, che di questo destino crede di essere la crudele artefice. La giovane interpretata da Ji-young Yoo viene rappresentata come una mina vagante e disfunzionale che fatica a trovare la propria dimensione senza danneggiare chi la circonda e, soprattutto, se stessa. A differenza di Margaret e Hilary che, nonostante tutto, sono circondate da una bolla di benessere e privilegio che permette loro di tutti gli appoggi possibili per affrontare le loro difficoltà, Mercy non è abbiente e subisce più di loro quella sensazione di alienazione che chi vive da espatriato prova costantemente sulla sua pelle. Si tratta di una particolare esperienza di solitudine esistenziale che trascende la quantità di contatti umani che si ha nella quotidianità: per Mercy c’è sempre una sorta di velo invisibile che la separa dal resto delle persone. Non a caso, la giovane è convinta di essere maledetta e tale convinzione non fa che accrescere dopo la tragica scomparsa di Gus, di cui avverte tutto lo straziante senso di colpa. Da qui la convinzione di non poter mai essere felice, perché di base lei sente che non sarà mai in grado di meritare quella serenità.

Expats - MiniserieLa sua vera maledizione è proprio questo costante giudizio spietato che ha nei confronti di se stessa e che la giovane preferisce attribuire ad una sorta di sortilegio del destino semplicemente perché ancora incapace di guardarsi dentro e di venire a patti con quel giudice severo e punitivo nascosto nella sua coscienza. La gravidanza inaspettata e la scelta di portarla a termine le offre la presa di coscienza del suo costante auto sabotaggio: la prospettiva di dover iniziare a prendersi cura di qualcosa che è “altro” da lei, ma che fisicamente è ancora nel suo corpo, la pone dinanzi alla possibilità del disvelamento – doloroso ma catartico – della vera natura di quella “maledizione”.

Si diceva prima che è un vero peccato che la serie abbia ossessivamente concentrato la maggior parte dei suoi sforzi nella ricerca costante di una forma che potesse sottolineare con fin troppa insistenza l’intensità dei temi trattati. Nel caso di Margaret e, soprattutto, di Mercy lo show ha, infatti, speso fin troppo tempo nell’insistere sul tratteggiare, attraverso ogni vezzo, i loro dilemmi esistenziali, e questo ha portato Expats a non riuscire a destreggiare al meglio il poco tempo a disposizione, risultando spesso prolissa e ridondante, nonostante la poesia e la cura della sua estetica. La portata di questo errore si rivela proprio verso la fine della serie: qui la necessità di portare il tutto ad una conclusione ci ha donato, infatti, i migliori episodi dello show, e viene proprio da chiedersi perché lo show non sia stato così efficace fin dall’inizio. Spicca in particolar modo il meraviglioso (e lunghissimo) “Central”, che si staglia al di sopra di tutte le altre puntate e rappresenta una vera e propria lezione di sceneggiatura.

Attraverso la crisi esistenziale e matrimoniale di Hilary (interpretata da una bravissima Sarayu Blue), Expats ci dimostra la presa di coscienza e l’emancipazione mentale di una donna a cui è stato insegnato da sempre di identificare il suo valore personale con il suo status e il privilegio da cui è circondata. Ma “Central” si spinge ben oltre nel mettere in primo piano coloro che, fino ad ora, sono sempre viste come figure di contorno, ma che rappresentano nella maniera più autentica l’esperienza di essere expats: le domestiche e le tate che si occupano delle case e delle famiglie delle nostre privilegiate protagoniste. Nello spostare il punto di vista da Hilary e Margaret a quello di Puri (Amelyn Pardenilla) ed Essie (Ruby Ruiz), Expats dona al suo racconto intimista una dimensione di analisi sociale disvelando tutte le ipocrisie – a volte inconsapevoli, a volte no – della classe privilegiata, che adora descrivere queste persone come loro pari ma che, nella realtà dei fatti, non riesce a fare a meno di utilizzarle come strumenti per accrescere il loro benessere (“You are her employer, not her friend”), perché è lo stesso sistema di privilegio in cui sono inserite che impedisce un qualunque altro tipo di rapporto che non sia strumentale.

Expats - MiniserieCi sarebbero tantissime altre cose da analizzare riguardo i temi trattati in Expats, e questo rappresenta, paradossalmente, il suo punto di forza e, al contempo, il suo punto di maggiore debolezza. La miniserie di Lulu Wang si apre, infatti, ad un modo di raccontare delicato, prezioso e non banale, la cui spinta poetica ed intimista, ma sempre ben ancorata alla realtà, offre un prodotto di grande interesse e di pregevole fattura sotto innumerevoli punti di vista. Ma, al tempo stesso, l’intenzione e l’aspettativa di offrire uno show di grande prestigio hanno fatto cadere Expats in una pretenziosità che ha danneggiato parte della sua messa in scena, vittima di un ritmo narrativo che non è riuscito a restare al passo con tutte queste aspettative e con le troppe cose che si sono volute mettere in gioco. La sensazione è quella di assistere a un qualcosa di prezioso che, però, fatica ad arrivare e a colpire quanto avrebbe potuto e voluto se soltanto la potenzialità infinita dei suoi temi avesse scardinato la cura ossessiva per una forma e per una pretenziosità di cui non c’era davvero bisogno.

Voto: 7½

 

 

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Constellation – 1×01/02/03 The Wounded Angel & Live and Let Die & Somewhere in Space Hang My Heart https://www.seriangolo.it/2024/02/constellation-1x01-02-03-the-wounded-angel-live-and-let-die-somewhere-in-space-hang-my-heart/ https://www.seriangolo.it/2024/02/constellation-1x01-02-03-the-wounded-angel-live-and-let-die-somewhere-in-space-hang-my-heart/#respond Thu, 29 Feb 2024 22:03:42 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105498 Si dice spesso che andare nello spazio sia un’esperienza totalizzante e polarizzante: ovviamente lo è per l’esperienza in sé, per quello che il corpo e la mente sperimentano, uscendo letteralmente dal mondo di riferimento a cui sono abituati. Ma c’è anche, spesso, una parte oscura che pochi affrontano: chi torna cambia per sempre. A volte […]

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Constellation - 1x01/02/03 The Wounded Angel & Live and Let Die & Somewhere in Space Hang My HeartSi dice spesso che andare nello spazio sia un’esperienza totalizzante e polarizzante: ovviamente lo è per l’esperienza in sé, per quello che il corpo e la mente sperimentano, uscendo letteralmente dal mondo di riferimento a cui sono abituati. Ma c’è anche, spesso, una parte oscura che pochi affrontano: chi torna cambia per sempre. A volte con un’esperienza indescrivibile in più nel curriculum della vita, altre con un fardello difficile da spiegare. Constellation, la nuova serie di AppleTV+, si concentra su quest’altro aspetto: quanta oscurità spaziale ci si porta dietro quando si torna alla vita normale? E soprattutto: è tutto davvero spiegabile o c’è anche qualcosa di sinistramente insondabile?

Jo, astronauta che gravita attorno alla terra con altri astronauti provenienti da altri parti del mondo, ha una splendida famiglia: un marito e una figlia l’aspettano a casa, in Germania, vicino al quartier generale dell’ESA, l’agenzia spaziale europea. A bordo del satellite su cui lavorano ci sono tantissimi aspetti da considerare, soprattutto uno: una ricerca scientifica da parte degli americani della NASA che sembra poter rivoluzionare la vita sulla Terra se portata a termine con successo.
Ed è qui che succede il patatrac: proprio a pochissimi secondi da quella che potrebbe essere una scoperta sensazionale, un impatto fortissimo danneggia in modo grave il centro scientifico nello spazio, costringendo il personale a compiere scelte difficili e soprattutto ad evacuare, lasciando Jo da sola nel tentativo di ripristinare l’unica navetta ancora a disposizione per poter tornare a casa.
Sappiamo fin da subito che ce la farà, visto che la vediamo in macchina con la figlia nel gelo della Svezia settentrionale, ma quello che ci chiediamo immediatamente è: che cosa è successo tra il misterioso schianto e il suo solitario ritorno verso casa? Cosa sono le visioni che Jo ha all’improvviso, le voci che sente, le sensazioni che prova? Ma soprattutto: siamo sicuri che sia la stessa Jo ad essere tornata indietro?

Constellation - 1x01/02/03 The Wounded Angel & Live and Let Die & Somewhere in Space Hang My HeartPer la nostra analisi di questi primi tre episodi partiamo dal genere di riferimento: la fantascienza. Proprio AppleTV+ in questi anni ha dato una magnifica prova di forza e qualità con questo genere con le – finora – quattro stagioni di For All Mankind che, nonostante siano passate un po’ in sordina a livello di rumor mediatico, sono un luminosissimo esempio di serie tv di genere portato avanti in maniera eccelsa.
Erano dunque molto alte le aspettative su Constellation, che si presenta fin da subito entrando nel vivo della trama, alla quale aggiunge anche l’elemento mistery/horror alla più classica delle narrazioni fantascientifiche (generi che ovviamente vanno di pari passo da decenni, si pensi ad Alien o al meno conosciuto ma apprezzabile La moglie dell’astronauta). Lo spettatore capisce fin dalle prime battute che la Jo che Constellation mostra in Svezia è profondamente diversa da quella che svolgeva il suo lavoro nello spazio, che il rapporto con la figlia non è per niente simile a quello che vediamo durante l’ultima videochiamata prima del misterioso impatto che dà il via alla storia, che la ricerca americana che sta portando avanti lo scienziato della NASA è fin da subito sospetta, e che è evidente che c’entri qualcosa con lo stato in cui si trova ora la protagonista, e forse anche con quel “qualcosa” che fa un buco enorme nel satellite che li ospita.

Il modo di raccontare la storia è quindi abbastanza tradizionale, almeno per il momento, sia dal punto di vista della parte prettamente fantascientifica (tutte le sequenze nello spazio), sia da quello più mistery e horror: le sequenze sono spesso mostrate con toni cupi e pochissima luce, con l’ambientazione scandinava, sempre più presente ormai nelle serie tv più “dark”, che aiuta poiché la cupezza del Nord Europa in pieno inverno ha oggettivamente pochi rivali – il caso recente più importante è l’ultima stagione di True Detective.

Constellation - 1x01/02/03 The Wounded Angel & Live and Let Die & Somewhere in Space Hang My HeartNon ci sono quindi molte sorprese o virtuosismi di sorta, anche perché come si è già detto AppleTV+ ha già dato sfoggio delle proprie abilità a trattare certe ambientazioni: la curiosità la cattura più il non detto, l’apparente assoluta insensatezza di alcune cose che succedono (come quello che trova Jo quando indaga su cosa abbia colpito il satellite) e chiaramente anche la bravura di Noomi Rapace che sostanzialmente interpreta per gran parte del tempo due donne diverse, benché sia la stessa persona (almeno a quanto ne sappiamo noi).
Proprio l’attrice svedese è sicuramente il perno del cast, il volto che dà anche maggior prestigio alla serie, almeno in questa fase iniziale di lancio; ovviamente non possiamo dimenticare Jonathan Banks, l’altro volto altamente riconoscibile dai fan seriali ma che, almeno in queste prime puntate, sembra essere un po’ fuori ruolo. È una sensazione difficile da spiegare quella che abbiamo avuto – e forse è anche influenzata dal fatto che ormai Banks è nell’immaginario collettivo Mike di Breaking Bad e di Better Call Saul – ma ci sembra che il ruolo non gli si addica molto bene. Al momento è solo un’impressione su un volume molto limitato di minutaggio, e speriamo di poterci ricredere con i prossimi episodi.

In definitiva questo esordio di Constellation non fa altro che confermare le aspettative: sembra un buon prodotto di genere, fatto su misura per gli appassionatisci-fi ma che non disdegnano anche una capatina nel mistery e, perché no, anche nell’horror. Si può dire, allora, che ci fidiamo dell’esperienza di AppleTV+ sul tema: siamo di certo di fronte ad un inizio che invoglia a continuare nella visione.

Voto 1×01: 7+
Voto 1×02: 7
Voto 1×03: 7

 

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True Detective: Night Country – Stagione 4 https://www.seriangolo.it/2024/02/true-detective-night-country-stagione-4/ https://www.seriangolo.it/2024/02/true-detective-night-country-stagione-4/#comments Wed, 28 Feb 2024 14:23:22 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105501 Dopo una prima stagione cult, True Detective, la serie antologica crime di HBO, ha visto un successo di critica e pubblico che nel corso degli anni è stato, a esser buoni, altalenante. Era quindi inevitabile tentare un cambio di rotta, a partire dal rinnovamento del team creativo, che infatti da quest’anno non vede più al suo […]

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True Detective: Night Country – Stagione 4Dopo una prima stagione cult, True Detective, la serie antologica crime di HBO, ha visto un successo di critica e pubblico che nel corso degli anni è stato, a esser buoni, altalenante. Era quindi inevitabile tentare un cambio di rotta, a partire dal rinnovamento del team creativo, che infatti da quest’anno non vede più al suo timone Nic Pizzolatto, bensì Issa López, nella doppia veste di showrunner e regista.


Come vedremo, questo passaggio di testimone ha senza dubbio segnato un deciso
cambiamento dal punto di vista dell’approccio e, soprattutto, dello sguardo, senza però andare a intaccare i meccanismi e i topos ben oliati che abbiamo imparato a conoscere fin dalla prima stagione.
Già dalle prime puntate, i rimandi all’esordio della serie non mancano, tanto da far apparire questa annata come una sorta di soft reboot dello show – non a caso la prima e la quarta stagione sono state definite dalla stessa López complementari: ritroviamo infatti una coppia di detective dal passato oscuro e problematico; un crimine che allude a possibili risvolti soprannaturali (torna il simbolo della spirale) e infine un’ambientazione molto caratterizzata sia dal punto di vista estetico che da quello delle comunità marginali che la abitano.

La prima grande differenza rispetto al passato riguarda, è impossibile negarlo, la massiccia presenza femminile, che segna in questo senso una svolta sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo: precedentemente relegate a ruoli ancillari, oltre che a quello di vittima, in Night Country le donne assumono un ruolo centrale, sia come singoli personaggi che come comunità. Danvers e Navarro sono in tutto e per tutto due “true detective”, a partire dalla loro personale concezione di giustizia fino ad arrivare al modo in cui si evolve la loro relazione, ma, al tempo stesso, il loro sguardo sul mondo non potrebbe essere più diverso da quello di Marty e Rust. Grazie a quello che, all’apparenza, potrebbe sembrare un semplice gender swap, López riesce a rileggere la formula di Pizzolatto in maniera alternativa, ponendo alla base delle loro scelte, anche quelle più eticamente discutibili, una dimensione di genere.

True Detective: Night Country – Stagione 4Legata a doppio filo con questo aspetto è la rappresentazione di Ennis, in cui la marginalità femminile si intreccia con quella indigena. Strettamente dipendente dall’attività della miniera, al tempo stesso fonte di ricchezza e minaccia alla sopravvivenza dei suoi abitanti, la cittadina prende forma attraverso una convivenza di opposti – violenza e integrazione, vivi e morti, natura incontaminata e massiccio intervento antropico – che è dovuta proprio alla sua natura di confine, a cui si somma l’ingombrante assenza della luce solare. Anche in questo caso i punti di contatto si accostano alle divergenze: l’impressione generale è quella di una maggiore attenzione ed empatia nella rappresentazione, che permette ad Ennis e ai suoi abitanti di assumere una dimensione più profonda rispetto a quella di semplice, anche se affascinante, sfondo delle vicende.
Infine, è impossibile non menzionare l’aspetto soprannaturale, centrale come mai prima d’ora nella serie, fino a raggiungere dei picchi horror che, come è già stato notato, l’hanno avvicinata più a serie come Twin Peaks. In maniera in un certo senso più coraggiosa rispetto alla prima stagione, che finiva per ricondurre tutto all’ambito dell’umano, Night Country lascia infatti una porta aperta sulla possibilità dell’esistenza di uno spirito antico e vendicativo che avrebbe agito in sottotraccia rispetto al dipanarsi degli eventi, nonchè sull’interpretazione di Ennis come luogo di comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

A fronte di una stagione che ha saputo mantenere un buon equilibrio tra la detection e il progressivo disvelarsi del passato delle protagoniste, il finale, pur essendo in buona parte soddisfacente, non manca purtroppo di difetti.
Partiamo però dai punti di forza: la scelta di portare avanti un doppio binario crime tramite il cold case di Annie K. e la morte degli scienziati, chiaramente collegati tra loro ma presumibilmente dovuti a figure diverse, è stata senza dubbio vincente, in quanto ha permesso di tenere alto il ritmo del racconto lungo tutto il corso della stagione, fino a giungere alla doppia rivelazione del finale. La scoperta del rapporto corrotto tra la base scientifica e la miniera che ha portato all’assassinio di Annie K. dà vita a un interessante corto circuito tra l’importanza della missione scientifica e le concrete e crudeli conseguenze che questa ha avuto sulla donna e sull’intera comunità di Ennis, scatenando una ribellione, tanto mistica quanto reale, delle sue vittime. Se è vero che l’inizio di questo racconto non può che essere ricondotto all’omicidio di Annie, proprio come la prima stagione si apriva con il ritrovamento di un cadavere femminile, la rivelazione finale circa le dinamiche della morte degli scienziati della Tsalal trasforma quella che poteva sembrare l’ennesima “donna nel frigorifero” in una storia di rabbia e vendetta femminile, di cui anche le due detective, non nuove a questo tipo di giustizia alternativa, diventano complici.

True Detective: Night Country – Stagione 4True Detective: Night Country – Stagione 4Nonostante ciò, “Part 6” risulta nel complesso a tratti confuso e sfilacciato, forse complice l’eccessiva lunghezza della puntata. Impegnato a destreggiarsi tra soprannaturale e crime una volta giunto il momento di svelare le proprie carte, l’episodio fatica infatti a comunicare in maniera incisiva la catarsi di Navarro e Danvers, confuse tra litigi, visioni e riappacificamenti, risultando inoltre un po’ maldestro nel modo in cui conduce le protagoniste, e noi con loro, alla scoperta della verità – pensiamo ad esempio all’impronta della mano mutilata dell’operaia. A questo si aggiunge, malgrado l’alto minutaggio, la frettolosità con cui vengono chiusi alcuni archi narrativi, in primis quello dell’agente Peter Prior, che avrebbe senza dubbio meritato più spazio a fronte delle atrocità che è costretto a vivere negli ultimi due episodi. Va detto però che si tratta in ogni caso di difetti che passano in secondo piano rispetto alla pregnanza tematica della risoluzione e ai pregi di scrittura, recitazione e regia che hanno caratterizzato la stagione nel suo complesso.

