Cosa rende un eroe tale?
Gatiss prova a rispondere a questa domanda mettendo a confronto due eroi leggendari della cultura britannica: Robin Hood e il Doctor Who.
Robot of Sherwood è il classico episodio stand-alone in cui storia e fantascienza si fondono per dare vita a un’avventura il cui tono per lo più scanzonato e divertito va a bilanciare alla perfezione quello più cupo che ha invece caratterizzato le precedenti puntate. Al di là degli aspetti più propriamente fantascientifici, il vero cuore dell’episodio è costituito dalle interazioni tra il Dottore e il Principe dei Ladri, le quali, oltre a regalarci un’enorme quantità di spassosissime battute, forniscono spessore tematico al racconto.
L’antipatia e lo scetticismo di Twelve nei confronti di Robin Hood permettono innanzitutto a Capaldi di mostrarci un lato diverso del suo Dottore: se è innegabile che il sarcasmo gli si addica più della comicità fisica tipica di Eleven, le gag risultano comunque nel complesso riuscite e contribuiscono ad alleggerire l’aura estremamente dark che lo ha avvolto finora. Questa antipatia ha però radici profonde. Twelve e Robin Hood si odiano per buona parte dell’episodio perchè non riconoscono nell’altro quello che non riescono a vedere in se stessi, ovvero il loro essere eroi: per il primo Hood non è altro che un impostore, mentre per il secondo il Dottore è solamente un vecchio, e questo disconoscimento li porta paradossalmente a confermare con le loro azioni l’errata convinzione.
Tocca quindi nuovamente a Clara – il cui personaggio ha subito un netto miglioramento a livello di scrittura in questa nuova stagione – prendere in mano la situazione: la ragazza, infatti, seguendo l’esempio dei suoi due eroi, agisce in maniera coraggiosa e astuta riuscendo a estorcere informazioni allo Sceriffo. Pur non avendo un effettivo peso sullo sviluppo della vicenda, la sequenza mette bene in evidenza il concetto poco dopo espresso da Robin Hood nel bel dialogo finale: è infatti grazie a Clara che il Dottore e Robin possono finalmente riconoscere all’altro – pur continuando a negarlo a se stessi – lo statuto di eroe, comprendendo come il potere ispiratore che scaturisce da questa idea sia ben più importante della persona che vi si nasconde dietro. “If we both keep pretending to be [heroes] perhaps others will be heroes in our names, perhaps we will both be stories, and may those stories never end”. Gatiss in questo modo va a declinare ulteriormente la tematica del good man già espressa in Into the Dalek, donando maggiore spessore emotivo all’episodio.
La puntata non è però priva di difetti, che riguardano principalmente la storyline dei robot. Questa infatti ripropone uno schema alquanto logoro, ma soprattutto ricorda troppo da vicino quella vista nella premiere, mancando però dell’impatto emotivo derivato dal rimando alla situazione dell’appena rigenerato Dottore: anche in questo caso infatti abbiamo dei robot intrappolati sulla Terra in un’epoca passata, che cercano di raggiungere la misteriosa Promised Land sfruttando gli umani per sistemare la loro navicella spaziale. La ripetitività di certi schemi narrativi in una serie così longeva è comprensibile e non è necessariamente un difetto nel momento in cui questa ossatura si va ad arricchire di volta in volta di significati e dettagli nuovi e diversi. In questo caso però il racconto si svolge in maniera abbastanza piatta e manca una vera svolta in grado di colpire nel segno (se escludiamo il fatto che Robin Hood e i suoi Merry Men NON sono dei robot venuti dallo spazio). La risoluzione del racconto pecca invece di eccessiva spettacolarità: per quanto risulti gradevole vedere il Dottore e Robin riuscire finalmente a collaborare, la sequenza del lancio della freccia dorata sfiora i limiti del ridicolo, risultando poco credibile persino per gli standard della serie.
L’ultima nota stonata riguarda invece la caratterizzazione del Dottore.
