La serie di punta AMC torna dopo la consueta pausa invernale carica sia di aspettative che di dubbi: la presenza di un personaggio molto amato dai fan del fumetto è stata confermata nella seconda metà della stagione e questo ha generato un notevole hype, tuttavia ci si chiede per quanto ancora lo show riuscirà a reiterare la sua formula di intrattenimento senza mostrare qualcosa di innovativo.
Sono anni che The Walking Dead tenta di rilanciarsi dal punto di vista qualitativo, premiere dopo premiere, senza però essere mai riuscita a mantenere le grandi promesse di intrattenimento che precedono ogni tranche di episodi. Ripercorrendo velocemente la storia passata della serie si ricordano: un ottimo pilot, una buona prima stagione, una seconda annata decisamente dimenticabile, una terza stagione nel complesso positiva, un nuovo crollo qualitativo con la quarta, una quinta annata molto discontinua ma che finisce in crescendo e, infine, la deludente prima parte della sesta stagione, conclusasi a dicembre con un episodio ricco di difetti. Ricordandoci del passato, quindi, ci approcciamo al futuro con cautela, cercando di capire da “No Way Out” quale strada ha deciso di intraprendere Gimple in questo 2016.
Your property now belongs to Negan.
L’episodio riprende esattamente da dove lo avevamo lasciato: Alexandria è completamente invasa da walkers e tutti i personaggi che sono rimasti bloccati in città tentano di salvarsi. Da un lato Rick guida un disperato piano di fuga direttamente in mezzo all’orda di non morti, dall’altro Glen torna in città con Enid e cerca di salvare Maggie, prigioniera sulla torre di guardia. Queste due linee narrative convergeranno insieme a quelle di tutti gli altri personaggi, riunendosi definitivamente al termine della puntata, in un finale che lascia presagire la stabilizzazione di un nuovo status quo, probabile apripista ad un nuovo arco narrativo che vedrà Negan, il villain tanto atteso, protagonista. La struttura convergente del plot funziona piuttosto bene, riuscendo perlomeno a tirare le fila della confusione che si era generata a partire da “First Time Again” e a riportare una sorta di ordine narrativo di base, su cui sarà più facile (si spera) lavorare nei prossimi episodi.
Bite, chew, swallow, repeat.
Se l’impalcatura dell’episodio sorprendentemente regge, lo stesso non si può dire della sua struttura interna, che inciampa sugli ormai noti difetti classici della serie. “No Way Out” è un episodio di stampo puramente action, in cui vi è poco spazio per i dialoghi (ma sarebbe stato meglio se ce ne fosse stato ancora meno) e in cui il ritmo è elevato dall’inizio alla fine; il problema principale è, però, radicato nei personaggi e nelle scelte che li muovono nella grande scacchiera di Alexandria.
Il personaggio di Rick è forse quello che sente maggiormente la stanchezza e la pesantezza di sei stagioni altalenanti sulle spalle. Abbiamo seguito il suo tortuoso cammino sin dall’uscita dal coma, catapultato in un mondo che non riconosceva più. Lo abbiamo visto ricongiungersi alla famiglia che credeva di avere perso e abbiamo assistito al suo declino morale episodio dopo episodio; eppure ci siamo anche sorpresi di come la vita ad Alexandria lo stava cambiando e della presa di coscienza del ruolo di leadership che avrebbe potuto interpretare per quella comunità. Questo emerge nel finale di “No Way Out”, con la chiamata alle armi dei cittadini contro l’orda di non morti: pur sospendendo l’incredulità sulla vittoria di un gruppo ristretto contro un’orda di walkers, quello che non torna è proprio la razionalità della scelta di Rick, viziata dal ferimento di Carl. Abbiamo già visto, in passato, il personaggio di Andrew Lincoln lasciare che l’istinto prevalga quasi totalmente sulla ragione, ma questa volta è diverso: uscire ad affrontare da solo centinaia di zombie (e ovviamente non riportare la benchè minima ferita) non poteva assolutamente essere la scelta migliore per l’incolumità del figlio e delle persone che nel frattempo lo stavano aiutando, anzi in una situazione di assoluto realismo avrebbe fatto sì che Carl e Judith si ritrovassero orfani prima dell’alba. Si potrebbe forse giustificare il tutto con una disperazione quasi totale, come se Rick non vedesse via d’uscita dalla situazione in cui si trovavano, ma anche messa così la spiegazione è troppo debole.
