La spasmodica attesa che in questi mesi si è generata intorno alla seconda stagione di Westworld ha chiarito una cosa: la HBO potrebbe aver trovato la nuova gallina dalle uova d’oro per l’era post-Game Of Thrones – dalle difficoltà di un progetto che si pensava potesse non trovare mai la luce ad oggetto di culto e venerazione nel giro di poco meno di due anni. La domanda che sorge a questo punto è: questo successo e queste aspettative influenzeranno in qualche modo la qualità dello show?
Se si potesse far aderire in qualche modo Il mondo dei robot (il film di Michael Crichton da cui è tratta la serie) alla trama imbastita da Jonathan Nolan e Lisa Joy, in questo momento ci troveremmo più o meno nella scena di un altro omicidio, il punto di rottura che certifica il malfunzionamento delle attrazioni e la loro rivolta nei confronti dei creatori. Nel film questo è il passaggio verso la parte più action della storia, con un inseguimento iconico nel deserto che termina nelle segrete di Medieval World – uno degli altri parchi della Delos. L’omicidio che apre le danze nello show, invece, è quello di Robert Ford (Anthony Hopkins) al termine del bellissimo finale della prima stagione, che attraverso la sua morte introduce una nuova storyline per gli host, ora consapevoli di essere un “popolo” oppresso alla ricerca di indipendenza e autonomia.
Il tema della ribellione delle macchine è uno dei topoi classici della fantascienza, forse uno dei più sfruttati e rivisitati della storia del cinema e della televisione. A partire dal genio di Fritz Lang, che con Metropolis (1927) concepisce il primo androide che sviluppa una sorta di consapevolezza (e si potrebbe discutere delle analogie tra Maria e la Maeve della prima stagione, entrambe personaggi politici in grado di sollevare le masse e porsi a capo di una rivendicazione sociale), la questione è stata esplorata in tutti gli anfratti e le sfumature possibili. Eppure, nella sua prima annata, Westworld aveva stupito per un modo nuovo di porsi di fronte alla materia trattata, riuscendo nell’impresa di raccontare un’umanità in crisi di fronte ai propri successi tecnologici e solo apparentemente in controllo della propria potenza creativa. Non è tutto, la forza della serie risiedeva anche nella metanarrativa, direttamente collegata al funzionamento del parco: i guest erano caratterizzati e vivevano in base alle narrazioni scritte per loro dagli sceneggiatori, così come i personaggi di una serie televisiva sono in balia dei propri autori. La netta presa di distanza dei guest dalla propria condizione di “schiavitù” è quindi – sulla carta – molto affascinante proprio perché identificabile con l’idea pirandelliana del personaggio che sviluppa una propria identità, slegata dai vincoli della narrazione e dalla mente del suo artefice.
In this game… you must find the door.
I problemi di questa premiere, infatti, non risiedono assolutamente nell’idea che la sostiene, quanto perlopiù nella sua attuazione pratica. “Journey Into Night” è un episodio di più di un’ora che ha il compito di fare da raccordo tra la trama labirintica della prima stagione e gli eventi che seguono il suo sconvolgente finale; per questo risulta estremamente introduttivo – e questo non è di per sé un difetto –, ma anche molto didascalico e superficiale nella messa in scena.
La narrazione si dipana attraverso quattro diverse storyline, al momento indipendenti tra loro seppure temporalmente parallele – questo da sottolineare – e quindi ambientate subito dopo la morte di Ford. Solo quella di Bernard introduce un flashforward piuttosto straniante, sul quale si costruisce il climax verso il colpo di scena che chiude l’episodio. È noto che la scelta di frammentare la trama si rifà alla struttura consolidata della serie; ciò di cui si sente la mancanza in questa premiere, tuttavia, è un elemento di coesione che doni un senso alla grande storia che gli autori vogliono raccontare.