Il profondo scetticismo con cui Twelve si rapporta all’esistenza di Robin Hood, per quanto funzionale allo sviluppo del racconto, lascia infatti abbastanza perplessi: il Dottore viaggia nel tempo e nello spazio da ormai 2000 anni e il fatto che non contempli nemmeno la possibilità dell’esistenza del personaggio è quantomeno strano, difatti anche Clara sembra notarlo.
Robot of Sherwood è nel complesso un buon filler; riesce a intrattenere e a mostrarci il lato più comico di Twelve senza rinunciare del tutto a un’analisi più introspettiva. Pur non raggiungendo le vette di altri episodi in cui abbiamo visto il Dottore confrontarsi con dei personaggi storici (uno tra tutti: Vincent and The Doctor), la puntata conferma il trend positivo di questa ottava stagione.
Voto: 7-
Un episodio che fa quel che deve fare e non lo dico in tono dispregiativo, sono pochi gli episodi che ci riescono. Doctor Who è anche (e forse soprattutto) una serie per famiglie, per chi al sabato sera si ritrova a guardare il proprio appuntamento settimanale. Per una famiglia media inglese trovare la propria rituale avventura spaziale che incontra Robin Hood è di per sé una cosa entusiasmante. Fare di quest’avventura un episodio, leggero, divertente e ben confezionato è la scelta migliore. Gatiss è un grandissimo scrittore oltre che un eccellente comico e non manca di dimostrarlo, dal duello col cucchiaio alle battute di dialogo di Clara.
Ricordiamoci gli episodi interlocutori delle altre stagioni e ora notiamo quanta qualità emerge da un segmento come questo che va a comporre per ora un trittico davvero ben assortito. Chi ha visto la preview del prossimo sa che le sorprese positive possono non essere terminate.
Episodio gradevole e dignitoso, ma secondo me poco divertente e/o brillante. Il Dottore e Robin Hood che litigano come due bambini non mi ha preso nemmeno per mezzo secondo, giusto per fare un esempio a caso. Poi vorrei sollevare una piccola questione “Clara”: sì, è intelligente, lo abbiamo capito, ma continuo a vederla troppo uguale a tutti gli altri pg femminili moffattiani. Non riesco ad affezionarmici, a vederla come “umana”. Anzi, alle volte mi irrita. La sua evoluzione è evidente, ma secondo me non ancora sufficiente.
Puntata sottotono, classico filler che si riprende alla fine con una stupenda considerazione su eroi, uomini e leggende.
La trovata della freccia d’oro è stata una scelta molto discutibile anche er doctor who…speriamo si riprenda col dottore dark, sicuramente più interessante e piacevole
Puntata che ho trovato deliziosa: leggera, fanciulesca e senza tante pretesa con un pizzico di humor nero e riflessione finale, e a me personale ha parecchio divertito. La scena con del duello con il cucchiaio è già entrata nella mia (lunghissima) lista delle scene preferite della serie. Per scrivere una scena così ci vuole uno sceneggiatore spensierato e sognatore come Gatiss – con cui, in verità, nel Doctor Who ho un rapporto non sempre positivo, ma sta volta mi è davvero piaciuto.
Capaldi lo amo sempre di più puntata dopo puntata. Twelve sempre più grumpy come i primi Dottori, in particolar modo qui ricorda il terzo per le sue capacità nel lottare. Brontola e non si fa mezza risata, e questo fa risultarle le sue scene ancora più divertenti. Sinceramente non condivido il discorso del suo scetticismo eccessivo contro Robin Hood, ci sta che qualcosa non gli torni. Gli ho anche creduto quando ha ipotizzato che in realtà fosse un robot, rimanendo come un fesso anche io alla fine.
Il discorso fra i due sull’essere eroe finale chiude perfettamente un episodio che pure non esente da difetti (la scena della freccia e dell’astronave è forse troppo esagerata anche per una puntata del genere) fa il suo dovere perfettamente, alleggerendo il ritmo rispetto ai due episodi, prima che la tensione salga nel prossimo episodio di Moffat (per cui ho un hype altissimo).
Il mio voto non dissente molto da quello di Simona: 7