Lorena – Miniserie


Lorena - MiniserieJohn e Lorena Bobbitt hanno persino una loro voce su Wikipedia in lingua inglese, se questa può essere considerata una misura di quanto la loro storia sia diventata Storia, ma nel 1993 (anno in cui iniziano le vicende raccontate) molti di quelli che vedranno Lorena erano molto piccoli o addirittura non erano ancora nati.


Può essere difficile per alcuni, quindi, capire la portata iconica del vedere i due ex coniugi protagonisti, più di 25 anni dopo, di una docuserie realizzata dal punto di vista di Lorena; esiste infatti un altro documentario, inglese e realizzato nel 2006 intitolato Chopped Off: The Man Who Lost His Penis che racconta la vita di John (che ironicamente, fa Wayne di secondo nome) Bobbitt dopo i processi, ABC ha realizzato con lui lo speciale Love Hurts (uscito poche settimane fa) e anche nelle news e nei talk show, nel corso degli anni è sempre stato John a fare da perno narrativo del racconto rispetto a questo famigerato caso giudiziario.

Il perché, è facilmente spiegabile con due fatti: il primo è che John si è dimostrato tra i due molto più assetato di fama e incline a usare la propria immagine in ogni maniera possibile (inclusi TRE film pornografici), il secondo è l’impulso “naturale” dei media a concentrarsi sulle conseguenze anziché sulle cause di questo reato, anche perché le conseguenze avevano un potenziale di notiziabilità enorme. Se non siete vissuti sulla luna in questi ultimi venticinque anni saprete infatti la storia: una notte di giugno del 1993 a Manassas, Virginia, Lorena tagliò il pene al marito John mentre lui dormiva con un coltello da cucina, per poi scappare in macchina, lanciarlo dal finestrino e chiamare il 911. John Wayne Bobbitt non morì dissanguato, il pene venne riattaccato ma nel corso dei due processi che seguirono – uno a carico di John per marital rape, quasi completamente scomparso dalla memoria di tutti, uno celeberrimo a carico di Lorena, entrambi conclusi con un’assoluzione – il media coverage si concentrò quasi esclusivamente sull’atto violento che aveva indelebilmente colpito l’immaginario collettivo, spesso lasciando da parte quella narrazione completa e obiettiva che ogni caso così complesso avrebbe meritato. Una distorsione dei fatti così macroscopica e così importante per l’impatto che il caso ebbe sull’opinione pubblica internazionale da rappresentare, molto più dell’evento scatenante, il centro del discorso di questo show, che in quattro episodi prodotti per Amazon Prime da Jordan Peele e diretti da Joshua Rofé punta a ridefinire la narrativa intorno ad esso e soprattutto alla figura di Lorena.

Lorena - MiniserieAl contrario dell’ex marito, infatti, che ben si è adattato a divenire una barzelletta vivente e ha capitalizzato il più possibile dalla fama che il processo gli aveva garantito (finendo dallo show di Howard Stern al porno e man mano sempre più in basso nella catena alimentare dello spettacolo, fino a fare l’autista di limousine per un bordello del Nevada), Lorena Gallo ha scelto subito dopo il processo di tornare una persona qualunque, rimettersi a studiare e aiutare con la propria esperienza le donne che come lei subivano maltrattamenti dai propri mariti e compagni. Non avevamo mai sentito la sua voce dopo il processo e l’abbiamo sentita pochissimo anche durante, quando non era alla sbarra, perché al centro dell’attenzione c’erano un uomo, il suo pene e la donna “assetata di sangue” e vendetta che glielo aveva tagliato per punirlo. La potenza di questa narrativa da commedia scollacciata con risvolto splatter era tale da mangiarsi a livello mediale qualunque sfumatura e soprattutto rendere ininfluente la storia di violenza domestica ad essa sottesa, sebbene le donne di tutti gli Stati Uniti avessero fatto il possibile per creare attenzione intorno agli abusi che Lorena subiva – e che finiranno col garantirle l’assoluzione per temporanea infermità mentale – fino a innescare un processo che finirà con il Violence Against Women Act firmato da Bill Clinton nel 1994 e redatto dall’amato vicepresidente dell’era Obama, allora senatore, Joe Biden.
Visto dall’Italia dell’epoca ad esempio, in un’era pre internet dominata dalla televisione berlusconiana, con scarse possibilità di accedere a un resoconto più diretto dei fatti e una situazione civile e giudiziaria drammaticamente meno evoluta di quella americana (nel nostro paese la prima indagine sistemica sulla violenza domestica è quella Istat del 2006), il caso Bobbitt appariva come una vicenda da giornalaccio di cronaca con nessuna implicazione sistemica: John Bobbitt era un uomo violento ed esibizionista che trattava male la moglie e lei – in piena coerenza con lo stereotipo razzista della sudamericana “che si infiamma facilmente”, usatissimo per minimizzare il significato del suo gesto e il suo stato mentale – aveva reagito in modo sproporzionato tagliandogli il pene.

