“Ma come si passano le giornate nel Paese dei balocchi?”
“Baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo.
Che te ne pare?”
Carlo Collodi, “Le avventure di Pinocchio”
Se con i primi episodi di questa stagione Charlie Brooker ha restituito al pubblico, dopo lunga attesa, le atmosfere cupe e disturbanti tanto amate dai fan di Black Mirror, con “San Junipero” l’autore inglese ribalta le aspettative del pubblico e confeziona uno degli episodi più atipici ma, al tempo stesso, più affascinanti della serie, una storia che sotto la sua apparente semplicità pone allo spettatore un quesito morale di rilevanza cruciale.
Prima di entrare nel vivo della questione, la prima parte dell’episodio si concede una lunga riflessione, sempre in bilico tra la critica e l’omaggio, sull’estetica del cinema adolescenziale anni ’80. L’incontro tra Yorkie e Kelly e la loro travagliata storia d’amore seguono i canoni del racconto di formazione per teenager alla lettera, al punto da sembrare un film di John Hughes con trent’anni di ritardo. Yorkie è il prototipo della ragazza timida e impacciata, incapace di omologarsi alle mode e agli stili di vita imperanti e con una passione personale inusuale come i videogiochi, divertimento per ghettizzati che, con un colpo di genio, Charlie Brooker pone letteralmente in isolamento rispetto agli svaghi della massa.
Kelly, d’altro canto, è tutto quello che Yorkie vorrebbe essere: bella, spensierata e perfettamente a suo agio in ogni contesto; il perfetto esempio da imitare, in un’epoca dove è fondamentale avere un modello su cui costruire la propria identità. In questo senso, la scena delle prove costumi di Yorkie ha una forte valenza simbolica: al pari di un videogioco, la ragazza prova diversi personaggi da cucirsi addosso per vincere la sua sfida personale e conquistare il cuore di Kelly – personaggi ovviamente ispirati alle icone della decade, da Madonna ai Kraftwerk.
La storia d’amore delle due ragazze viaggia su binari ben noti, passando dall’esplosione del desiderio in una casa sulla spiaggia all’allontanamento e ricongiungimento finale, ma la love story si fonde con il racconto fantascientifico e viene messa subito in questione la sua veridicità: in questo Paese dei Balocchi moderno è sempre sabato sera, il momento della settimana perfetto per abbandonare sentimenti o preoccupazioni e dedicarsi al divertimento più sfrenato. Può addirittura cambiare l’epoca storica, ma il sabato sera e le ore che lo scandiscono fino alla mezzanotte rimangono l’unica realtà vivibile possibile, ed è in questo breve ma infinito lasso di tempo che Yorkie e Kelly mettono a nudo le reciproche insicurezze e paure.
La seconda parte della storia, dopo aver lasciato allo spettatore numerosi indizi sulla natura fittizia dello scenario, abbandona la realtà virtuale su cui il racconto si è retto finora e ci mostra la cruda verità: Yorkie e Kelly sono entrambe anziane e condannate, la prima paralizzata dopo un incidente d’auto e la seconda con un tumore allo stadio terminale. San Junipero, da idilliaca località di vacanza, ci viene presentata come l’ospizio per anziani definitivo, un luogo di nostalgia artificiale che cancella i dolori della vecchiaia e garantisce un’eterna gioventù priva di rimpianti. Le meraviglie del progresso non si fermano qui: dopo la morte gli utenti possono essere trasferiti a San Junipero in maniera permanente, garantendo quindi l’immortalità artificiale a chiunque voglia coglierla.
È qui che Brooker sferra il colpo più duro, mostrandoci uno scenario futuro in cui la tecnologia soppianta la religione: il paradiso si è trasformato letteralmente in un Cloud di dati che trasforma l’anima in gruppi di bit, ologrammi della nostra vita passata creati per evitare il dolore del lutto. Ma fino a che punto si è disposti a rinunciare al dolore della perdita pur di avere la certezza della beatitudine eterna? Su queste basi si poggia lo scontro morale tra le due protagoniste: Yorkie vuole scappare dalla prigione, mentale e fisica, del suo passato e vede nel trasferimento a San Junipero l’unico modo per esaudire il suo sogno d’amore, ma Kelly non è disposta a rinunciare al ricordo della sua famiglia defunta, a quel passato che per quanto doloroso è ciò che la definisce, per ottenere un’eterna illusione, una scappatoia dal naturale ciclo della vita.