Recentemente HBO ha dichiarato che Night Country è stata la stagione più seguita della storia della serie, già rinnovata per una quinta annata con la conferma di Issa López come showrunner. Alla luce di quanto visto finora non possiamo che esserne contenti, checché ne dica Pizzolatto.

Voto: 7½ 

 

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Mr. & Mrs. Smith – Stagione 1 https://www.seriangolo.it/2024/02/mr-mrs-smith-stagione-1/ https://www.seriangolo.it/2024/02/mr-mrs-smith-stagione-1/#comments Tue, 13 Feb 2024 21:03:23 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105475 In questo inizio anno finora non certamente esaltante dal punto di vista delle nuove serie tv, a destare l’interesse degli appassionati arriva su Amazon Prime Video Mr. & Mrs. Smith, la serie tratta dall’omonimo film del 2005 di Doug Liman con Brad Pitt e Angelina Jolie; stavolta nei panni dei protagonisti ci sono il poliedrico […]

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Mr. & Mrs. Smith – Stagione 1In questo inizio anno finora non certamente esaltante dal punto di vista delle nuove serie tv, a destare l’interesse degli appassionati arriva su Amazon Prime Video Mr. & Mrs. Smith, la serie tratta dall’omonimo film del 2005 di Doug Liman con Brad Pitt e Angelina Jolie; stavolta nei panni dei protagonisti ci sono il poliedrico Donald Glover – anche co-creatore dello show insieme a Francesca Sloane (Fargo) – e l’esperta Maya Erskine, che ha preso il ruolo che in origine sarebbe dovuto essere di Phoebe Waller-Bridge.

Inizialmente, infatti, l’autrice e attrice britannica era una delle tre teste pensanti a capo del progetto ma, a causa di alcune divergenze creativa con Glover, ha deciso nel Settembre 2021 di uscire dalla produzione e, quindi, anche dal cast dello show. A conti fatti l’assenza di Waller-Bridge come autrice e attrice non sembra aver inficiato in modo significativo le sorti di Mr. & Mrs. Smith che, anzi, si scopre essere un progetto interessante sotto tantissimi punti di vista, a partire dalla sua premessa, che si discosta da quella del film originale, fino ad arrivare al modo in cui i due autori hanno scelto di sviluppare e adattare la storia della relazione tra i coniugi Smith ad un prodotto destinato al piccolo schermo.

Mr. & Mrs. Smith – Stagione 1Nel film di Liman, infatti, John e Jane Smith si sposano senza essere a conoscenza del vero lavoro l’uno dell’altra e addirittura tutta la prima parte del film è giocata proprio su questa inconsapevolezza, che genera momenti perlopiù comici e con toni da commedia. Nello show di Glover e Sloane, invece, i protagonisti vengono assunti direttamente dalla stessa agenzia di spionaggio e, per così dire, “accoppiati” come marito e moglie per essere due agenti sotto copertura con la piena consapevolezza di quello che il lavoro comporta. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una differenza di poco conto in termini di sviluppo della trama, ma non è così: nel film i personaggi si innamorano e decidono di sposarsi autonomamente, solo in seguito i segreti che conservano li portano ad una crisi; nella serie, invece, il matrimonio è fin dall’inizio una finzione e John e Jane non si conoscono neanche prima del primo episodio; la relazione tra i due si sviluppa a partire da quel momento e non ci sono pregressi. La scelta degli autori è, dunque, quella di sparigliare le carte fin dall’inizio e allontanarsi dalle premesse del film al quale si ispirano: le differenze, tuttavia, non finiscono qui ma si riscontrano anche dal punto di vista della costruzione narrativa e del tono dello show.

Se il film, come si accennava, era una classica action comedy dei primi anni duemila che puntava moltissimo sulla componente d’azione – molto spesso portata all’estremo – unita agli stilemi classici della commedia degli equivoci, lo show di Prime Video intraprende una strada completamente diversa. Per quanto non manchino anche qui l’azione e le componenti di una storia di spionaggio, nella serie Mr. & Mrs. Smith l’umorismo – che ha un tono decisamente grottesco – si accosta a momenti drammatici e molto più legati alla relazione tra i personaggi, che nasce, cresce e si evolve come se ci si trovasse in una romantic comedy. Non per niente i titoli degli episodi richiamano alle varie fasi di una relazione amorosa, dal primo appuntamento che dà il titolo al primo episodio “First Date” fino all’ultimo che si intitola “A Break Up”, passando per esempio per “First Vacation” e “Do You Want Kids?”. L’idea è intelligente e dimostra come nelle intenzioni degli autori ci sia un maggiore interesse ad esplorare il rapporto che si crea tra i due personaggi, piuttosto che fare una serie di spionaggio tutta sparatorie e scene d’azione com’era l’originale.

Mr. & Mrs. Smith – Stagione 1Anche analizzando la tipologia delle missioni che vengono assegnate a John e Jane dall’agenzia, la differenza con la pellicola è evidente: le spie della serie non sono i sex-symbol super atletici in grado di arrampicarsi sulle pareti rocciose del Grand Canyon o di lanciarsi giù dai grattacieli legati a dei rampini che erano Pitt e Jolie, tutt’altro. Glover e Erskine interpretano, infatti, dei professionisti del settore molto meno stereotipati e, in un certo senso, più realistici e questo si riflette sul tipo di compiti che devono svolgere: non si tratta sempre di uccidere qualcuno come nel film di Liman ma anche raccogliere informazioni, proteggere personaggi discutibili o effettuare delle consegne importanti. Mr. & Mrs. Smith, la serie, è da questo punto di vista una vera e propria spy-story, rievocando nei ricordi più prodotti come The Americans piuttosto che il film originale, e questo è certamente un bene perché porta la narrazione in tutt’altra direzione e permette agli autori di sviluppare una storia profonda e per nulla superficiale.

Una delle cose più interessanti di Mr. & Mrs. Smith è, inoltre, la forma che è stata scelta dagli autori per questo adattamento: la serie si sviluppa su otto episodi che portano avanti una trama orizzontale piuttosto definita – e in parte prevedibile fin dall’inizio – ma che, a sorpresa, lascia che ogni episodio abbia la sua verticalità e la sua autonomia rispetto agli altri. Si può ben dire che ad ogni episodio si abbia una sorta di case of the week, rappresentato da una – o più di una – delle missioni assegnate ai due coniugi Smith; questo fa sì che lo show abbracci completamente il suo formato televisivo ed eviti in modo intelligente la trappola del eight-hour-movie che per i prodotti che escono tutti insieme sulle piattaforme streaming è sempre dietro l’angolo.

Mr. & Mrs. Smith – Stagione 1Lo show non potrebbe però funzionare così bene se non fosse per le interpretazioni fantastiche di Donald Glover e Maya Erskine che interpretano i due protagonisti. La loro chimica è eccezionale e viene dimostrata dai due talentuosi attori in molte occasioni, a partire dal pilot: la si nota negli sguardi che si scambiano, nei loro movimenti e nel modo in cui tengono benissimo la scena. L’ottima scrittura dei dialoghi li aiuta ad esprimere tutte le fasi del rapporto tra i due enigmatici personaggi a partire dalle prime fasi in cui non si conoscono fino alla nascita di una vera e propria relazione amorosa e alla sua crisi. Lo show, inoltre, lavorando molto su quanto i due personaggi si attraggono e si respingono continuamente, utilizza anche le immagini e le scelte registiche per sottolineare questo concetto: lo fa attraverso i costumi – il bianco e il nero sono i due colori complementari di cui spesso si vestono John e Jane – e attraverso alcune inquadrature particolari – come quella che vede i due attori sdraiati a terra nell’ultimo episodio dopo il conflitto in casa, in una posizione che non può non essere un riferimento al concetto di yin e yang, quindi complementarità ma allo stesso tempo diversità e opposizione.

L’evoluzione del rapporto tra John e Jane risulta da subito molto naturale e coerente con l’andamento della storia: i personaggi si rivelano da subito ricchi di differenze caratteriali, di personalità e di vedute sul mondo, ma trovano nel loro lavoro e in alcune emozioni forti vissute insieme un punto di incontro che li porta a unirsi nel finale del secondo episodio. Il climax del loro rapporto – che coincide anche con l’episodio più bello della stagione – è il momento in cui decidono di andare in terapia: in “Couples Therapy (Naked & Afraid)”, infatti, la scrittura di Francesca Sloane raggiunge il suo apice, dialogando in modo diretto con l’inizio del film di Liman che vedeva proprio i personaggi di Brad Pitt e Angelina Jolie cercare di risolvere i problemi del loro matrimonio. Nella serie la seduta di coppia, intervallata dai racconti delle loro missioni, è un turbinio di emozioni e scambi serrati, un concentrato di tensione e allo stesso tempo comicità – esilaranti per esempio i riferimenti generici al lavoro di informatici che usano come copertura.

Mr. & Mrs. Smith – Stagione 1A dimostrazione, poi, di quanto Amazon Prime Video abbia creduto nel progetto – e nella bravura di Donald Glover, non certo uno che ha bisogno di presentazioni dopo Swarm dell’anno scorso e, soprattutto, Atlanta – basta notare quanto ha investito in termini di location – gli episodi sono ricchi di riprese in esterni, dalla montagna innevata al nostro Lago di Como – e di guest star. Solo per fare alcuni nomi tra i più importanti nello show troviamo in ruoli secondari interpreti del calibro di John Turturro, Paul Dano, Sarah Paulson, Michaela Coel, Ron Perlman e Wagner Moura. Sebbene per alcuni di questi si sarebbe voluto esplorare maggiormente i personaggi, si può dire che ognuno riesce a brillare a modo suo, portando ulteriore lustro ad una serie già molto valida.

Mr. & Mrs. Smith è la più bella sorpresa di questo inizio anno e, in generale, uno degli adattamenti seriali più interessanti degli ultimi anni. Nonostante mantenga alcuni collegamenti con il film da cui è tratto, trova da subito una propria identità compiendo scelte coraggiose ma azzeccate, cambiando addirittura il tono con il quale porta avanti la storia e i temi sui quali vuole concentrarsi. La mano di Glover, autore televisivo ormai garanzia di originalità e creatività, si nota nello stile e nella scrittura dello show e fa sì che ci si trovi davanti ad un prodotto stratificato e tutt’altro che banale, condito da interpretazioni eccezionali da parte di tutti gli attori, a partire dai due interpreti protagonisti.

Voto: 8½

 

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One Day – 1x01 Episode 1Si può riassumere un’intera storia in pochi, singoli giorni? Questo il proposito da cui prende il via la nuova miniserie Netflix One Day, disponibile dall’8 febbraio con i suoi 14 episodi da circa 30 minuti ciascuno. Lo show è tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore e sceneggiatore David Nicholls (2009), già adattato nel 2011 con il film “One Day” – che vede Anne Hathaway e Jim Sturgess nei panni dei due protagonisti – disponibile sulla piattaforma Prime Video.


One Day
 si apre nel 1988 e subito introduce i suoi protagonisti Emma e Dexter che vediamo spensierati nel giorno della loro festa di laurea. Mentre festeggiano con i rispettivi amici, i loro sguardi si incrociano per caso e immediatamente scatta un’attrazione reciproca: i due ragazzi in apparenza non hanno molto in comune, ma si trovano a condividere un lungo giorno insieme. La caratterizzazione dei nostri primari è ben definita già dai primi minuti: Emma (Ambika Mod, This Is Going to Hurt) è la classica ragazza con la testa sulle spalle, studiosa, diligente e profonda. È intelligente e sa di esserlo, ma è bloccata da una timidezza che la frena e la rende insicura, impedendole di godersi appieno ogni momento. Nonostante questo cerca di nascondersi dietro una finta irriverenza e un umorismo tagliente che mette in gioco per salvarsi dalle situazioni che la imbarazzano. Tanto si conosce – o almeno pensa di conoscersi – bene, che proprio non capisce il motivo per cui un ragazzo come Dexter (Leo Woodall, The White Lotus), ricco, bello e popolare, sempre al centro dell’attenzione, dovrebbe passare una serata così speciale proprio con lei. Emma svolge la funzione di voce narrante per l’introduzione di questo primo episodio, e il suo punto di vista si pone in primo piano. Non conosciamo invece – per il momento – i pensieri del protagonista maschile in modo diretto, ma certamente li possiamo dedurre: è attratto da Emma, ma anche lui è frenato dal vivere la situazione al 100%. Estrazione sociale e contesti di appartenenza molto diversi, uniti a un approccio completamente opposto al suo, lo fanno desistere dal buttarsi a capofitto su di lei.

One Day – 1x01 Episode 1Emma lo riempie di domande importanti, sul futuro, sui suoi desideri e obiettivi, mettendolo davanti a questioni che non si è mai posto e che vede molto lontane da lui, al punto che lo spaventano. Dexter però non è il ragazzo superficiale che appare, quindi anche se la sua testa gli dice che quella ragazza è troppo diversa da lui, rimane con lei. Nonostante l’apparente incompatibilità i due non riescono a staccarsi, come legati da un’attrazione magnetica. Fino a che punto le persone che incontriamo possono influire su di noi e sul nostro destino? One Day porta alla luce proprio questo concetto con un percorso scandito da singoli giorni che ci trasporteranno attraverso lo scorrere del tempo, tra ambizioni, decisioni e un legame che va oltre ogni differenza.

Sarà interessante assistere anno dopo anno all’evoluzione dei personaggi,che andranno via via ad affrontare momenti della vita sempre più importanti, ponendosi a confronto con temi di spessore sempre maggiore. Infatti è probabile che, considerato l’arco temporale molto esteso, la miniserie avrà occasione sia di mostrare l’ampio sviluppo dei protagonisti che di toccare tematiche anche molto diverse tra loro. Lo show si propone così come una sorta di diario di vita capace di racchiudere speranze, rimpianti, sentimenti, e tutti quei piccoli tasselli che fanno parte dell’esistenza di ognuno e che ci accomunano senza possibilità di sfuggirvi.

Rispetto al film, One Day propone un diverso adattamento del romanzo: questo avviene sia per il maggiore tempo di narrazione a disposizione – elemento che rende questa trasposizione molto più fedele al best seller di D. Nicholls – che per la scelta dell’interprete di Emma, molto diversa da quella interpretata da Anne Hathaway ma più in linea con lo stile Netflix. Infine teniamo conto anche dell’approccio non solo romantico alla storia, fattore che contribuisce ulteriormente a dare un taglio differente a questo adattamento, e il desiderio di avvicinarsi quanto più possibile a una dimensione di normalità in grado di coinvolgere e far identificare gli spettatori nei protagonisti.

One Day – 1x01 Episode 1Emerge un giusto equilibrio nella costruzione delle scene, che lasciano spazio all’osservazione dello spettatore: il pilot di One Day non è un fiume di parole, ma una combinazione di sguardi, emozioni e pensieri, che pian piano forniscono gli elementi per conoscere sempre più a fondo i due primari, sui quali vi è una focalizzazione quasi esclusiva, almeno nel primo episodio. Questa prima puntata è il trampolino di lancio per quello che si propone come un prodotto scorrevole e piacevole, perfetto per il binge-watching anche grazie ai suoi episodi brevi e al suo carattere profondo sdrammatizzato da un taglio leggero e divertente. Probabilmente, nell’accompagnare i protagonisti nel loro viaggio attraverso il tempo, non mancheranno le occasioni di riflettere sulla propria interiorità e sullo scorrere della vita, ma anche di emozionarsi con loro.

Per il momento le premesse sono buone e le potenzialità per svilupparsi in un prodotto godibile ci sono: se il mix tra intrattenimento ed emozione sarà davvero vincente lo sapremo a visione completata, quando scopriremo se One Day sarà stato all’altezza delle aspettative e capace di mantenere alta l’attenzione, toccando temi in grado di lasciare quel qualcosa in più nella mente del pubblico senza cadere nella banalità e nella ripetizione.

Voto: 7

 

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Feud – 2×01/02 Pilot & Ice Water in Their Veins https://www.seriangolo.it/2024/02/feud-2x01-02-pilot-ice-water-in-their-veins/ https://www.seriangolo.it/2024/02/feud-2x01-02-pilot-ice-water-in-their-veins/#respond Tue, 06 Feb 2024 10:37:10 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105450 A sette anni dall’uscita della prima stagione, Feud, la serie antologica creata da Ryan Murphy, è tornata in onda il 31 gennaio scorso su FX con i primi due episodi della sua seconda annata intitolata Capote vs. The Swans. Nonostante il grande entusiasmo con cui la prima stagione è stata ricevuta, da pubblico e critica, ottenendo 18 […]

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Feud - 2x01/02 Pilot & Ice Water in Their VeinsA sette anni dall’uscita della prima stagione, Feud, la serie antologica creata da Ryan Murphy, è tornata in onda il 31 gennaio scorso su FX con i primi due episodi della sua seconda annata intitolata Capote vs. The SwansNonostante il grande entusiasmo con cui la prima stagione è stata ricevuta, da pubblico e critica, ottenendo 18 candidature agli Emmy (di cui 2 premi vinti) e 4 candidature ai Golden Globe, la serie ha visto una battuta d’arresto nel 2018.

Infatti, rinnovata per una seconda stagione prima ancora dell’uscita della prima, Feud avrebbe dovuto raccontare, dopo la faida fra le attrici Bette Davis e Joan Crawford, la vita e gli intrighi che hanno circondato Carlo e Diana d’Inghilterra, ma nel 2018 la stagione fu annullata. Solo nel 2022 il progetto fu ripreso da FX, riducendo il numero di episodi da 10 a 8, cambiando la sceneggiatura e introducendo Jon Robin Baitz come showrunner e scrittore, Naomi Watts come attrice protagonista e Gus Van Sant come regista (vincitore della Palma d’oro a Cannes 2003 per Elephant e candidato Oscar come miglior regista per Will Hunting – Genio Ribelle e Milk).

