Dopo un deludente episodio pilota, che ci ha lasciati dubbiosi sia per le grandi aspettative che la serie era riuscita a conquistare e che ha disatteso, sia per la qualità estetica e narrativa non all’altezza di un tema già trattato dai migliori, tocca al secondo episodio farci cambiare opinione su quella che doveva essere la serie fenomeno dell’autunno.
Dopo la visione di Selina Kyle ci accorgiamo che il compito sarà più duro del previsto e che una svolta (a questo punto anche in negativo, purché ci sia) non è fissata all’ordine del giorno. Quello che colpisce di più è l’indifferenza provata rispetto alle vicende narrate in questo appuntamento, che non vanno oltre il formato procedurale spiccio tipico di decine e decine di altre serie televisive. Non a caso la serie è creata e scritta da Bruno Heller, showrunner anche di The Mentalist. In questo caso c’è solo il fatto scatenante: il rapimento diventa protagonista in quanto tale, senza soffermarsi un secondo né sulle vittime teen che non hanno una casa, né sui colpevoli rapitori che li prelevano dalle strade, né sui poliziotti che devono fare il compitino e trovano i ragazzi quasi per caso.
Gotham doveva essere altro, così ci hanno venduto il prodotto per mesi: doveva raccontare le origini del Cavaliere Oscuro e della sua città, non doveva essere un banale drama poliziesco e per giunta sciapo. Dopo aver fatto una carrellata lunga e frettolosa dei personaggi coinvolti nel progetto, il tiro si è spostato da tutt’altra parte, parlando di rapimenti senza un movente ed un mandante (un mandante in realtà c’è, ma è solo menzionato). La puntata, pur essendo meno piena di nulla rispetto alla precedente, lascia lo spettatore tiepido: né i dialoghi, né le poche immagini dei ragazzi ci fanno provare empatia verso di loro (ovviamente nessuno si augura la loro morte, ma ci sono indifferenti) e neanche i rapitori riescono a farci stare dalla loro parte, come invece prova a fare Pinguino. Tutto questo segmento, che costituisce il 90 percento della seconda puntata, ci fa sbadigliare più di una volta e al momento appare solo come un riempitivo. Neanche particolari colpi di scena o effetti speciali fanno rientrare questi momenti nel campo del semplice entertainment, che comunque avrebbe dato più dignità al tutto.
Il poco coinvolgimento nei confronti di Gotham è dovuto ad una superficialità narrativa che poco si preoccupa di approfondire il materiale a disposizione, contando su un bagaglio di informazioni pregresse che il pubblico dovrebbe avere. La tattica non sarebbe neanche stupida, in fondo stiamo parlando di una storia ormai vecchia, che, salvo venga stravolta dentro e fuori, rivoltando personaggi e dinamiche, molti conoscono già. Sotto quest’ottica si può spiegare il pilot, così didascalicamente ridondante e pieno di piccole citazioni, spesso iconiche, per associare subito la persona al personaggio (Ivy con la piantina, Selina che dà il latte al gatto) senza perdere troppo tempo. Non tutto il pubblico però è a conoscenza di questo universo e, grazie alle numerose licenze poetiche che gli autori si sono presi nel raccontare le vite dei vari protagonisti, un approfondimento era d’obbligo, se non nell’episodio uno, almeno nel secondo.
Gotham, oltre ad essere piuttosto superficiale sia nel racconto dei personaggi che delle loro dinamiche, soffre anche di un’ibridazione diegetica che non fa bene né alla narrazione, né alla personificazione della città stessa. Sembra quasi che la serie sia sospesa nel tempo, immobile tra le atmosfere anni ’90 dei film di Batman e gli hero-show moderni della CW; vuole strizzare l’occhio sia al noir fumoso del fumetto, che all’HD moderno. Così facendo, la città non appare più ricca e sfaccettata, ma solo incompleta, passando dal glorioso passato di coprotagonista a set non meglio identificato ed a malapena riconoscibile.
L’unico passo in avanti che Heller tenta di fare è nei confronti di Bruce, che conquista un tempo irrisorio rispetto alle potenzialità del personaggio: si torna sul tema della paura e quanto questa sia positiva per l’uomo. Il ragazzo sfida il fuoco bruciandosi la mano, ma lì finisce l’approfondimento; anche nel finale, durante il dialogo con il detective Gordon, non si riesce ad andare più in là rispetto alla solita morale sui soldi che non comprano la felicità. Le scene più interessanti sono quelle che vedono Pinguino protagonista, anche se la sua violenza appare spropositata e fine a se stessa: uccidere a sangue freddo per un soprannome poco gradito è quantomeno eccessivo e, non conoscendo il passato del personaggio, non abbiamo gli strumenti per comprenderlo o giustificarlo.
