Dopo una prima stagione travagliata, divisa in due parti e culminata con la candidatura a Best Drama ai Golden Globe e una seconda annata fatta di riscontri critici eccellenti e rating cresciuti in maniera consistente, Outlander continua a essere uno dei prodotti di punta di Starz grazie a una première che, nonostante un complicato incedere narrativo, è risultata anche un eccellente successo di pubblico.
Sarà grazie al cocktail di generi più unico che raro, sarà per via di una storia d’amore così scevra dagli stereotipi convenzionali da attraversare (letteralmente e metaforicamente) il tempo e lo spazio, sarà per via di una regia che raramente commette errori, ma Outlander è riuscita a crescere sia dal punto di vista della qualità del racconto che da quello del successo popolare, come dimostrano gli ascolti di “The Battle Joined”, che si attesta come l’episodio più visto della serie, portando avanti il trend di crescita della seconda stagione.
In questo esordio stagionale gli autori riescono a condurre a termine compiti tutt’altro che semplici – ma necessari alla costruzione del racconto – forse anche leggermente a discapito dell’organicità dell’episodio. Dopo un’annata così ricca e un season finale così pieno di informazioni e spiragli narrativi proiettati per il futuro, Ronald D. Moore si prepara alla sua stagione più ambiziosa – vista la collocazione dei protagonisti, almeno in partenza, su due linee temporali differenti – e per farlo realizza una première in cui alterna costantemente la Boston di metà Novecento e la Scozia di metà Settecento, riuscendo a coniugare nella stessa ora di televisione il genere bellico con il period drama a sfondo melodrammatico, entrambi raccordati da due love story di grande intensità.
I will be happy whatever you make.
Nella temporalità più prossima a noi ritroviamo Frank e Claire così come li avevamo lasciati l’anno scorso, quando una stagione dalla struttura ciclica ci ha anticipò la loro crisi di coppia sin dall’episodio d’apertura. È da lì che riparte Claire, dalla rabbia di non poter combattere la Battaglia di Culloden, di non poter crescere la figlia che ha in grembo assieme al suo padre naturale e dalla sensazione di estraneità che le provoca la sola presenza di suo marito Frank.
Tutta la parte ambientata a Boston è messa in scena con un’attenzione maniacale al dettaglio e alla minuzia, in particolare per quanto riguarda le scene in interni in cui, grazie anche a una fotografia che sottolinea più volte i fasci di luce che attraversano le vetrate di casa Randall, Claire appare sempre più imprigionata. La sensazione di reclusione, oltre a rimandare all’isolamento amoroso, richiama anche quello sociale della protagonista, che durante i pochi eventi pubblici a cui prende parte si vede sopraffatta dalla misoginia di un’élite culturale e sociale fatta di maschi bianchi che considerano le donne poco più che macchine da figli.
Nonostante la protagonista della serie tenda a catalizzare la maggior parte dell’engagement spettatoriale, è davvero sofisticato il lavoro fatto su Frank (aiutato dall’abituale ottima interpretazione di Tobias Menzies), uomo di cultura e al contempo uomo d’azione, innamorato della propria moglie ma costretto ad affrontare ostacoli che per altri sarebbero insormontabili. Dopo aver fatto i conti con la scomparsa della donna amata, si trova a dover gestire un’improvvisa disparità sentimentale e una gravidanza di cui non è responsabile. Da vero eroe romantico Frank tenta in tutti i modi di convivere con la gelosia e di dimostrare a Claire la forza del suo amore, pur nella consapevolezza di non essere più lui l’uomo di cui lei è innamorata.
Uno dei grandi meriti di Outlander è quello di essere riuscita a costruire personaggi estremamente realistici (in un racconto, tra l’altro, che sin dai presupposti non vuole esserlo) e con conflitti interiori molto potenti. A suggellare questo lavoro su Claire e Frank c’è la sequenza del parto che da un lato riprende il discorso sulla misogina con il medico che si rivolge solo a Frank e una regia che mostra la donna trattata con condiscendenza e paternalismo, impossibilitata a decidere autonomamente nonostante cerchi di dimostrare la sua competenza in materia medica; dall’altro mostra tutta la complessità dei due coniugi, i cui conflitti oggi raggiungono un livello che non conosce ragioni e torti. In poche inquadrature Moore riesce a mostrarci sia la forza d’animo e il coraggio di Claire che a precisa domanda del medico non pensa neanche per un attimo di nascondere a Frank l’aborto avvenuto in Scozia, sia il carattere e l’amore incondizionato di Frank che, nonostante una figlia con i capelli rossi e la gelosia lancinante che lo tormenta, non si lascia andare a reazioni scomposte ma – forse anche dopo aver visto nelle parole e nel volto di Claire sia sicurezza sia sincero dispiacere – capisce che la cosa più saggia da fare è mettersi da parte rimanendo un imprescindibile punto di riferimento per Claire.
Does the name John Grey mean anything to you?