Please save him.
Tuttavia, se immaginiamo un grafico qualitativo del percorso di The Walking Dead in questa sesta stagione, il nono episodio registra una piccola impennata. La regia di Nicotero, infatti, si dimostra in ottima forma, riuscendo a mitigare in parte la ripetitività delle uccisioni degli zombie e a regalare momenti di altissimo livello, come il piano sequenza successivo alla lunga notte raccontata in “No Way Out”. Lo scontro dei vivi contro i morti, per quanto poco sensato per i motivi già discussi, viene riportato in modo crudo e d’impatto, così come il salvataggio di Maggie, protagonista della scena d’azione migliore dell’episodio. Ben realizzato anche l’incidente di Carl, anche se ampiamente preannunciato sia dalla AMC attraverso i trailer che dalla serie a fumetti.
Un’ultima menzione la merita la scena che anticipa i titoli di testa, il cui pregio è anche quello di mostrare la sequenza più riuscita della puntata. L’uomo di Negan che salta in aria per un colpo di bazooka (con grande dispiacere di chi l’ha comprato al The Walking Game) è un esempio lampante di quello che vorremmo che The Walking Dead fosse: una serie che si prende meno sul serio e che porta l’intrattenimento che un invasione zombie può generare su un altro livello, con personaggi sopra le righe e meno stereotipati.
I want to show you the new world, Carl.
Siamo all’ennesimo tentativo della serie di rilanciare se stessa in vista di un nuovo ciclo di episodi. Le premesse fornite da questa midseason premiere sono buone, anche se non eccellenti, e il futuro resta ancora fumoso. La speranza è che la tanto attesa introduzione di Negan possa avere lo stesso effetto sulla trama che ebbe a suo tempo l’arrivo del Governatore, anche se siamo ben consapevoli del fatto che il rischio dell’effetto “già visto” è sempre dietro l’angolo.
In fondo The Walking Dead continua a camminare su una linea di demarcazione molto netta: da un lato ci sono degli ascolti altissimi e una fanbase solida che non tradirà – forse – mai la serie; dall’altra la voglia di stare tra le grandi, di essere quella serie di qualità che sarebbe potuta essere ma a cui, probabilmente, non arriverà mai.
Voto: 6,5
Note
– Qui trovate i punteggi del The Walking Game relativi a questo episodio.
A mio modesto parere questa premiere è sembrata un’agglomerato di cose messe insieme un po’ a casaccio. Tralasciamo alcune cose di coerenza narrativa che non è mai stato il punto forte di the walking dead (per fare un esempio Rick e gli altri avevano in mente di lasciare Alexandria nel primo pomeriggio mentre qua diventa subito notte). Già la puntata parte male con Daryl che accoppa uno, come un ninja visto che non fa rumore, e poi spara con un lanciarazzi preso un po’ a caso (come hai detto tu Davide mi va bene in una serie che non si prende sul serio tipo in Z nation e non in The walking dead).
Poi come perde l’occhio Carl è un po ridicolo, si vede che lo sparo non lo può prendere dove l’ha preso, poi anche il fatto che trovi il tempo per chiamare il padre e stare in piedi per 30 secondi come un pesce lesso è proprio da B-Movie.
Poi anche come viene salvato non sta ne in cielo ne in terra, prima quella donna non riesce ad eseguire la più semplice delle operazioni ma riesce a rimuovere con successo e senza strumentazione una pallottola manco fossimo in grey’s Anatomy ?