Non c’è armonia tra le sequenze che vedono i protagonisti confrontarsi con un mondo nuovo, un universo in rivolta che da parco divertimenti si è trasformato in una zona di guerra vera e propria. Bernard è ancora scosso dalla scoperta della sua natura, Maeve ha sacrificato la libertà per cercare la figlia che sa non essere davvero sua figlia, William ricomincia il suo viaggio all’interno del parco seguendo la storia di Ford, Dolores è diventata ad un tratto badass ed è pronta a guidare la rivoluzione contro i padroni. Si è certi che tutte queste linee narrative andranno a incastrarsi e a convergere durante la stagione, ma al momento sembra mancare una direzione ben precisa o anche solo un indizio su quale possa essere la meta finale di questo viaggio. Si vuole giungere ad una grande guerra tra uomini e macchine volta alla spettacolarizzazione delle battaglie? Oppure lo show vuole continuare a puntare sul confronto etico tra creatore e creatura e sui tratti che definiscono l’umanità? “Journey Into Night” è un miscuglio ben confezionato di queste possibilità narrative, che non riesce però a liberarsi di una fastidiosa sensazione di artificiosità che ha ben poco a che vedere con quello a cui Westworld ci ha abituato.
I’ve evolved into something new. And I have one last role to play. Myself.
L’esempio lampante di questa superficialità lo si trova in alcuni dialoghi e monologhi dell’episodio, incredibilmente pomposi e inverosimili. Evan Rachel Wood, per esempio, è piuttosto ridicola nelle sue movenze da villain di fronte ai guest che stanno per essere impiccati, e tutta la spavalderia nell’annuncio della vendetta nei loro confronti resta fine a se stessa – oltre alla disturbante idea di utilizzare a ripetizione e in modo casuale alcune delle frasi più famose della serie come l’ormai abusata “these violent delights have violent ends”. Non si comprende come gli autori cedano il passo proprio sull’aspetto dialogico, elemento che è stato fondamentale e ben utilizzato nella prima stagione, soprattutto se si ricordano i confronti tra Bernard e Dolores – di cui si ha un breve accenno in apertura di questa premiere – sempre funzionali alla trama e mai inconsistenti.
C’è da dire che, nonostante questi importanti difetti di struttura e scrittura, l’episodio scorre piuttosto velocemente e non difetta dal punto di vista del ritmo. Anche dal lato tecnico lo show rimane ineccepibile, regalando alcune sequenze di forte impatto visivo e una colonna sonora trascinante. Il grosso budget messo a disposizione da HBO fa la voce grossa, confermando il sentore che la frase “Westworld is (will be) the new Game Of Thrones” potrebbe non essere solo una trovata pubblicitaria.
This game is meant for you.
Uno degli aspetti più interessanti e misteriosi di questo atteso ritorno sugli schermi – già anticipato dal sottotitolo dato a questa annata – è il nuovo enigma stagionale da risolvere. Dopo aver raggiunto il centro del labirinto di Arnold, infatti, tocca ora trovare la “porta”, come definita dalla versione più giovane e robotica di Ford nel confronto con William. È proprio quest’ultimo, miracolosamente sopravvissuto al massacro di Wyatt, a cominciare nuovamente a “giocare”, confermando la sovrapposizione del punto di vista del personaggio con l’occhio critico dello spettatore: come chi guarda, il personaggio interpretato da Ed Harris (e da Jimmi Simpson) ha, infatti, il ruolo chiave di vivere e usufruire dell’aspetto più propriamente ludico della serie, ovvero il disvelamento dei misteri di Westworld – e delle altre località costruite dalla Delos. Non per niente il successo dello show ha permesso, durante questo periodo di attesa, l’edificazione di un universo extra-televisivo intorno alla serie, radunando la fanbase intorno a indizi, teorie e scoperte riguardo questa seconda stagione, che si alimenteranno sicuramente nel corso degli episodi.
La rivelazione più sconvolgente e importante della scorsa annata ha riguardato il personaggio di Bernard, che si trova ora in una scomoda posizione di spaesamento personale ed esistenziale. Appare all’inizio dell’episodio inerme e privo di sensi su una spiaggia di un’isola non meglio definita, in una scena che pare richiamare il personaggio di Di Caprio in Inception (che, non per niente, ha come regista un altro Nolan) e viene praticamente trascinato da Strand, il fixer mandato dalla Delos, senza che né lui né lo spettatore capiscano quello che sta accadendo. Ciò che è noto è che Bernard deve convivere con una dualità che lo dilania internamente: la sua biologia non umana e le sue esperienze di vita, che lo portano a non riuscire a credere di poter essere stato manovrato da Ford fin dal principio. Se in questo rocambolesco inizio di stagione pare che il personaggio sia ancora schierato, ideologicamente, con i guest, gli indizi e il finale dell’episodio fanno intendere che questo potrebbe cambiare nel breve periodo: non è un caso, infatti, che lui sia con Charlotte quando si scopre che i dati personali dei visitatori – compreso il loro DNA – sono prelevati e catalogati prima dell’ingresso nel parco con tanto di loro consenso, una questione oltretutto legata a doppio filo con la nostra contemporaneità.