In un mondo dove la tecnologia può aggirare la morte, tuttavia, sono sempre i sentimenti a fare la differenza e con fredda ironia Charlie Brooker risolve il conflitto di Yorkie e Kelly con un finale agrodolce, in cui le ragazze/vecchie, ormai defunte, accolgono a braccia aperte il loro eterno happy ending e, sulle note di “Heaven is a place on Earth” di Belinda Carlisle, al pubblico viene data una visione del regno dei cieli del nuovo millennio: una stanza di server piena di lucine colorate che si allunga fino all’orizzonte.
L’assenza di inattesi colpi di scena o di pugni allo stomaco visivi potrebbe far pensare, di primo acchito, a una caduta di livello rispetto agli standard a cui la serie ci ha abituato, ma la potenza di “San Junipero” risiede proprio nella sua schietta semplicità che gli consente di portare un passo più avanti il discorso sul lutto già elaborato in “Be right back”. La storia d’amore di Yorkie e Kelly ci colpisce perché parla di emozioni e legami a cui nessuno può considerarsi indifferente e si tramuta in una toccante metafora sulla perdita come fattore di umanità, sulla difficoltà nell’accettare i limiti della vecchiaia e sugli effetti nefasti della nostalgia portata alle estreme conseguenze.
Black Mirror mette dunque da parte la durezza impietosa che l’ha sempre contraddistinta e punta a un racconto conciso ma, al tempo stesso, di grande complessità, capace di emozionare lo spettatore e di costringerlo a fare i conti con la propria coscienza.
Voto: 8
E’ l’episodio più distante dalla dialettica solita di Black Mirror, ma forse proprio per questo uno dei più intriganti. Devo dire che prima di leggere questa recensione avevo avuto un’idea completamente diversa dell’episodio e del messaggio che Brooker voleva esprimere e devo dire che questa recensione mi ha confuso un pò le idee xD
Il mio primo pensiero è stato di un episodio dal lieto fine (forse perché le protagoniste lo vivono in quel momento come tale nonostante i dubbi di Kelly), ma forse sbaglio io nel cercare di conciliare le parole lieto fine con Black Mirror; il problema è che questo episodio è talmente diverso come stile dagli altri che mi ero illuso che potesse avere anche uno stile di finale diverso, ma credo che il tuo sia il punto di vista giusto.
Complimenti per la recensione 😉
Ciao Mark, personalmente credo che l’episodio funzioni alla perfezione proprio perché ha un finale che si lascia leggere in maniera diversa in base alla sensibilità di chi guarda: le ragazze coronano il loro sogno d’amore e si apprestano a vivere una luna di miele pressoché infinita, ma d’altro canto sono emtrambe morte e stanno vivendo un loop infinito generato da un computer. Chi può dire quale dei due lati della medaglia sia quello a cui prestare maggior attenzione? 😉
Più che altro mi sono lasciato condizionare dal fatto che facessero parte della parte più debole della società (anziani ed ammalati) e di come la tecnologia sia servita (a differenza degli altri episodi) a rendere la loro vita migliore. Non ho visto una tecnologia utilizzata per distruggere o controllare il prossimo ma per rendere migliore l’ultima parte della nostra vita, in questo senso intendevo lieto e diverso.
Poi la parte distopica sul loop infinito del computer è assolutamente vera,per cui credo anche io che l’episodio sia stato lasciato aperto alla sensibilità di tutti noi.
Mackenzie Davis si riconferma una grande attrice ma anche di difficile digestione, saranno quegli occhi spiritati e quella voce seminasale che in ogni sua interpretazione me la rendono, come dire, una tantino insopportabile, cosa che comunque non intacca minimamente la sua bravura.
Puntata bella, distensiva, non troppo angosciante, e che diversamente dalla altre dona quasi speranza nella morte, elemento che difficilmente si trova nelle tematiche brookeriane.
Mi ha fatto davvero piacere vedere Mackanzie Davis in un’altra serie. Penso che, ridotta all’osso, San Junipero sia una bella storia d’amore. Ovviamente in pieno stile Black Mirror.