Poi la conversione del wolves… Boh, chiamiamola esigenza narrativa, probabilmente si dovevano sbarazzare dell’ultimo rappresente di un gruppo di persone deficienti create solo come riempitivo della prima parte di stagione
Come hai detto tu lasciamo perdere Rick che va in mezzo agli zombie ed evitiamo di parlare anche del salvataggio, con i walker che vanno in mezzo al fuoco come degli idioti (cosa mai vista prima non solo nella serie ma in tutto il cinema di genere), forse gli sceneggiatori avevan capito di averla fatta troppo grossa con il numero di non morti e si dovevan inventare un deus ex machina.
In effetti l’adrenalina e la tensione in questo episodio ci sono, anche complice un ottimo montaggio (la regia un po’ meno) che però vengono totalmente distrutte dalle cose poco sopra e dai dialoghi deliranti. Basta scambi fra Morgan e RamboCarol nelle peggio situazioni e basta sermoni come quello di Glenn ormai triti e ritriti.
Qualche appunto: il bazooka è stato trovato da Abraham e Sasha in un episodio precedente.
E gli zombie bruciati si sono già visti..
Ciao!
Sono d’accordo con te che ci sono tante cose che non vanno, ho scelto di sorvolare nella recensione su quasi tutti questi difetti di credibilità e di successione narrativa perchè in The Walking Dead ne troveremmo a iosa in ogni episodio e perchè penso che ormai la voglia di puntare sul colpo di scena ad ogni costo abbia definitivamente avuto la meglio su tutto il resto, diciamo che ho cercato di analizzare il tutto in una visione che tiene conto tutta la storia della serie. Certo che se fossimo alla prima stagione, per dire, tutte le cose che hai elencato farebbero decisamente gridare “orrore” chiunque. Ormai ci siamo un po’ abituati, e il fatto che non siano solo quelle le cose che fanno storcere il naso la dice lunga su quanto ci sentiamo delusi. 🙂
Completamente d’accordo con la storia dell’orda, è chiaro che per andare avanti bisognava liberarsi di tutti quelli zombie e purtroppo è palese il pretesto per eliminarli in blocco, quasi ridicolo come ho cercato anche di spiegare nel paragrafo in cui parlo di Rick
Concordo con ogni parola che hai detto, forse il mio era più uno sfogo visto che ha detta di molti questa è stata una puntata esente da difetti
Proprio per quanto riportato da Tommy e condiviso pure da te nel commento che gli hai fatto (Anche se nella recensione arrivi pure adapprezzare la realizzazione del colpo di RPG… una roba talmente trash e mal realizzata che nemmeno in Falling Skies…) direi che se ne evince che questo e’ un episodio da B movie, molto ma molto distante dal voto da 6,5 che gli hai dato.
L’altra scena che elogi, quella del salvataggio di Meggie e’ altrettanto ridicola con Gleen che spara piu’ colpi di quelli che avrebbe nel caricature, circondato da zombie che gli saltano addosso ma vengono sterminati dale raffiche a casaccio del baffo e di Sasha senza che nemmeno una pallottola od un morso colgano il coreano.
No, no, questo episodio e’ indifendibile, una tamarrata messa li’ per fare un reset e cominciare a raccontare una nuova storia come gia’ altre volte hanno fatto in questo telefilm che piu’ passano le stagioni e piu’ diventa mediocre.