La storia, tratta dal libro di Laurence Leamer Capote’s Women: A True Story of Love, Betrayal, and a Swan Song for an Era, mette in mostra lo scandalo creato dal racconto di Truman Capote, La Côte Basque, pubblicato su Esquire nel 1975. Attraverso il suo racconto, il famoso autore statunitense (fra le cui opere ricordiamo Colazione da Tiffany e A sangue freddo, diventati classici della letteratura americana) mette in mostra i segreti e gli scandali delle donne dell’alta società dell’epoca, i suoi cigni – come le definisce nel primo episodio – camuffando a mala pena con nomi immaginari quelle che a tutte gli effetti sono le sue amiche e confidenti. Fra le donne coinvolte nel racconto di Capote vi sono la sua più cara amica Babe Paley, moglie del capo della CBS, Slim Keith, Pamela Churchill Harriman, ex-moglie del figlio di Winston Churchill, Lee Radziwill, sorella di Jackie Kennedy, Gloria Guinness, Ann Woodward e C.Z. Guest.
Come per ogni opera di Ryan Murphy, anche in questa seconda stagione di Feud troviamo a dar vita alla faida fra Capote e i suoi Cigni un cast d’eccezione, fra i quali annoveriamo Tom Hollander, che interpreta Truman Capote, la già citata Naomi Watts nei panni della cara Babe Paley, Diane Lane (Slim Keith), Chloë Sevigny (C.Z. Guest), Demi Moore (Ann Woodward), Calista Flockart (Lee Radziwill)  Treat Williams (Bill Paley) e Russel Tovey (John O’Shea). Nonostante, però, la loro presenza, la serie sembra non riuscire a sfruttare a pieno il potenziale di questi attori, costringendoli in ruoli stereotipati e abbozzati che smorzano la loro recitazione, rendendola dimenticabile. 

Feud - 2x01/02 Pilot & Ice Water in Their VeinsLa scelta da parte della FX di mandare in onda insieme le prime due puntate non è casuale, in quanto entrambe sono fondamentali per porre le basi per la faida oggetto della storia di Murphy, mostrando allo spettatore i due diversi punti di vista. Se, infatti, il primo episodio si concentra principalmente sull’introduzione del personaggio di Truman, sia all’audience che ai membri dell’alta società che saranno poi i protagonisti del suo racconto, il secondo, invece, pone al centro della narrazione questi ultimi, i cigni di Capote. Grazie all’utilizzo di numerosi salti fra passato e presente, si assiste alla nascita del Truman Capote membro onorario dell’élite che grazie ai suoi racconti, al suo humour e alla sua capacità di ascoltare e far sentire tutti a proprio agio, specialmente Babe, riesce ad entrare in un mondo a lui estraneo e a diventarne una parte fondamentale: tutti si confidano con lui, gli chiedono consigli e si godono le sue belle parole e narrazioni, quasi come un giullare delle corti medievali sempre pronto ad intrattenere. Tuttavia, con il trascorrere dell’episodio e il repentino crollo di Truman da scrittore acclamato ad alcolista che non riesce a produrre neanche una parola, vediamo ribaltarsi il ruolo di Capote, che diventa un uomo pronto a sacrificare i propri rapporti interpersonali per la sua arte e per poter ritornare in auge.
Se, però, il primo episodio cattura l’attenzione dello spettatore attraverso un ritmo incalzante, fatto di salti temporali, feste, drammi e cene, nel secondo assistiamo ad un cambio di ritmo e prospettiva. La narrazione frenetica della vita di Truman lascia spazio ad un passo più lento, che cerca di far trapelare ciò che si nasconde dietro al bisogno di vendetta manifestato dalle donne protagoniste del racconto.

Feud - 2x01/02 Pilot & Ice Water in Their VeinsIce Water in their Veins, seconda puntata di questa stagione, pone al centro Babe, Slim, C.Z. e Lee, mostrando come ognuna di esse reagisce e affronta il tradimento di Truman: c’è chi è pronta alla vendetta, chi a perdonare e chi, come Babe, deve elaborare grandi cambiamenti nella sua vita, oltre alla perdita di un’amicizia per lei fondamentale. Anche i cigni, quindi, sembrano subire un’evoluzione rispetto a quanto mostrato nel primo episodio: dalle donne fragili e vanitose che Truman mostra al suo pubblico alle donne vendicative, decise e risolute che invece si rivelano essere, pronte a tutto per proteggere se stesse e chi amano. Come raccontava Truman a John nel primo episodio: “They are swans. Beautiful and unruffled above the waters, stunning, singular, gliding through the ponds of society, but God gave them too much baggage […]. It’s a great burden only some can bear”Attraverso l’atteggiamento stoico con cui queste donne affrontano il tradimento subìto e continuano, all’apparenza tranquillamente, con le loro vite mondane, abbiamo un assaggio della forza di cui Truman parlava quando le paragonava ai cigni e alla determinazione che mostreranno quando, nel corso della serie, decideranno di far valere i propri sentimenti.
Si tratta, tuttavia, di una forza raccontata allo spettatore, soprattutto attraverso il personaggio di Slim, e mai davvero mostrata nelle azioni. Ciò che manca a queste prime ore di Capote vs. The Swans è proprio la capacità di accompagnare i propri dialoghi con immagini che rendano l’agire dei personaggi credibile. Ogni dialogo o commento, fatto ad esempio per indagare le ragioni che hanno spinto Truman a scrivere un tale racconto, cade dalle bocche degli attori senza lasciare un segno nello spettatore e sulla sua curiosità di scoprire se effettivamente ciò che si dice è la verità.

Con questi primi due episodi Murphy pone nuovamente l’enfasi su come ciò che caratterizza tutte le faide, ma soprattutto quelle che decide di portare sul grande schermo, non è la portata del tradimento, i litigi o la vendetta, ma è il dolore e come si reagisce a questo. Ciò che resta ai cigni di Truman del suo racconto non è il bisogno di vendicare la vergogna del vedere i propri segreti più intimi pubblicati per il godimento di tutta l’America – e non solo –  ma il dolore dovuto alla perdita di un’amicizia che si riteneva fondamentale, sofferenza che spesso supera anche quella di un tradimento amoroso.
Questi primi episodi della seconda stagione di Feud hanno un forte sapore introduttivo, che lascia sperare che un ritorno al ritmo incalzante del pilot e l’avanzamento della faida possano dare mordente a questa narrazione, il cui unico punto forte al momento sono solo le parole risolute con cui Slim conclude il primo episodio: He will have no door open to him, he will have no oxygen. And he will die, but it will be much slower”.

Voto 2×01: 7
Voto 2×02: 6

 

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Percy Jackson and the Olympians – Stagione 1 https://www.seriangolo.it/2024/02/percy-jackson-and-the-olympians-stagione-1/ https://www.seriangolo.it/2024/02/percy-jackson-and-the-olympians-stagione-1/#respond Sat, 03 Feb 2024 09:53:53 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105422 Siamo giunti al termine della prima stagione della serie Disney+ Percy Jackson and the Olympians, la storia (in otto episodi) di come il protagonista semidio deve ritrovare un oggetto perduto, e di quello che impara durante il percorso. Fedele all’impostazione del romanzo di formazione, qui brillantemente unito al racconto di un’avventura (una quest) nel suo […]

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Percy Jackson and the Olympians – Stagione 1Siamo giunti al termine della prima stagione della serie Disney+ Percy Jackson and the Olympians, la storia (in otto episodi) di come il protagonista semidio deve ritrovare un oggetto perduto, e di quello che impara durante il percorso.

Fedele all’impostazione del romanzo di formazione, qui brillantemente unito al racconto di un’avventura (una quest) nel suo senso più classico, la serie tratta dai romanzi di Rick Riordan (qui parte della produzione) conclude una prima annata che è chiaramente solo un primo capitolo di un universo molto più vasto, fatto per ora di sette diversi libri. Se già con i primi due episodi avevamo avuto una discreta impressione, la serie si conclude tutto sommato molto bene, dimostrando che la serie Disney è un prodotto ben riuscito, rivolto a un pubblico in media giovane (certo più giovane di chi scrive), ma che forse avrebbe avuto bisogno di qualcosa in più per riuscire a distinguersi e a ritagliarsi uno spazio più ampio nel panorama televisivo attuale.

Parte delle difficoltà di Percy Jackson non sono dovute alla serie stessa quanto piuttosto a come sia cambiato rapidamente il panorama culturale dall’uscita del primo libro nel lontano 2005. Come già detto per i primi episodi, l’impostazione generale della storia – un protagonista aiutato dalla spalla comica e dalla ragazza brava e intelligente – ricorda troppo da vicino prodotti simili, soprattutto il fenomeno planetario che è stata la saga di Harry Potter. Il target molto giovanile, d’altronde, potrebbe cambiare con il tempo: la saga scritta da Rowling, sia nella sua versione cartacea che filmica, cresce con il passare degli episodi e diventa via via sempre più matura. La storia di Percy Jackson evolve in direzioni diverse in questa prima annata, preferendo affidarsi al viaggio piuttosto che all’avventura costretta all’interno delle mura della scuola, ma l’impronta iniziale rappresenta un peso che solo con il passare degli episodi Percy Jackson riesce a scrollarsi di dosso.

Percy Jackson and the Olympians – Stagione 1Man mano che la storia si dipana, infatti, le cose in questo senso migliorano. Il rapporto tra il trio di protagonisti evolve forse in modo un po’ prevedibile, con la tensione che si trasforma presto in rapporto d’affetto e di fiducia. Questo non impedisce, però, che si possano sviluppare momenti di grande impatto emotivo, come nel quinto episodio “A God Buys Us Cheeseburgers,” con il momento di svolta nella relazione tra Annabeth e Percy. Questo episodio, e a dirla tutta buona parte anche degli altri, si concentra però più sull’evoluzione del protagonista, che passa dal ragazzo che si sente un pesce fuor d’acqua all’eroe consapevole delle proprie capacità e delle sfide davanti a sé. La crescita di Percy è in questo senso molto efficace e appare tra i punti di maggior pregio della serie. Questo è anche reso possibile dall’ottima interpretazione di Walker Scobell; nonostante la sua giovane età, l’attore riesce a bilanciare momenti seri ad altri più leggeri, rendendo il protagonista della serie un personaggio piacevole e affascinante. Aiuta anche l’ottima presenza scenica di Virginia Kull, interprete di Sally, madre di Percy. I flashback nel penultimo episodio, infatti, colpiscono nel segno e danno spessore alle difficoltà che la donna ha incontrato durante gli anni in cui Percy sviluppava la sua natura semidivina.

Percy Jackson and the Olympians – Stagione 1Per quanto l’avventura in sé sia anche molto interessante, una delle più evidenti difficoltà della serie è la necessità di includere molto materiale in soli otto episodi, un limite probabilmente dovuto al grande costo degli effetti speciali. Ci sono vari momenti che sembrano decisamente affrettati, a partire dal tempo trascorso dal protagonista al Camp Half-Blood, un luogo che avrebbe meritato ben più di un singolo episodio. Quando, nel finale di stagione, torniamo al Campo tramite flashback, c’è bisogno di un attimo di adattamento prima di capire che si tratta di momenti vissuti dal protagonista, ma per gli spettatori difficili da collocare in un blocco coerente. Non solo questo: alcuni dei personaggi secondari avrebbero meritato più spazio, inclusi alcune delle guest star che pure costellano quest’ottimo cast: le storie di Medusa o di Hermes, ad esempio, avrebbero decisamente potuto trovare più tempo per svilupparsi, mentre l’amicizia tra i tre protagonisti, sebbene prevedibile, avrebbe tratto beneficio da un maggiore approfondimento. Questo vale, insomma, per gran parte dei numerosi personaggi incontrati dal trio di protagonisti, e in alcuni casi persino il senso di sfida che la quest rappresenta sembra perdersi o quantomeno si riduce.

Visivamente, lo show funziona per la maggior parte: se l’Olimpo è l’esaltazione del green screen, ben più riuscito è l’Aldilà, che richiama con intelligenza visiva le rappresentazioni classiche dell’Ade, rievocando in più momenti passaggi del mito classico (e dantesco).
Nonostante tutte le difficoltà elencate, però, la serie si lascia guardare e, per chi è appassionato del genere, regala anche ottimi momenti ed episodi affascinanti. È difficile evitare di fare confronti con i due film di qualche anno fa, che pure avevano avuto un discreto successo; è chiaro che qui c’è ben altra scrittura, e, proprio per la presenza di Riordan, c’è una maggiore fedeltà al testo di base. Questa scelta sicuramente paga, perché la più giovane età dei protagonisti, tra le altre cose, è ciò che rende questo racconto così speciale.

Quello che questa stagione ci lascia, però, è soprattutto un insieme di stimoli che solleticano la curiosità di volerne sapere di più, di voler tornare nell’universo di Percy e di incontrare più divinità, mostri  e avventure. Se, quindi, Percy Jackson and the Olympians non sarà lo show che cambierà il volto delle serie fantasy sul piccolo schermo, rappresenta però uno dei suoi risultati interessanti, che intrattiene e promette di maturare nelle stagioni future (che si spera, a questo punto, verranno).

Voto: 7

 

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L’Angolo Mensile delle News – Gennaio 2024 https://www.seriangolo.it/2024/02/langolo-mensile-delle-news-gennaio-2024/ https://www.seriangolo.it/2024/02/langolo-mensile-delle-news-gennaio-2024/#respond Fri, 02 Feb 2024 12:41:05 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105430 Ecco il nuovo appuntamento con l’Angolo Mensile delle News, rubrica che parla delle notizie e dei temi più importanti che hanno caratterizzato il mese telefilmico appena trascorso. In questo articolo parleremo della nuova serie spin-off di Suits; di una nuova comedy targata Apple TV+; delle serie cancellate e rinnovate di gennaio; vi mostreremo infine i […]

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L’Angolo Mensile delle News – Gennaio 2024Ecco il nuovo appuntamento con l’Angolo Mensile delle News, rubrica che parla delle notizie e dei temi più importanti che hanno caratterizzato il mese telefilmico appena trascorso. In questo articolo parleremo della nuova serie spin-off di Suits; di una nuova comedy targata Apple TV+; delle serie cancellate e rinnovate di gennaio; vi mostreremo infine i nuovi trailer del mese.


Novità sullo spin-off di Suits 

Lo spin-off di Suits, Suits: LA, ha ottenuto un ordine di pilot da NBC Universal. L’inizio della produzione è previsto per la fine di marzo a Vancouver; questo nuovo show seguirà Ted Black, un ex procuratore federale di New York, che ha reinventato se stesso rappresentando i clienti più potenti di Los Angeles. La sua carriera è a un punto di crisi e per sopravvivere deve abbracciare un ruolo che ha da sempre disprezzato. Il nostro protagonista è circondato da un gruppo di personaggi che lo mettono alla prova e non potranno fare a meno di mescolare le loro vite personali e professionali; tutto questo accade mentre si svelano lentamente degli eventi accaduti anni prima che hanno portato Ted a lasciarsi alle spalle tutto ciò che amava. Non ci sono ulteriori dettagli sul progetto, di cui seguiremo gli sviluppi.

La nuova comedy di Apple TV+

Il servizio di streaming ha presentato la sua nuova serie, The Completely Made-Up Adventures of Dick Turpincon, con Noel Fielding nel ruolo del leggendario brigante britannico. Il protagonista intraprende un viaggio di fughe rocambolesche quando viene nominato con riluttanza leader di una banda di fuorilegge e incaricato di sbarazzarsi, con astuzia, del corrotto uomo di legge e sedicente ladro Jonathan Wilde. In questa irriverente commedia ambientata nel XVIII secolo, Turpin è il più famoso ma meno probabile dei banditi di strada, il cui successo è dato soprattutto dal suo fascino, dalle sue abilità nel dare spettacolo e dai suoi capelli. Insieme a una banda di simpatici furfanti, Turpin cavalca gli alti e i bassi delle sue nuove imprese e della celebrità. Di seguito alcuni scatti promozionali che ci presentano lo show, che debutterà il prossimo 1° marzo su Apple TV+:

L’Angolo Mensile delle News – Gennaio 2024 L’Angolo Mensile delle News – Gennaio 2024 L’Angolo Mensile delle News – Gennaio 2024

I rinnovi e le cancellazioni del mese

Questo mese vi segnaliamo la cancellazione diOur Flag Means Death, che si ferma con la seconda stagione dello show. “Anche se Max non andrà avanti con la terza stagione di Our Flag Means Death, siamo così orgogliosi delle storie gioiose, esilaranti e toccanti a cui il creatore David Jenkins, Taika Waititi, Rhys Darby, Garrett Basch, Dan Halsted, Adam Stein, Antoine Douaihy e l’intero superbo cast e troupe hanno dato vita” ha detto un portavoce di Max in un comunicato. “Ringraziamo anche i fan devoti che hanno abbracciato queste storie e costruito una comunità meravigliosa e inclusiva attorno allo show.”
Anche Obliterated è stato cancellato da Netflix, che ha deciso di interrompere dopo una sola stagione il suo nuovo show.
Per quanto riguarda le belle notizie, invece, vi segnaliamo che Hijack è stato rinnovato per una seconda stagione da Apple TV+, che ha confermato che Idris Elba tornerà ufficialmente nei panni del negoziatore Sam Nelson.

I trailer del mese

Partiamo con The Dynasty: New England Patriots, nuova docuserie in partenza il 16 febbraio che racconta l’ascesa della dinastia sportiva più dominante del 21° secolo, i New England Patriots. Di seguito il trailer che ci presenta Apple TV+:

Vi presentiamo ora il trailer di The New Look, nuova dramedy storica del creatore Todd A. Kessler, con protagonisti il vincitore dell’Emmy Ben Mendelsohn e la vincitrice dell’Oscar Juliette Binoche, in arrivo il 14 febbraio su Apple TV+. Ambientato durante l’occupazione nazista di Parigi nel corso della Seconda Guerra Mondiale, questo drama si concentra su uno dei momenti più cruciali del XX secolo, quando la capitale francese ha riportato in vita il mondo grazie a un’icona della moda: Christian Dior.