Lorena - MiniserieNon stupisce quindi che Lorena sia pieno di dettagli che uno spettatore italiano non conosce, più sorprendente è però constatare quanti di questi dettagli siano scomparsi anche dalla memoria collettiva americana, soffocati dalle discutibili imprese successive di John Wayne Bobbitt, dalle copertine dei giornali, dai discorsi degli opinionisti. È soprattutto in questo senso che la docuserie rappresenta uno strumento importantissimo per rileggere il passato alla luce del presente, e non soltanto una morbosa rivisitazione di un caso di cronaca memorabile.
Lorena non vuole dare semplicemente giustizia ai fatti, ma ambisce a fare un discorso sistemico sulla violenza e il sessismo nei media molto simile a quello che O.J. Made in America ha fatto sul razzismo, mettendo in fila le cause dell’abuso (dalla personalità manipolatoria di John all’inesperienza del mondo di Lorena, all’ambiente violento in cui lui stesso era stato cresciuto, fino alla cultura del silenzio che circonda la violenza domestica), le sue conseguenze sia violente e immediate che in termini di stress post traumatico, ma soprattutto la sua trattazione e la sua rilevanza sui media e quanto questa disattenzione verso il problema finisca per diventare uno dei principali motivi per cui la violenza stessa riesce a prosperare nell’indifferenza e nel segreto.
Era il 1993 e vedendo la docuserie per certi versi sembra un secolo fa, ma è stata la stessa Lorena Bobbitt a dichiarare che la decisione di partecipare al progetto proprio ora è venuta anche dall’urgenza di riportare alla luce il proprio caso con Trump alla Casa Bianca (il Presidente è infatti un sexual assaulter per sua stessa ammissione) e dalla voglia di cavalcare l’energia del #metoo inserendo la propria storia in una nuova cornice.

A venticinque anni di distanza, infatti, troppo poco sembra essere cambiato nei numeri della violenza domestica ed è ancora fondamentale raccontare la storia di Lorena, alla quale l’essere prodotta e diretta da uomini per una volta aggiunge ricchezza e la trasforma in un racconto esemplare e universale di come sia essenziale il punto di vista dal quale si racconta un evento e riesce a tramutare quello che era stato classificato come un aneddoto curioso e un po’ pruriginoso in un evento di reale portata storica.

Voto serie: 8

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Informazioni su Eugenia Fattori

Bolognese di nascita - ma non chiedete l'età a una signora - è fanatica di scrittura e di cinema fin dalla culla, quindi era destino che scoprisse le serie tv e cercasse di unire le sue due grandi passioni. Inspiegabilmente (dato che tende a non portare mai scarpe e a non ricordarsi neanche le tabelline) è finita a lavorare nella moda e nei social media, ma Seriangolo è dove si sente davvero a casa.

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