L’unica cosa che lo salva e’ il fatto che c’e’ molta azione e questo fa passare velocemente la puntata. Ma lo dici anche tu nella recensione che se walking dead fosse cominciato cosi’ fin dalla prima stagione non l’avrebbe guardato nessuno…
Ed allora continuo a non spiegarmi il 6,5 finale…
Il lanciarazzi lo recupera Abraham nella prima parte di stagione. Vorrei invece fare i complimenti a Glenn per l’ottimo piano: Tu sali da Meggy (e resta bloccata con lei) io attiro gli Zombie (e mi faccio mangiare). Meno male che poi arriva la cavalleria…
Giusto, per la questione lanciarazzi avevo totalmente rimosso. Comunque si sa che piani sensati e personaggi della serie non vanno d’accordo, non so come abbiano fatto Abraham e Sasha a non sfiorare nemmeno Glenn con la loro scarica di proiettili
Non capisco perchè continuate a guardare una serie che non vi piace.
Cercare i difetti in una serie fumettistica, i cui “difetti” sono intrinseci, non ha senso. E’ come guardare uno splatter, e dire che è un difetto il fatto che schizzi sangue a litri.
L’ho dovuta rivedere tre volte credo, almeno delle parti, perché mi addormentavo. Devo smettere di guardarla. Voglio smettere di guardarla. Ce la farò mai? PS: il proiettile va verso i piedi …
No è una droga, e ormai ne siamo sopraffatti.. 🙂
Per me è stato un puntatone.
Ora Carl avrà la benda in stile Kakashi, lo renderà più badass. Glenn sopravvive anche questa volta, non potevo essere più felice. Per la prima volta scelgono di combattere l’orda al posto di fuggire, ormai ogni personaggio è al livello 100 in sopravvivenza.
Secondo me per mantenere la serie ad un buon livello come questa puntata devono solo evitare di fare intere puntate su personaggi secondari.
“da un lato ci sono degli ascolti altissimi e una fanbase solida che non tradirà – forse – mai la serie; dall’altra la voglia di stare tra le grandi, di essere quella serie di qualità che sarebbe potuta essere ma a cui, probabilmente, non arriverà mai.”
Io credo che TWD sia tutto in questa frase. Ha un sacco di potenziale (che è poi la ragione per cui in molti, pur non apprezzando i risultati, continuiamo a vederlo) ma lo tiene a briglia corta, frenato – probabilmente, proprio nel tentativo di “piacere a tutti” in una fanbase così ampia – e finisce così per diventare quasi un manuale di tutto quello che *non* va fatto in termini di narrativa e, spesso, anche di cinematografia (che è poi una delle ragioni che, personalmente, mi spinge a continuarne la visione: c’è sempre qualcosa da imparare per poi fare esattamente il contrario).
Peccato.
Con questo episodio, che apre la seconda parte della stagione, “The Walking Dead” tenta un ritorno all’antico, anche per provare a risollevarsi da un midseason finale particolarmente deludente. Alza i ritmi, prova a compattare la narrazione, a renderla adrenalinica. Ci riesce solo in parte. I momenti di tensione narrativa sono indeboliti dall’arbitrarietà dell’assunto di base e da alcune sottotrame poco convincenti. La tesi che l’episodio illustra è, grosso modo, sintetizzabile in due vecchi adagi: “L’unione fa la forza”, “Quando non c’è via di uscita, combatti”. Questi due topos vengono declinati in modo iperbolico (trenta residenti contro migliaia di “erranti”), a partire da un’iniziativa individuale e disperata del leader che si butta in mezzo alla folla degli zombie, attirando un po’ per volta l’intero gruppo dei sopravvissuti e coinvolgendoli in una battaglia che fa impallidire per la sproporzione delle forze in campo quella delle Termopili.
Tuttavia, al di là della totale mancanza di verosimiglianza (anche per gli standard di TWD), la scena è potente e coinvolgente. Vedere i protagonisti mettere da parte timori, riserve (etiche e religiose, come in padre Gabriel), vigliaccheria travestita da istinto di sopravvivenza e buttarsi nella mischia, in un turbinio di teste tagliate, corpi incendiati, pallottole che straziano cervelli avariati, ha un effetto catartico, come se i residenti di Alexandria, per una volta, fossero diventati simultaneamente gli assediati di Fort Alamo e la cavalleria che va in loro soccorso, dimostrando, in questo modo, di meritare un rifugio sicuro.
