Tra documentari, serie comic e animate, l’offerta di prodotti originali di Netflix si sta facendo sempre più ricca e variegata. In questo contesto si inserisce Love, nuova romantic comedy firmata da Judd Apatow (Freaks and Geeks, The 40 Year Old Virgin) con Paul Rust e Lesley Arfin, che si aggiunge così alla schiera di commedie prodotte e distribuite dal servizio di streaming.
Il primo paragone che salta alla mente durante la visione del pilot di Love è naturalmente quello con You’re the Worst, con la quale lo show di Apatow presenta più di un punto di contatto – dall’ambientazione losangelina alla caratterizzazione dei suoi protagonisti come misfits –, pur senza rinunciare ad affermare un’identità propria.
Lo show sembra infatti inserirsi nel filone delle commedie romantiche di nuova generazione (tra cui possiamo citare, oltre alla serie di Stephen Falk, anche Man seeking woman), in cui i topoi del genere di riferimento vengono riletti e aggiornati al fine di confezionare un prodotto meno patinato e superficiale, che sappia coniugare momenti comici, romance e introspezione. A popolare questi racconti troviamo personaggi spesso sgradevoli, disadattati, immaturi e soprattutto in crisi, le cui relazioni non si pongono come una panacea, bensì come il punto di partenza per impostare un discorso esistenziale più ampio, che punta a mettere in scena le difficoltà dei venti/trentenni nell’affrontare la vita adulta.
Ecco, Love, almeno a giudicare dal concept che vi è alla base e dalla visione di “It Begins”, rientra perfettamente all’interno di questa descrizione: la serie racconta infatti le vicende (sentimentali e non) di Mickey (Gillian Jacobs), cinica producer di una stazione radio con una dipendenza da farmaci, e dell’impacciato Gus (Paul Rust), tutor di giovani star e aspirante sceneggiatore, e dell’instaurarsi di una relazione tra i due, all’insegna del famoso adagio secondo cui gli opposti si attraggono. Le premesse sono insomma quanto di più classico ci si possa aspettare da una rom-com, non fosse appunto per il tasso di gradevolezza dei protagonisti, decisamente sotto la media per il genere (nel caso di Gus anche dal punto di vista estetico), l’atmosfera agrodolce, e il taglio intimistico che pervadono il racconto.
A dimostrazione di come la romance non sia un obiettivo fine a se stesso da raggiungere il più in fretta possibile, troviamo la scelta, senz’altro insolita, di dedicare l’intero episodio alla presentazione dei due protagonisti, rimandando il loro primo incontro al termine della puntata. Questa soluzione, certamente facilitata dal canale di distribuzione dello show che favorisce il binge-watch, permette agli autori di prendersi tutto il tempo necessario per far conoscere Mickey e Gus allo spettatore. “It Begins” inizia infatti col mostrarci l’epilogo delle loro rispettive relazioni, sfruttando la rottura e le sue conseguenze non solo per preparare il terreno al loro incontro, ma anzi soprattutto per farci comprendere la malinconia e la solitudine che, nonostante le differenze caratteriali, accomunano i due. Mickey e Gus vengono tratteggiati in maniera abbastanza netta – attraente e autodistruttiva lei, goffo e nerd lui – ma restano comunque credibili ed evitano di scadere nello stereotipo proprio grazie all’immediato lavoro di approfondimento che viene attuato su entrambi.
Durante l’episodio gli autori riescono a fondere in modo abbastanza organico momenti più introspettivi, in cui con grande delicatezza dipingono l’isolamento e la crisi vissuta dai suoi protagonisti, a momenti più prettamente comici, anche se questi ultimi non altrettanto riusciti. Questi si rifanno difatti a una comicità estremamente classica, la cui amarezza di fondo riesce solo in parte a compensare la sensazione di già visto, strappando quindi poco più di un sorriso. Nel complesso il pilot, nonostante l’ammirevole scelta narrativa di cui si parlava poco sopra, non giova del generoso minutaggio (40 minuti circa), anche questo atipico per il format della comedy, che finisce per allentare il ritmo del racconto e l’incisività delle gag.