Ciao Fra, come al solito ottima recensione, ma il mio dubbio sul finale rimane.
Non tanto nella realizzazione (che trovo sempre ottima) ma nelle intenzioni, soprattutto visto quello che succede poco prima: ho trovato la scelta di Kelly molto ipocrita, dopo il discorso che fa a Yorkie prima di schiantarsi con la macchina.
Mi sembra una mancanza di rispetto gigantesca verso il marito e la figlia, ma soprattutto un cambio di idea piuttosto rempentina e che mi ha infastidito un po’.
Tu che ne pensi?
Ciao Ste! Secondo me, proprio perché ti ha infastidito, vuol dire che il finale funziona 🙂 Alla prima visione ho dato subito per scontato che Kelly avrebbe fatto marcia indietro, ma la sua filippica contro Yorkie è fondamentale per fare chiarezza sul lato oscuro di San Junipero e, al tempo stesso, sull’ipocrisia di Kelly fin dall’inizio della storia: ha una figlia e un marito defunti da tempo che non sono stati caricati nel Cloud, sa benissimo che San Junipero è una chimera ma cionostante vi passa le giornate e vi si muove come un pesce nell’acqua. Come se non bastasse, trova l’amore vero della sua vita in un’altra donna e butta dalla finestra tutti i suoi princìpi per stare con lei. Io ci penso da giorni al finale dell’episodio e ancora non so se, in cuor mio, la sua è una scelta da condannare per la sua incoerenza o da elogiare per il coraggio dimostrato, perché sono entrambi giudizi plausibili e più che giustificabili. Dovremo aspettare che qualcuno inventi sul serio questa tecnologia e provarla con mano per venirne a capo… Forse. 😛
Anche io ci ho ripensato negli ultimi giorni e devo dire che sì, probabilmente è così. Il fastidio che si prova è proprio quello che ci volevano far provare.
Peccato non ci sia una puntata di Black Mirror al giorno. Forse. 😀
La mia interpretazione è un po’ diversa: in realtà non è vero che nel Cloud “è sempre Sabato sera”. Lo è solo per le protagoniste finchè sono in vita nel mondo reale e quindi in fase di “prova”.
Una volta morte, i loro ricordi e la loro personalità viene scaricata nel server e quindi si “trasferiscono” definitivamente a San Junipero. Non c’è alcun loop infinito quindi, ma la “reale” possibilità di iniziane una “nuova” vita (anche di giorno) tangibile tanto quanto quella passata.
E’ per questo, secondo me, che la decisione finale di Kelly è egoistica, lei non crede nell’aldilà, non è sicura di rivedere il marito e la figlia e quindi sceglie di vivere una nuova vita con Yorkie.
Ma il finale di questa puntata è “melenso, buonista e atipico rispetto alla serie” oppure è “cinico come al solito”?
Attenzione, seguono spoiler: solo chi ha visto la puntata in questione vada avanti con la lettura.
[SPOILER – BLACK MIRROR S03E03 – SAN JUNIPERO]
La terza puntata della terza stagione di Black Mirror si intitola “San Junipero”.
Se fossimo in un mondo sacralizzato e simbolico, qualcuno potrebbe vedere nei due “tre” che accompagnano questa puntata un richiamo trinitario.
San Junipero (Ginepro) è il frate francescano che nel corso del 1700 evangelizzò la California. E’ stato proclamato santo da papa Francesco nel 2015. Pare che fosse molto severo, ed è stato accusato di aver favorito il genocidio dei pellerossa californiani. Un santo su cui discutere. Esattamente come il luogo che nel telefilm porta il suo nome: San Junipero è un “luogo santo” oppure un “luogo di morte”?
Qualcuno, sui forum, ha accusato il finale di questa puntata di non essere tragico come gli altri, bensì melenso. Non sono d’accordo.
Il finale di “San Junipero” è tragico come tutti gli altri episodi di Black Mirror. Non ha nulla di melenso. E non finisce bene.
Non ve ne siete accorti, ma “San Junipero” è l’inferno.