Purtroppo questo esito è preceduto e, in qualche modo, provocato da eventi che brillano per la loro inconsistenza. Rick prende la decisione di affrontare gli zombie da solo, subito dopo che suo figlio viene colpito all’occhio e corre seri pericoli di morte. Lui non sa se sopravviverà, lo lascia in infermeria e si butta nella mischia, come se volesse attirare i “walkers” lontano da lì, sperasse di convincere col suo esempio anche i più pavidi del gruppo o, più probabilmente, perché vuole concludere la sua esistenza con una titanica battaglia finale. Nessuna delle tre opzioni appare credibile.
“Oh, no”
Pare l’esclamazione degli spettatori , a cavallo tra fastidio e incredulità per la goffaggine della scena, invece sono le parole sussurrate da Rick, accompagnate da un’espressione di vago dispiacere, mentre un’orda di zombie sbrana la povera Jessie che, a sua volta, subito prima, urla disperata perché i walkers gli stanno divorando Sam. Ron punta la sua pistola su Rick, ma viene infilzato da Michonne e, cadendo, spara in un occhio a Carl. Praticamente, un flipper. La tensione, che pure dovrebbe essere connaturata con una sequenza di questo tipo, latita. Eppure Alexandria pullula di zombie, ce ne saranno non meno di cinquemila, tant’è che i nostri si devono tenere per mano, mentre tentano di passare in mezzo al branco, come se fossero a un concerto e temessero di perdersi.
“Bite, chew, swallow, repeat. It goes quicker”
Anche questa citazione sembra diretta ai fan, mordete, masticate, inghiottite, sarà più rapido. In effetti, la scena che occorre digerire non è propriamente per palati fini: una banda di motociclisti armati fino ai denti che pare la versione postatomica dei “Sons of Anarchy” sbarra la strada a Daryl, Abraham e Sasha, mentre tornano ad Alexandria. Il conflitto sarà brillantemente risolto da Daryl con un colpo di bazooka. Poca tensione anche in questo frangente, ma almeno la sequenza è spettacolare.
In una interessante recensione, si postula che i personaggi di TWD, nella loro ricerca di un rifugio sicuro, si confrontino con svariati sistemi organizzati (istituzioni, forme di governo, strutture) in vigore prima dell’apocalisse zombie, sconvolgimento che ne altera geneticamente la funzione: dal carcere, come sistema totalitario, che li protegge, alla dittatura peronista del Governatore, la famiglia patriarcale allargata di Hershel, la chiesa, l’ospedale, Il campo di concentramento e sterminio di Terminus e via discorrendo. Che ruolo svolge Alexandria? Qualcuno ha detto che è un metafora della democrazia. Probabilmente nella versione dell’agorà ateniese. Infatti, mentre gli “erranti” invadono Alexandria, diversi protagonisti vengono colti mentre chiacchierano (a voce bassa, generalmente) tra di loro: Glen ed Enid, il Wolf dai capelli lunghi e Denise, Carol (“avrei dovuto ucciderti”) e Morgan. Un profluvio di parole mentre a pochi metri gli zombie invadono le strade e le abitazioni della comunità. La sensazione che si prova è fortemente straniante, come se venisse allestito un salottino composto da divani, poltrone, tavolini, thè e biscotti davanti a edifici completamente devastati da un teremoto.
Se aggiungiamo l’incredibile redenzione del Wolf che si fa mordere pur di salvare Denise e il bilancio decisamente generoso della battaglia di Alexandria (tre morti e un ferito), si ha una percezione dei chiaroscuri dell’episodio, in bilico tra un afflato epico e prometeico e una scrittura sciatta e approssimativa.
La cosa migliore di tutte è stata la morte della bionda e della sua inutile prole.