Bisognerà attendere qualche episodio per capire se lo show riuscirà a distanziarsi in maniera efficace dai canoni di un genere estremamente codificato come quello della rom-com, evitando di scadere nel cliché dell’ “Ugly guy, hot wife” in salsa nerd. Quello che è certo dopo la visione di “It Begins” è che le premesse perchè questa operazione vada a buon fine sono ben presenti, a partire dal focus sui singoli personaggi, sostenuto dalle buone performance di Jacobs e Rust, fino all’ambientazione hollywoodiana, che col tempo potrebbe rivelarsi un ottimo serbatoio di momenti comici. Non resta quindi che continuare la visione.
Voto: 7
Nota
La prima stagione di Love, composta da dieci episodi dalla durata variabile, è dal 19 febbraio interamente disponibile sulla piattaforma Netflix, che ha già rinnovato lo show per un secondo blocco di episodi.
vista tutta in un we, bella e divertente.
Tutto scorre, non un capolavoro ma con le puntate anche la parte comica riesce.
Non la classica Comedy, niente di nuovo, ma recitata molto bene.
In più anche se il finale è scontato, il modo in cui ci si arriva è ben progettato.
Finita ieri sera, tante cose da dire ma non voglio spoilerare la recensione finale. Di sicuro è una serie che ha molto più da dire, sia come messa in scena che come costruzione dei personaggi, di You’re The Worst, pur raccontando la stessa generazione e il nuovo modo di vivere le relazioni che sta instaurando. Io la paragono di più, per potenza del linguaggio che usa (anche se non raggiunge gli stessi livelli qualitativi in ogni episodio) e per efficacia, a Master Of None. Per me è assolutamente da vedere.
Episodio pilota promettente di una serie che conferma e supera tutte le aspettative che questo esordio lascia in dote.
Apatow, Rust e Arfin fanno un lavoro certosino nell’analisi della coppia e dell’amore per i trentenni contemporanei, gettando nel passato serie come You’re The Worst che dopo LOVE risultano sì divertenti, ma senza dubbio più superficiali nell’affrontare un argomento molto simile.
Una serie che è al contempo anche un lungo film di cinque ore, pensata e sviluppata per essere divorata e i cui segmenti narrativi sono tutti l’uno la conseguenza dell’altro proprio come le parti adiacenti di un lungo film.
Consigliatissima.
Anch’io l’ho vista tutta in un weekend, molto scorrevole e divertente.
Secondo me ha un unico problema, che chiamerei “problema star wars 7”, ossia: la protagonista femminile è troppo interessante, sveglia, attraente e simpatica rispetto al protagonista maschile…
anzi, proprio non è credibile questo 32enne (che è anche lo sceneggiatore, guarda caso…) e le situazioni in cui si ritrova…
Non dico quali per non spoilerare, ma al di là dell’aspetto fisico, non ha neanche il carattere che giustifica certe sottotrame…
Beh non è credibile nella misura in cui non lo era Woody Allen nella metà dei suoi film…è proprio il problema “Ugly guy, hot wife” di cui parla Simona nella recensione.
Qui è un po’ più complessa la cosa visto che il protagonista è anche uno degli autori per cui c’è una forte componente autobiografica (vedi anche master of none per esempio), però in questo caso come Attilio non mi sento tanto di ridurre la problematica della relazione all’aspetto fisico, anche perché parte dell’attrazione di Mickey per Gus è anche MOTIVATA dal fatto che lui non è “hot” ma è un nerd timidino e non bello, perlomeno nella percezione iniziale di lei, e quindi in un certo senso “inoffensivo”.
Sicuramente Mickey è a grandi linee considerata più carina come donna di quanto lo possa essere Gus come uomo, ma questo solo da un punto di vista ipotetico e astratto. La bellezza e l’attrazione sono cose assolutamente soggettive, ma soprattutto il discorso di una serie come Love va ben oltre l’aspetto fisico, che non è certo irrilevante ma è uno degli strumenti di cui gli autori si servono per smascherare certe convinzioni.
Mickey non è certo perfetta, anzi, è una donna piena di difetti e difficoltà, per molti versi è insopportabile, come dimostrano nel corso delle serie alcune sottotrame. Così come Gus, che partendo da uno stereotipo iniziale diventerà un personaggio sempre più complesso, fatto, come la sua controparte, di grandi qualità e di orribili lati caratteriali.
In questo Love è sicuramente molto più sincera di tante altre serie, rischiando anche di apparire spietata.