Passiamo a Constellation, il nuovo thriller psicologico composto da otto episodi e interpretato da Noomi Rapace nel ruolo di Jo, un’astronauta che torna sulla Terra dopo un disastro nello spazio e scopre che alcuni pezzi fondamentali della sua vita sembrano essere scomparsi. La serie, in partenza il 21 febbraio, è un’avventura spaziale ricca di azione che esplora i lati più oscuri della psicologia umana e segue la disperata ricerca di una donna nel tentativo di svelare la verità sulla storia dei viaggi spaziali e di recuperare tutto ciò che ha perso:

Paramount+ ha presentato il trailer ufficiale della nuova serie originale sudcoreana A Bloody Lucky Day. In questo thriller il nostro protagonista è un tassista sfortunato che ha un’insolita fortuna quando accetta di accompagnare un uomo misterioso di nome Geum Hyuk-soo in una città lontana in cambio di una tariffa esorbitante. Quando il passeggero si rivela un serial killer, che confessa i macabri crimini del suo passato e uccide altre persone sull’autostrada, il tassista deve giocare d’astuzia per assicurarsi che la sua fortuna non finisca in modo mortale. Ecco il trailer dello show che ha debuttato il 1° febbraio:

Chiudiamo restando in casa Paramount+, che ha svelato il trailer ufficiale della seconda annata della serie di Halo. La nuova stagione sarà presentata sulla piattaforma digitale giovedì 8 febbraio con i primi due episodi, nei quali vedremo Master Chief John-117 che guiderà la sua squadra contro la minaccia aliena nota come Covenant. Ecco il trailer:

Fonti: variety, spoilerTV, the hollywood reporter, vulture, apple tv+, paramount+

 

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Expats – 1×01/02 The Peak & Mongkok https://www.seriangolo.it/2024/01/expats-1x01-02-the-peak-mongkok/ https://www.seriangolo.it/2024/01/expats-1x01-02-the-peak-mongkok/#respond Wed, 31 Jan 2024 22:33:41 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105407 Expats è la nuova serie targata Prime Video che si propone come drama in grado di fare incetta di premi e fare centro nella vita seriale degli spettatori. Sorretta da un cast di prestigio – capitanato da Nicole Kidman – e da un impianto produttivo che non lascia alcuna scena al caso, la serie di […]

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Expats - 1x01/02 The Peak & MongkokExpats è la nuova serie targata Prime Video che si propone come drama in grado di fare incetta di premi e fare centro nella vita seriale degli spettatori. Sorretta da un cast di prestigio – capitanato da Nicole Kidman – e da un impianto produttivo che non lascia alcuna scena al caso, la serie di Lulu Wang – alla sua prima prova da autrice completa con le serie tv dopo i lungometraggi Posthumous e The Farewell sembra avere tutte le carte in tavola per lasciare il segno nel panorama seriale del 2024.

Tuttavia, quelle che sembravano essere delle ottime premesse sulla carta non riescono a tramutarsi in realtà, almeno rispetto all’uscita dei primi due episodi che segna l’inizio della storia di ExpatsMa cosa racconta la serie e come sono collegate le storie delle tre donne protagoniste?
Ispirato agli eventi del romanzo omonimo di Janice Y. K. Lee, “The Expatriates”, la serie racconta la storia di tre donne straniere, per l’appunto expats, ad Hong Kong, Margaret, Hilary e Mercy,  interpretate rispettivamente da Nicole Kidman, Sarayu Blue, e Ji-young Yoo, e di come un singolo evento dia luogo a tante concatenazioni che ne collegano il destino in modo sempre più intricato. La premessa della storia non risulta particolarmente rivoluzionaria, ma in casi di storie del genere non è tanto la trama, o l’evento specifico, a fare la differenza nella resa, quanto la capacità di scrivere dell’animo dei protagonisti, creando personaggi tridimensionali capaci di reggere la struttura di una storia semplice sulle loro spalle.

Expats - 1x01/02 The Peak & MongkokSeppur concentrandosi a fondo sui tre personaggi principali e sulle loro storie, i primi due episodi di Expats falliscono nel renderle realistiche e verosimili, non riuscendo a far instaurare quel legame tra personaggi e spettatore che andrebbe poi a tradursi in una maggiore resa emotiva delle vicende rappresentate sullo schermo. I personaggi comprimari, per ora, sono un mero sfondo delle vicende, ed è evidente che il pilota decida di focalizzarsi sulle protagoniste e di lasciare in secondo piano chi le accompagna; tuttavia, data la mole e la gravità di eventi rappresentata, si tratta di una scelta che non aiuta lo scorrere degli eventi, che a tutti gli effetti hanno un risultato ed una resa fin troppo impersonali e indiretti.

Dal punto di vista registico la serie riesce fin da subito a creare delle scene interessanti, dalla resa impegnativa e dalle inquadrature egualmente ragionate e mai lasciate al caso; analizzandole da sole, queste scene fanno emergere tutto lo sforzo produttivo e la voglia di replicare una determinata “scelta” stilistica che ha portato al successo serie del passato. Tuttavia, venendo a mancare un collante realistico nella messa in scena tale per cui ogni scena risulti davvero espressiva di un sentimento raccontato in modo vivido, queste risultano solo meri contenitori, seppur di pregiata fattura.
Ma non è sempre questo il caso: alcuni momenti dedicati  al personaggio di Margaret,  sia in casa da sola e immersa nel suo silenzio, o quando divide una cena in un fast food con l’amica Hilary, sono particolarmente ispirati e creano un’ atmosfera peculiare e quasi sinistra. Tuttavia, il risultato finale dà la sensazione di un calderone di idee molto valido, ma in fin dei conti troppo sconnesso rispetto alla storia principale ed alle sue protagoniste.

Expats - 1x01/02 The Peak & MongkokI primi due episodi di Expats vanno considerati come un unicum, proprio perché all’apertura del primo fa seguito la diretta chiusura del secondo. Proprio l’incipit del pilot è una delle scene più convincenti di questo dittico, poiché contribuisce a fare da gancio ad un prodotto che sembra voler raccontare un altro lato di storie troppo comuni: quella dei perpetratori, in luogo delle vittime – come viene detto nello show “i responsabili di un singolo accaduto capace di cambiare il corso della vita di un altro individuo, per sempre”. I primi due episodi costituiscono a tutti gli effetti, quindi, il vero “pilota” della serie, e quella che poteva sembrare una scelta convincente paga il prezzo dell’eccessivo minutaggio dedicato ai singoli eventi, talvolta non così di rilievo; una maggiore stringatezza avrebbe creato un dinamismo maggiore, accompagnando le rivelazioni del secondo episodio in maniera più naturale. Anche nei momenti in cui si assiste a qualche scontro tra i personaggi, la sensazione è quella di star guardando una storia di cui non si conoscono tutti i pezzi, e che non rappresenta e non può esprimere a pieno il suo potenziale drammatico perché mancano le basi di conoscenza del racconto (il confronto tra Margaret e Hilary, oppure le scene di Mercy in compagnia di suoi coetanei).

Dalla visione dei primi due episodi Exapts potrebbe sembrare una partita persa in partenza, ma ha dalla sua tre protagoniste in grado di reggere la scena e rendere le situazioni rappresentate più o meno coinvolgenti. Nicole Kidman (Margaret), per esempio, vende bene il personaggio di una madre affranta e divisa, che in molte occasioni combatte la sensazione di non sentirsi fisicamente nel posto in cui si trova; Sarai Blue (Hilary) risulta convincente nel personaggio-stereotipo che rappresenta (la donna che non vuole figli e dedita alla palestra) ma che sembra avere molto altro da offrire; infine, Ji-young You, la vera sorpresa di questa serie, che interpreta Mercy, una giovane coreana emigrata a Hong Kong, è anche narratrice degli eventi ed un enigma affascinante fin dai primi minuti in scena. Se loro tre funzioneranno, funzionerà anche Expats.

Voto 1×01: 6-
Voto 1×02: 6-

 

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Griselda – 1x01 Lady Comes to TownUn nuovo inizio da Medellín a Miami, l’appoggio di un’amica e la voglia di riscattare una vita che ha preso una piega fin troppo negativa: queste le premesse di Griselda, la nuova miniserie Netflix disponibile dal 25 gennaio. Sei episodi da 50 minuti l’uno per conoscere il personaggio e la storia di Griselda Blanco, una delle più note e temute narcotrafficanti di sempre, che tra gli anni ‘70 e ’80 del secolo scorso ha fatto tremare persino Pablo Escobar. Spietata e determinata, non è la prima volta che “La Madrina” del narcotraffico viene raccontata: è infatti già stata oggetto di altri prodotti, dal cinema al piccolo schermo.

Lo show, co-creato da Doug Miro, Eric Newman, Carlo Bernard (già produttori di Narcos, con cui Griselda condivide anche la regia di Andrés Baiz) e Ingrid Escajeda, non è dunque il primo a porre al centro della narrazione l’universo della “Vedova nera” – questo un altro dei famosi appellativi con cui la nostra protagonista era nota negli ambienti criminali che ha dominato per diversi anni; in questo primo episodio la vediamo rimbalzare tra le due città di Medellín e Miami, in un alternarsi tra presente e passato. Griselda viene subito inquadrata come una donna molto forte, con tre figli al seguito e un passato difficoltoso; un’improvvisa partenza la indirizza a Miami, alla ricerca di un riscatto soprattutto personale, determinata a cambiare la sua vita pur sapendo di poter contare solo sulle proprie forze. La caparbietà è un suo tratto distintivo, infatti sin dai primi minuti capiamo che questo personaggio non si lascerà abbattere facilmente: allo stesso modo, si comprende subito che tanto il suo passato quanto il suo presente non sono particolarmente felici né semplici.

Un altro fattore che vede presto la luce è la necessità di conciliare la sua “realizzazione personale” con il ruolo di madre: una formula che ci suona fin troppo familiare. Anche se il business di Griselda Blanco non era propriamente positivo né direttamente paragonabile a quello delle donne in carriera odierne, è interessante osservare il parallelismo tra la situazione della protagonista con la quotidianità attuale di molte donne. Affermarsi lavorativamente e raggiungere posizioni di vertice è infatti spesso difficoltoso e questo si ritrova nelle vicende della nostra primaria.

Griselda – 1x01 Lady Comes to Town

Griselda prende consapevolezza di dover fare almeno il doppio della fatica per guadagnarsi quella credibilità che un analogo maschile avrebbe ottenuto in automatico. Ci mette tutta se stessa per conseguire ciò che vuole, ed emerge così anche tutto il suo dolore interiore: è sola, è triste, ma sa di dover dominare la situazione per non esserne schiacciata. La personalità della protagonista è ben resa anche grazie all’interpretazione di Sofia Vergara, che ci regala una performance da lei tanto desiderata quanto preparata nel dettaglio. La troviamo in panni completamente diversi da quelli a cui siamo abituati  (di certo non bisogna aspettarsi le risate e l’esplosività dei personaggi in cui siamo soliti vederla), e nonostante ciò riesce a dare spessore alla protagonista. Questo avviene grazie a un’interpretazione molto studiata, con cui tratteggia bene il carattere scaltro e fermo, oltre all’ambizione che guida ogni mossa di Griselda.

Meno bene rispetto a Sofia Vergara il resto del cast presentato finora: il livello in generale lascia un po’ a desiderare. Oltretutto va detto che si tratta di personaggi talmente effimeri che non hanno tempo di affermarsi. Chi circonderà davvero le vicende della protagonista probabilmente non compare in questo primo episodio e quelli che vediamo non lasciano il segno, ma assolvono quasi solo alla funzione di creare un contorno alla narrazione introduttiva, lasciando la sensazione che molti tasselli del puzzle siano ancora da scoprire.
Un’altra pecca risiede nel ritmo poco incalzante e fin troppo lento in rapporto alla tipologia di show, da cui si attendeva qualcosa di più movimentato. Diverse scene lasciano un sentore di già visto, come se si ripetessero dinamiche troppo simili tra loro per essere tutte presenti in una singola puntata. Insomma, non convince fino in fondo questo primo episodio in cui mancano quell’azione e quel dinamismo che ci si poteva aspettare da un prodotto del genere, ma che speriamo prenderà maggiormente il via nei prossimi episodi.

Griselda – 1x01 Lady Comes to Town

Forse si è preferito assegnare a questa puntata una funzione introduttiva della protagonista, andando a delinearne il background e i tratti distintivi che saranno certamente fondamentali per la storia nel suo complesso, e che quindi necessitavano di una base solida. Oltre questo, un lato positivo offerto da questo episodio sono le atmosfere, che ci trasportano in una dimensione che forse si avvicina a quella della vera Griselda: dominano gli ambienti criminali, in un alternarsi di scene luminose e musicali che incarnano un carattere positivo che non può uscire, soffocato dall’amarezza della realtà che le converte in atmosfere buie, capaci di restituire il carattere cupo proprio della protagonista. Un’altra scelta vincente che concorre alla costruzione del contesto risiede nell’ampia presenza di dialoghi in lingua spagnola, elemento che ci trasporta direttamente alle radici di Griselda Blanco e che va a recuperare dove non arrivano i personaggi troppo debolmente caratterizzati che la circondano. È così che Griselda incuriosisce, ma senza partire con i fuochi d’artificio: è soprattutto la rappresentazione della figura storica della boss del narcotraffico a interessare e dare valore a questo show, che speriamo possa prendere un’altra piega nei restanti episodi, guadagnando più ritmo e riuscendo così ad aggiungere qualità a una produzione dalle premesse più promettenti.

Voto: 6½

 

 

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Masters of the Air – 1×01/02 Part One & Part Two https://www.seriangolo.it/2024/01/masters-of-the-air-1x01-02-part-one-part-two/ https://www.seriangolo.it/2024/01/masters-of-the-air-1x01-02-part-one-part-two/#respond Mon, 29 Jan 2024 22:42:42 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105389 Il 2024 televisivo si apre con una delle serie più attese della stagione, il kolossal Masters of the Air, che debutta su AppleTV+ con due episodi. Co-creata da John Orloff e John Shiban, e basata sul libro di Donald L. Miller Masters of the Air: America’s Bomber Boys Who Fought the Air War Against Nazi Germany, […]

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Masters of the Air - 1x01/02 Part One & Part TwoIl 2024 televisivo si apre con una delle serie più attese della stagione, il kolossal Masters of the Air, che debutta su AppleTV+ con due episodi. Co-creata da John Orloff e John Shiban, e basata sul libro di Donald L. Miller Masters of the Air: America’s Bomber Boys Who Fought the Air War Against Nazi Germany, la serie, come è facile intuire dal titolo, ci catapulta tra le fila dei piloti di B-17 durante la Seconda Guerra Mondiale sul fronte europeo – nello specifico un’unità della Eighth Air Force chiamata 100th Bomb Group.

Masters of the Air si può vedere come il terzo capitolo della trilogia apertasi nel 2001 con Band of Brothers e proseguita nel 2010 con The Pacific, due classici del piccolo schermo e figli di quella rete che ha sempre messo al centro la qualità, cioè HBO. Entrambe volute da Steven Spielberg e Tom Hanks – che ricoprono nuovamente il ruolo di produttori esecutivi -, le due serie hanno segnato profondamente il mondo della TV, quando prodotti di questo tipo e con budget stratosferici erano davvero rari. In Masters of the Air, oltre ai ritorni di Spielberg e Hanks, c’è anche quello di John Orloff – qui, come detto prima, co-autore -, che fu uno degli autori principali di Band of Brothers, in cui scrisse quelli che sono i due episodi forse più iconici, cioè “Days of Days”, ambientata durante il D-Day, e “Why We Fight”, quando la Easy Company scopre un campo di concentramento nei pressi di Landsberg.

Masters of the Air - 1x01/02 Part One & Part TwoStupisce che Masters of the Air arrivi su AppleTV+ e non sulla rete che ci ha portato Band of Brothers e The Pacific. Inizialmente, in verità, HBO sarebbe dovuta essere la casa di questa nuova serie ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, tant’è che erano stati proprio loro a spingere la produzione a svilupparla, ma dopo vari cambi di potere, i costi elevati, e tutti i motivi che solitamente contraddistinguono lo stop di una produzione, Masters of the Air si è dovuta spostare su altri fronti, e su suggerimento di Spielberg, hanno chiesto una mano al servizio di streaming di Cupertino. Masters of the Air deve ovviamente molto alle due serie che lo hanno preceduto; da questo punto vista, può sembrare davvero un prodotto di un altro tempo, nel bene o nel male, ma per chi ha amato Band of Brothers e The Pacific, troverà anche in questo caso pane per i suoi denti.

Con un budget di circa 250 milioni di dollari, la ricostruzione storica, almeno nei suoi aspetti più pratici e non digitali, è davvero impressionante, e anche se ci troviamo in un periodo della TV in cui produzioni di queste dimensioni non stupiscono più, è innegabile che in queste due prime puntate – dirette, tra l’altro, da Cary Joji Fukunaga – il fronte visivo mostri tutte le sue qualità. Dove lo spettatore potrebbe storcere un po’ il naso è l’utilizzo massiccio e inevitabile della CGI nelle sequenze aeree, dove non sempre il risultato è ottimale, soprattutto se messo a confronto con produzioni cinematografiche recenti come Dunkirk e, principalmente – anche se con ambientazione moderna -, Top Gun: Maverick dove le parti aeree girate con veri aerei sono davvero impressionanti.

Bisogna però puntualizzare la diversa tipologia di combattimento avvenuta con i B-17 che, trattandosi di bombardieri e dispiegati a decine nei cieli europei, hanno richiesto inevitabilmente scelte produttive diverse. Avendo a che fare con questo tipo di aerei, chiamati “fortezze volanti”, il punto di vista si sposta spesso e volentieri al loro interno, dando – giustamente – grande importanza alla brutalità di queste battaglie e a quanto angosciante fosse combattere all’interno di velivoli che nonostante le loro dimensioni erano pur sempre sospesi in aria e senza una reale protezione dai colpi nemici. Sia Band of Brothers che The Pacific avevano fatto scuola sulla messa in scena degli scontri, prendendo tanto in prestito dal capolavoro di Steven Spielberg Salvate il Soldato Ryan, e quindi a parte alcune piccole sbavature di CGI, era quasi dato per scontato che Masters of the Air non avrebbe fallito, e così è stato.

