Guardare una puntata di Orphan Black assomiglia sempre di più ad un continuo ed ossessivo giro sulle montagne russe. Già dalla premiere, infatti, la serie ha riconfermato che il suo maggior tratto distintivo è sicuramente la velocità, oltre alla sua (mai abbastanza osannata) camaleontica protagonista.
Altro pregio è la capacità di saper controllare il ritmo e di incastrarlo sull’intreccio: questi due aspetti sono gli ingredienti che tengono incollato lo spettatore alla puntata, nonostante l’aumento costante e progressivo di elementi che si aggiungono alla narrazione, rendendola sempre più complessa e stratificata.
Everybody’s after us.
Helena non è morta. Con lei, o meglio, per sua interposta persona, si apre lo scenario diretto su dei nuovi personaggi che vanno a completare il quadro “nemici dei cloni” e a materializzare il lato prolethians con un’altra più interessante falange. Ritroviamo quindi il misterioso Mark, lo stesso che nello scorso episodio si lasciava sfuggire Sarah nella tavola calda: seguendolo nel suo habitat naturale, scopriamo che ovviamente non è solo. Rintanati in una qualunque fattoria, dei bravi e pacati contadini ed allevatori, tali Henrik e Bonnie, si mostrano essere dei ferventi religiosi, certo, ma aperti ai poteri della scienza, alla collaborazione efficace tra le due non più così intoccabili sfere.
Nel frattempo Sarah si mette sulle tracce di Kira, aiutata da Felix e Art. Grazie ad una telefonata della bambina, riescono a trovare la pista giusta; ma una volta svoltato l’angolo, avviene il primo importante plot twist della stagione: i rapitori non sono i prolethians, ma la stessa Miss S. La cerchia di persone fidate si fa sempre più ristretta intorno ai cloni, costretti, ciascuno sul proprio fronte, a dubitare di ogni mossa: nessuno è realmente chi dice di essere, ma nasconde segreti ed identità profondamente celate; allo stesso modo, le varie facce del poliedro Sarah/Ali/Cosima/Helena/Rachel non sanno praticamente nulla circa la loro vera identità – o sarebbe meglio dire origine -, né per quale strana combinazione di fattori si siano ottenuti dei prodotti in serie così diversi, eppure così uguali. Come se si muovessero sulla superficie di un gigantesco specchio, ciascuna di loro non coglie che il riflesso di ciò che accade, proprio perché ancora troppo lontane dalle proprie fondanti radici per capire i motivi dei loro rutilanti spostamenti. Così Sarah arriva da Siobhan e riabbraccia Kira, ma lì l’enigmatica Miss S. scoprirà poi di essere vittima del suo stesso sistema: convinta di poter salvare la bambina inscenandone il rapimento, scopre a sue spese che i Birdwatchers sono profondamente cambiati e diventati anche loro integralisti religiosi – “I found God“, dice infatti Brenda a Miss S. Il mistero intorno a Siobhan viene in parte svelato con l’ammissione del suo coinvolgimento con il progetto LEDA – peccato però che la confessione non sia a Sarah, bensì alla vecchia fidata compagna Brenda prima di spararle a sangue freddo. Se Kira e sua madre sono davvero in pericolo e i prolethians sono ovunque e potenzialmente chiunque, perché lasciarle andare? Chi è davvero Siobhan?
She’s a mirror.
Nelle mani dei prolethians c’è solo Helena, raggiunta da Tomas, colui che l’ha allevata e castrata nel corso della sua esistenza. Tra quest’ultimo ed Henrik c’è il dialogo fondamentale che fa da perno all’episodio: la strana biologia di Helena, i suoi organi spostati nell’altra metà del suo corpo, contrari e speculari rispetto alla normale anatomia umana, rivelano la vera natura del suo legame con Sarah. L’innegabile connessione che le due provavano l’una verso l’altra è il frutto di un rapporto inscindibile, complementare, due corpi che si integrano tra loro. Forse queste due gemelle omozigote, sviluppatesi nello stesso grembo materno di Amelia condividendo ogni cosa e poi separate alla nascita, sono il nucleo fondamentale del prisma composto dagli altri cloni; ma per il momento sono principalmente i due tasselli viventi che materializzano l’altra grande questione: la connessione tra vera religione (che è, in fondo, l’ambiente in cui è cresciuta Helena) e solida ragione.
You know a wise man once said: “Science without religion is lame. Religion without science is blind”; nel solco in cui il fanatismo religioso incontra e mischia i propri deliri di onnipotenza con gli stessi difetti della scienza, non si può che avvertire l’annuncio di una guerra che si prevede violenta e senza esclusione di colpi, anche solo a giudicare dall’omicidio di Tomas.
I want you to tell me why she’s different than we are.
L’altro fronte scientifico, più sottotono rispetto alla scorsa settimana, è quello composto da Cosima e Delphine a colloquio dal dott. Leekie. A risollevarne le sorti è la presenza del nuovo clone, dell’ennesima strabiliante trasformazione compiuta dalla Maslany, che dà vita e corpo alla fredda e compostissima Rachel Duncan: mentre le vediamo parlare insieme nello stesso frame, si sente l’eco del tema del “rovescio” trasparire anche dai loro visi, fino a far dimenticare che ad impersonarli sia la stessa attrice.
Dissimulazioni d’identità, legittimi dubbi sul vero ruolo di chi ti è accanto, coperture e riflessi così forti da occultare la vista: Orphan Black ha alla sua stessa base l’ambiguità, la continua oscillazione tra ciò che è, potrebbe essere ed appare, tema che si concretizza fin nei più minimi dettagli.
La storyline di Alison è solo apparentemente sconnessa rispetto alle altre, ma basta guardare meglio per scoprire che è in realtà complementare: la donna vive nel dissesto familiare ciò che in altro luogo vive Sarah e che Cosima tenta di risolvere in laboratorio. Sarebbe perciò ingiusto e anche superficiale bollare questo filone come linea comica della serie: Alison è il personaggio tragicomico, a tratti pirandelliano, e non è da escludere che tra una risata e l’altra, si riveli essere il clone con più sorprese. Il suo (e di un Felix seminudo) escamotage per scoprire finalmente se sia davvero Donnie il suo monitor – che vediamo infatti parlare con il dott. Leekie – e il musical non possono che alleggerire in maniera armonica e mai stonata i toni generali della serie; ma nella telefonata finale a Felix è facilmente intuibile come la gestazione della sua storia sarà tutta da scoprire.
Orphan Black continua a condurre il suo gioco al meglio, imponendosi sulla scena televisiva come una delle serie più innovative del panorama attuale e confermando, episodio dopo episodio, la solidità della scrittura e della recitazione – da far quasi invidia anche alle serie più blasonate.
Voto: 8
Innamorato di questa serie!!!
Dopo aver divorato la prima serie in 2 giorni attendo con ansia la puntata della settimana.
Tatiana Maslany è fenomenale ragazzi fenomenale!!! Emmy e golden globe a vita per questa splendida attrice.
Il ritmo della serie è sempre più serrato, la coernza narrativa non viene mai smarrita, Felix ed Alison garantiscono leggerezza cosa volere di più?