“Seems like longer, doesn’t it?” dice Marie in risposta all’osservazione di Walter sul tempo che è passato da quando gli è stato diagnosticato il cancro, ma sappiamo bene che questa frase è rivolta principalmente al pubblico: siamo alla quinta stagione, ma è passato solo un anno da quel 50esimo compleanno che ha cambiato le sorti della famiglia White.
Arriviamo quindi al giro di boa, non solo di questo primo gruppo di 8 episodi, ma soprattutto della vicenda per come la conosciamo: si inizia con il 50esimo compleanno di Walt e si finisce con quel “52” che l’uomo compone da solo con il bacon. E’ inevitabile che a metà strada sia necessario tirare le somme, non solo per i protagonisti (il compleanno, come il capodanno, ha in sé il concetto di fine e di principio, motivo per cui si tende sempre a fare i conti con se stessi durante queste occasioni), ma anche per noi spettatori: tutti i personaggi sono cambiati in un anno, ma l’attenzione qui non può che concentrarsi sulle due persone che più degli altri hanno subìto tali modifiche.
Nothing stops this train
Il ritrovamento del cappello dentro la macchina, unito alla questione del “tirare le somme” intorno al proprio compleanno, porta il nostro protagonista a prendere atto di quello che noi tutti avevamo già capito da tempo: quell’Heisenberg nato come alter-ego di difesa, come tentativo di mascherarsi pur essendo riconoscibilissimo, come spinta ad apparire più duro di quanto fosse in realtà, non esiste più.
Fino a poco tempo fa, Heisenberg poteva togliersi il cappello e tornare ad essere Walt, il professore di chimica con il cancro; con qualche scheletro nell’armadio, certo, ma almeno nelle intenzioni poteva essere ancora lui, padre di famiglia e devoto marito. Ora la distinzione non esiste più: Heisenberg è dentro di lui, metabolizzato ed integrato per essere non più una controparte quasi buffa – nel tentativo di dare a Walt un tono da signorotto della droga – ma per essere davvero quella persona.
Non c’è più necessità di portare il cappello per creare la distinzione, quindi tanto vale indossarlo ovunque, che sia dal meccanico o per decidere le sorti di una donna che ha cercato di fare la furba: e nel frattempo c’è la pretesa che quella nuova persona sia da tutti compresa e accettata, non come se fosse un agente esterno, ma come qualcosa che è sempre stato lì. Walt non può accorgersene, il cambiamento per lui è stato lento e costante, ma il resto della famiglia – la famiglia che sa, dunque Skyler – non può non vedere che la sua stessa presenza crea un ambiente non adatto a crescere due figli.
Walt non capisce ciò che per Skyler è ormai scontato: la sua stessa sopravvivenza dopo il cancro è stata un mero caso, ed è stata una casualità che ha compromesso per sempre la famiglia. Il tradizionale bacon questa volta forma un numero monco, un 51 con l’ultima cifra incompleta, come a dirci che sarebbe meglio ci si fosse fermati ben prima a contare; e l’unico modo per completare quel numero è prendere il bacon dal piatto del figlio Junior, gesto metaforico che sembra sottolineare: “Sì, ok, ci sei arrivato ai 51, e tuo figlio ha “compiuto un sacrificio”, come dici tu scherzando, ma hai capito di quale sacrificio si sta davvero parlando?”
E’ solo con il dialogo – furente, estenuante, spaventoso – che avverrà tra i due nella camera da letto che capiremo fino in fondo cosa stia davvero aspettando Skyler.
“What’s the plan?” “I don’t know”
Ci sono dolori che si possono sopportare solo se interviene un altro dolore, uno abbastanza forte da farci dimenticare di rimando il primo. E’ una delle terribili verità alla base dell’autolesionismo, ma come non associare lo stesso concetto all’immagine di Skyler che stringe fortissimo il filo interdentale attorno al suo dito?
Assistiamo – grazie ad una regia impeccabile – alla trasformazione da questo passaggio (quello dei silenzi con il marito, che la vuole a letto o che parla, parla e parla senza capire quanto la situazione sia ormai insopportabile) a quello della resa, quando neanche allontanarsi e prendere letteralmente le distanze da quell’uomo servono più a qualcosa; men che meno da un uomo che, non pago di ciò che già le sta facendo passare, parla, parla e parla di quanto lei sia stata una donna d’oro a stargli vicino, di quanto la sua vita sia stata risparmiata (e solo loro sanno che il riferimento è a tutto fuorché al cancro).