La mora Kelly dice la verità quando si arrabbia con la bionda Yorkie: San Junipero non è il paradiso, è un luogo di egoismi (cioè il suo contrario). Kelly ne è certa, perchè ricorda i 49 anni di matrimonio con suo marito: un luogo di amore maturo, adulto, completo.
Solo che poi si fa tentare e cambia idea.
Da cosa si fa tentare? Dalla nostalgia.
Ma “San Junipero” non è solo una puntata che parla di nostalgia, è una puntata che affronta il problema della vita eterna, dell’eterna giovinezza.
Della morte.
E’ una puntata religiosa, sacra, spirituale (non a caso le famiglie di entrambe le protagoniste sono religiose… se non ricordo male direi che è la prima volta che la religione viene citata esplicitamente in BM, serie normalmente atea e cinica fino all’osso).
San Junipero va oltre le solite puntate di Black Mirror, perchè applica la tecnologia al “sacro”, mentre finora l’aveva applicata al “profano”. All’anima, oltre che alla mente e al corpo.
Il vero abitante di San Junipero è Wes, l’ossessionato.
La nostalgia è una droga, e qui vediamo la nostalgia sacralizzata. San Junipero è un mondo senza relazioni, dove la vita non si produce (non a caso le due protagoniste sono lesbiche), ma si consuma e basta.
Il locale satan-sado-gothic non è un’eccezione a San Junipero: è la sua reale essenza.
Kelly e Yorkie scelgono di restare adolescenti per sempre, e chiunque ha superato l’adolescenza sa che non c’è nulla di peggio che essere adolescenti in eterno.
Kelly e Yorkie (come Paolo e Francesca) scelgono l’innamoramento eterno, che non sarà mai amore: l’innamoramento sono solo due egoismi che si incontrano.
Questo magnifico terzo episodio della terza stagione di Black Mirror racconta della vendita dell’anima al diavolo. Le due protagoniste si aiutano ad andare all’inferno, in un modo che non era mai stato raccontato prima.
Kelly e Yorkie si imprigionano del Paese dei Balocchi, si condannano al Paese delle Maraviglie, si distruggono l’anima – senza nemmeno rendersene conto.
Avete visto le istruzioni per andare all’inferno.
Ditemi adesso che è melenso.
Bacioni.
[FINE SPOILER]
Hai ragione eh, ma San Junipero è il quarto episodio
Acutissima analisi (e ti ringrazio per l’appunto su San Ginepro, che ignoravo completamente). Trovo tremendamente in stile Black Mirror la sottilissima nota che nella dinamica da te descritta sia proprio “la forza vitale e r-innovatrice dell’amore” ad “aiutare” Kelly a scegliere questo edulcorato inferno di bit e cliché di ciò che avremmo sempre voluto proprio perché non può che essere fantasmatico.
Un tocco ulteriore di spietato pervertimento di quel già poco che di emozionalmente genuino ci guida come esseri umani. Ma siamo già nell’Era dei Re Mida cibernetici: tutto ciò e chi tocchiamo diventa virtuale, e di virtuale si muore, anzi, ancora peggio, si vive.
Quale lieto fine.
Secondo me, non si può certo parlare di lieto fine, ma è doveroso fare una distinzione tra le diverse situazioni delle due protagoniste. Una persona nello stato in cui si trova la bionda, venderebbe immediatamente l’anima al diavolo per avere finalmente la possibilità di vivere una vita normale. Per la mora è diverso.
In ogni caso, non sono affatto d’accordo: non è l’inferno. Vorrei vedere quante persone, sul letto di morte, non si farebbero trasferire a San Junipero.
È vero che la situazione personale dell’una è molto diversa da quella dell’altra, ma la vera protagonista, il personaggio che infatti deve compiere una scelta combattuta, è la mora, e la domanda tematica è lei a catalizzarla e a darne la chiave di lettura.
Quanto dichiari alla fine è esattamente ciò che Black Mirror si prefigge di far emergere senza clemenza: siamo già i personaggi plasmati e traviati dalla tecnologia che in questa visione distopica osserviamo a mo’ di intrattenimento.
Certo che è l’inferno. Ma basta un avatar che guida verso il cangiante niente una decappottabile sulla classica canzoncina pop anni ’80 alla John Hughes per desiderarlo al posto della propria dolorosa, inestimabile sostanza.