Uno dei maggiori pregi di The Knick, da un punto di vista stilistico ma anche narrativo, è la sua capacità di rappresentare la modernità attraverso un racconto che si svolge all’inizio del secolo scorso. I conflitti del mondo contemporaneo si riflettono in nuce nel mondo moderno e le deflagrazioni di tutti i personaggi ne sono specchio fedele e terribilmente realistico.
In questo “Not Well at All” i nodi vengono al pettine per la maggior parte dei personaggi, con l’esclusione di Algernon e Bertie, cui era dedicata una maggiore attenzione nello scorso episodio. E, siccome siamo abituati al fatto che al Knickerbocker la tragedia è costantemente dietro l’angolo, le conseguenze dei nodi che si sciolgono implicano follia, morte e solitudine.
Blood flow is important, but so is a snug fit.
Harriet e Cleary, dunque, l’immagine di due solitudini molto contemporanee, frutto della combinazione dell’età, della povertà, della perdita di direzione. La costruzione del loro rapporto, che in parte è comic relief, in parte vera tragedia, è stato uno dei capolavori di scrittura di The Knick, un’evoluzione coerente e delicata che ha portato queste due figure isolate, fallite ognuna nel proprio modo intenso e personale, a darsi reciproco appoggio e a creare un sodalizio e un surrogato di famiglia. Cosa che ovviamente non può funzionare, perché nel mondo in pezzi di Harriet al momento non c’è posto per la felicità o anche soltanto per un sollievo momentaneo.
“At least allow me to look at your stool”
“Not even if you went up there and got it yourself.”
Il senso di colpa, il fardello morale dei proprio errori e dei danni causati da essi è ciò che pesa anche sull’anima di Thack; è ciò che gli impedisce di essere libero – sia dalle dipendenze che dalle proprie illusioni sul futuro con Abigail, legame inscindibile con un passato mitizzato di felicità “pura”. E non a caso, la morte stupida di Abigail arriva come inevitabile, a sancire l’impossibilità di tornare indietro e rappezzare chirurgicamente la propria vita come si fa con un errore professionale, o con una deformità. Se Thack ha il complesso di Dio, questo è il modo dell’universo di ricordargli che non tutto può essere risolto col potere della propria genialità, perché le cose rotte non sempre si aggiustano, e, anche se si aggiustano, non torneranno mai ad essere identiche a com’erano prima.
No, Effie, you need never see the house… because, I intend to live in it with another woman.
Anche per i Barrows arriva il momento chiarificatore, grazie al più classico dei misunderstanding: Effie si entusiasma per la nuova casa e Herman, freddamente, le butta addosso la realtà dei fatti nel modo peggiore possibile. Herman Barrow è sicuramente uno dei personaggi meno comprensibili di The Knick, un villain puro che sconfina nella macchietta per la sua capacità di complicare la propria vita con trame sempre più fitte; se per ora la sua è una vittoria, sono tali e tante le tracce macroscopiche dei suoi errori che senza dubbio arriverà anche per lui il momento della caduta definitiva (probabilmente proprio per mano della bistrattata Effie), ineluttabile e tragica.
Can’t you see? I’m not well at all
A casa Gallinger si consuma invece la più novecentesca delle tragedie: non soltanto Everett si sta sempre più invischiando in una battaglia, quella dell’eugenetica, che rischia di distruggere per sempre la sua carriera e la sua reputazione; ma soprattutto, inaspettatamente, Eleanor si emancipa dalla propria inebetita tranquillità compiendo un omicidio a sangue freddo. Una vendetta dovuta e una fine giusta per il Dr. Cotton, ma anche la fine della speranza di riacquistare una parvenza di normalità. È difficile dire se Eleanor si sacrifichi per la felicità del marito – che peraltro non perde molto tempo per consolarsi con la sorella, com’era prevedibile – o se semplicemente prenda atto della propria incapacità, come Thack, di rappezzare il passato tornando sui propri passi alla “vita di prima”.
He’s violating maritime law.
Per Cornelia invece, dopo la caduta e la bruciante sconfitta dello scorso episodio, arriva il momento del confronto e del tentativo di liberarsi della rete che la imprigiona, un intricato incrocio di necessità sociali, economiche, familiari che non è soltanto il ritratto spietato della vita delle donne di un secolo fa (ma anche, in molti casi, di oggi). La lotta di Cornelia per la libertà e per l’autoaffermazione, che potevano sembrare pura retorica nella stagione scorsa, assumono in questa seconda una dimensione più profonda, meno di facciata e più vicina a un vero conflitto interiore. L’amore per la famiglia e la necessità di adempiere ai propri doveri arrivano ad essere in rotta di collisione talmente forte con la sua consapevolezza di ciò che è giusto e della sua moralità, che la scelta è già fatta ancora prima che i dubbi vengano manifestati.
Besides, you didn’t take a vow of misery. There’s no harm in a few smiles now and then. In ten years or so, chances are we’ll be in the ground.
Lucy è il vero contraltare di Cornelia in questa stagione, con il suo sguardo rivolto in alto, verso un’ascesa sociale da conquistare con tutti i mezzi possibili e la sua presa di coscienza che i sentimenti e gli scrupoli morali per una donna come lei possono essere soltanto un freno; un atteggiamento che non è in contrasto ma è solo l’altra faccia della medaglia del dibattersi di Cornelia contro la rigidità sociale che le impedisce di scendere a sporcarsi le mani per ciò che è veramente giusto. Gli scrupoli di Lucy non attengono alla sfera morale, ma la sua non si può neanche definire una vera e propria strategia: semplicemente, sta testando il proprio potere e ne è inebriata, forse troppo per riuscirlo veramente a controllare.
Accompagnato, come ormai da qualche episodio, dalle immagini del carnival che ci immergono in un’atmosfera di eccitazione per una modernità ancora tutta in costruzione (in particolare, Harriet e Cleary vedono uno spezzone di “The Big Swallow”, capolavoro di un pioniere del cinema inglese e primo esempio di utilizzo dell’ingrandimento come elemento di meraviglia e primordiale effetto speciale), “Not Well at All” è dal punto di vista della trama uno degli episodi più importanti di The Knick. Denso di avvenimenti ed emozionante, svolge egregiamente il compito di traghettarci verso le puntate finali con una carica drammatica che si aggiunge alla raffinatezza visiva, creando un equilibrio quasi perfetto tra narrazione e stile che ne fa uno dei momenti più memorabili di questa stagione.
Voto: 8
“Everett si sta sempre più invischiando in una battaglia, quella dell’eugenetica, che rischia di distruggere per sempre la sua carriera e la sua reputazione”…
In realtà l’eugenetica non era purtroppo vietata negli USA dell’epoca. Anzi, furono proprio gli americani a “insegnarla” ai tedeschi, che ne fecero “applicazioni di massa”.