The Walking Dead raggiunge il giro di boa stagionale con una puntata che ovviamente getta le basi per la seconda parte che, almeno sulla carta, dovrebbe essere all’insegna della guerra totale ai Salvatori. E il protagonista indiscusso e che regge la già fragile baracca rimane sempre Negan.
“Hearts Still Beating” è costruito (e c’era da aspettarselo) come un episodio corale, dove vediamo in azione tutti i personaggi e i loro rispettivi problemi: questo modo di raccontare non fa che amplificare la netta differenza della storyline principale con quelle degli altri protagonisti.
Sempre debole e raffazzonata sembra essere la sequenza dedicata a Carol e Morgan: abbiamo ormai capito da tempo la volontà della prima di vivere in esilio, e da tempo si è capito che agirà di nuovo solo in vista di un bene superiore, come sarà probabilmente la guerra ai Salvatori. Il loro dualismo – che poi vero e proprio dualismo non è – continua a non funzionare: è ormai stantio, logoro e non dice più nulla su due personaggi che o sono rimasti un po’ piatti (Morgan) oppure hanno subito una trasformazione troppo repentina e quasi ridicola (Carol).
Maggie e Sasha ormai fungono solo da appoggio alla storia principale e forse rientreranno effettivamente in gioco nella seconda parte di stagione: anche in questo caso la trama disegnata dall’autore per la coppia (o il trio, se consideriamo anche la giovane Enid) sembra intravedersi già da tempo, con Maggie pronta a prendere il potere, sostenuta dal popolo.
Poi c’è Rosita e la sua sete di vendetta, Daryl che riesce a fuggire grazie a un aiuto misterioso e la strana coppia Rick-Aaron che trova provviste su una barca di un possibile (probabile?) nuovo protagonista: sono tutte sequenze che riempiono il minutaggio ma non danno quello che forse vorrebbero; non c’è una scossa, un brivido, un pensiero più profondo, solo sequenze che portano da un punto A a un punto B.
E poi, come dicevamo, c’è Negan.
The Walking Dead ha sempre avuto bisogno di grandi villain per giustificare una narrazione che altrimenti sarebbe stata solo la presa di coscienza dell’Apocalisse, sopravvivenza stentata, sopravvivenza, morte. Da Shane passando per il Governatore, lo show ha avuto i suoi picchi di pathos proprio nello scontro frontale tra questa forza bruta e oscura e quella altrettanto cruenta del gruppo di Rick, che non si è mai sottratto a fare la cosa giusta anche con mezzi non del tutto convenzionali.
Allo stesso modo Negan sta spezzando la monotonia della serie: anche se molte delle azioni che compie sono prevedibili (la violenza nuda e cruda lo è spesso, azzerando tutto a un livello animalesco), molte altre ci portano a un livello di sopportazione visiva e interiore di molto superiore a quello a cui The Walking Dead ci ha abituati. Il funzionamento della sua comunità è paragonabile a uno Stato a regime totalitario, ma forse ancora più spaventoso se si considera che Negan non ha remore a mostrarsi in prima persona come esecutore delle pene capitali. Il ferro bollente sul viso è forse addirittura nulla in confronto alle sequenze che hanno aperto la stagione, ma effettivamente, quando c’è l’ottimo Jeffrey Dean Morgan sullo schermo, la tensione è palpabile.
Il culmine dell’episodio si ha nelle scene della partita di biliardo in mezzo alla strada, e qui si ritorna agli antichi e troppo spesso ripetuti picchi negativi di sceneggiatura e regia dello show: perché di punto in bianco una ventina di persone compaiono dal nulla a guardare il match? Perché Rosita, che fa parte del gruppo, aspetta forse il momento meno opportuno per sparare a Negan quando poteva ammazzarlo nel bel mezzo di una steccata? A questo si aggiunge la morte di Spencer: al solito violenta e splatter, ma decisamente girata male, al contrario di quanto di buono era stato fatto nel primo episodio.
Ovviamente la randomica vendetta di Negan, che fa sparare a una persona a caso, colpisce uno dei personaggi più insulsi dell’intera serie e che era assurto a semi-protagonista giusto per (non) farci piangere la sua crudele dipartita.