Masters of the Air - 1x01/02 Part One & Part TwoSarebbe però molto riduttivo dire che questo sia l’unico ingrediente necessario per la riuscita di un prodotto sulla Seconda Guerra Mondiale; la grandezza delle due serie HBO sta infatti nella forza e nello sviluppo dei suoi personaggi e nel mondo in cui racconta le loro vite e i loro traumi – soprattutto nel caso di The Pacific. Da questo punto di vista, almeno al netto dei primi due episodi, Masters of the Air forse non è al pari delle serie che lo hanno preceduto, ma è ovviamente troppo presto per dare un giudizio completo, anche perché la storia è appena agli inizi. Aiuta però sicuramente avere nei ruoli principali degli attori come Austin Butler – che a quanto pare ha avuto bisogno di un coach per liberarsi della parlata alla ElvisCallum Turner, e Barry Keoghan, interpreti sicuramente con curriculum di tutto rispetto (Butler e Keoghan hanno anche nomination agli Oscar alle loro spalle) in grado di dare spessore alle loro controparti realmente esistite.

In conclusione, queste prime due puntate di Masters of the Air sono un ottimo biglietto da visita per la serie, anche se il peso e l’ombra di Band of Brothers e The Pacific la mettono nella posizione difficile di doversi sempre confrontare con questi due mostri sacri. Se si rivelerà un successo e se, soprattutto, riuscirà a potersi definire una degna erede delle due produzioni HBO in grado di mantenere quantomeno una posizione di tutto rispetto nel panorama televisivo è ancora presto per dirlo, ma gli ingredienti per una prodotto di grande qualità ci sono tutti.

Voto 1×01: 7 ½
Voto 1×02: 8-

 

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Fargo – Stagione 5 https://www.seriangolo.it/2024/01/fargo-stagione-5/ https://www.seriangolo.it/2024/01/fargo-stagione-5/#comments Sun, 28 Jan 2024 22:49:25 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105370 Dopo ben tre anni di attesa, Noah Hawley ha deciso di tornare a raccontarci le storie che piacciono a lui: quelle strane, contorte, quasi grottesche, ma che nascondono – spesso non troppo velatamente – dei significati molto più profondi dell’azione, dello humor nero e del mistery che impregnano ogni scena di Fargo. Questa volta ci […]

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Fargo - Stagione 5Dopo ben tre anni di attesa, Noah Hawley ha deciso di tornare a raccontarci le storie che piacciono a lui: quelle strane, contorte, quasi grottesche, ma che nascondono – spesso non troppo velatamente – dei significati molto più profondi dell’azione, dello humor nero e del mistery che impregnano ogni scena di Fargo.

Questa volta ci troviamo nel 2019, a Scandia, una città borghese del Minnesota, dove nel pilot la casalinga Dot viene arrestata durante una furiosa lite scoppiata durante una riunione scolastica tra genitori. La stagione quindi parte già con una sequenza che è Fargo allo stato puro, e si può subito notare come la regia di questa serie non abbia perso minimamente lo smalto dei giorni migliori. Ma è anche l’occasione per sorridere amaramente, come spesso questa serie ci ha insegnato a fare – anche se, a onor del vero, più la storia va avanti e sempre meno ci si diverte, anche se rimane immutata l’amarezza. Un evento del tutto casuale durante un episodio totalmente assurdo, quindi, rivela che in realtà Dot non è proprio una tranquilla casalinga di periferia, è molto, molto di più.

Questa stagione di Fargo ha chiaramente come cuore pulsante tutto l’universo che ruota attorno alla violenza sulle donne: il patriarcato nella sua forma più atavica, il femminicidio, la prevaricazione sociale, il tema della salute mentale, l’impunità degli aggressori.
Fargo - Stagione 5La figura interpretata da un quasi irriconoscibile Jon Hamm – scelta di casting chiaramente mirata, perché da sex symbol passa esattamente nella squadra opposta, dove giocano gli uomini da odiare e ripudiare da cima a fondo – è quella dello Sceriffo Roy Tillman, vero e proprio padre padrone della Contea e incarnazione precisa del più bieco patriarcato che si potesse disegnare. È un patriarcato inteso in senso molto più ampio di quanto non si intenda nella discussione sociale e nel linguaggio di oggi: Tillman si sente talmente l’uomo alfa perfetto che non solo prevarica, rapisce, stupra, picchia, tortura e uccide delle donne a suo piacimento (restando ovviamente sempre impunito, anche grazie al suo status), ma è una figura di vero e proprio patriarca-padrone di tutto quello che lui sente come suo. Oltre alla Contea che abbiamo già citato, è molto interessante il rapporto che ha con il figlio Gator (interpretato da un magnifico Joe Keery), suo vice-sceriffo.

Conosciamo Gator nel tentativo di rapire Dot e di riportarla a “casa”, in Nord Dakota: in questo momento il personaggio è tale e quale a quello del padre, solo molto meno sveglio e intelligente. Ma man mano che la storia continua, conosciamo sempre più a fondo il rapporto padre-figlio ma soprattutto in che ambiente Gator è cresciuto, il rapporto quasi fraterno che lo lega a Dot e il legame con una madre che si è visto portare via da un padre criminale, che gli ha rovinato la vita, facendolo diventare un bullo a sua immagine e somiglianza, ma ancora più pericoloso perché evidentemente con un quoziente intellettivo molto più basso.
La svolta arriva quando Gator, pur di compiacere il padre anche quando cominciano a venirgli i primi dubbi sull’operato del genitore e in generale della sua “squadra”, diventa cieco dopo la tortura di Munch (altro personaggio incredibile di cui parleremo tra poco) e all’improvviso vede la verità. È un ribaltamento interessante non solo dal punto di vista della metafora, ma soprattutto perché ci regala una riflessione importante: le figure come Roy Tillman sono pericolose per le donne e vanno fermate anche perché quasi sempre rovinano anche la vita dei figli. Il Male che li muove odia e uccide le donne, rovinando nel contempo il futuro delle giovani generazioni che si ritrovano a portata di mano un modello del genere. Il vero Gator è quello che commosso chiede a Dot se davvero ha incontrato sua madre, anche se in cuor suo sa che il padre l’ha ammazzata tanti anni prima. In quel momento c’è una tenerezza in Gator (anche grazie alla bravura di Keery che è costretto a recitare senza l’ausilio dell’espressione degli occhi) che ci fa odiare ancora di più gli uomini come Tillman e che ci rende molto bene l’urgenza di agire quanto prima per arginare questo fenomeno dilagante del machismo tossico e violento.

Fargo - Stagione 5E poi c’è lei, ovviamente, quella Tigre nascosta sotto le mentite spoglie di Dot, ingenua casalinga che vive una vita agiata e tranquillissima in una villetta con un uomo buono e un po’ svampito, e una figlia intelligente lanciata verso il futuro. Ma da dove nasce la Tigre che vede Munch in Dot? Dal dolore, dalla sopraffazione, da una giovinezza rovinata da un uomo violento e pericoloso.
Dot è il cuore pulsante di questa stagione di Fargo, è un personaggio incredibile, scritto in modo perfetto: perché lei non è una Terminator per nascita, ma è dovuta diventarlo per puro istinto di sopravvivenza. Per quante Dot, però, ci sono altre donne che non possono diventare tigri, che ad un certo punto si arrendono al loro tremendo destino perché non c’è nessuno che le aiuta?

Tuttavia, Dot è anche incredibilmente umana: l’episodio “Linda”, probabilmente il più bello della stagione e uno dei migliori dell’universo di Fargo, ci mostra la vera anima del personaggio, in quel meraviglioso lucido sogno che tutti abbiamo sperato essere vero fino all’ultimo. Ma nel mondo di violenza e prevaricazione in cui siamo immersi era letteralmente impensabile che quello che stava vivendo Dot fosse la realtà: tutta l’umanità del personaggio è riassunta anche nei colpi di sonno che ha fino a quando arriva alla tavola calda (dove poi si addormenta veramente), colpi di sonno che riassumono l’immensa stanchezza che deve provare, non solo fisica ma soprattutto mentale e che ci ricorda che la Tigre è un essere umano che ne ha subite di ogni e che fino a quel momento ha fatto un miracolo per uscirne viva. Torniamo quindi al punto di partenza: Dot è una su un milione; il pensiero corre a tutte quelle donne che, senza essere aiutate e senza prevenzione, non ce l’hanno fatta.

Come una buona stagione di Fargo che si rispetti, anche questa ha una parte totalmente inspiegabile, una scheggia impazzita rappresentata da Munch (nome evocativo), simbolo di esoterismo e del mistero della storia dell’umanità.
Fargo - Stagione 5Ha un’età indefinita, ha attraversato le epoche finché non è più invecchiato: non ci viene spiegato il come e il perché, ma quella di Munch è una figura che rappresenta l’animalità atavica dell’uomo. Prima agisce senza nessuna remora morale solo per soldi, poi si scopre essere fedele a chi lo aiuta, poi ancora brutalmente violento con chi ha tentato di esserlo con lui. Ma soprattutto l’unica persona che riesce a comprenderlo e a “domarlo” è proprio Dot, con quell’incredibile sequenza finale, grottesca e rivelatoria al tempo stesso. La Tigre da domare diventa domatrice, perché usa l’arma forse più semplice di tutte: l’umana comprensione.

Ma Fargo non è solo Dot, è anche e soprattutto Indira e Lorraine (che di cognome fa Lyon non per caso): sono due donne con principi morali e attitudine verso l’altro agli antipodi, ma che si ritroveranno incredibilmente alleate nella speranza di salvare Dot da quel mostro di Tillman. Soprattutto l’evoluzione di Lorraine è molto interessante: il suo essere così spietata è probabilmente nient’altro che una forma di autodifesa e di sopravvivenza; è quando vede le foto di cosa ha dovuto subire Dot nella vita precedente che si apre un varco in quella durezza e capisce che può usarla non solo per difendersi, ma anche per attaccare quella gente che si permette di trattare altri essere umani come oggetti. L’interpretazione superlativa di Jennifer Jason Leigh fa poi il resto, un’attrice che negli ultimi anni sta vivendo una parte di carriera molto significativa.

Insomma, questa stagione di Fargo è tornata senza ombra di dubbio sui livelli delle prime, con un linguaggio tutto suo che non ha perso minimamente lo smalto, ma che anzi sembra essersi rinvigorito dopo un giro a vuoto con l’annata precedente. Un plauso alla scrittura e alla regia, ma anche e soprattutto a un cast che ha reso perfetto ogni personaggio che abbiamo conosciuto.

Voto: 8

 

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Skam Italia – Stagione 6 https://www.seriangolo.it/2024/01/skam-italia-stagione-6/ https://www.seriangolo.it/2024/01/skam-italia-stagione-6/#respond Fri, 26 Jan 2024 17:29:24 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105357 A distanza di un anno e mezzo dalla quinta stagione incentrata su Elia, il 18 gennaio su Netflix è tornata SKAM Italia con un’annata che possiamo definire come la prima a essere narrativamente separata dalle precedenti; se infatti i protagonisti delle prime cinque stagioni fanno qualche comparsata anche in queste dieci puntate, la storia di […]

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Skam Italia - Stagione 6A distanza di un anno e mezzo dalla quinta stagione incentrata su Elia, il 18 gennaio su Netflix è tornata SKAM Italia con un’annata che possiamo definire come la prima a essere narrativamente separata dalle precedenti; se infatti i protagonisti delle prime cinque stagioni fanno qualche comparsata anche in queste dieci puntate, la storia di Asia, delle Rebelde e di Giulio è a tutti gli effetti quella di una “nuova generazione” di SKAM, e quindi interamente originale rispetto alla serie madre norvegese. La prova era dunque non di poco conto, anche a fronte della forte affezione del pubblico per gli storici personaggi delle prime annate: il risultato è stato controverso, perché se è vero che i temi scelti sulla carta sono molto importanti e anche eticamente non scontati, la loro resa finale li ha in diverse occasioni depotenziati e mostrati sotto alcuni aspetti meno profondi di quanto ci saremmo potuti aspettare. 

Se dovessimo individuare dei macrotemi che attraversano queste puntate, sarebbero sicuramente i disturbi alimentari e la politica in ambito adolescenziale (ma non solo), con le sue sfumature di impegno e disimpegno da una parte, e le derive fasciste e naziste dall’altra. Entrambi i temi ne fanno emergere altri ancora di carattere morale ed etico, come vedremo, e sono tutti argomenti molto validi, soprattutto se osservati attraverso il target di riferimento – un pubblico che va dall’adolescenza ai giovani adulti. Il problema emerge però sin da subito: c’è troppa carne al fuoco per dieci puntate da meno di mezz’ora l’una, e, per quanto nessuno pensi che la fruizione di questi temi debba essere per forza approfondita come in un TED Talk (anzi), non si può neanche cadere nell’errore opposto, perché le conseguenze sono inevitabili. Troppi argomenti con un tempo scarso per ciascuno riducono le possibilità di trattare adeguatamente questioni così importanti e si finisce, pur con le migliori intenzioni, a compiere errori anche piuttosto grossolani.

Asia, Silvia e i disturbi alimentari

Skam Italia - Stagione 6Come moltissimi ormai sanno, ci sono dei personaggi dell’originale SKAM norvegese che non possono essere trattati in nessun’altra produzione estera in quanto “bloccati” dall’autrice Julie Andem (e questo nonostante lo show originale sia fermo da anni): tra questi c’è il personaggio su cui è basato Silvia, che quindi, insieme ad altri come Giovanni e Federica, non può avere una stagione incentrata su di lei. Questo è un fatto di cui bisogna tener conto, soprattutto perché ostacola SKAM Italia nell’affrontare alcune tematiche relative a personaggi specifici che abbiamo visto crescere e svilupparsi lungo queste cinque annate; la mossa intelligente della writers’ room italiana è stata quella di muoversi verso un nuovo personaggio che potesse incarnare quello stesso tema che in molti chiedevano a gran voce di affrontare – quello appunto dei disturbi alimentari vissuti da Silvia.
La trasposizione non è stata una mera operazione di copia-incolla perché Asia è caratterialmente molto diversa da Silvia e questo ha evitato di far percepire il nuovo personaggio come un surrogato di quello vecchio: anzi, proprio il carattere di Asia è stato fondamentale per disegnare alcuni tratti del suo disturbo (basti pensare alla gelosia rispetto a Ben e alle amiche, ma anche a quella per la sorella e il conseguente isolamento in famiglia) e per evidenziare maggiormente perché per lei fosse ancora più difficile chiedere aiuto alle sue amiche. Aver poi avuto l’intuizione di rendere Silvia una sorta di guida per lei è stata la ciliegina sulla torta di un percorso che, sebbene sia stato frettoloso in diversi passaggi, ha comunque avuto il merito di dare ad alta voce informazioni fondamentali – per dirne una su tante, sfatare il mito per cui l’anoressia sia legata solamente all’aspetto esteriore, al “voler essere magre/i” per spirito di emulazione: c’è molto di più dietro questa malattia ed è essenziale che il messaggio giusto arrivi alle giovani generazioni. È forse anche per questo che stride l’assenza (all’inizio o alla fine) di contatti da chiamare in caso si condivida un disturbo identico o simile: si fa con tantissimi prodotti audiovisivi che trattano temi di rilevanza sociale, e a maggior ragione in un caso come questo, visto il target del pubblico, si poteva e si doveva pensare anche a questo.

Purtroppo non è l’unico passo falso di SKAM su questo argomento. Quando infatti Asia decide di farsi aiutare, la dottoressa prima le consiglia di rivolgersi a un ambulatorio intensivo dell’ASL, per poi suggerirle subito dopo un posto in cui in genere c’è molta coda, ma per il quale lei potrebbe “metterci una buona parola”; e si tratta dello stesso centro per cui Olly dichiara che di fatto basterebbe il nome di suo padre per farla entrare. Il messaggio comunicato è gravissimo: non basta menzionare il Servizio Sanitario Nazionale se poi quello che trapela è che per avere l’aiuto più adeguato bisogna avere soldi o conoscenze; ed è vero che questa è una serie TV, ma è altrettanto vero che non si può decidere di essere influenti nei temi sollevati solo quando lo si vuole, e invocare per il resto una sospensione di incredulità a convenienza.
Il tema di classe è in effetti un altro problema di questa stagione, che va a colpire proprio la base del “nuovo” gruppo di amiche, le Rebelde: le vediamo sin dall’inizio prendere le distanze da un certo ambiente scolastico, che viene visto da loro come distante perché rappresentazione di una classe sociale più alta e ricca (collegando tra l’altro questo tema al disimpegno politico all’interno della scuola). Peccato però che poi Asia sia quella che può permettersi di “perdere il passaporto” e ottocento euro di biglietto aereo per gli Stati Uniti senza che i genitori facciano una piega: è in questioni simili che la sesta stagione di SKAM cade rovinosamente, perché non basta dichiarare ad alta voce qualcosa e poi comunicare con i dettagli qualcos’altro. E se l’effetto fosse stato voluto (mostrare un gruppo di ragazze inconsapevoli dei loro privilegi), si sarebbe dovuto evidenziare e problematizzare, cosa che invece non è accaduta. C’è un forte problema di classe in questa annata (e c’è anche se si considera l’estrazione sociale dell’unico ragazzo che arriva dal riformatorio), ma non nel senso a cui probabilmente gli autori pensavano.

Skam Italia - Stagione 6Sebbene – lo ripetiamo – i troppi argomenti non abbiano aiutato con le tempistiche dedicate a ogni singolo tema, è evidente però lo sforzo di lavorare bene nella rappresentazione del disturbo alimentare di Asia, ponendola nella posizione, molto diffusa, di chi non capisce subito di essere in difficoltà e poi in pericolo. Seguire la giovane mentre pian piano scopre i sintomi legati all’anoressia (dalla perdita di capelli alla sospensione delle mestruazioni) è stato sicuramente un approccio molto istruttivo, perché il racconto qui più che mai si mette all’altezza di una persona adolescente. Se infatti per noi adulti questi sintomi sono ben noti nell’ambito dei disturbi alimentari e forse nessuno ha creduto che Asia fosse davvero incinta, per molte ragazze e ragazzi queste non sono informazioni scontate ed è importante che una serie come questa non le abbia date in maniera paternalista o giudicante, ma le abbia fatte scoprire a un pubblico giovane insieme alla protagonista.
Lo stesso realistico impegno si riscontra nella rappresentazione del gruppo di amiche che non riesce a vedere la sofferenza di Asia, pur essendo tutte molto legate e pronte a esserci se una di loro manifesta un problema o un disagio: l’adolescenza è un’età in cui fare gruppo a livello relazionale è fondamentale, ma allo stesso tempo non si hanno davvero gli strumenti per vedere l’Altro da sé, proprio perché ciò che si vive internamente si esprime a volumi altissimi. È quindi molto realistico che le amiche si siano scusate con Asia per non averla vista, che quest’ultima abbia ammesso che non si fosse accorta nemmeno lei di quanto la situazione fosse grave e che comunque si fosse impegnata molto a nascondere ciò che le accadeva, ed è infine un ottimo segno che non sia finita “a tarallucci e vino” ma che sia stata sollevata la questione di essere troppo prese dai propri problemi per vedere quelli delle altre: è infatti attraverso momenti come questi che le persone crescono, che le relazioni si evolvono e che si fa, da soli e insieme, quel pezzo in più verso l’età adulta.

