Un’altra puntata carica d’adrenalina per questa nuova stagione di The Walking Dead, che procede con una modalità espositiva capace di rispondere allo scopo precipuo dello show: l’intrattenimento. Dopo una première ancora sottotono, gli ultimi episodi di questa nuova annata sono riusciti a riportare il racconto verso una linea narrativa convincente, soprattutto rispetto agli standard della serie.
Gli eventi conclusivi dello scorso season finale ci avevano lasciati con la sensazione che la permanenza ad Alexandria potesse evolversi ricalcando gli eventi di Woodbury, anche se la consistenza di Deanna come leader ha mostrato, sin da subito, una concretezza maggiore rispetto a quella posseduta dal Governatore. Nonostante lo scontro interno tra fazioni opposte permanga come sostrato dell’azione, l’idea di incentrare l’esordio stagionale su una minaccia situata fuori dalle mura della città sposta il racconto lungo una direttrice narrativa capace di trattare la polarità fra i due gruppi in una forma meno introspettiva e più ricca azione. Alla cava piena di zombie intrappolati dai tir si unisce un’insidia inattesa: i wolves, uomini ancora in vita che mostrano uno stato di violenza e disumanizzazione ancora più inquietante dei non-morti. Questa stratificazione tematica si proietta nel racconto attraverso una stratificazione temporale che ne accresce la portata narrativa, riuscendo a sfruttare le derive adrenaliniche del convulso precipitarsi degli eventi.
“Thank you” riprende la narrazione della première, mostrandoci quello che succede al gruppo fuori Alexandria mentre la città viene attaccata dai wolves. Già nel corso dell’episodio precedente la narrazione aveva subito un’accelerazione che in questa puntata si intensifica ulteriormente, riportando lo show lungo parametri strutturali che non si vedevano da un bel po’. Nel corso delle ultime stagioni, The Walking Dead aveva quasi perso quella carica di suspense emanata dalla costante precarietà del percorso dell’uomo in un mondo apocalittico, postulato tematico su cui ruota l’intero nucleo centrale della serie. Questo episodio, come il precedente, ha il pregio di riportare questa sensazione al centro della narrazione. Certo, parliamo sempre di The Walking Dead, e il risultato non è completamente esente da un senso perenne di dejà vu, così come non mancano dialoghi affettati e pause diegetiche inutili, ma ciò non toglie che gli eventi siano narrati con una sequenzialità ritmica capace di far riemergere quella percezione di ansia mista ad angoscia che ha caratterizzato l’esordio dello show.
All’interno di questa strutturazione pesano meno anche quelle costanti ripetizioni a cui lo show non evita certo di cedere; come ad esempio, l’esplorazione della dialettica che vede contrapporsi il gruppo di Rick – abituato a contrastare pericoli inattesi – e il gruppo dei residenti di Alexandria, incapaci di rendersi conto della reale portata delle minacce fuori dalle mura. La forza e l’ostinazione dei primi si scontra con la stanchezza, la disperazione e il senso di sfiducia dei secondi, in preda al panico per la situazione precaria in cui si trovano e per il timore di ciò che possa essere accaduto a “casa”. Per quanto questa sia una situazione interazionale già ampiamente approfondita dallo show, la concretezza del pericolo in cui versano tutti – Alexandria compresa – e la brevità dello spazio concesso all’approfondimento del conflitto, fanno sì che la ripresa del tema risulti ampiamente in linea con la narrazione degli eventi, che per la prima volta dopo tanto tempo si manifestano con un’implacabilità capace di minare anche la fiducia dei più forti.
We keep going forward for them. Can’t turn back cause we’re afraid.
Staccatosi dal gruppo, con l’intento di fermare l’orda che si dirige ad Alexandria in un altro modo, Rick passa l’intero episodio da solo, districandosi nell’imminenza della catastrofe con una freddezza che fa da contrappunto all’umanità mostrata dall’altro segmento narrativo con protagonisti Glenn e Michonne. Non si scompone di fronte ai compagni uccisi, anzi prende armi e viveri dai cadaveri con una glaciale scioltezza che lascia interdetti gli altri componenti del gruppo. Inoltre, incita Michonne e Glenn ad avere come priorità il ritorno a casa prima dell’arrivo dell’orda, anche a costo di lasciare qualcuno indietro. Nonostante le insidie e la costante paura che l’orda possa distruggere quell’angolo di paradiso ritrovato, Rick non molla neanche per un secondo il suo ruolo di leader: il discorso alla radio, per quanto affettato e ripetitivo, rappresenta l’essenza di un uomo che non si sente libero di lasciarsi andare alla disperazione, che cerca la forza di reagire anche quando si trova da solo e in preda al panico con il camper che non parte, l’orda all’orizzonte e la certezza che ad Alexandria sia già successo qualcosa. Per Rick l’utopia della città ecosostenibile è un bisogno da difendere, da proteggere a ogni costo per il bene del suo gruppo e in particolare per il bene dei suoi figli: Alexandria non è un rifugio come gli altri, è l’unico posto dove gli è sembrato possibile che Carl e Judith possano crescere in una parvenza di normalità.
Have you ever been covered in so much blood that you didn’t know if it was yours or walkers’ or your friends’?