My dreams? My thoughts? My body? Are they not real? And what if I took these… unreal fingers… and used them to decorate the walls with your outsized personality? Would that be real?
Una che ha le idee molto più chiare è Maeve: nonostante le parti di racconto a lei dedicate in questo episodio non brillino per efficacia o originalità, la donna è sempre stato uno dei personaggi più interessanti della serie. Il problema della sua linea narrativa è che il confronto con l’insopportabile Sizemore, che dovrebbe rappresentare il ribaltamento della relazione creatore/creatura, è mostrato in modo frettoloso e, anche qui, un po’ superficiale. Maeve fa letteralmente spogliare lo sceneggiatore tenuto in ostaggio con l’obiettivo di umiliarlo e di trattarlo come lui e gli altri lavoratori della Delos si comportavano nei confronti degli host (la donna è l’unica che ha assistito e ricorda la brutalità con cui alle volte sfogavano i loro istinti). Il collegamento c’è, è coerente ma è tutto fuorchè sottile e sembra voler più colpire lo spettatore per il nudo integrale che essere significativo.
In definitiva “Journey Into Night” non è esattamente il ritorno che ci aspettavamo: una scrittura inconsistente, e anche un po’ presuntuosa, allontana il focus dello show dagli elementi più interessanti della prima stagione e segue una linea d’azione alla costante ricerca di epicità e poco concentrata sulla sostanza del racconto. Intendiamoci, non sarà certo una premiere sottotono a minare la fiducia che gli autori si sono guadagnati con la prima annata, anche perché il compito di introdurre lo spettatore ai nuovi scenari nei quali sarà ambientata questa seconda stagione è forse l’unica cosa che questo episodio riesce a fare bene.
Voto: 6
Report interessante e ben calibrato…personalmente sono più indulgente,anche se certe cose sono rivedibili…voto alla premiere:7+…
Grazie Davide, sono contento che ti sia piaciuto l’articolo 🙂
Alla prima visione sono stato anch’io un po’ meno duro con l’episodio (nonostante già qualche momento di noia mi avesse colpito). Sarà che di primo impatto ho scaricato tutto l’hype che avevo accumulato negli anni aspettando questa seconda stagione. Intendiamoci, il mio animo di amante della fantascienza non è completamente deluso, anzi. Seppur con i difetti presentati non vedo comunque l’ora che Nolan e soci smentiscano questo inizio sottotono (e lo faranno, ne sono certo).
Non sono d’accordo… i personaggi sono cambiati per un percorso fatto nella prima stagione, questa puntata traccia i loro cambiamenti …. poi se uno vuole una serie tv che copi tutti gli anni se stessa deve guardare qualcos’altro…per me è un grosso salto in avanti in positivo…si capirà sicuramente più avanti nel bene o nel male!! Ma 6 è un misero voto anche solo per le cose positive che hai scritto nella recensione!!
Ciao Nic! 🙂
Assolutamente una serie non deve copiare se stessa o riproporsi allo stesso modo ogni anno, su questo siamo d’accordo. Quello che non mi è piaciuto di questa premiere non sta tanto nel non essere se stessa, ma nel volerlo essere fin troppo da un certo punto di vista. Strutturare un episodio (e si pensa anche una trama stagionale) attraverso una frammentazione di storie che culmineranno poi in un evento (il finale di questa premiere) può starci, perchè alla fine è quello che è stato fatto nella prima stagione bene o male (tutte le storie sono culminate nella ribellione dei robot). Il problema è che se due anni fa l’obiettivo finale era certo, si sapeva da prima che la serie iniziasse che la trama sarebbe andata in quella direzione, in questo caso oltre a camminare nel buio più totale (ci sta, è una serie mistery dopotutto) l’episodio mette tanta carne al fuoco in modo casuale, senza un rigore o una parvenza di logica interna tra le scene (la porta, i dati rubati, Dolores che vuole spaccare il mondo ma non le credono manco i sassi, Maeve che cerca sta bambina chissà perchè).