A chiudere gli aspetti positivi legati a questa vicenda troviamo l’interpretazione di Nicole Rossi nei panni di Asia: l’attrice ventitreenne, proveniente da “Il Collegio” e “Pechino Express”, ha portato sullo schermo un personaggio complesso, e non solo per il suo disturbo alimentare. Asia non è una ragazza con cui sia facile entrare in comunicazione: sa essere respingente e giudicante, ha necessità di controllo nelle sue relazioni e di queste è molto gelosa. Nicole Rossi è riuscita a far passare gli aspetti più spigolosi di Asia ma anche quelli più vulnerabili, che col passare delle puntate sono aumentati fino al crollo. Forse non in ogni occasione è stata perfettamente a fuoco, ma ha fatto un buon lavoro con un ruolo decisamente non facile, visto anche il senso di responsabilità di parlare a un pubblico di giovani e giovanissimi.

La politica e la società: dalle liste antifasciste al ruolo rieducativo del carcere

Skam Italia - Stagione 6“Un po’ senza”, premiere della stagione, si apre con quella che è una vera e propria dichiarazione d’intenti, e non solo degli obiettivi delle Rebelde: la voce di Nicole Rossi commenta immagini provenienti da tutto il mondo in cui la violenza contro le minoranze e i diversi attacchi di forze fasciste e neo-naziste (dall’assalto alla CGIL a quello a Capitol Hill) si manifesta in tutta la sua forza. Il messaggio è chiaro, nonché sottolineato poco dopo da Asia: studiare il passato serve per capire il presente e il futuro, per non rimanere indifferenti, per saper riconoscere i segnali di una deriva antidemocratica che può presentarsi anche con nuove forme. È una scelta forte quella di aprire così una stagione, soprattutto in un periodo storico come il nostro; ed è altrettanto importante mostrare come le menti più giovani possano anche essere manipolate dai nuovi movimenti fascisti, fino al punto di commettere dei reati: perché queste cose succedono, ma anche perché come società siamo in difficoltà ad affrontare questo tema. Ecco perché la storia di Giulio e del suo passato è l’altra colonna portante della stagione, perché ci parla di lui ma anche di noi, di cosa ne pensiamo davvero dello stato di diritto, se ci crediamo nel ruolo rieducativo del carcere o se ce ne riempiamo la bocca in pubblico per poi agire in modo non certo progressista nel privato. È un argomento tentacolare, che tocca l’etica di una democrazia ma anche la propria morale, ed è lodevole che si sia deciso di trattare l’argomento; è mancato tuttavia il tempo per mostrare in modo più approfondito alcune scelte che, messe in scena troppo rapidamente, hanno generato un effetto quasi opposto a quello voluto.

Skam Italia - Stagione 6L’esempio forse più clamoroso è quello dell’ultima puntata, “Per Salutarvi”, in cui scopriamo da un rapidissimo dialogo che Giulio e il ragazzo da lui picchiato tre anni prima durante il corso di un’aggressione omofoba sono diventati amici grazie a “un mediatore”, presumibilmente nel carcere minorile dove è stato Giulio. È un dialogo ai limiti del surreale, in cui il ragazzo non viene neanche chiamato per nome: il suo ruolo è quello di evidenziare ancora di più il (più che legittimo) percorso di redenzione di Giulio ma senza che venga data la giusta importanza alla persona che è stata vittima di quella violenza. In tempi come i nostri, in cui tra gli applausi del Senato della Repubblica è stato affossato il DDL Zan (un disegno di legge che prevedeva l’aggravante per crimini d’odio e discriminazioni contro diverse minoranze tra cui la comunità LGBTQ+), non dare nemmeno un nome alla vittima e utilizzarlo solo come mezzo per l’arco di redenzione di un altro personaggio è segno di un’attenzione “a targhe alterne”, capace di toccare punti molto alti – come il discorso di Munny ad Asia e la distinzione tra il valore punitivo e rieducativo del carcere – e al contempo di sorvolare con leggerezza su questioni di importanza tutt’altro che secondaria.

E infatti durante la visione di questa stagione di SKAM si ha l’impressione di essere sempre sulle montagne russe, in un percorso che va da momenti scritti benissimo ad altri che lasciano a bocca aperta, e non per i motivi giusti. L’ultima puntata è poi estremamente significativa in questo senso: è l’unico momento in cui c’è un focus sugli altri personaggi, per i quali si cerca in pochissimi minuti di esaurire un tema personale che va dall’essere molto noto (quello di Elia e Viola, e infatti è l’unico approfondimento che funziona) al non essere mai stato menzionato prima, come nel caso di Munny. Non è un problema di poco conto: nel suo caso si è scelto un argomento importantissimo e di cui si parla molto poco, ossia di come persone con nomi considerati “difficili” da pronunciare in italiano si ritrovino a cambiare nome, o a non protestare quando questo viene pronunciato male, fino al punto di accettare di essere chiamati con un nome non proprio per la pigrizia di una società che, anche quando non apertamente razzista, ha diversi conti in sospeso col proprio razzismo interiorizzato. Un tema così enorme trattato in una manciata di minuti non fa che produrre l’effetto opposto, perché viene semplificato al punto da non farne passare il vero significato – che in questo caso sarebbe stato di grande rilevanza, dato che al nome è legato un discorso sull’identità, rimasto purtroppo solo accennato.

Skam Italia - Stagione 6Queste dieci puntate hanno avuto il pregio di riuscire a muoversi verso una nuova generazione usando poco la “vecchia guardia”, a cui il pubblico è molto affezionato, e continuando a lavorare benissimo sul linguaggio, sia a livello diegetico (gli scambi tra i ragazzi, dal vivo e attraverso chat o videochiamate, sono sempre molto realistici) che extradiegetico (la colonna sonora di questa stagione è stata davvero ottima). La visione di SKAM è ancora godibile, ma alla fine di questa annata si rimane con una sensazione di incompiutezza, come se ciò a cui si è appena assistito fosse un riflesso di quello che le altre stagioni hanno saputo fare. Non si sa ancora se la serie verrà rinnovata, ma qualora questo accadesse c’è da sperare che per la prossima stagione si lavori su meno fronti, con un’attenzione più centrata e soprattutto più calibrata rispetto al valore dei temi trattati.

Voto: 6/7

Se tu o qualcuno che conosci soffre di un disturbo del comportamento alimentare (DCA), potete chiamare il numero verde nazionale 800 180 969, raggiungibile in modo gratuito e anonimo. 

 

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True Detective: Night Country – 4x01/02 Part 1 & Part 2Se c’è una serie che ha saputo imporsi e diventare da subito un cult negli anni dieci, quella è stata sicuramente True Detective: la serie antologica HBO creata da Nic Pizzolatto, infatti, si è proposta di rinnovare il genere poliziesco attraverso storie popolate da personaggi che appartengono alle forze dell’ordine ma che viaggiano sempre in una zona grigia tra il bene e il male, opponendosi alle più canoniche rappresentazioni positive tipiche della tv tradizionale, come per esempio quelle dei procedurali.

A dieci anni esatti di distanza dalla prima stagione, True Detective torna con la sua quarta annata, per la prima volta con un sottotitolo che fa riferimento alla nuova ambientazione: “Night Country”, infatti, identifica subito l’immagine della notte polare, il periodo di buio – che può andare da 24 ore fino a 6 mesi – che caratterizza le zone della Terra che si trovano a ridosso delle calotte polari. In questo caso la trama si svolge in Alaska, vicino alla città fittizia di Ennis, e vede coinvolte due poliziotte – anche le protagoniste donne sono una prima volta per la serie, se si esclude il personaggio di Rachel McAdams nella seconda stagione, che però faceva da spalla ai più noti Vince Vaughn e Colin Farrell – alle prese con l’improvvisa sparizione di un team di ricercatori che lavoravano in una base poco fuori il centro abitato. A differenza delle altre tre stagioni, questa annata è la prima con la nuova showrunner messicana Issa López – anche sceneggiatrice e regista – e soprattutto la prima con Pizzolatto fuori dal team di autori, dato che rimane solo come produttore esecutivo.

True Detective: Night Country – 4x01/02 Part 1 & Part 2Questa scelta di cambiamento da parte della produzione può essere interpretata in molti modi; uno dei più chiari ed evidenti è la volontà di raccontare qualcosa di diverso approcciando un punto di vista nuovo, contemporaneo e accattivante. Non è un mistero, poi, che la seconda e la terza stagione di True Detective non sono riuscite a mantenere il livello qualitativo e l’apprezzamento di pubblico e critica che avevano travolto la prima; è quindi più di un sospetto la scarsa capacità di Pizzolatto di riprodurre quel meccanismo perfetto. In sostanza per riportare interesse verso un progetto che, ormai, inizia a sentire i propri anni e che risulta sempre meno adatto alla televisione contemporanea – anche a causa del suo successo, infatti, il genere poliziesco ha creato tantissimi emuli e molte serie derivate – era necessario operare un rinnovamento sostanziale, una sorta di reboot. Sarà riuscito questo True Detective: Night Country ad essere abbastanza diverso da poter emergere e farsi notare in mezzo ad altri prodotti del genere (ma allo stesso tempo non così diverso) e a mantenere le atmosfere e il tipo di personaggi che hanno fatto il successo dello show?

A giudicare dai primi due episodi siamo di fronte ad una storia molto classica, in linea con quelle già raccontate dallo show in passato: ci sono due personaggi complessi e con un passato turbolento, una detection che mischia elementi di mistero e misticismo con atti di violenza e brutalità, un’ambientazione isolata e suggestiva e un filo rosso che pare collegare tutti questi elementi. I punti di contatto con le stagioni precedenti – la prima soprattutto – si affiancano a numerose ispirazioni televisive e non solo; primi fra tutti sono i rimandi evidenti a Twin Peaks, dal personaggio di Jodie Foster che ricorda in alcuni suoi atteggiamenti l’immortale agente Cooper, agli elementi soprannaturali mostrati finora nello show. Ma True Detective: Night Country, come si diceva, subisce l’influsso di tutta la cultura televisiva degli ultimi anni e tra le pieghe delle sue immagini si possono individuare tantissime altre serie, come per esempio il dimenticato thriller Fortitude per quanto riguarda le ambientazioni polari – o anche The Terror, che però è un horror – o le storie recenti con protagoniste detective di genere femminile, da Sharp Objects a Mare of Easttown.

True Detective: Night Country – 4x01/02 Part 1 & Part 2La parte più originale che emerge da questo inizio di stagione, tuttavia, risiede nel contenuto della detection e nella scelta di portare a galla tematiche molto attuali. La trama della stagione non è direttamente ispirata ad una storia vera, tuttavia Issa López ha volutamente legato la sceneggiatura al problema reale della sparizione e degli omicidi di un numero elevatissimo di donne indigene tra Stati Uniti e Canada ogni anno, i cui corpi spesso non vengono mai trovati. Nella serie questo si esprime attraverso il cold case che attanaglia le protagoniste, in particolare l’agente Navarro (Kali Reis), che riguarda la sparizione di una donna Iñupiat – una popolazione indigena dell’Alaska – di molti anni prima.
Questo mistero che proviene dal passato delle due donne si lega immediatamente al caso del presente che dà il via alla vicenda principale alla quale si accennava prima: nei primi due episodi vengono, infatti, poste le basi della trama investigativa e viene costruito il contorno culturale e ambientale nel quale si inscrive la scomparsa degli scienziati. Ennis è un luogo isolato in cui l’inizio della notte polare e la calata del buio coincidono con l’avvento di un’oscurità che riemerge in tutti gli abitanti – qui un altro riferimento evidente a Lynch. Il setting e l’atmosfera sono l’altro grande punto vincente di questa versione di True Detective, che recupera dalla prima stagione anche gli elementi soprannaturali – che si fanno sempre più incisivi nel secondo episodio – ai quali a tratti aggiunge anche l’horror. Non mancano poi i guizzi creativi della regia dal punto di vista del macabro, primo fra tutti l’idea di rappresentare i cadaveri degli scienziati come una vera e propria raffigurazione artistica ghiacciata nella quale i loro corpi nudi si deformano e uniscono in un’unica scultura.

True Detective: Night Country – 4x01/02 Part 1 & Part 2Questi primi due episodi non avrebbero centrato così bene il loro obiettivo senza le ottime interpretazioni da parte di Jodie Foster e Kali Reis: entrambe interpretano personaggi interessanti e sfaccettati che rivelano pian piano le loro motivazioni nel corso degli episodi in una costruzione che non è mai forzata ma, anzi, si assorbe molto facilmente attraverso i dialoghi e le interazioni con gli altri abitanti di Ennis. La prima è una madre in difficoltà a casa e una lavoratrice totalmente assorbita dal suo lavoro, una caratteristica quest’ultima che la porta a pretendere la dedizione massima anche ai suoi sottoposti, come per esempio Peter con il quale è a tratti crudele e a tratti comprensiva, mettendo in evidenza la tossicità della sua leadership. La seconda è una poliziotta di origine indigena, di una generazione diversa rispetto al suo ex-capo e forse proprio per questo molto più sensibile alle ingiustizie e ai crimini che riguardano le donne della comunità di Ennis; nei primi due episodi il suo passato non viene esplorato in modo approfondito – sappiamo che ha dei traumi legati al suo passato in guerra – e la sua figura conserva un alone di mistero che la rende molto interessante in vista del resto della stagione.

Come si diceva a dare un taglio diverso rispetto al passato e ad avvicinare Night Country alla prima stagione dello show c’è la spinta decisa sul versante soprannaturale della trama; lo stesso prologo al primo episodio è una scena che trasporta immediatamente lo spettatore sul piano del weird e del misterioso – vediamo, infatti, un branco di caribù lanciarsi tutti insieme giù da un dirupo. Al centro della maggior parte di questi eventi c’è la figura indecifrabile ma affascinante di Rose Arguineau, interpretata dalla veterana Fiona Shaw (Killing Eve, Harry Potter), che interpreta una sorta di cacciatrice vedova che vive in solitudine lontana dalla città. Nel conto delle cose strane e delle figure inquietanti che popolano Ennis si annoverano anche il ritorno del simbolo della spirale – questo un chiaro riferimento alla mitologia interna della serie – e diversi riferimenti alla comunicazione tra il mondo dei viventi e quello dei morti.

True Detective: Night Country – 4x01/02 Part 1 & Part 2Se il primo episodio ha un carattere molto introduttivo e permette a Issa López di costruire una sorta di worldbuilding in vista della stagione, il secondo entra nel vivo dell’investigazione e racconta con un ottimo ritmo l’andamento della detection. I punti di svolta sono posizionati al momento giusto, così come l’esplorazione dei rapporti tra i personaggi che si inseriscono in mezzo agli eventi principali sono ben amalgamati e non pesano sulla visione; si arriva, infatti, facilmente alla fine di episodi di circa un’ora e si sente quasi immediatamente la cupezza e la tensione che aumenta lentamente man mano che la questione si fa più spinosa. Il colpo di scena che chiude “Part 2”, poi, è una sorpresa che può portare allo scenario abbastanza imprevedibile all’inizio di una caccia all’uomo tra i ghiacci dell’Alaska, magari introducendo anche una parte action che ancora non fa parte di questa stagione – e che invece nel passato di True Detective è stata importante, si pensi al piano sequenza famoso della prima stagione o alle sparatorie della seconda.

Le prime due parti di True Detective: Night Country sono l’ottimo inizio di una miniserie molto classica: in questo thriller poliziesco non ci sono elementi di novità particolari, non c’è l’ambizione di raccontare una storia in un modo come non si era mai fatto prima, non vuole sconvolgere gli spettatori contemporanei con un nuovo modo di intendere le serie tv. Questi primi due episodi ci regalano invece, al momento, uno show investigativo soprannaturale con tutti gli elementi al posto giusto, condito con un’ambientazione particolarmente suggestiva e intrigante: se il racconto e la costruzione registica sapranno mantenere questo livello fino alla fine di tutti e sei gli episodi potremo dire di essere di fronte ad un prodotto eccezionale nel suo genere, probabilmente alla pari o anche superiore alla tanto osannata prima stagione di True Detective.

Voto 4×01: 9
Voto 4×02: 8 ½

 

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Hazbin Hotel – 1×01 Overture https://www.seriangolo.it/2024/01/hazbin-hotel-1x01-overture/ https://www.seriangolo.it/2024/01/hazbin-hotel-1x01-overture/#respond Mon, 22 Jan 2024 22:08:29 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105330 Vivienne “VivziePop” Medrano aprì il suo canale youtube nel 2012 e negli anni è riuscita a costruire un nutrito seguito, grazie ai suoi Speed Drawing e video musicali animati (particolarmente apprezzato l’AMV su Die Young di Kesha, ora rimosso), ma si è anche dedicata a creazioni originali come il webcomic ZooPhobia. Nel 2019, il successo […]

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Hazbin Hotel - 1x01 OvertureVivienne “VivziePop” Medrano aprì il suo canale youtube nel 2012 e negli anni è riuscita a costruire un nutrito seguito, grazie ai suoi Speed Drawing e video musicali animati (particolarmente apprezzato l’AMV su Die Young di Kesha, ora rimosso), ma si è anche dedicata a creazioni originali come il webcomic ZooPhobia. Nel 2019, il successo di un crowdfunding su Patreon le consentì di imbarcarsi nel progetto che l’avrebbe fatta conoscere a un pubblico ancora più ampio: Hazbin Hotel, un episodio pilota animato che narra le vicende della principessa dell’inferno Charlie Morningstar e la sua titanica impresa nel creare un albergo dove far soggiornare le anime dei dannati nella speranza della redenzione verso il paradiso. Il pilot ha superato le migliori aspettative e vanta tuttora 94 milioni di visualizzazioni, un numero in costante crescita.
Hazbin Hotel mostrò sin da subito un umorismo crudo ed esplicito, in contrasto con la personalità solare della protagonista, una vera principessa Disney in tutto e per tutto. Della stessa stoffa è fatta Helluva Boss, la webseries animata che (con alti e bassi) ha occupato gli appassionati dell’ambientazione infernale della Medrano durante la produzione dei nuovi episodi di Hazbin Hotel, a seguire dell’acquisizione da parte degli studi A24. Dopo quattro anni di attesa, l’hotel infernale apre i battenti su Amazon Prime, ma l’attesa sarà valsa la pena?

