
È questa una delle caratteristiche che più colpiscono all’interno di questa nuova e inaspettata annata: le conseguenze di quattro anni di esilio sono difficili da mettere in scena, eppure c’è nel costante moto al sacrificio la volontà precisa di mostrare come Jack non abbia più davvero interesse a vivere, a fidarsi di qualcuno o ad avere anche solo un progetto. È rimasto di lui solo una macchina da guerra, disposta ad immolarsi in qualunque istante – come ci viene ricordato per ben due volte in questi episodi – pur di raggiungere lo scopo prefissato: arrivare a Margot Al-Harazi e sventare gli attacchi organizzati contro Londra e il Presidente.
Mr. President, I hope you consider my request.
While you still have time.
È interessante analizzare proprio queste due puntate insieme perché costituiscono senza dubbio la chiave di volta della stagione: segnano infatti il momento preciso in cui il mondo governativo e quello investigativo passano dal considerare Jack una minaccia al capire che ciò che sta dicendo è vero. Si tratta comunque di un passaggio non semplicissimo, complicato dal silenzio imposto da Mark attorno alla vicenda e soprattutto segnato dall’incapacità di Heller di credere subito a Jack. “Maybe a clear call for you, Mark. Not so for Audrey and I. We know Jack Bauer” non è infatti per lui una dichiarazione sufficiente per rischiare: del resto sono pur sempre passati quattro anni dall’ultima volta che si è sentito parlare di un uomo che ha quasi ucciso il Presidente Russo, e non tutti hanno la stessa fede in Jack che ha invece Audrey.

Anche nel caso dell’incontro tra i due, tuttavia, Jack non fa altro se non allontanare da sé la donna sottolineando quanto tutto ciò che si dice su di lui sia vero: non è certo una spinta alla verità quella che guida l’uomo, bensì la necessità di non creare nemmeno le condizioni perché un sentimento possa di nuovo nascere tra loro due. “Are you happy? Is he good to you?” sono pochi brevi istanti prima di ricordarsi che lui, in quanto Jack Bauer, è condannato a stare da solo: se questa posizione sarà destinata a cambiare, ci vorrà comunque un evento abbastanza forte da scuotere la sua vita e farlo ritornare sulla strada dell’umanità.
Son, right now the point is that I believe you. From everything that I can see, no one else does.
24 è sempre stata la serie in cui credere o meno alla persona giusta – e al momento giusto – poteva fare la differenza tra vivere e morire, ma mai come in questa stagione tale elemento si è fatto vivo e presente in qualunque storia e soprattutto in qualunque dialogo.
Tanner accetta di aiutare Jack perché è davvero l’unico a credergli in quel momento, così come poi quest’ultimo – aiutato da una Chloe tornata in versione grillo parlante – deciderà di affidarsi a Kate, che a sua volta si ritrova con una serie di prove da portare a Navarro e ai suoi capi. Tutti devono dimostrare di meritarsi la fiducia dell’altro, in un gioco perverso che vede proprio nel tentennamento del Presidente Heller quello scricchiolio inaspettato che rischia di far morire parecchie persone.

Ad ogni modo, pur nella prevedibilità che fino ad ora sta caratterizzando la sua costruzione, Kate Morgan rappresenta una discreta spalla per Jack all’interno della sede londinese, anche se purtroppo l’altra parte della coppia investigativa, Erik Ritter, ha una consistenza praticamente inesistente.
Whatever’s necessary, my love.

È proprio nel dialogo tra Heller, Audrey e Mark che si insinuano tutti i problemi di una morale dubbia quando si tratta di difesa di un paese: il Presidente ha dichiarato (come gli ricorda Mark) di essere perfettamente a conoscenza degli “effetti collaterali” causati dai droni, ma al contempo lamenta di non essere stato informato a sufficienza dell’attacco in cui ha perso la vita il marito di Margot insieme ad altre 23 persone. Dove sta la differenza? Parlare in generale, fare una dichiarazione sull’utilizzo di bombardamenti per stanare pericolosi terroristi è una cosa; vedere le immagini di bambini morti nel tentativo di raggiungere quell’obiettivo è tutt’altro, ed Heller lo sta capendo a caro prezzo.

Rimane fuori da questo quadro la gestione piuttosto maldestra di Naveed: ritenuto fondamentale al punto di far torturare Simone, alla scoperta del tradimento viene ucciso quasi subito perché Ian avrebbe imparato in pochissimo tempo quello che fino a qualche minuto prima sembrava fattibile solo per lui. Un’attenzione maggiore per un personaggio come questo è stato ciò che è mancato di più all’interno della storyline degli Al-Harazi, che si spera venga portata avanti ora con più coerenza e meno “scelte dell’ultimo momento”.
Ora che il primo drone è stato utilizzato – e non sappiamo ancora le condizioni di Navarro – di sicuro il Presidente Heller acconsentirà al reintegro temporaneo di Jack, unica speranza di rintracciare Margot e la sua famiglia. Questo potrebbe comportare (a breve o sul finale) grossi problemi per i rapporti diplomatici tra USA e Russia, e quindi una situazione internazionale sicuramente più approfondita. Al momento, comunque, queste due puntate funzionano da punto di svolta dell’intera stagione e, pur con qualche difetto, ci portano esattamente nel punto in cui come da tradizione 24 preme il piede sull’acceleratore. Da qui in poi ci sarà solo una grande corsa contro il tempo.
Voto 9×04: 7+
Voto 9×05: 7 ½

Rinnovata, temi nuovi, personaggi nuovi ma grazie a Dio questa stagione è semplicemente 24!!
Credo che abbiano fatto proprio bene a spostare la storia all’estero, ha dato alla stagione l’elemento innovativo che mancava e che fa di questo ritorno qualcosa di nuovo – benché appunto ogni tanto si ricada nei soliti errori.
Però è sempre bella da vedere, fa venir voglia di ricominciarla da capo!