Giunto al suo secondo episodio, Smash continua, nel segno della tradizione, a riproporre strutture e caratteristiche tipiche del musical classico americano. Anche in questa puntata si confermano le buone impressioni sul ritmo e la confezione della serie. A destare più di qualche dubbio sono però i personaggi principali.
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Il classico schema in salsa musical della rivalità tra una bruna e una bionda in cerca di successo era già stato riproposto qualche anno fa al cinema dal pluri-premiato Chicago, richiamato ulteriormente in Smash non solo nella tecnica di proiettare i personaggi dalla realtà al palcoscenico durante i numeri musicali, ma persino nell’evocazione della figura di Marylin Monroe (sebbene qui sia ben più esplicita rispetto al film di Rob Marshall, dove a farle un po’ sottilmente il verso era Renée Zellweger). Ciò che manca alle protagoniste di questa serie targata NBC è però un po’ di sano carisma. La presenza scenica di certo non manca né a Megan Hilty (Ivy) né a Katherine McPhee (Karen), ma a latitare è l’incisività dei loro personaggi nell’insieme del prodotto. Al di là dell’essere figure un po’ stereotipate (ma il musical in generale non ha mai particolarmente brillato per caratterizzazione dei personaggi), alle due ragazze manca finora un convincente background che le renda tridimensionali e più vicine allo spettatore, il quale finora può condividerne solo i sogni di gloria e null’altro.
Di Ivy, fatta eccezione per i suoi tanti anni di gavetta nel teatro, non sappiamo praticamente nulla, così come Karen non esce fuori dal luogo comune della ragazzetta un po’ ingenuotta e sfigatella che sogna il successo e quasi si stupisce della durezza dello show-business: di lei conosciamo in sostanza solo la felice relazione con Dev, che però anche in questo episodio prende pieghe di una prevedibilità quasi sconcertante (chi non aveva capito almeno dieci minuti prima che lei alla cena non sarebbe mai arrivata?). Da chi però ci si aspetta di più e invece delude ancora è il personaggio di Eileen, potenzialmente esplosivo (grazie anche alla felice idea di affidarlo ad Angelica Houston), ma ancora tenuto a freno con uscite un po’ infantili (si vedano le scaramucce con il marito). Si percepisce nel personaggio un’acida ironia, mista ad una tenerezza di fondo, che potrebbe fare faville, ma il tutto sembra ancora trattenuto da una simpatia superficiale che strappa giusto qualche sorriso.
Il personaggio maggiormente messo a fuoco per ora è quello di Julia, non solo per la marcia in più che gli dà una sempre convincente Debra Messing, ma anche perché, a livello di affiatamento con gli altri componenti del cast e soprattutto con gli altri due membri della sua famiglia (il marito Derek e il figlio Leo), è quello che maggiormente riesce a dare qualche emozione e a regalarci le parti narrative più sincere e meno stereotipate. Lei è la prova che se Smash decidesse di andare oltre la patina superficiale che, per adesso, non lo rende certo diverso o più originale da qualsiasi prodotto televisivo/cinematografico sui sogni artistici di una qualche attrice/ballerina/cantante, allora potrebbe diventare davvero un prodotto di egregia fattura, soprattutto perché funziona nel ritmo e nella costruzione dei numeri musicali, nel richiamo di atmosfere di un’epoca lontana e nell’interazione di gruppo tra i vari protagonisti.
Anche questa settimana, le due canzoni originali che ci vengono proposte, Let me be your star e 20th Century Fox Mambo, posseggono un ottimo ritmo e sono impeccabili dal punto di vista coreografico e registico. Sarebbe forse meglio, a tal proposito, che gli autori si concentrassero totalmente su questi pezzi nuovi e lasciassero invece perdere cover di brani non originali, che finora hanno fatto un po’ gridare allo scandalo: già nel Pilot, Beautiful di Christina Aguilera non è che fosse un granché, ma aprire questo episodio con la voce sostanzialmente piatta di Karen (seppur dotata di grande estensione), che con tantà facilità violenta Call Me di Blondie, è stata la mossa forse più suicida che potesse venire in mente agli sceneggiatori.
Bilancio quindi sufficientemente positivo anche per questo secondo appuntamento, ma ora che ci hanno lasciato abituare a luccichii e balletti vari, chiediamo che anche dal punto di vista narrativo si inizi a vedere qualcosa di più concreto e stereotipi meno abusati. Sarebbe un peccato che la serie rimanesse così nell’anonimato, perché di potenzialità ne ha eccome (forse persino più del tanto blasonato Glee), ma se non spiccherà in fretta il volo, rischia di precipitare nei territori del “carino, ma un po’ inutile” che già ha colpito forse mortalmente le hostess di Pan Am.
Voto: 6+
Se avessero scelto Karen avrei smesso di guardarlo…per ora la serie a mio parere è godibile, ma niente di più…di certo ha ancora molto potenziale inespresso 😀