Al freddo distacco di Rick si contrappone la diplomatica umanità di Michonne che in questo episodio diviene baluardo di ogni critica o lamentela da parte del resto del gruppo, impaurito fino al midollo per la situazione che si apprestano ad affrontare. Il suo dialogo con Heath nel negozio di animali è l’emblema della sua linea di leadership: dura, ma al contempo morbida, permeabile, e con il solo obiettivo di non dover seguire fino in fondo quel consiglio che Rick le ha dato prima di andarsene. Tuttavia, più l’imperativo è forte nel suo cervello, ancor più gli eventi le si scagliano addosso con una inevitabilità che la spiazza e destabilizza. Nonostante ciò, niente emerge all’esterno, anche quando, rimasti in tre, la mancanza del fumo la fa temere per Glenn: non c’è spazio per dubbi, angosce o disperazione, bisogna andare avanti, occorre ritornare a casa. Era da tempo che il personaggio non ricevesse un ruolo centrale nell’azione per mostrare e approfondire quella stratificazione che la anima già da un bel po’, ovvero quel bisogno di mediare la forza con l’umanità, la protezione con l’attenzione ai sentimenti del prossimo, la salvezza con l’affetto.
You’re not that guy anymore.
A patire più degli altri la precarietà della situazione è sicuramente Nicholas, perso nel tacito obbligo di sfruttare l’occasione per riscattarsi dagli errori commessi in passato. Tuttavia, ritrovarsi in quello stesso luogo in cui ha vissuto uno dei suoi momenti peggiori accresce la destabilizzante sensazione di inutilità che lo tormenta da qualche tempo. Nonostante Glenn cerchi di infondergli fiducia e coraggio, rimarcando anche quanto sia diverso rispetto a prima, la follia prende il sopravvento e, gridando quel «thank you» che titola l’episodio, si lascia andare alla morte. Il corpo di Glenn scivola con lui, ma le immagini ci mostrano la dinamica dell’azione in un modo volutamente confuso che lascia ancora molti dubbi sull’effettivo esito dell’accaduto.
La morte, presunta o reale, di Glenn ha comunque il merito di riportare il racconto lungo un’altra direttrice narrativa da molto tempo non ampiamente sfruttata: il mondo di The Walking Dead è – o almeno dovrebbe essere – un posto in cui nessuno è veramente al sicuro, in cui ci si può salvare da un’orda di walkers e perire per una semplice distrazione. A ogni modo, nel caso sia successo davvero, una morte di questo tipo non è certo il modo migliore per dare l’addio a un personaggio cardine dello show, quale Glenn è stato sin dagli esordi. Infatti, proprio questa mancanza di approfondimento, unita a un’evoluzione estremamente repentina, potrebbe lasciar supporre che, qualsiasi cosa accada, la faccenda non sia ancora definitivamente chiusa.
“Thank You” è un episodio violento, per certi versi triste e per altri ricco di suspense e adrenalina. Gli stilemi negativi della serie, che ormai potremmo definire “tipici” – ripetitività strutturale, assetto dialogico scarno ma allo stesso tempo ridondante –, ci sono ancora, ma la puntata può considerarsi riuscita per una ritrovata coerenza stilistica verso quei punti focali alla base del concept di uno show che non ha mai avuto la pretesa di indagare l’animo umano quanto di mostrarci – con la giusta dose di spettacolo che si confà al genere – le estreme conseguenze di un graduale processo di disumanizzazione.
Voto: 7½
– Cliccate QUI per i punteggi del The Walking Game relativi all’episodio.
Glenn morto? Non ci credo neanche un po’ e dalla faccia che fa mentre i walkers si litigano le (sue?) budella, nemmeno lui.
L’intera operazione “exodus” mi sembra assai confusa, non nelle intenzioni, ma nella resa finale. Nutro qualche dubbio sulla necessità di mostrare i due diversi fatti che accadono contemporaneamente in ben tre episodi, spostando il punto di vista a zig-zag, da Rick e i suoi ad Alexandria e poi di nuovo su Rick (faccio il pignoletto, ma il clacson del camion suona davvero molto più a lungo di quanto sentito nello scorso episodio).
Non mi è tanto chiaro nemmeno l’atteggiamento di Daryl: disaccordo con Rick? Indole “mi faccio i cavoli miei, sono pur sempre un ribelle” che ogni tanto riaffiora?
Sostanzialmente d’accordo con la recensione – questi ultimi episodi sono oggettivamente migliori e funzionano di più della media a cui ci aveva abituati TWD nelle passate stagioni – ma anche con Boba Fett quando fa notare che, di fatto, stanno allungando il brodo narrativo.
Tre episodi, di cui uno più lungo degli altri, per dettagliare gli avvenimenti di un lasso di tempo così breve cominciano ad essere troppi e, se il ritmo e l’azione questa volta sostengono una simile scelta, torna ad affacciarsi la sensazione che TWD non abbia granché da dire e cerchi di dirlo nel maggior tempo possibile.
Comunque, almeno dal punto di vista del pacing, dell’azione (e del gore), la direzione per ora sembra quella giusta, speriamo che vadano avanti così.
Schroedinger’s Glenn: è sia vivo che morto. Oppure a mezza via, cioè zombie!
(non mi dispiacerebbe che fosse zombie e tornasse ad Alexandria per uccidere qualcuno!)
Perfettamente d’accordo con la recensione, TWD funziona molto meglio in questi episodi più adrenalinici. Questo in particolare mi ha ricordato per certi versi le atmosfere della prima stagione (che io ho adorato). More action, please.
non essendo un lettore dei fumetti……
Avrà mai una fine TWD ???