Poi come ho pensato subito dopo la visione, sicuramente sarò smentito da un secondo episodio bellissimo che riporta all’ordine quello che io ho trovato un inizio di stagione un po’ sottotono.
Ciao per me Dolores come altri robot sono portati a così tanta violenza perché se ci pensi bene quello che noi umani abbiamo portato nel parco è solo violenza e quindi si comporta di conseguenza … quindi per me il suo comportamento è assolutamente coerente … io avrei fatto peggio se fossi stato un robot li dentro ed ad un certo punto mi ricordo della violenza subita!! Quindi per me ci sta tutta … poi ne riparleremo più avanti
No ma infatti il discorso non è tanto sul cambiamento di Dolores in sè, quanto su come è stata gestita e scritta quella scena. Inutilmente pomposa, forzando la sua nuova determinazione e crudeltà attraverso dialoghi che io ho trovato ridicoli. Per intenderci quando si diverte a torturare (più a parole che altro alla fine) i guest che stanno per essere impiccati; ecco io ho trovato disturbante (in senso negativo) quella scena.
Per quanto riguarda la sua evoluzione cominciata alla fine della prima stagione ci può stare, ma mi riservo ancora dal giudicarla con troppa decisione adesso, voglio vedere come la gestiranno nei prossimi episodi 🙂
Più che un nuovo inizio, mi è sembrato piuttosto la seconda parte del season finale del 2016. Non mi è dispiaciuto, anzi, l’ho trovato a tratti potente, visivamente duro con tutti quei morti, le esecuzioni, lo scalpo del robot, ma anche con qualche forzatura per agganciare lo show alla nostra realtà (la violazione della privacy). Ma sono stati sparsi tanti spunti interessanti, fra tutti la già annunciata incursione in altre aree del parco, con un colpo a sorpresa perché ci aspettavamo Shogunworld e invece quella tigre ci spinge verso altri panorami.
Ottima recensione Davide, analisi precisa e molto condivisibile. “Westworld is (will be) the new Game Of Thrones” per davvero, spero che le prossime puntate riportino Westworld a quell’eccellenza che sembra un po’ essere mancata in questa premiere.
Io sinceramente di eccellenza ne avevo vista poca anche nella prima serie.
A mio avviso metà delle storie introdotte non hanno alcun senso, primo fra tutti l’uomo in nero vecchio
Io l`ho trovato francamente noioso con l`unica parte piacevole il breve intermezzo con EdHarris e Ford ragazzino. Dolores, che si autoproclama destinata a sostituire il genere umano, col fidanzato che le consiglia invece di cercarsi un angolino per essere felici insieme e` proprio il massimo della banalita`, che non mi aspettavo, sinceramente. Come Arnold che si inietta il liquido salvavita approfittando dell`attimo di distrazione della compagna umana. Vedremo le puntate successive. Il timore di uno scadimento in una specie di GoT western con spruzzi cyber punk e` grande. Il tutto al cospetto di un Legion sempre piu` interessante e piacevole. Per lo meno per i miei gusti. Voto insufficiente, e non poco
Io non ho assolutamente capito, già nella prima stagione, il senso delle azioni di William. Non capisco nemmeno il senso degli enigmi: l’anno scorso c’era il labirinto. Non ho capito cosa fosse questo labirinto. Me lo potete spiegare?
Grazie
Il labirinto, lo spiega Ford, simboleggia il processo della conoscenza di se stessi, che vale per gli host, ma anche per guest. E appunto William/Man in Black, “trascinato” nel parco dal cognato, scopre lì la sua vera natura…
c’è un pò di confusione sui termini “host” e “guest”: chi è uno e chi l’altro? in particolare mi riferisco al momento in cui Charlotte interagisce al pc con un collegamento esterno ( sarà poi così?). lei viene identificata come HOST e nella versione inglese gli host sono i robot. ciò mi fa pensare che lei possa esser anche un robot di tipo differente da quelli del parco e ancora differente da bernard
Secondo me stavolta sei stato fin troppo generoso. E’ un episodio che, se non fosse il primo di una seconda stagione di una serie cult, sarebbe tranquillamente da 4.
Noioso, banale, non aggiunge praticamente nulla alla storia.
La nota positiva è che, secondo me, i primi 5 episodi della prima serie erano veramente noiosi ma preparavano il terreno per la seconda parte molto bella.
Temo che tu abbia ragione e vogliano trasformarla in una serie infinita tipo Game of Thrones