Innanzitutto, è possibile iniziare la serie senza previa conoscenza dei lavori precedenti ambientati nello stesso universo, ma occorre prepararsi all’impatto con l’umorismo di Hazbin Hotel e Helluva Boss. Il tono di entrambi è un gusto acquisito che può regalare scene di raro divertimento prima e scadere nel puerile l’attimo dopo, in un rischioso equilibrio che non sempre paga. L’irriverenza delle produzioni di VivziePop si ama o si odia. “Overture” è esattamente ciò che molti fan si aspettavano fosse, ma nulla di più, nonostante la produzione di primordine e un doppiaggio con alcuni recast davvero azzeccati come Stephanie Beatriz (Brooklyn Nine-Nine) e Kimiko Glenn (Orange is the New Black).

Hazbin Hotel - 1x01 OvertureIl debutto della prima vera stagione riprende la trama dal pilot andato su YouTube, con gli ostacoli e gli sforzi della principessa Charlie Morningstar nel costruire l’albergo Hazbin (come Has Been in inglese) per le anime dannate in cerca di redenzione; nel suo staff si contano la più pragmatica, ma leale fidanzata Vagatha “Vaggie”, l’irriverente pornoattore Angel Dust (anche protagonista di un video musicale che racconta il suo passato) e Alastor, il minaccioso demone radiofonico, che considera lo Hazbin Hotel più come un passatempo che come un progetto importante. L’inizio in sordina dei nostri eroi ed eroine sembra prendere una svolta quando Lucifero, Re dell’Inferno, manda la figlia a fare le sue veci per parlamentare con uno dei signori delle schiere angeliche, le quali si dilettano annualmente nello sterminio di demoni per evitare la sovrappopolazione dell’inferno, almeno ufficialmente.

“Overture” si occupa di introdurre principalmente tre cose: l’ambientazione, i personaggi e la trama. L’ambientazione è raccontata sin dalle prime sequenze attraverso una antica leggenda che coinvolge le potenze celesti, Lucifero, Adamo, Lilith ed Eva. Sebbene la resa grafica sia ottimale, la spiegazione artificiosa e sbrigativa non rende giustizia agli eventi narrati, importanti sia per i personaggi che per i mondi in cui vivono. Dopo questo inizio traballante, i personaggi si presentano già meglio; dalla protagonista alla sua compagna, passando per tutti lo staff dell’Hazbin Hotel, ognuno è mosso da motivazioni chiare e semplici, rispecchiate nelle coinvolgenti dinamiche fatte di dialoghi sopra le righe e commedia slapstick, perfettamente inseriti nel contesto della serie. I personaggi convincono, ma sono spesso vittima di quel già menzionato equilibrio precario fra una caratterizzazione di spessore e un umorismo gratuito quasi infantile, che rischia di rubare tempo prezioso alla narrazione; il minutaggio è ora più che mai un bene da dosare, una volta che Hazbin Hotel non potrà più godere della libertà che aveva in qualità di produzione indipendente.
Per quanto riguarda la trama non si va troppo avanti nel primo episodio; la maggior parte degli sviluppi dell’intreccio sono relegati all’ultima manciata di minuti, mentre larga parte della puntata è dedicata allo sfoggio dei punti di forza ereditati da YouTube, ma mostrando anche le debolezze che ancora permangono da una piattaforma all’altra e hanno minato la più recente annata di Helluva Boss: l’essere inconcludenti, guidando gli intrecci senza una meta. C’è sempre stato il desiderio di raccontare tematiche e vicende più profonde sotto la patina sfacciata, ma la mancanza di una direzione precisa ha spesso minato questo intento.

Hazbin Hotel - 1x01 OvertureC’è un secondo elemento che per alcuni potrebbe essere ancor più ostico: in Hazbin Hotel si canterà davvero tanto. Chi decide di dare una chance allo show Amazon e alle serie animate concepite dalla Medrano e il suo studio, dovrà fare i conti con l’ingente presenza di numeri musicali in ogni episodio. Sui ventidue minuti di “Overture”, quasi sette sono occupati da due canzoni diverse. Questa scelta premia la caratterizzazione dei personaggi e dell’ambientazione, per esempio mostrando gli angeli in una accattivante veste di arroganti guerrafondai, ed evidenzia il sempre ottimo lavoro nel comparto tecnico, ma relega l’avanzamento della trama a poche scene in coda all’episodio. Il motivo per cui infernali e celestiali amino così tanto esprimersi cantando è nascosto nelle prime scene di “Overture”, ma è ancora troppo presto per dire se sarà o meno una carta vincente.

Hazbin Hotel è certamente un modo diverso, per quanto oramai non originalissimo, di farsi notare nel sempre più variegato mondo dell’animazione seriale. Se ci si lascia trascinare dai suoi personaggi dando loro fiducia, si possono anche sopportare o persino dimenticare quei vizi di forma che in parte limitano, in parte definiscono questa serie animata sin dai giorni su Youtube, sperando che gli episodi successivi mostrino una storia all’altezza delle aspettative.

Voto: 7

 

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The Woman In The Wall – 1×01 Back to Life https://www.seriangolo.it/2024/01/the-woman-in-the-wall-1x01-back-to-life/ https://www.seriangolo.it/2024/01/the-woman-in-the-wall-1x01-back-to-life/#respond Mon, 22 Jan 2024 10:32:06 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105278 L’Irlanda con i suoi sconfinati campi costellati da piccoli villaggi e la sua forte tradizione che unisce folklore e religione, diventa l’ambientazione perfetta per una nuova serie crime targata BBC One, ispirata a una triste pagina della storia del paese. The Woman in the Wall – andata in onda su BBC One nell’agosto 2023, arrivata il 20 […]

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The Woman In The Wall - 1x01 Back to LifeL’Irlanda con i suoi sconfinati campi costellati da piccoli villaggi e la sua forte tradizione che unisce folklore e religione, diventa l’ambientazione perfetta per una nuova serie crime targata BBC One, ispirata a una triste pagina della storia del paese. The Woman in the Wall – andata in onda su BBC One nell’agosto 2023, arrivata il 20 gennaio su Paramount+ e disponibile dal 21 su Showtime – è una miniserie mystery in sei puntate che vede come protagonisti Ruth Wilson – qui anche in veste di produttrice esecutiva – e Daryl McCormack, conosciuto al grande pubblico per il suo ruolo in Peaky Blinders.

La serie, ambientata nella città immaginaria di Kilkinure, racconta la storia di Lorna Brady che una mattina si risveglia e trova il cadavere di una donna misteriosa in casa. Non ricorda nulla della sera prima né sa chi sia la donna sul suo pavimento, o come sia morta – se a causa sua o di altri – in quanto da anni soffre di sonnambulismo, i cui attacchi la portano spesso a vagare per la città e a fare cose che di giorno, quando è in sé, non farebbe mai.

The Woman in the Wall si apre con la lettura, quasi sussurrata, della poesia “Immortality”, opera di Clare Harner del 1934 utilizzata spesso come elogio funebre, che accompagna la visione di una serie di scorci dell’Irlanda che lentamente conduce lo sguardo dello spettatore verso la protagonista; già da queste prime sequenze la produzione si distacca dalle serie gialle a stampo statunitense, adottando un tono più freddo, quasi disilluso nella sua narrazione, avvicinandosi alle atmosfere tipiche delle serie crime del nord Europa.
L’ambientazione cupa, dovuta non solo all’aria uggiosa tipica di quei paesaggi ma anche all’uso, come si evince nel corso della puntata, di una fotografia poco satura che smorza ogni personaggio e location, alimenta un senso di inquietudine nello spettatore; questo accade anche grazie al sapiente uso della colonna sonora, che accompagna ogni scena con musiche incalzanti, pause strategiche e voci che sussurrano in un crescendo di tensione che tiene lo spettatore incollato allo schermo fin dai primi istanti, rendendolo ansioso di scoprire cosa si cela in ogni singola inquadratura.

The Woman In The Wall - 1x01 Back to LifeAd aumentare il senso di disagio provato dal pubblico troviamo la magnifica interpretazione di Ruth Wilson (fra i cui lavori ricordiamo le serie tv Luther e The Affair) che attraverso il suo sguardo, sempre diviso fra dolore e paranoia, riesce a trasferire allo spettatore il senso di smarrimento e la sofferenza che caratterizzano Lorna, guidandolo alla lenta scoperta di questo personaggio e del suo travagliato passato, con il quale deve fare i conti ogni giorno.
Il vero protagonista della serie, infatti, non è né Lorna né il mistero dietro la donna morta nella sua casa, ma il passato, il cui peso grava non solo su di lei ma sull’intera cittadina di Kilkinure. Come si sente al notiziario che Lorna ascolta alla radio, l’Irlanda è scossa da una serie di inchieste riaperte nei confronti delle cosiddette Case Magdalene (in inglese Magdalene laundries), istituzioni create nel XVIII secolo e rimaste aperte fino alla fine degli anni ‘90 (l’ultima in Irlanda fu chiusa nel 1996), che accoglievano orfane e ragazze “perdute” – così ritenute a causa della loro condotta peccaminosa, allo scopo di riabilitarle. Queste istituzioni, gestite dal XX secolo principalmente da suore, in realtà erano vere e proprie case di sfruttamento: le ragazze erano sottoposte a severe punizioni se non seguivano le direttive delle suore ed erano costrette a lavorare – principalmente come lavandaie, da cui il nome originale – contro la loro volontà. Inoltre, in alcuni di questi istituti vi era anche la pratica di affidare – se non vendere in alcuni casi – i bambini nati dalle giovani ragazze madri, obbligate dalle proprie famiglie a vivere in questi conventi allo scopo di proteggere l’onore familiare.
The Woman in the Wall non è la prima opera audiovisiva che nel XXI secolo ha deciso trattare questo avvenimento storico; ricordiamo, ad esempio, “Magdalene“, film del 2002 che attraverso le storie di tre giovani donne mostrava le condizioni inumane in cui versavano le ragazze costrette a vivere in questi conventi da parte delle loro famiglie; ma anche “Philomena” (2013) che, grazie alla magistrale interpretazione di Judi Dench – la quale ha ricevuto anche una nomination agli Oscar come miglior attrice protagonista -, ha raccontato la storia di una donna alla ricerca del figlio, strappato dalle sue braccia dalle suore del convento in cui era costretta a vivere da giovane. 
E proprio questa è la storia di Lorna e di tante donne della sua città, dilaniate dalla perdita dei propri bambini e dalle sofferenze patite durante il periodo trascorso presso la Casa Magdalena di Kilkinure.

The Woman In The Wall - 1x01 Back to LifeQuest’importante pezzo di storia, non solo irlandese, viene introdotto attraverso piccoli commenti e dichiarazioni fatte dagli abitanti della città, mostrando allo spettatore i tasselli di un mistero che da anni attanaglia la città di Kilkinure, quasi più oscuro e inquietante della donna trovata nella casa di Lorna. Nonostante l’inserimento delle Case Magdalene nella trama possa apparire come un espediente narrativo per introdurre il tipico tropo della cittadina che nasconde informazioni alla polizia per proteggere i suoi abitanti, trasformando questi ultimi in potenziali sospetti, già da questi primi 50 minuti si prospetta, invece, un ribaltamento della classica narrazione gialla, sfruttando il genere crime come strumento per raccontare a un pubblico più ampio un importante fatto di cronaca e le ripercussioni che ha avuto e continua ad avere sulle vittime e sulla nazione.

“Back to Life”, primo episodio della miniserie, pone le basi per un’intrigante storia crime lasciando lo spettatore con infinite domande a fine episodio e tanta voglia di proseguire la visione. L’ottimo mix di cast, ambientazioni e musica, unito al background storico, riesce a creare la cornice perfetta per un thriller ad alta tensione, che in soli 50 minuti riesce a spezzare il cuore e allo stesso tempo farlo fremere per l’ansia. Tutto è messo in discussione, ciò che si è visto, sentito e anche ciò che si crede possa essere la verità: la migliore delle premesse per una storia di mistero.

Voto: 8

 

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Death and Other Details – 1×01/02 Chapter One: Rare & Chapter Two: Sordid https://www.seriangolo.it/2024/01/death-and-other-details-1x01-02-chapter-one-rare-chapter-two-sordid/ https://www.seriangolo.it/2024/01/death-and-other-details-1x01-02-chapter-one-rare-chapter-two-sordid/#respond Sat, 20 Jan 2024 06:43:24 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105316 C’è un genere che sembra essere tra i più capaci di rinnovarsi continuamente ormai da decenni, non importa quale sia il mezzo o la forma in cui si presenti: è il genere narrativo del giallo o del mistero, soprattutto se incentrato sulla figura di un detective (spesso “il più grande detective al mondo”) alle prese […]

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Death and Other Details – 1x01/02 Chapter One: Rare & Chapter Two: SordidC’è un genere che sembra essere tra i più capaci di rinnovarsi continuamente ormai da decenni, non importa quale sia il mezzo o la forma in cui si presenti: è il genere narrativo del giallo o del mistero, soprattutto se incentrato sulla figura di un detective (spesso “il più grande detective al mondo”) alle prese con un caso apparentemente impossibile da risolvere.

Quando si parla di queste storie, soprattutto se vedono al centro un investigatore uomo, non si può che fare riferimento ai grandi archetipi del genere, individuati soprattutto in Sherlock Holmes ed Hercules Poirot, rappresentanti del momento di nascita (o rinascita) del genere nella forma a noi più congeniale. Sebbene queste figure abbiano trovato numerose incarnazioni in libri, a teatro, al cinema e in televisione, hanno anche originato una serie di emuli più o meno dichiarati. Nella serialità televisiva, poi, sull’onda del recente successo della saga filmica di Knives Out di Rian Johnson, si sono sviluppate serie investigative moderne, che si allontanano dal modello C.S.I. o simili procedurali per tornare ad uno stile più classico dal punto di vista narrativo, ma più brillante nel ritmo e nella scrittura dei personaggi.

Che questo stia funzionando lo si vede dal grande successo di una serie come Poker Face, o dal recente A Murder at the End of the Worldquesti due show si differenziano, poi, dai soliti cliché già solo perché nei panni di protagonista delle giovani donne. Questo Death and Other Details di Hulu e ABC Signature torna, invece, alla figura dell’investigatore uomo riconosciuto e famoso per il suo lavoro (a differenza delle altre due serie appena citate, i cui personaggi principali sono investigatrici più per casualità che per lavoro), molto intelligente e acuto e soprattutto sempre un passo avanti agli altri, al quale viene specificatamente chiesto di intervenire per risolvere la situazione scottante.

Le premesse della serie sono queste: il celebre detective Rufus Coteworth (Mandy Patinkin), in piena crisi di identità, si ritrova su una nave da crociera dove è avvenuto un delitto, proprio mentre due grandi famiglie progettano un accordo economico importantissimo per entrambe. A farne le spese è la giovane Imogene Scott (Violett Beane), con cui Rufus ha un passato in comune, che viene subito sospettata dell’omicidio. Intorno a questa vicenda, si sviluppa il caso su cui il detective dovrà investigare per trovare, prima che la nave attracchi, il responsabile dell’omicidio di una persona, la vittima, che si rivelerà avere un ruolo ben più ampio del previsto.

Death and Other Details – 1x01/02 Chapter One: Rare & Chapter Two: SordidQuesto Death and Other Details, quantomeno nei suoi primi episodi, soffre proprio di quanto si temeva già dai primi trailer: la dipendenza da Knives Out è fortissima e va ben oltre la mera scelta del protagonista. La si vede, infatti, nella volontà di avere una giovane comprimaria/assistente con cui lo spettatore possa entrare in empatia (il detective, d’altronde, è sempre troppo intelligente per noi); la volontà di centrare il racconto intorno famiglie abbienti, dietro la cui parvenza di ricchezza e potere si nascondono sotterfugi e intrighi; anche lo stile registico ha forti richiami a quello di Rian Johnson (il primo episodio è stato girato da Marc Webb). Per non parlare, poi, di altri dettagli che possono sembrare più o meno una coincidenza, come l’avere tra i sospettati il governatore di uno stato americano (qui è Washington, in Glass Onion era Connecticut). Insomma, si fatica a trovare almeno all’inizio uno stile magari non unico, ma quantomeno distintivo e il confronto con altri prodotti del genere è a tratti impietoso. A differenza dei due film di Johnson, poi, ci sono molti più personaggi e sospettati, e se escludiamo quello di Imogene, si è del tutto all’oscuro di cosa ci sia dietro (e dentro) questi personaggi, che all’inizio sono solamente abbozzati.

Death and Other Details – 1x01/02 Chapter One: Rare & Chapter Two: SordidSe Benoit Blanc, poi, era interpretato con trasporto (e grande divertimento) da Daniel Craig, qui Mandy Patinkin sembra piuttosto anonimo e il suo protagonista non trasmette quell’aria di carisma che ci si sarebbe attesi. Detto questo, se si è appassionati del genere si troverà questi primi episodi piacevoli da guardare, al netto di coincidenze a tratti un po’ marcate (certi personaggi sono legati tra loro in modo un po’ troppo fortuito). Il mistero dell’omicidio in sé ha il potenziale per essere più intrigante di quanto si sia voluto rappresentare in prima istanza, e in questo senso il colpo di scena che chiude il primo episodio fa il suo dovere nel trascinare l’interesse verso l’approfondimento della vicenda; si sente però la mancanza di una vera anima, di una chimica tra i vari personaggi – nonostante la serie non lesini in termini di relazioni amorose e in scene di sesso – ma è difficile per ora avere davvero a cuore quello che vediamo.