È solo grazie alle scelte di Rian Johnson – tornato alla regia dopo la meravigliosa 3×10 Fly – se riusciamo ad essere nella testa di Skyler nonostante tutto; se riusciamo a sentire la sua nausea, la sua insofferenza e la sua disperazione davanti a quella piscina. Walt arriva ad occupare tre quarti dello schermo, eppure è impossibile non fissare il proprio sguardo su quella figura di spalle – vestita di bianco e azzurro, come se fosse l’unica scelta possibile quando si decide di lasciarsi andare in una piscina; poi l’inquadratura passa a lei, e non è difficile percepire le note stonate nelle parole di Walt, davvero non è complicato immedesimarsi in quella donna e sentire come un senso di pace durante le lunghe, lunghissime inquadrature all’acqua della piscina.
Lo scontro nella camera da letto – complice una Anna Gunn superba – rappresenta la summa di quelle fila da tirare dopo un anno. Walter è diventato una macchina che analizza il problema ed elabora la soluzione in meno di un secondo; Skyler non è così, non ha “la sua magia”, ma è una donna disperata, che con la voce rotta ammette di non sapere quale sia il suo piano; eppure è la stessa donna che, con il tono di chi si stupisce che la questione non sia palese, ammette candidamente di aspettare la morte del marito come un’autentica liberazione.
Forse Walt nemmeno si accorge di quanto sia grave la sua situazione, ed è proprio questo che spaventa Skyler: la familiarità con il male, la mancanza totale di senso di colpa, la considerazione che omicidi e gravi incidenti siano “danni collaterali” di scarsa importanza, tutto questo porta la moglie a voler almeno salvare i figli. Lei non può essere salvata perché coinvolta nei suoi affari, ma soprattutto perché così terrorizzata da non riuscire nemmeno ad impedire che il marito usi il suo corpo a suo piacimento; ma Walt non tornerà indietro, non ora che la sottile linea tra bene e male è diventata così arbitraria. E poco importa se la moglie vuole la sua morte: basta chiederle se le va bene che arrivino nuovi soldi, come a farla sentire parte del processo, e poi mentirle nel giro di pochi secondi, sfruttando la fiducia di Jesse e omettendo ciò che il ragazzo ancora non sa di lui, per farle capire quanto il suo perdono sarà inevitabile.
Ma la clessidra ha già fatto l’ultimo giro, l’orologio ha cominciato a tichettare: e forse è in riferimento a Mike che ha paragonato Walt ad una bomba sul punto di esplodere, forse si riferisce a Hank a capo della DEA, o forse – vista l’origine del regalo – al tempo che manca prima che la verità vada a bussare alla porta di Jesse. L’unica cosa che sappiamo è che da qui ad un anno nessuno romperà il bacon per Walt, nemmeno controvoglia; che forse il cancro sarà profeticamente tornato e che forse – forse – saranno finiti i tempi dell’ex professore di chimica. Ma prima di allora ci sono ancora 12 mesi, una Lydia con le sue scarpe spaiate che presumibilmente vedremo ancora per un po’, e qualche partita di metanfetamina blu da mettere in commercio.
Voto: 8 ½
Bellissimo pezzo!
L’orologio ha parlato, il momento sta per arrivare. Bryan Cranston ha dichiarato che il quinto episodio sarà qualcosa di mai visto, di esplosivo e l’orologio ce l’ha preannunciato. Ho il sentore che succederà qualcosa di tremendo ormai, che qualcuno possa perdere la vita.
La mia più grande curiosità è sapere come gli autori abbiano deciso di gestire il tempo: fino ad ora in quattro stagioni hanno coperto un anno, ora in una (ma anche meno ormai) dovranno coprirne un’altro. Ci sarà un’ellisse? Ci saranno tanti piccoli salti temporali? Oppure qualcos’altro? La sensazione è che anche in questo caso la narrazione sarà innovativa: in genere storie di questo tipo vedono ellissi nella prima parte e finali concitati nella seconda dilatando ogni attimo, in questo caso sembra dover essere il contrario, anche se quel Walt con un’altra identità e con le mitragliatrici nell’auto ci indica tutto tranne che un finale “tranquillo”.
grazie! in effetti la questione del tempo è un vero dilemma: mancano solo 4 puntate alla fine di questa prima parte e sembra impossibile che quel 52esimo compleanno possa avvenire nell’ottavo episodio, ma d’altra parte – sapendo di dover dividere la stagione in due anni – anticipare tutto adesso e concluderlo l’anno prossimo sarebbe una mossa azzardata.
Non lo so, per ora mi siedo sul divano e aspetto che Breaking Bad mi stupisca. Comunque Walt mi fa paura, e temo sempre di più una fine orrenda per Skyler.