Infine, è abbastanza ridicola la presa di coscienza di Rick che, forse sì, bisogna combattere e non genuflettersi ogniqualvolta Negan si presenta ai cancelli. Ovvio che Rick sia sconvolto dopo quello che ha passato, e va bene che anche un leader carismatico come lui possa incontrare dei momenti di estrema difficoltà, ma davvero basta un minuto di discorso accorato di Michonne per fargli cambiare così repentinamente idea? È un peccato avere tutta questa fretta per turning point probabilmente importanti quando durante l’anno vediamo puntate totalmente prive di senso come “Swear”.
“Hearts Still Beating” è chiaramente una puntata di preparazione alla seconda metà di stagione che si spera sarà come dovrebbe essere: ormai abbiamo capito da anni quali sono i difetti di questa serie e probabilmente non miglioreranno più. Rimane comunque ancora qualcosa per cui valga la pena arrivare fino in fondo alla stagione, ed è sicuramente il personaggio di Negan e tutto quello che si porta appresso.
Il cuore di The Walking Dead batte ancora? Stando agli ascolti, il battito è forte e vigoroso; giudicandolo come dobbiamo fare noi, è lento e fa fatica, ma nonostante tutto siamo ancora qui ad ascoltarlo. Ed è già qualcosa.
Voto: 6-
Ok tutto, ma il commento su Rosita e sul momento in cui spara mi sembra poco corretto. Lei infatti sembra stia iniziando a convincersi, dopo il discorso di Padre Gabriel, a non farlo. Lei non è andata lì per ucciderlo, ma è ciò che ha visto che le ha fatto perdere totalmente il controllo, portandola ad agire di impulso, seguendo solo la rabbia e l’odio verso Negan, già ampiamente presenti precedentemente, come sappiamo, e in questo modo amplificati.
Cosa che a me pare ridicola è come Negan si accorge del proiettile “fatto in casa”.
Ciao Fraleo, a me non ha proprio convinto tutta la scena: perché arriva lì tutta quella gente dal nulla, proprio da un momento all’altro? Hanno messo dei cartelloni in giro?
E poi se si stava convincendo a non ucciderlo, non capisco perché andare proprio da lui con la pistola carica. Insomma, è tutto molto raffazzonato, purtroppo.
concordo.. Molto (ma moolto) più ridicolo il cambio repentino di rick.
I fatti di questa prima parte di stagione sono stati:
Rick dice:ehi, arrendiamoci e comportiamoci bene se no succede un casino.
Gli altri 1 a 1 sempre in autonomia con piani ridicoli fanno l’esatto contrario.
Dopo vari tentativi falliti riescono a far succedere un puttanaio e Rick al posto di dire ve l’avevo detto cambia idea..si come no..
Certo, sono assolutamente d’accordo con la tua analisi, soprattutto sul fatto che non potessero essere tutti lì. Dico solo che, in mezzo a tutto il resto, la scelta di far sparare Rosita di impulso dopo la morte di due personaggi, ancora potrebbe starci. Il discorso con Padre Gabriel è messo là apposta per questo, per farci credere che non lo farà (ovviamente non ci sono riusciti, era prevedibile quanto la morte di Spencer). Ma insomma una logica di fondo secondo me c’è, perlomeno più che per molte altre scelte.
Nonostante i molti difetti, sono stato sempre un sostenitore di questa serie, fino alla scorsa stagione almeno.
Ma questa settima stagione sta convincendo anche a me ad abbandonare, siamo a livelli ridicoli di telenovela di basso livello. Non c’è puntata che riesca a concludere senza skippare interi discorsi inutili tra personaggi inutili. E la successione degli eventi è semplicemente senza senso. Non tanto senso logico, che secondo me non è richiesto da una serie fumettistica, ma dal punto di vista artistico.
Stagione irritante e quasi inguardabile.
Battito forte e vigoroso insomma: secondo gli articoli che girano, questa stagione ha visto un netto calo degli ascolti; rispetto al panorama televisivo americano rimane sempre al top, ma rispetto ai suoi standard invece ha perso parecchio.
Personalmente l’unica cosa che ho veramente apprezzato di tutta la puntata, è stato il discorso/monologo di Padre Gabriel a Rosita. L’attore ci si è messo veramente d’impegno e si è visto.