Marvel’s Jessica Jones – Stagione 2


Marvel’s Jessica Jones – Stagione 2Non è un periodo fortunato per la collaborazione produttiva Marvel/Netflix; dopo il pessimo Iron Fist, il discutibile The Defenders – che avrebbe dovuto essere, idealmente, il The Avengers del piccolo schermo – e il mediocre, ma perlomeno a tratti divertente, The Punisher, arriva la seconda stagione relativa all’anti-eroina Jessica Jones, che nel suo primo giro di giostra si era dimostrata una delle più riuscite tra le cinque che hanno preceduto il suddetto cross-over.

La prima annata dello show ideato da Melissa Rosenberg ha il merito di aver costruito un personaggio femminile ben caratterizzato e originale, con un’attenzione particolare al bilanciamento tra i diversi generi attraverso i quali si dipanava la storia: lo psico-dramma, il noir, il crime e l’action. La narrazione prendeva le distanze dallo schema che aveva reso grande Daredevil – che era stata l’apripista sulla piattaforma streaming per gli eroi cittadini Marvel – e riusciva a mantenere il focus principale sul rapporto doloroso e violento tra Jessica e Kilgrave, il riuscito e terribile villain interpretato da David Tennant.
Dopo aver analizzato i pregi della prima stagione della serie sembra quasi maleducato cominciare a parlare male della seconda, eppure non si può fare altrimenti: questa non ha niente a che vedere con la prima ed è probabilmente una delle cose peggiori che Netflix abbia rilasciato negli ultimi tempi. Non è facile, infatti, trovare qualcosa da salvare in questa stagione: tutti gli elementi che la compongono appaiono come un miscuglio di mediocrità e presunzione, una confezione appena sufficiente per una storia inconsistente e priva di un qualunque guizzo originale.

Marvel’s Jessica Jones – Stagione 2La trama si dipana attraverso almeno quattro fili conduttori: la (ri)scoperta del passato di Jessica, che ritrova sua madre da sempre creduta morta; la scoperta da parte di Jeri di avere la SLA e le sue reazioni; il rapporto tra Trish e Jessica e l’invidia/ossessione della prima per la seconda; il percorso di Malcolm alla ricerca della propria identità professionale. Inutile dire che quello privilegiato dagli autori è il primo: la protagonista deve affrontare la verità sul come ha ottenuto i suoi poteri e sul perché la madre instabile è sempre stata così distante da lei; è proprio qui che si affronta il primo enorme problema della stagione, ovvero la ripetizione di uno schema ormai consolidato e talmente ripetuto – soprattutto nelle serie Marvel sopracitate – da risultare fastidioso all’inverosimile. Ci si riferisce all’equazione matematica per la quale l’eroe si confronta con una minaccia inspiegabile, scopre che è collegata al suo traumatico passato, parte l’episodio flashback che spiega tutta la storia, cominciano una serie di dilemmi etici sulla propria identità e sul proprio ruolo, nel finale l’eroe fa una scelta coraggiosa e raggiunge la consapevolezza di essere nato per aiutare gli altri. Se la stagione precedente si era distinta proprio per un modo “diverso” di raccontarci le avventure di una donna dotata di superpoteri – chiamarla eroina, infatti, era molto difficile – qui sembra che gli autori si adagino sui binari facili e disturbanti della banalità, non riuscendo a sfruttare nulla della debolissima trama costruita: il rapporto tra Jessica e sua madre è schizofrenico, noioso e poco armonico. La donna raggiunge l’accettazione della figura materna attraverso scelte narrative discutibili, prevedibili ma soprattutto poco credibili, che appiattiscono un personaggio potenzialmente molto interessante, anche in un contesto così poco stimolante. L’apoteosi della superficialità della scrittura si raggiunge nel rapporto amoroso tra Jessica e Oscar, che passa inspiegabilmente dall’odio reciproco all’amore incondizionato (no, il salvataggio fortuito di Vido non è assolutamente sufficiente a renderlo credibile) fino addirittura alla creazione di un nucleo familiare, successivo all’isolamento della protagonista.

Le altre tre storyline riescono perlomeno a variare, un minimo, il raggio di azione narrativo dello show senza però riuscire ad alterare il piattume generale della stagione. Jeri, per esempio, deve fare i conti con la malattia e con la consapevolezza di non poter vincere la morte: colei che ha sempre avuto il controllo su tutto e tutti ora deve arrendersi. Seppur molto didascalica, si può dire che la sua crescita caratteriale è quella più godibile, passando dalla negazione alla disperata ricerca di una via d’uscita – l’affidarsi alle presunte abilità taumaturgiche di Shane – fino alla consapevolezza del suo crollo emotivo e la ripresa del controllo.