L’altro binario narrativo su cui poggia “The Battle Joined” è collocato a Inverness a metà del Settecento, durante la sanguinosa Battaglia di Culloden in cui i giacobiti di Bonnie Prince Charlie affrontano l’esercito lealista del Duca di Cumberland. Brendan Maher, regista dell’episodio, opta per uno stile molto diverso da quello adottato da Philip John nel filmare la Battaglia di Prestonpans: al posto di rappresentare la guerra come un magma che ingoia il lato umano dei soldati (molto efficace in quel caso l’uso della nebbia), in quest’occasione la battaglia arriva allo spettatore filtrata dal protagonista, grazie a una focalizzazione completamente interna che vede un Jamie quasi in punto di morte ricordare i momenti cruciali del conflitto. Il climax naturalmente è toccato dallo scontro finale tra Jamie e Black Jack Randall, rappresentato in maniera deformata dal ricordo del protagonista e messo in scena attraverso un uso di colori leggermente antinaturalistici, alcuni ralenti mirati e una peculiare attenzione alle espressioni facciali. Si tratta di uno scontro dall’esito ancora incerto e molto intenso, la cui fisicità, infine, rimanda in maniera diretta ai trascorsi di brutalità e sopraffazione fisica tra i due personaggi.
Il più grande interrogativo che pendeva su questa première però riguardava il modo in cui Jamie riesce a sopravvivere alla battaglia. Dopo aver creato una sorta di conto alla rovescia narrativo in cui le esecuzioni degli scozzesi a colpi di fucile conducono progressivamente a quella del protagonista (ultimo sia perché disteso a terra ferito sia perché risparmiato il più possibile dai compagni che a turno si offrono per essere giustiziati prima di lui), l’episodio conosce un twist nel momento di massima suspense, con Lord Melton che rimane paralizzato nel sentire il nome di Jamie Fraser. Il coniglio dal cilindro consiste in un debito d’onore dell’inglese nei confronti del suo nemico in quanto quest’ultimo, prima della battaglia di Prestonpans risparmiò la vita al giovane Lord John William Grey, fratello di Lord Melton, come ricorda il nono episodio della seconda stagione, “Je Suis Prest”.
The father’s waiting room is down the hall and to the left. Just follow the smell of cigarettes and flop sweat.
“The Battle Joined” è una première che imposta un nuovo modello narrativo che con molte probabilità continuerà per i prossimi episodi di questa stagione. Bisognerà abituarsi a una serie che mostra i due protagonisti separati nel tempo e nello spazio, costretti a convivere con uno dei lati più dolorosi dell’amore: la lontananza.
La serie sviluppata da Ronald D. Moore ha mostrato nei dettagli alcune delle dinamiche più contraddittorie della coppia, sottolineando sia la capacità di affrontare e superare momenti di conflitto (l’incertezza sulla nascita di Frank), sia la difficoltà di superare traumi dovuti episodi di violenza sessuale (lo stupro subito da Jamie rimane indelebile della memoria sua e degli spettatori). In questo inizio di stagione Outlander mostra una fase inedita della storia d’amore tra i due protagonisti, sottolineando che Jamie e Claire attualmente rappresentano l’uno per l’altro soprattutto un’idea, una speranza, un po’ come la foto della donna amata per un pilota di guerra. I due sono due metà mutilate, costrette a fronteggiare un periodo di sofferenza tentando in tutti i modi di essere legati psicologicamente, non potendolo essere fisicamente. A sottolineare il fortissimo legame tra i due c’è una regia che giustappone in modo sempre più serrato le due vicende, tentando associazioni di tipo sia emotivo sia formale, come quando all’uscita di Frank da casa segue l’esecuzione di uno dei compagni di Jamie in cui al dolore dei due protagonisti fa eco una messa in scena in profondità di campo nella parte sinistra dell’inquadratura decisamente simile.
La terza stagione di Outlander arriva dopo una lunga pausa che ha fatto trepidare milioni di fan in tutto il mondo, sia perché narrativamente porta con sé l’onere di rispondere ad alcune fondamentali domande lasciate aperte dalla scorsa annata, sia perché ormai critica e pubblico concordano sul fatto che si tratta di uno dei must-see dell’anno.
Le attese non sono state certo deluse, soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione del filo che lega gli spettatori alla storia d’amore al centro della serie; tuttavia a differenza della première della scorsa annata, questa risulta un po’ più ridondante e meno pulita sia nello storytelling sia nella regia, forse anche per introdurre nel modo più chiaro possibile gli spettatori a una stagione che sarà tutt’altro che lineare.
Voto: 8
Sono molto contenta che anche quest’anno state recensendo Outlander,anche perché è grazie ai vostri consigli che ho scoperto la serie e ho iniziato a leggere i libri.Sono curiosa di vedere come s’intrecceranno i tre piani temporali presenti in Voyager e come alterneranno nel racconto le due sequenze narrative dei protagonisti,dal momento che il libro adotta una strategia che non necessariamente la serie dovrà seguire pedissequamente (un po’ com’è già successo nella seconda stagione).Sono anche curiosa di scoprire se il livello della performance attoriale di Sam Heughan sia cresciuta quest’anno visto che nelle scorse annate non l’ho trovata sempre convincente, in particolare la sua mimica facciale mi risulta alquanto fastidiosa, ma non so se sia da addebitare a lui o al modo d’interpretare il personaggio. Spero comunque possa risaltare nelle parti in cui la Balfe non compare,soprattutto perché il terzo è il libro di Jamie e finora mi sembra che il suo personaggio sia stato messo in ombra da quello della co-protagonista femminile.Anch’io ho trovato delle parti di The battle joined un po’ ridondanti,ma la spiegazione data mi sembra più che convincente.Ancora complimenti,attendiamo con trepidazione le prossime puntate!