Nonostante sia già stato rinnovato per una quinta ed ultima stagione, lo show di FX ha vissuto un’altra annata rincorrendo affannosamente quello che di buono, a volte ottimo, aveva fatto vedere in passato. Dopo una riapertura della narrazione di livello You’re the Worst è tornato a rimirarsi allo specchio, ricordandosi solo in vista del traguardo – come già avvenuto in passato – che per produrre un risultato non è sufficiente smuovere le acque con un bastone, ma bisogna convogliarle in un canale che abbia una direzione precisa.
Lo show di Stephen Falk era nato come un’estrema, sboccata, deviante rappresentazione dell’amore e di tutto ciò che può entrare nell’orbita di una coppia disfunzionale. Col tempo aveva dimostrato di poter essere profondo, affiancando al suo lato imbarazzante e comico la capacità di approfondire in maniera struggente i personaggi. A voler essere generosi possiamo dire che i nove episodi contenuti tra la doppia première e il doppio finale avessero lo scopo di fornire la quota introspettiva stagionale, per analizzare compiutamente il percorso di riavvicinamento di Gretchen e Jimmy.
– Becca, it’s me. Pick up. Pick up. Pick up.
– Not how voice mail works.
Un problema per quasi tutti gli show classificati come comedy – e You’re the Worst, nonostante le derive drama, lo è – è il progressivo scadimento della comicità. La disfunzionalità spinta all’estremo, la lucida capacità di fare ogni volta la scelta peggiore possibile, l’incapacità di relazionarsi con il resto del mondo e tutte quelle soluzioni narrative che erano sufficienti a far ridere all’inizio ora non bastano più. La quarta stagione, nonostante una scrittura di una spanna superiore alla precedente, dimostra di non saper imparare dai propri errori – a meno che Stephen Falk e tutta la compagnia si stiano consapevolmente prendendo gioco di noi, ripetendo gli stessi sbagli in un loop senza uscita che è metafora del cammino personale dei protagonisti – e indulge in una serie di soluzioni marchiane.
La dissoluzione – anche spaziale – del quartetto su cui lo show aveva fondato le sue precedenti fortune impedisce agli attori di dar mostra della chimica che li lega. Per chi guarda questa decisione si traduce in un sentimento di infastidita insoddisfazione che accompagna tutte le puntate centrali e che, con la riunione di “It’s Always Been”, si palesa definitivamente per quello che è. Rivedere la combriccola stuzzicarsi sulla decappottabile di Jimmy, apprezzarne le spassose reazioni spontanee, ascoltare complimenti e rimbrotti, accuse e difese è l’evidente dimostrazione di come il gruppo sia molto di più della somma dei singoli elementi.
Se, fin dall’inizio, il percorso di riavvicinamento di Jimmy e Gretchen poteva essere preventivabile e quasi inevitabile, al momento di scrivere la parabola stagionale di cui sarebbero stati protagonisti Lindsay ed Edgar, gli autori erano liberi di sbizzarrirsi, trovandosi di fronte un foglio praticamente intonso che, purtroppo, tale è rimasto.
Nella decina di episodi centrali le due spalle sono, per una volta, protagoniste solitarie delle loro esistenze, nel tentativo fallito di emanciparsi dalle dinamiche del gruppo. Lindsay va in cerca di una causa ai suoi problemi per poi riscoprirsi una “helper” di dubbio successo e Edgar si ritrova ancora una volta solo, privato dell’amicizia sulla quale aveva investito. Il loro cammino sulla strada dell’indipendenza e della responsabilità parte male (non sarebbe stato più interessante se Edgar avesse trovato un vero amico?) e si interrompe presto, arrotolandosi su se stesso senza colpo ferire.
You fought for me.
Anche per Jimmy e Gretchen la parte centrale della stagione si rivela una snervante attesa della resa dei conti finale. Persino un episodio come “Not a Great Bet” che, fuori dal mucchio avrebbe avuto le carte in regola per dire la sua si riscopre particolarmente slegato dalla narrazione e viene violentemente svilito dall’assenza di obiettivi intermedi rispetto al finale (con buona pace di chiunque si aspettasse un’analisi più lucida del profondo malessere di Jimmy).
Proprio in vista dell’epilogo lo show decide di giocarsi le sue carte migliori. Nella riuscita accoppiata “Like People/It’s Always Been This Way” si torna a respirare aria fresca: in un colpo solo le scelte di Jimmy e Gretchen e la raggiunta consapevolezza della reciproca appartenenza riescono ad attribuire una parvenza di senso agli episodi precedenti. Anche la svolta fan-service del finale non è del tutto estemporanea: scegliendo Jimmy Gretchen sceglie sé stessa, decide di stare con una persona con cui può insultare gli automobilisti o deridere la gente che fa jogging, con cui può vivere senza doversi censurare.
Assistiamo quindi ad una bilaterale ammissione di vulnerabilità. Jimmy è disposto ad andare contro orgoglio e principi, a combattere prima di rassegnarsi ad un’esistenza solitaria e disperante come quella che aveva assaggiato in “It’s Been”, è pronto ad accettare il lato ignoto ed inconoscibile della donna che ama. Allo stesso tempo Gretchen decide di tornare con Jimmy, pur conoscendo i rischi e avendone sperimentato le debolezze, ma lo fa consapevole del fatto che, alla fine, quello sia il modo meno doloroso e deprimente di scegliere se stessa.
Come era già capitato per la scorsa annata la quarta stagione di You’re The Worst ha due volti: la prima, quella dell’insipida sezione centrale, mette duramente alla prova la pazienza dello spettatore costretto a sorbirsi storyline senza capo né coda, che tentano di intrattenerlo con episodi frenetici ma privi di direzione; la seconda è quella indovinata del prologo e dell’epilogo, che, con la loro efficacia, spargono sale su ferite ancora aperte. Ciò che fa male non è subire quello che You’re The Worst è diventato ma ricordare quello che è stato e, soprattutto, immaginare quello che sarebbe potuto essere.
Il giudizio finale è, quindi, la risultante di una media tra le due parti, con la precisa consapevolezza che l’aver raggiunto con successo la vetta non è sufficiente a far dimenticare l’innecessaria asprezza del tragitto. I dubbi nati negli ultimi due anni si sono nutriti di puntate mediocri e si sono lentamente accresciuti fino a costituire un fardello non trascurabile che appesantisce la visione dello show; con tutto quello che propone il panorama televisivo attuale, è arrivato il momento di chiedersi se valga davvero la pena continuare a seguire You’re The Worst.
Voto Stagione: 5/6
Perfettamente d’accordo con te, Davide. You are the Worst oramai è entrato nel filone TWD (ottimi inizio e fine, riempitivi e scadenti tutte le altre puntate). Una delle poche eccezioni tra le comedy è stata quest’ultima fantastica stagione di Man Seeking Woman.