Non è facile, poi, riuscire a mantenere l’attenzione su un singolo caso investigativo per un’intera stagione: questo lascia sperare che si sposti un po’ lo sguardo sulla scrittura dei personaggi e che li si possa arricchire con dettagli e personalità. Per ora, invece, Death and Other Details si concentra quasi esclusivamente sul caso al centro del racconto, e lascia poco o nessuno spazio alla costruzione di tutto il resto. I primi due episodi, di conseguenza, sono consigliati solo a chi ha già una certa fascinazione per il genere, con la consapevolezza, però, che non si è alle prese con la ricchezza che altri prodotti di questo tipo hanno saputo dimostrare: la serie, infatti, dirà poco o nulla a tutti gli altri, rischiando di far presto perdere tracce di sé.

Voto: 5

 

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Echo – Miniserie https://www.seriangolo.it/2024/01/echo-miniserie/ https://www.seriangolo.it/2024/01/echo-miniserie/#respond Thu, 18 Jan 2024 11:31:17 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105285 Dire che il Marvel Cinematic Universe stia attraversando una fase complicata sarebbe usare un eufemismo: tra i risultati altalenanti delle serie televisive su Disney+ e il pessimo riscontro di pubblico e critica alle ultime pellicole – vedi il disastro al botteghino del recente The Marvels – è evidente che la grossa macchina narrativa e produttiva […]

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Echo - MiniserieDire che il Marvel Cinematic Universe stia attraversando una fase complicata sarebbe usare un eufemismo: tra i risultati altalenanti delle serie televisive su Disney+ e il pessimo riscontro di pubblico e critica alle ultime pellicole – vedi il disastro al botteghino del recente The Marvels – è evidente che la grossa macchina narrativa e produttiva guidata da Kevin Feige sia in grosse difficoltà; se a questo si aggiunge, poi, un altro enorme problema come il licenziamento di uno degli attori principali su cui i Marvel Studios avevano fatto all-in per i prossimi dieci anni, ecco che il disastro è annunciato.

Nonostante tutta questa baraonda, impensabile dopo l’enorme successo di Avengers: Endgame e la grande fiducia che c’era intorno al progetto multi-piattaforma del MCU solo qualche anno fa, la Disney non molla del tutto i suoi piani produttivi per quanto riguarda le serie televisive e rilascia Echo, una miniserie che, a conti fatti, è uno spin-off di Hawkeye visto che la protagonista era uno dei personaggi secondari della serie con Jeremy Renner e Hailee Steinfeld del 2021. La sua presenza nel nuovo universo televisivo Marvel è però anomala, per due motivi: il primo è che si tratta di una miniserie composta da soli cinque episodi usciti tutti insieme e il secondo è che è il primo progetto a uscire sotto la nuova etichetta “Marvel Spotlight” che, a detta di Brad Winderbaum – capo della sezione streaming degli studios – raccoglierà tutte quelle storie più ristrette, con un rating TV-MA, ovvero pensate per un pubblico adulto, e che non prevedono necessariamente la conoscenza pregressa delle altre opere Marvel. Questa scelta è pensata sia per mettere in luce personaggi minori del grande ventaglio di eroi Marvel dei fumetti, sia per cercare di far avvicinare più persone possibili alle serie su Disney+, anche quelli che non hanno seguito tutta la continuity o che, banalmente, non ne sono interessati.

Echo - MiniserieIn tal senso Echo funziona abbastanza bene, bilanciando il suo essere uno standalone con l’appartenenza a una storia e a un universo più ampio. Ciò è evidente fin dal primo episodio, che è quello che racconta le origini del personaggio – la sua infanzia, i suoi traumi, l’introduzione alle sue caratteristiche e al suo carattere – e si propone come collegamento diretto con il MCU. In “Chafa”, infatti, le autrici e creatrici dello show Marion Dayre (Better Call Saul) e Amy Rardin (Charmed) operano nella parte iniziale un misto tra scene originali e scene con protagonista Maya che abbiamo già visto in Hawkeye; una sorta di collage intervallato da momenti che esplorano in modo più approfondito la storia e le motivazioni che guidano il percorso della protagonista, fino a portarla al colpo di scena che già conoscevamo della vendetta contro Kingpin, reo di essere dietro la morte del padre. L’introduzione è necessaria e, sebbene possa essere vagamente ripetitiva per i fan delle serie Marvel, è importante per fare da base alla storia successiva; è forse proprio per evitare di “stancare” gli appassionati che già conoscevano la storia che le autrici hanno pensato di inserire in mezzo ai flashback uno scontro molto ben coreografato con il Daredevil di Charlie Cox, qui in un cameo che sa tanto di teaser in vista di Daredevil: Born Again, la già annunciata nuova serie sul vigilante cieco prossimamente su Disney+.

Ma il pilot di Echo è un recap solo per metà: la seconda parte dell’episodio mira a porre invece le basi di quello che vedremo davvero nei capitoli successivi, ovvero il ritorno di Maya a casa, il rapporto con la propria famiglia – quello che ne rimane – e con la propria cultura. Una parte importante della serie è, infatti, legato ad esplorare i costumi e la mitologia dei nativi americani, in particolare della Nazione Chochtaw di cui fa parte Maya, la terza più grande degli Stati Uniti d’America – conta più di duecentomila persone. Da questo punto di vista gli autori hanno fatto un bel lavoro di raccordo nell’unire l’epica delle storie di supereroi con le storie appartenenti alla cultura di una minoranza, dal rapporto con i propri antenati a quello con la natura, fino al senso di isolamento rispetto al resto del mondo che la cittadina di Tamaha trasmette agli spettatori. Certo, non siamo di fronte a uno show che porta in primo piano le criticità e le contraddizioni della vita nella riserva come può essere Reservation Dogs, anche perché non è decisamente il suo obiettivo primario, ma è comunque un tema sentito e integrato nella storia: ha un suo senso nello sviluppo del personaggio – tra poco parliamo anche dei poteri di Maya – e contribuisce a rendere Echo una serie con una propria identità e personalità.

Echo - MiniserieSe la prima puntata svolge in modo ottimo il suo compito introduttivo, fanno ancora meglio i due episodi successivi, che ci introducono alle atmosfere pulp e mostrano il carico di azione che ci aspettiamo da un prodotto Marvel. La scena dell’assalto al treno di “Lowak” è ottima e allo stesso modo gli scontri nella sala giochi di “Tuklo” sono una chicca per i nostalgici delle serie Marvel per Netflix; in generale questi due episodi ben scritti contribuiscono a delineare il personaggio di Maya come un’antieroina che si discosta nettamente dalle solite figure del MCU e l’ottima interpretazione di Alaqua Cox è una parte importante di questo processo. A muovere Maya c’è sì un senso di vendetta mai sopito – nemmeno dopo la presunta morte di Fisk – ma anche una grande ambizione e la volontà di imporsi nel sottobosco criminale prima egemonizzato da Kingpin; non ci sono veri sentimenti positivi che guidano la protagonista, non è mossa da altruismo e non è guidata da valori “alti” di giustizia come possono essere quelli che guidano i vigilantes classici delle storie Marvel, come Daredevil o Spider-man.

Arriviamo quindi ai poteri di Maya Lopez, per scelta diversi da quelli che le appartengono nelle storie a fumetti – in cui il personaggio ha “solo” l’abilità di copiare in modo fotografico lo stile di combattimento di chiunque guardi – e qui legati al suo passato e ai suoi antenati. Grazie all’ottimo utilizzo dei flashback all’inizio di ogni episodio, ci viene mostrata di volta in volta una delle antenate della protagonista e le caratteristiche/abilità che, attraverso l’ereditarietà del sangue, le portano in dono, dai poteri ancestrali di Chafa alla mira di Tuklo passando per la resistenza fisica e atletica di Lowak. Questo cambiamento rispetto alla storia canonica dei fumetti rende ancora più solido il legame tra la storia del personaggio e le sue origini Chochtaw, qui espresse attraverso il tratto distintivo di ogni eroe Marvel, ovvero i superpoteri: è interessante inoltre il tema del passaggio di testimone tra una generazione e l’altra e, per quanto non proprio originale, quest’idea funziona nel rendere ancora più unica una protagonista, molto sfaccettata e ben caratterizzata.

Echo - MiniserieCon l’arrivo del redivivo Kingpin, la cui morte era stata smentita praticamente fin da subito visti i numerosi progetti annunciati che coinvolgono anche il personaggio di Vincent D’Onofrio, purtroppo però la qualità della serie cala sensibilmente e iniziano a notarsi alcuni difetti che, con ogni probabilità, sono dovuti ai problemi produttivi che ha attraversato lo show, dai continui rimandi alle riscritture e alla riduzione del numero di episodi. Sebbene, infatti, non si possa dire che il rapporto tra Fisk e Maya non sia stato approfondito almeno in parte – tra quello che già si sapeva da Hawkeye e i flashback che si sono visti in Echo –, la sensazione che si ha alla fine del quinto episodio, dopo che si è consumato l’incontro/scontro finale tra i due, è quella di un’occasione mancata. Sembra proprio che due episodi siano troppo poco per rendere giustizia e costruire una tensione drammatica su una relazione che, soprattutto per chi non ha familiarità con Daredevil e con un background del personaggio di Fisk, è più raccontata che mostrata. Tutto accade troppo rapidamente e il finale non riesce né a concludere in modo armonico il percorso di evoluzione caratteriale di Maya, né a creare aspettativa per un eventuale ritorno di questi personaggi.

Del Kingpin che abbiamo conosciuto nelle serie Netflix manca un po’ di spessore e la breve apparizione in Echo non riesce a renderlo né minaccioso né interessante la metà di quanto lo era negli altri show in cui è apparso. Colpa di questa involuzione del personaggio è di certo da imputare a una scrittura che scivola troppo velocemente verso un finale forzato e privo di mordente, che porta il personaggio al centro dell’azione in modo molto conveniente e lo traghetta semplicemente verso una delusione – quella del rifiuto di Maya a tornare a lavorare con lui – che vorrebbe essere la molla che lo spinge alle sue future scelte, come mostrato dalla scena mid-credits.

Echo - MiniserieUltima ma non meno importante è la questione delle disabilità di Maya che nello show sono gestite in modo eccellente. L’utilizzo di una protesi e il costante uso della lingua dei segni per comunicare tra i personaggi non sono utilizzati come un mero specchietto per dimostrare quanto Marvel e Disney siano inclusive, ma anzi sono elementi che fanno parte in modo naturale della narrazione e che non hanno alcun bisogno di essere sottolineati, anche perché Echo ha molto altro da offrire al suo pubblico.

Nonostante un’evidente altalena qualitativa, dunque, Echo è una miniserie interessante sotto molti punti di vista e sopra la media rispetto alle ultime avventure televisive dei Marvel Studios – che recentemente, tra l’altro, hanno avuto la stessa tendenza a sprecare dei buoni spunti iniziali, si pensi per esempio a Ms. Marvel e Moon Knight. Peccato per una narrazione che dà il suo meglio nella prima parte e cala vistosamente nella seconda, lasciando l’amaro in bocca per quello che avrebbero potuto costruire con un personaggio come Maya; la speranza è che possiamo rivedere quanto prima Echo in nuovi progetti Marvel, magari già in Daredevil: Born Again.

Voto: 7

 

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Emmy 2023: Tutti i vincitori! https://www.seriangolo.it/2024/01/emmy-2023-tutti-i-vincitori/ https://www.seriangolo.it/2024/01/emmy-2023-tutti-i-vincitori/#respond Tue, 16 Jan 2024 04:25:50 +0000 https://www.seriangolo.it/?p=105273 Si è tenuta nella notte del 15 gennaio 2024 la 75° cerimonia di premiazione degli Emmy, valida per il 2023, arrivata in ritardo rispetto all’abituale collocazione di settembre a causa dello sciopero di Hollywood che ha visto coinvolto attori e sceneggiatori. Presentati da Anthony Anderson (Black-ish), gli Emmy 2023 hanno visto varie riconferme e alcune celebrazioni […]

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Emmy 2023: Tutti i vincitori!Si è tenuta nella notte del 15 gennaio 2024 la 75° cerimonia di premiazione degli Emmy, valida per il 2023, arrivata in ritardo rispetto all’abituale collocazione di settembre a causa dello sciopero di Hollywood che ha visto coinvolto attori e sceneggiatori. Presentati da Anthony Anderson (Black-ish), gli Emmy 2023 hanno visto varie riconferme e alcune celebrazioni doverose.

 

Ecco la lista di tutti i candidati — e ovviamente di tutti i vincitori nelle varie categorie più importanti. C’è da notare che, rispetto ai Golden Globes della settimana scorsa, gli Emmy hanno premiato le stagioni andate in onda fino al 31 maggio 2023 — ecco ad esempio perché The Bear era in competizione  per la prima stagione e non la seconda. Si riconfermano però i pronostici dei vincitori di questa annata televisiva: Succession per i drama, The Bear per le comedy e Beef per le miniserie.

Miglior Serie Drama
Andor
Better Call Saul
The Crown
House of the Dragon
The Last of Us
Succession
The White Lotus
Yellowjackets

Miglior Attore Protagonista in una Serie Drama
Jeff Bridges, The Old Man
Brian Cox, Succession
Kieran Culkin, Succession
Bob Odenkirk, Better Call Saul
Pedro Pascal, The Last of Us
Jeremy Strong, Succession

Miglior Attrice Protagonista in una Serie Drama
Sharon Horgan, Bad Sisters
Melanie Lynskey, Yellowjackets
Elisabeth Moss, The Handmaid’s Tale
Bella Ramsey, The Last of Us
Keri Russell, The Diplomat
Sarah Snook, Succession

Miglior Attore Non Protagonista in una Serie Drama
F. Murray Abraham, The White Lotus
Nicholas Braun, Succession
Michael Imperioli, The White Lotus
Theo James, The White Lotus
Matthew Macfadyen, Succession
Alan Ruck, Succession
Will Sharpe, The White Lotus
Alexander Skarsgård, Succession

Miglior Attrice Non Protagonista in una Serie Drama
Jennifer Coolidge, The White Lotus
Elizabeth Debicki, The Crown
Meghann Fahy, The White Lotus
Sabrina Impacciatore, The White Lotus
Aubrey Plaza, The White Lotus
Rhea Seehorn, Better Call Saul
J. Smith-Cameron, Succession
Simona Tabasco, The White Lotus

Miglior Attore Guest in una Serie Drama
Murray Bartlett, The Last of Us
James Cromwell, Succession
Lamar Johnson, The Last of Us
Arian Moayed, Succession
Nick Offerman, The Last of Us
Keivonn Montreal Woodard, The Last of Us

Miglior Attrice Guest in una Serie Drama
Hiam Abbass, Succession
Cherry Jones, Succession
Melanie Lynskey, The Last of Us
Storm Reid, The Last of Us
Anna Torv, The Last of Us
Harriet Walter, Succession

Miglior Serie Comedy
Abbott Elementary
Barry
The Bear
Jury Duty
The Marvelous Mrs. Maisel
Only Murders in the Building
Ted Lasso
Wednesday

Miglior Attore Protagonista in una Serie Comedy
Bill Hader, Barry
Jason Segel, Shrinking
Martin Short, Only Murders in the Building
Jason Sudeikis, Ted Lasso
Jeremy Allen White, The Bear

Miglior Attrice Protagonista in una Serie Comedy
Christina Applegate, Dead to Me
Rachel Brosnahan, The Marvelous Mrs. Maisel
Quinta Brunson, Abbott Elementary
Natasha Lyonne, Poker Face
Jenna Ortega, Wednesday

Miglior Attore Non Protagonista in una Serie Comedy
Anthony Carrigan, Barry
Phil Dunster, Ted Lasso
Brett Goldstein, Ted Lasso
James Marsden, Jury Duty
Ebon Moss-Bachrach, The Bear
Tyler James Williams, Abbott Elementary
Henry Winkler, Barry

Miglior Attrice Non Protagonista in una Serie Comedy
Alex Borstein, The Marvelous Mrs. Maisel
Ayo Edebiri, The Bear
Janelle James, Abbott Elementary
Sheryl Lee Ralph, Abbott Elementary
Juno Temple, Ted Lasso
Hannah Waddingham, Ted Lasso
Jessica Williams, Shrinking

Miglior Attore Guest in una Serie Comedy
Jon Bernthal, The Bear
Luke Kirby, The Marvelous Mrs. Maisel
Nathan Lane, Only Murders in the Building
Pedro Pascal, Saturday Night Live
Oliver Platt, The Bear
Sam Richardson, Ted Lasso

Miglior Attrice Guest in una Serie Comedy
Becky Ann Baker, Ted Lasso
Quinta Brunson, Saturday Night Live
Taraji P. Henson, Abbott Elementary
Judith Light, Poker Face
Sarah Niles, Ted Lasso
Harriet Walter, Ted Lasso

Miglior Miniserie o Serie Antologica
Beef
Dahmer – Monster: ​​The Jeffrey Dahmer Story
Daisy Jones & The Six
Fleishman Is in Trouble
Obi-Wan Kenobi

Miglior Attore Protagonista in una Miniserie o Serie Antologica o Film
Taron Egerton, Black Bird
Kumail Nanjiani, Welcome to Chippendale’s
Evan Peters, Monster: ​​The Jeffrey Dahmer Story
Daniel Radcliffe, Weird: The Al Yankovic Story
Michael Shannon, George and Tammy
Steven Yeun, Beef

Miglior Attrice Protagonista in una Miniserie o Serie Antologica o Film
Lizzy Caplan, Fleishman Is in Trouble
Jessica Chastain, George & Tammy
Dominique Fishback, Swarm
Kathryn Hahn, Tiny Beautiful Things
Riley Keough, Daisy Jones & The Six
Ali Wong, Beef

Miglior Attore Non Protagonista in una Miniserie o Serie Antologica o Film
Murray Bartlett, Welcome to Chippendales
Paul Walter Hauser, Black Bird
Richard Jenkins, Monster: ​​The Jeffrey Dahmer Story
Joseph Lee, Beef
Ray Liotta, Black Bird
Young Mazino, Beef
Jesse Plemons, Love and Death

Miglior Attrice Non Protagonista in una Miniserie o Serie Antologica o Film
Annaleigh Ashford, Welcome to Chippendale’s
Maria Bello, Beef
Claire Danes, Fleishman Is in Trouble
Juliette Lewis, Welcome to Chippendale’s
Camila Morrone, Daisy Jones and the Six
Niecy Nash-Betts, Monster: ​​The Jeffrey Dahmer Story
Merritt Wever, Tiny Beautiful Thing

 

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