L’ultima nota è per Jada Pinkett Smith, simbolo della potenzialità mal sfruttata di Gotham. Se solo il suo coinvolgimento e e la sua immedesimazione fossero unite ad una sceneggiatura sufficiente, lo show potrebbe viaggiare su altri binari, molto più nobili, dando continuità ad un modo di trattare questo argomento che da decenni riscuote molto successo. Lo stesso discorso vale per Robin Lord Taylor: se solo dicesse in modo avvincente anche cose interessanti si potrebbe parlare di scommessa vinta.
Selina Kyle non cambia la considerazione e l’idea che ci eravamo fatti con il pilot di Gotham: sicuramente spazientisce, perché, se nella migliore delle ipotesi dovesse in seguito migliorare, vorrebbe dire aver perso tempo con queste puntate.
Voto: 6 ½
Sono assolutamente d’accordo con la recensione. Giustamente c’era da aspettarsi molto di più da questi primi due episodi. Purtoppo non è la prima serie (tra quelle in onda sui network principali) a partire con il freno tirato. Spero solo che possa cambiare in un spero breve futuro, e non diventare interessante nella seconda parte di stagione come, ad esempio, Agents of SHIELD.
Secondo me un piccolo miglioramento rispetto al pilot c’è stato: il caso unico, sebbene trattato in maniera banale e superficiale, ha donato compattezza all’episodio permettendoci di concentrarci su pochi personaggi, l’attrice che interpreta Selina Kyle mi ha convinto dal punto di vista recitativo (con i giovani attori nelle serie è sempre hit or miss e, purtroppo, spesso è più miss che hit) e stavolta i battibecchi iniziali fra Gordon e il partner mi hanno quantomeno strappato un sorriso (anche qui, non per l’originalità, ma per certe facce da overacting).
La maggiore nota dolente, tuttavia, è la recitazione di Ben McKenzie, che risulta totalmente innaturale nelle scene drammatiche (mi dà proprio l’impressione di sforzarsi per assumere e mantenere un’espressione accigliata); di certo la monodimensionalità del personaggio e i dialoghi scialbi che gli propinano gli sceneggiatori non aiutano la causa, ma non ci mette proprio nulla di suo per mostrare un po’ di carisma, per reggere la scena unicamente con la sua presenza fisica e, come sottolinea la recensione, per farci provare un po’ di empatia e simpatia nei suoi confronti. Non vorrei lanciarmi in paragoni eccessivamente ingenerosi, ma se penso a uno come Mads Mikkelsen e a come risulta magnetico pure quando il suo personaggio tace e osserva ciò che gli sta intorno e lo confronto con il Gordon di McKenzie (che, a memoria, ho visto solo in The O.C. prima d’ora e di cui non ricordo quasi nulla), ho l’impressione di vedere nel primo caso un professionista e nel secondo uno che non va oltre la recita scolastica e che ha avuto la parte di protagonista solo perché è bello e prestante.
Infine, immenso disappunto per il casting di Alfred: l’accento del tipo è troppo lower-class (senza offesa per chi lo parla) e la sua personalità è totalmente diversa da quella a cui siamo abituati. Cambiare è bene, ma certe cose non dovrebbero cambiare mai: Alfred Pennyworth è una di quelle.
Continuerò a seguire la serie per l’appeal che l’universo di Batman intrinsecamente possiede e perché mi rendo conto che è ancora troppo presto per tirare le somme (solitamente alle serie nuove concedo di raggiungere il giro di boa prima di decidere se lasciare o andare avanti), ma, come ho scritto la settimana scorsa, devono iniziare a fare sul serio se non vogliono finire sulla lista delle serie dal potenziale “over nine thousaaaand!” e dall’esecuzione tristemente insufficiente.
Invece Alfred lo trovo il personaggio migliore! Non è vero che certe cose non dovrebbero cambiare. Anche perchè l’Alfred di Terra-Uno è completamente diverso da quello che conosciamo e pure migliore! Per il resto tutto d’accordo!
Concordo con la recensione. Aspetto come tanti amanti dell’universo di Batman che la serie inizi a decollare o quantomeno si liberi da certe pesantezze e semplificazioni di scrittura. Sperando che prima o poi lo faccia.
Secondo me è leggermente migliorata rispetto al Pilot, ma come dici bene, Davide, ci sono ancora troppi e fastidiosi punti interrogativi.
Su tutte la recitazione, che trovo davvero troppo spinta al parossismo in certi e casi e totalmente insufficiente in altri.
Dò ancora qualche settimana di tempo a Gotham, sperando si svegli.