Marvel’s Jessica Jones – Stagione 2Segno evidente della presunzione di cui si parlava è il voler trattare a tutti i costi il tema delle dipendenze attraverso i personaggi di Trish/Patsy e Malcolm. La prima ricade nella spirale della tossicodipendenza grazie ad un farmaco sperimentale che le permette di essere più forte e più simile a Jessica; l’invidia verso i poteri della sorella acquisita dovrebbe giustificare la sua ossessione nel voler essere più forte e sempre al centro dell’azione, come dimostra la determinazione cieca nelle indagini sull’IGH, eppure non sembra una motivazione sufficiente a rendere Trish un personaggio credibile o interessante. Tutto il suo percorso, fino all’omicidio finale – assolutamente ridicolo nella sua costruzione: come ha fatto ad arrivare al luna park prima della polizia? – pare scritto ad hoc per far sì che ottenesse dei poteri e poter sfruttare il suo personaggio in un’ipotetica terza stagione (i fan Marvel sanno bene che prima o poi assumerà l’identità di Hellcat).
Malcolm, invece, si trova nella posizione di non essere valorizzato dal suo datore di lavoro e si mette all’opera per migliorarsi e raggiungere la consapevolezza delle sue capacità, il tutto mentre rivela i suoi sentimenti per Trish – anche se la relazione tra i due non viene mai più ripresa rivelando un altro buco di scrittura – e capisce di non aver superato del tutto le sue dipendenze. Anche in questo caso il tema è toccato solo tangenzialmente, privilegiando la frattura tra il personaggio e Jessica, nell’ottica di porlo come antagonista della donna in futuro – Malcolm, infatti, accetta l’offerta di lavoro di Pryce, un altro investigatore privato, competitor di Jessica.
Se i personaggi principali rivelano dei difetti di scrittura clamorosi, è quasi superfluo parlare di tutti quelli che fanno da contorno al plot: a partire dal già citato Pryce Cheng, fino al Detective Costa, a Karl Malus e a Inez, nessuno di questi riesce a liberarsi dalla bidimensionalità del loro ruolo, funzionale alla trama e poco più.

Trama debole e personaggi evanescenti o scritti male, quindi; a completare il quadro di una stagione disastrosa si deve obbligatoriamente parlare di una confezione poco curata e assolutamente non all’altezza degli standard che – almeno in questo campo – Netflix non ha quasi mai disatteso. Le – poche – scene d’azione nelle quali si mettono in mostra i poteri di Jessica e di sua madre sono realizzate in modo maldestro, alle volte con errori registici o effetti speciali talmente dozzinali da non poter quasi credere di essere di fronte alla stessa produzione della prima stagione. La regia non ha personalità e non riesce ad incidere in nessun caso, restando anonima fino al termine della stagione; nemmeno il ritorno di Kilgrave – seppur momentaneo e perlopiù inutile – con le allucinazioni visive di Jessica, potenzialmente stimolante e interessante, riesce a dare la scossa ad un comparto tecnico non pervenuto. Poco meglio la colonna sonora che, tuttavia, da sola non può davvero essere sufficiente ad una produzione di questo livello.

Marvel’s Jessica Jones – Stagione 2Non c’è molto altro da dire su una stagione che si fa davvero fatica a seguire; i più temerari, che saranno riusciti ad arrivare alla fine, si accorgeranno di come la mancanza di un vero villain abbia caratterizzato questa annata incolore. Alisa Jones (il cui nome è l’anagramma di Alias, ma a questo punto viene da pensare che potrebbe essere un caso) non è Kilgrave e non vuole neanche provare ad esserlo: la trama stagionale, nelle intenzioni, voleva far incontrare il thriller con il dramma familiare, ma il risultato è una via di mezzo poco significativa, che passa in primis dalla pessima scrittura del personaggio interpretato dalla pur brava Janet McTeer e del rapporto con la figlia, su cui effettivamente si basa tutto il resto.

Privata delle sue fondamenta narrative e minata da aspettative forse troppo alte, questa seconda stagione di Jessica Jones è la dimostrazione di come sia estremamente facile creare un pessimo prodotto anche nell’era televisiva attuale e di come la qualità non sia appannaggio di qualunque show, nemmeno se può contare sul grande sforzo produttivo di Netflix. Il fallimento in questo caso è duplice perché l’annata, oltre ad essere qualitativamente deludente, non riesce neanche ad intrattenere in quanto rea di possedere il difetto peggiore per uno show: la presunzione.

Voto stagione: 4

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Informazioni su Davide Tuccella

Tutto quello che c'è da sapere su di lui sta nella frase: "Man of science, Man of Faith". Ed è per risolvere questo dubbio d'identità che divora storie su storie: da libri e fumetti a serie tv e film.

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